domenica 12 marzo 2017

Egitto 1978/79 (2° da Luxor verso Sud)


§. - 2  (da Luxor-Karnak in poi)

Le condizioni in cui lavorano gli operai degli scavi, e i muratori in generale,  sono pietose:

Continuiamo il nostro viaggio

Proseguiamo sulla strada che costeggia il grande fiume con le sue acque apportatrici di vita

 donne e bambini a lavare e a rinfrescarsi

I villaggi stanno discosti rispetto alla terra fertile e bruciano al sole, ed è sulle parti secche e sassose che si trovano anche le antiche necropoli, poi dietro c'è il deserto di dune.


Andiamo a Luxor (in arabo Al-Uqsur che significa "i palazzi"), città che sorge presso i resti della antica Tebe egizia (che sono nella vicina Karnak). Per entrare in città si passa a lato di Karnak e vediamo il famoso grande "colosso di Memnon", così denominato perché per molto tempo si credette che rappresentasse l'eroe etiopico Memnone che sarebbe caduto all'assedio di Troia.



Si tratta in realtà di due colossi gemelli (rappresentanti entrambi Amenhotep III) di 720 tonnellate ognuno, e alti 16,6 metri, che facevano da guardiani al gigantesco complesso templare detto "il tempio dei milioni di anni", costruito su 35 ettari di estensione, in occasione del riconoscimento di Amen-hotep come l'incarnazione in terra del Dio Amon (o Amenh). Alcune fessure tra le grandi pietre che compongono una testa, producevano un suono alla brezza dell'alba, che si credeva fosse la sua voce post-mortem (da quando l'imperatore romano Settimio Severo fece restaurare la statua i suoni scomparvero). Ora è tutto in rovina, crollato per le esondazioni annuali del Nilo, dopo più di 3400 anni dalla edificazione, ma anche così fa molta impressione.

Ci possiamo mettere  con le nostre tende in un bel prato in un quartiere nuovissimo

Appena dopo 4 km c'è Luxor (siamo a 630 km dal Cairo),

al mattino presto ci muoviamo

carrozze che fanno la spola sul percorso da Luxor a Karnak e viceversa

ed entriamo nel sito archeologico vero e proprio della capitale del cosiddetto Nuovo Regno (e rimase tale per mezzo millennio), che i greci chiamavano la Tebe d'Egitto e gli egizi Waset, cioè città-scettro, ovvero capitale, soprannominata anche "l'harem di Amon", Nô-Amon :
biglietto di ingresso al sito 

Innanzitutto percorriamo il viale delle sfingi (in epoca tolemaica chiamato in greco Dromos) che collegava il tempio di Luxor a quello di Karnak.

Il tempio fatto erigere da Amen-ophis I è dedicato al Dio Amon, alla consorte Mut, Dèa della fertilità e dell'acqua, e al loro figlio il Dio lunare Khonsu. Ogni anno durante il mese dell'esondazione periodica del Nilo, si celebrava la festività di Opet, in cui si trasportava per il viale delle sfingi la statua di Amon da Karnak a Tebe (al tempio di Luxor) dove il Dio si congiungeva con Mut (rito che mi ricordava quello del tempio di Madurai in India...). Davanti all'entrata al tempio ora c'è un solo obelisco in quanto l'altro è stato regalato al re di Francia Luigi Filippo nel 1831 dal sultano egiziano Mohamed Alì (l'anno prima la Francia aveva conquistato la vicina Algeria), e lo si può ammirare a Parigi dove sta al centro di place de la Concorde.

Tebe era il maggior luogo egizio di venerazione di Amòn, Dio onnipresente, signore degli dèi, e Padreterno della Trinità dei sacerdoti tebani che ho appena citato. Molte religioni contemplano una trinità suprema, come gli hindu hanno la Trimurti di Brahma, Shiva e Vishnu (ma anche le tre caste sociali), i greci  Zeus, Poseidone, e Ade (ma anche le tre Grazie, le tre Moire, le tre Erinni), i romani Giove, Marte e Quirino (e anche per loro le tre Parche e le tre Furie), i Germani Wotan, o Odino, Thor, e Frye; la cosa è stata studiata in particolare da G.Dumézil che la reputa una simbologia caratteristica delle culture indoeuropee che si ritrova anche in ambito sociale nelle tre funzioni: sacerdoti (e capi politici), guerrieri (soldati e forze dell'ordine), e produttori (allevamento, agricoltura, commercio). La triplicità la ritroviamo anche in filosofia, si pensi alla concezione platonica dell'anima tripartita (concupuscibile, volitiva, razionale), o alla dialettica hegeliana (tesi, antitesi, sintesi). 
Più sopra riferivo della credenza nel ka, che è l'essenza divina che c'è nella nostra anima, nella religiosità tebana si pensava che ognuno nascesse sotto il patrocinio di una stella, la sua buona stellina che lo segue e lo protegge per tutta la vita, dopo di ché con la morte corporea il ka vola in cielo (la stella è rappresentata a cinque punte e può somigliare a un uccellino: con il  capo, le ali e  le zampe, oppure è immaginata come una lucciola o una farfalla luminosa), e torna verso la sua stella prediletta dove potrà brillare di luce eterna.


biglietto per il nuovo museo aperto nel 1975

Poi visitiamo il nuovo museo che è molto ben fatto (ci avevano messo 5 anni a costruirlo, finalmente era terminato nel 1969, e poi vi hanno collocato gli oggetti da esporre, nel 1972, e quindi inaugurato il museo nel dicembre 1975......). Comunque ci sono reperti eccezionali e non è un museo che ci si può perdere.
Si può vedere il volto del Dio del Sole riflesso in quelli dei Faraoni... nella loro imperturbabile serenità dovuta alla potenza sovrumana di cui godono
ecco una meravigliosa scultura 
(ma del Museo delle belle arti di Boston)

Tebe e Karnak sono edificate sulla "sponda dei vivi", ora andremo nella parte al di là delle sacre acque del fiume della vita, sulla sponda dei morti, dove ci sono tombe e necropoli. (Questa bipartizione tra le due rive mi ricorda un po' quel che ci dissero al fiume Gange a Benares...)
Passati sull'altra sponda del Nilo, entriamo nell'adiacente territorio del Governatorato di Wadi al-Jadid, dove -passato il canale-  inizia il regno di Osiride il Dio dell'oltretomba.

Visitiamo il tempio funerario di Menem-ptah, quello di Thut-moses, e poi la Valle dei Re, e quella delle Regine.  Per avvicinarci all'area di ingresso delle tre tombe che possiamo visitare, prendiamo il "trenino" a causa del sole troppo rovente e delle distanze.



Entriamo nella tomba di Sethi I, che ci produce una grande impressione (anche perché ripensiamo alle mummie che avevamo da poco visto), che magnificenza!, e che ambiente magico... e poi tra l'altro proprio là vicino vediamo che c'è quella di Tut-ankh-Amun 




(i cui stupendi reperti avevamo ammirato al museo del Cairo). Forse qualcuno avrà letto il romanzo sul ritrovamento della tomba, che ha scritto Christian Jacq nel 1992 (traduz. it. L'affare Tutankhamon, mezzo secolo di drammi e passioni,  Bompiani - RCS Libri, Milano, 1997).




Ma tornando alla tomba di Sethi, che è la più profonda e lunga (136 metri),


Joseph Campbell commentava così la sua visita: "vicinissima [alla tomba di Tutankhamon] è la tomba di Seti I, enorme ed interamente dipinta e scolpita. Un'opera d'arte perfetta, fatta per non essere mai vista. Vi si respira l'atmosfera di una realtà eterna. L'anima, o meglio un aspetto dell'anima, il , è rimasto nella tomba. (...)" (da J.Campbell,"Il racconto del mito", trad.it. Oscar Mondadori, p.66). In effetti grande era la personalità imponente di Sethi (il cui volto mummificato avevamo visto al Cairo) tanto che ancora la stiamo ricordando ...





la grande sala del sarcofago di Seti I  (che è a Londra) foto da un dépliant

Uscendo finalmente allo scoperto, riemergendo al livello del terreno, non potevo non ripensare a Jung, dove dice che "il mito di Horus non è altro che la storia della luce divina, appena sorta. (...) Così il viaggio [risalendo il Nilo] dal cuore dell'Africa all'Egitto divenne per me una specie di dramma della nascita della luce (...) [il che] per me valeva più di qualsiasi raccolta etnologica, di qualsiasi collezione ..." (cfr. Ricordi..., cit., cap. IX,  pp. 324-327)


Tra i resti più notevoli poi citerei il sarcofago di Thut-mosis III  scolpito in un unico enorme pezzo di quarzite rossa. 

Infine ci rechiamo nell'altro arido vallone del ruscelletto sotterraneo (wadi) di fianco, che è la dimora delle spose, dove ci sono le tombe delle regine, e delle principesse 
l'accesso alle tombe non è sempre agevolissimo... ed è prima assolato e poi dentro freddo


 dipinti della tomba della regina Nefertari (o Nefer-Titi)



Visitiamo poi il sito riferito al faraone Ramsete II o Ramses o Ramesse il Grande (1303-1212 a.C.), e oltre alla enorme statua (era alta 20 metri e pesa mille tonnellate, ora è crollata a terra rompendosi in alcuni pezzi), visitiamo il museo accluso al tempio: "Ramesseum" è il nome dato da Champollion al complesso archeologico nel suo insieme.


a sin. un pezzo della grande statua

la grande statuona è coricata dentro ad un padiglione per protezione

Forse sarebbe questo il famoso faraone che scacciò Mosé ? (v. nella Bibbia ebraica il libro dell'Esodo, ovvero Shemot= i Nomi).  Come si sa una interpretazione (ripresa ad es. anche da Sigmund Freud nel suo testo "Mosé e il monoteismo"), sostiene che Moshé fosse un nobile egizio. In particolare una leggenda racconta che una delle fanciulle della corte di AkhenAton, rimasta incinta (avrebbe dovuto conservarsi vergine) occultò il fatto e poi avendo segretamente partorito, avrebbe raccolto dalle acque Mosé bambino che galleggiava in un cesto (facendo così finta che fosse un bimbo abbandonato, quindi un trovatello, che venne adottato dalla regina, sua protettrice, che la nominò balia del piccolo). Ma questa storia sulla nascita di un grande eroe è in realtà ripresa pari-pari da una tradizione precedente che riguardava Sargon re degli Akadi. Il nome Moshe che ricevette, significa in egizio bambino e figlio. 
Poi Mosé bambino crebbe a palazzo, e divenuto grande e importante a corte, gli fu affidata la conquista del regno di Kush (regno etiopico), che Moshé riuscì a rendere vassallo dell'Alto Egitto senza dover combattere. In seguito, con la morte (o uccisione) del faraone innovatore e la fine della fase monoteista del Dio Aton (o Adon, in ebraico Adonai), Moshé si oppose alla restaurazione della casta dei sacerdoti di Amòn, andandosene dall'Egitto assieme con una comunità di muratori-costruttori e artigiani del Delta a lui fedeli (cfr. anche più sopra), per continuare a suo modo la religione monoteistica, inserendovi elementi che aveva appreso durante un suo primo esilio, trascorso presso Iethro, sacerdote dei nomadi, divenuto poi suo suocero. Durante quel soggiorno, il Dio, Signore di tutti gli dèi (in ebraico Adonai elohim), gli aveva parlato sotto le sembianze di un roveto ardente, spronandolo a divenire liberatore degli oppressi, e a trarre in salvo -lontano dal potere del faraone restauratore della vecchia religione- la fede monoteista. Quando Moshé chiese di chi fosse quella voce, gli disse: "Io sarò colui che sarò" (Èhiè ashèr èhiè), risposta sibillina ed enigmatica di tipo oracolare, da cui Moshé dedusse che non si poteva nè fare una immagine di quell'entità divina, nè darle un nome, ma che quello era il verbo del Signore Iddio unico.  
Così Moshé si separò volontariamente dal regno egizio assieme ai suoi seguaci, che erano in parte monoteisti fedeli a IHWH il Dio di 'Avraham, di Yshaq, di Ya'aqov e di Yosseph, Giuseppe (che fu in tempi più antichi in Egitto un consigliere del faraone e fece venire in Egitto tutto il suo clan di parenti e associati). Per cui Moshé prospettò loro un ritorno nella terra avìta del patriarca Giacobbe, soprannominato Yisra'El, che era il padre di Giuseppe. La famosa stele di Menemptah attesta le battaglie che quel faraone combattè per sottomettere il Paese di Canaan. Ma le leggende sono varie e variamente interpretabili, non vi sono prove storiche dei vari eventi narrati, per cui molti studiosi ritengono che si tratti di un personaggio mitico e dunque simbolico (il che apre a varie interpretazioni), e come tali i miti sono sempre raccontati in molteplici versioni dovute alla oralità della cultura.

Comunque alcuni racconti tramandati, oggi più noti e diffusi, indicano in Rames II il faraone che cercò di recuperare i servi-costruttori in fuga con Moshé... (mentre certi lo identificano con Seti I il padre di Ra-messe, altri ancora indicano invece Menem-ptah, il figlio e successore di Ramesse, e protettore degli architetti e costruttori...per cui non voleva che Moshé glieli sottraesse, ma forse col tempo vi era stata invece una sovrapposizione con le leggende che erano relative alla cacciata degli Hyksos ...). 
Si vedano i ben noti studi di Robert Graves e Raphael Patai, I miti ebraici, 1963 (tr.it. Longanesi, 1980); di R.Rubinstein, L'immaginazione religiosa, 1968 (tr.it. Ubaldini, 1974); di E.F. Edinger, I simboli e gli eroi di Jahweh, 1986, (tr.it. Red edizioni, 1987); e le moltissime raccolte di racconti, storie, leggende e favole del patrimonio della cultura popolare ebraica

Tra l'altro, il nome Moshé, o Mosheh, o Moses, o Moïse, significa "figlio" o "discepolo", da cui Tuth-moses, figlio del dio Toth, Ra-mes, "figlio del dio Ra" (il Sole deificato), ma Moses significava anche più precisamente: figlio dell' acqua salvifica, o anche "tratto, generato dalle acque del fiume", quindi egli è sia salvato che salvatore, in quanto creatura dell'elemento che salva, l'acqua del Nilo era infatti considerata acqua santa (come per gli hinduisti il Gange, e per le acque del Giordano ancora ai tempi di Giovanni il battista).
Tradizionalmente si considerava che durante gli anni dell'erranza attorno alla penisola e al monte Sinai, monte da tempi ancestrali considerato sacro e meta di pellegrinaggi, Mosheh non solo scrisse isolato in cima al monte le prescrizioni divine, ma le scrisse e poi le riscrisse, ispirato da Dio, e anche avrebbe concepito là tutti e cinque i libri della Torah detti poi in greco del Pentateuco, che dunque erano chiamati i testi mosaici (i primi cinque dei 24 del Tanakh, cioè dell'insieme delle sacre scritture). . .
(vedi in questo Blog il post del febbraio 2014 sulla "Genesi":  https://viaggiareperculture.blogspot.com/2014/02/alla-radice.html )

Sul grande profeta e maestro, si veda p.es. il libro di André Chouraqui, del 1995 (tr. it. Marietti, Genova, 1996); di questo autore si vedano anche tra gli altri: Ritorno alle radici, e I dieci comandamenti. Per la traduzione in italiano del libro dell' esodo (originariamente chiamato "i nomi"= Shemot, si veda la edizione a cura di Dario DIsegni).

Comunque sia, il tempio di Ramses, o Ramesse II a Medinet Abu è veramente grandioso.



ricollocazione: foto storica dello spostamento a forza di braccia, della testa di Ramsete II 
(da una brossura)

Infine andiamo al vicino sito dove sono sepolti i nobili di corte, e i dignitari della XVIII dinastia (ci sono circa 300 tombe).

Si va sull'altra riva

Su questa sponda arida ci sono da fare dei lunghi percorsi in salita, e quindi molti locali offrono ai visitatori degli asinelli per non stancarsi al sole


ma c'è una certa concorrenza tra i proprietari dei ciuchini

e spesso le contrattazioni vanno per le lunghe


 la biglietteria (a sin. il nostro accompagnatore)
 verso le tombe


Nelle tombe ci sono affreschi di grande raffinatezza:
raffigurazioni nelle tombe di Menna, di Sennefer, e di Nacht

ritorniamo

Poi vediamo anche l'antico villaggio egizio degli artigiani (non solo carpentieri) e dei costruttori e architetti, e il cui tempio fu ampliato dalla regina Hatshepsut ( e in seguito  utilizzato come chiesa copta, cioè Deir al-Madina, che è  il nome con cui ancor oggi gli arabi indicano il sito). Si tratta di un tempio grandioso, addossato al fianco di un monte di roccia.

Con la bella la tomba di Inher-ka :

Quindi entriamo al cosiddetto "monastero egizio del Nord" (al-Deir el-Bahri), con il grandioso complesso funerario, Royal Funerary Temples, appunto della famosa regina Hatshepsut (una delle  sette o nove regine, che hanno regnato come faraoni-donna), forse un po' troppo restaurato,  e anche quello di Thut-mosis III, che sta a chiusura della Valle.
 ticket per un rapido giro in trenino (riding taf-taf) del vasto complesso

E' un complesso che fa molta impressione fin da quando lo si avvista da lontano. 


Le ricerche archeologiche sono ora in mano ad una istituzione tedesca. E' un insieme molto vasto. Il solo tempio della grande regina era definito "il sublime dei sublimi" monumenti. La vacca sacra Hathor da allora in poi viene raffigurata con una testa di donna.
Oltre ai vari templi c'è anche una ampia necropoli.

Poi torniamo alla vicina  Karnak per visitare il grande tempio di Amon:
biglietto per il sito archeologico
biglietto per il tempio di Amon


Questo, come il precedente tempio di Luxor, è uno dei maggiori e più vasti siti archeologici d'Egitto. Sia per l'uno che per l'altro tutte le guide dedicano diverse pagine per illustrarne tutti i dettagli e spiegarne i significati.
Tra le cose che più colpiscono c'è la grande area denominata "bosco di colonne", inoltre molto bello nella sua "semplicità" è il Portale settentrionale. Il cosiddetto "grande recinto" delimita una ampia area dove ci sono diversi templi e monumenti, tra cui molto bello il tempio di Khonsu con le colonne dai capitelli a forma di papiro, e anche il laghetto sacro.

Accanto alla strada che portava alla valle dei Re, c'è il bel tempio di Sethi I del 1300 av.C. detto "la gloria di Sethi".

Passata una terza vecchia diga, arriviamo a Edfu (o Idfu), cittadina di 20 mila ab.,  e visitiamo il cosiddetto Tempio d'oro (in realtà tempio dedicato a Horus), uno dei più famosi e importanti complessi religiosi egizi, che si raggiunge con un traghetto essendo sulla riva sinistra del grande fiume sacro.

Mi torna alla mente che Joseph Campbell e sua moglie Jean Edman fondarono nel 1972 a Manhattan (NYC) un teatro che chiamarono "Theater of the Open Eye" dal simbolo egizio dell'occhio aperto e vigile di Horus, l'occhio che tutto vede e giudica, che equivale alla Porta del Sole o Porta della Luce, che da accesso al "regno di lassù",  cioè alla dimensione spirituale. 






monumento al grande scarabeo sacro

Nelle terre fertili, qui con questo sole, è tutto in fiore (siamo all'inizio di gennaio...)



Visitiamo anche un'isola del Nilo, detta "isola delle banane". Sotto il sole rovente giriamo per la piantagione di palme afosa.


il caldo afoso è soffocante, per cui, più avanti, non essendoci nessuno, ci spogliamo un po'...

AL -"Jane" 


e poi andiamo anche dove c'è un giardino tropicale veramente lussureggiante, con custode all'ingresso (per cui ci rivestiamo)




Torniamo sulla strada della costa lungo-Nilo




Sempre ci accompagna la realtà della povertà estrema dei fellahin e del loro contesto di vita e lavoro duro e difficile




fellah in posizione di riposo che osserva i suoi meloni
(da un dépliant)

Anche qui vige il rito del sorseggiare il thé nero bollente (chiamato in arabo chay), magari insaporito da una fogliolina di mentuccia.

(da una brochure)

Nell' Alto Egitto a volte si trovano ancora delle cerimonie mistiche tenute da "Dervisci danzanti" (di origine ottomana e anatolica) i quali ruotano vorticosamente su sè stessi per ore con l'aiuto di musiche molto ritmate (flauto e tamburo) e ripetitive, sino a quando perdono coscienza ed entrano una condizione estatica (cfr. anche mio diario dell'Anatolia turca, puntata n.9 del 20 maggio '18)
(foto Quilici)

Continuiamo a scendere sempre più verso Sud. Passando ci indicano dove all'interno c'è il Gebel el-Silsila, la maggiore cava di pietra arenaria dell'Egitto, con cui si costruirono molti templi tra il 2000 a.C. e la fine del dominio romano.

Dopo 165 km da Luxor arriviamo a Kôm Ombo, con il tempio dedicato al coccodrillo, e al Dio dalla testa di sparviero. Ptah (da cui il nome del faraone Menem-Ptah) è il Dio creatore, patrono e demiurgo della capitale Menphis, protettore degli artigiani e degli architetti, poiché questo è ciò che era: il supremo architetto del cosmo.  Quindi è anche Dio della conoscenza e del sapere, lui è l'onnisciente. Dal suo principale tempio, cioè "Casa della sapienza di Ptah" = Hutga Ptah, deriverebbe -come storpiatura- il nome con cui gli antichi greci chiamarono l'Egitto = Aigu-ptos. I greci identificarono Ptah con Efesto  (Vulcano in latino), il Dio del fuoco.

  
Il cosiddetto "doppio tempio" presenta una architettura particolare.

Ma ora non mi attardo di più in dettagli di "egittomania" dato che tutta questa parte dell' Egitto da Karnak-Luxor a Gurna,  Esna, Edfu, Kom Ombo fino ad Assuan è talmente straordinariamente fitta di magnifiche vestigia dell'antichità, e ci sarebbe troppo da dire.
R.T. Rundle-Clark, 1959, trad. it. 1969
nella prestigiosa collana "Uomo e Mito" a cura di Roberto Bosi

Anche qui si vedono grandi colombari, ovvero edifici adibiti a piccionaie


rivendita in città di pane arabo ( pittà )


Siamo ora di fronte al villaggio di Nasser City sorto negli anni di costruzione della nuova grande diga, per ospitare i lavoratori e i tecnici. I 35 mila operai erano in grande parte nubiani del luogo.

Infine a 232 km da Luxor (ma 900 dal Cairo) raggiungiamo Assuàn o As-swan, in copto Suan (130mila ab.), e vediamo la grandiosa diga, la High Dam (Sadd El-'Aali) sul Nilo, progettata da ingegneri russi sovietici, e il grande e lungo Lago Nasser che si è creato.  La diga è lunga 3600 metri (5 km totali) e larga quasi un chilometro alla base, e quasi 50 metri al vertice, ed è alta 111 m. sul livello del fiume, e in totale il volume è di 43 milioni di metri cubi. I grandi generatori installati hanno una potenza di più di 2 GW. La diga produce 20 milioni di kw/h all'anno.
Il lago Nasser è lungo più di 480 km, e largo fino a 16 km. Più di 90 mila abitanti dei villaggi lungo le rive del fiume hanno dovuto essere evacuati. La grande diga stata ultimata nel 1970.
Accanto alla diga si erge un grande monumento alla amicizia tra l'Egitto e la Russia, che si vede fin da molto lontano. Purtroppo non riesce a passare lo sbarramento dei filtri della diga la gran parte del famoso limo che fertilizzava i campi (il "divino dono del sacro Nilo"), e il governo ora è costretto ad importare concime dall'estero e a impiantare fabbriche di fertilizzanti chimici. Inoltre all'estuario il fiume non esce più con la consueta forza e la sua corrente non riesce a contrastare le acque mediterranee che stanno dunque salinizzando eccessivamente la regione del Delta.

Ovviamente come accade in tutti i bacini idrici delle dighe, non si può usufruire delle coste o fare il bagno o cose simili, peccato perché ci sarebbe un bel panorama.

Siamo alla Prima Cataratta ...!
facciamo il gran pranzo di 'stra-lusso per celebrare la fine del viaggio col pulmino, nel ristorante del Cataract Hotel, con vari piatti dal tacchino del Fayum, alla dolcissima baklawàh:



Bella la visita all'isola Elefantina, in arabo Jeziret As-swan (anticamente era una fortezza a guardia del confine meridionale), con il suo giardino botanico, ed il mercato. E' lunga un km e mezzo e larga mezzo. I blocchi di rocce scure della parte sud erano sembrate come dei grossi elefanti che vanno a bagnasi in acqua. (su quest'isola ai tempi antichi si era raccolta una comunità di ebrei fuggiti dalla Palestina, e forse vi giunse fin qui anche la sacra famiglia)


Ma vediamo su un'altra isola anche il tempio di Philae, con i giganteschi portali con grandi colonne ed i bei bassorilievi del tempio di Iside. Purtroppo viene periodicamente in parte inondato essendosi alzato il livello delle acque del fiume a causa della nuova diga. Giriamo un po', ci sono anche vari altri templi antichi.
Vediamo le famose cave di granito, con l'obelisco incompiuto ( di 1170 tonnellate). Vediamo pure dal battello i templi nubiani di Kalabasha (e Beit al-Wali, e Keck Kertass), vestigia dell'antichissimo regno "nero" dell'Alto Egitto (regno nubiano costituitosi verso il 3300 avanti C.) che comprendeva il territorio tra la prima e la sesta cataratta. Anche questi templi sono stati smontati e ricostruiti 45 km più a nord, per salvarli dalle acque del lago artificiale creato dalla diga (così come pure per dei massi con disegni rupestri del 7500 a.C.).

Vediamo in cima a un colle il Mausoleo dell'Aga Khan, ma non ci andiamo a causa del caldo torrido. Si tratta della tomba dello storico Shah Mohammed Aga, nel 1957 l'attuale principe Karim Aga Khan IV, è divenuto l'imam dei musulmani izmailiti Nizariti, una importante minoranza storica, di orientamento religioso Shiita. È presente in Egitto, in Iran, in Kenya, e sopratutto in Pakistan e India, ma sparsa in tutto il mondo (i suoi adepti sono seguaci dell'antico Hasan, fedele ad 'Ali e sua moglie Fatima, la figlia di Maometto, e sarebbero in totale 18 milioni circa). L'attuale imam è uomo ricchissimo, cittadino britannico, e sua moglie (col titolo aristocratico di Begum) è una Thyssen (potente famiglia di grandi finanzieri e industriali tedeschi). La sua fastosa residenza è in un vasto possedimento vicino a Ginevra, ma il suo gran palazzo principesco è a Pune (in India).


Visitiamo con una escursione -in parte su dromedario- il più antico monastero copto ancora in funzione, quello di San Simeone, del VII sec. d.C.



(sul deserto oggi si può leggere il libro di I.Bachmann , trad. it. editore Cronopio, Napoli)

che è molto "imbucato" all'interno.

la croce della chiesa copta egiziana


la Chiave della Vita degli antichi egizi, o croce di Ankh


I copti -come già accennavo- sono etnicamente i discendenti diretti degli antichi egizi (in greco antico aigyptoi, pron. eghypti, o egupti) convertitisi al primo cristianesimo in seguito alla predicazione di San Marco, nel corso degli anni quaranta successivamente alla morte del messia; Marco fu poi ucciso nel 68 ad Alessandria.
Ma la minoranza copta non è adeguatamente protetta, anzi viene sempre più marginalizzata. In effetti la loro semplice presenza incrina sia il carattere arabo dello Stato, che l'identità islamica del Paese. Ma sono comunque loro gli autoctoni aborigeni. Nonostante tutte le ostilità e la considerazione come di cittadini di serie B, oggi sono ancora stimati tra il 6% e il 12% della popolazione dell'Egitto. La chiesa copta è presente anche più a sud, ma in particolare nel sud-Sudan e sopratutto in Etiopia. Mentre la lingua copta si è quasi del tutto persa come lingua parlata,  resta nei testi liturgici della chiesa come lingua sacra (con parentele con l'antico ge'etz etiope, e con l'aramaico).

 il pope

 la chiesa
l'ingresso all'area del monastero e al villaggio

 in una casa: il capofamiglia
 il forno
le donne 
 la colombaia sopra al magazzino
il magazzino - stalla

 il maestro della scuola copta, con gli alunni

 la porta dell'aula scolastica (con il segno della croce cristiana)

alcuni giovani


P.de Bouguet, tr.it. I Copti, edizioni Il Saggiatore

Ritornati proseguiamo ancora lungo il grande fiume, che scorre attraverso un deserto creando attorno a sé un mondo tutto suo





la preghiera del tramonto, che qui sembra in linea di continuità con le invocazioni antiche al grande fiume sacro 

Al mattino seguente sul presto assistiamo alla visita del Presidente della Repubblica Anwar el-Sadat  ad Aswan!, proprio mentre siamo lì noi...che abbiamo messo le tende in fila una dopo l'altra nel pratino dello spartitraffico tra le due corsie ....! (non c'era altro terreno pubblico che potessero concederci)... Veniamo colti di sorpresa e usciamo a vedere.






Cinque anni fa c'è stata la quarta devastante guerra tra Egitto e Israele. Da quando Sadat si è poi recato in Israele a fine novembre dell'anno passato (1977), e poi in dicembre il primo ministro israeliano Begin ha reso la visita al Cairo, si sono intensificati i colloqui per giungere ad un Trattato definitivo di pace tra i due Paesi, tramite gli sforzi del presidente USA Carter, per cui giusto un paio di mesi fa (settembre 1978) l'accordo è stato raggiunto a Camp David. Il che ha fatto guadagnare ai tre il premio Nobel per la pace.  Ma a seguito di ciò si è formato il cosiddetto "fronte del rifiuto" da parte di vari leaders di gruppi politici dominanti arabi e da alcuni capi di stato di paesi arabi, e i mezzi di comunicazione radiotelevisivi e la stampa di molti paesi arabi hanno sobillato la fazione dei musulmani integralisti egiziani contro il presidente Sadat.
Anche già al Cairo avevamo visto suoi ritratti (spesso accomunati a quello di Nasser di cui Sadat era stato il vice), e anche magliette T-shirt con il suo volto (molto nero nubiano di aspetto, anche se è nato nel delta). In questi anni si è impegnato per affermare il diritto alla pensione e all'assistenza a anziani e invalidi, ma non è riuscito a garantirli nei fatti. Almeno ha portato ad un trattato di pace. Le inutili guerre hanno divorato almeno 50 miliardi di dollari, e dato luogo a bilanci statali in cui quasi un terzo è stato destinato alle forze armate, all'acquisto di aerei e armi, il che ha impedito lo sviluppo economico. Quando è ritornato da Camp David cinque milioni di egiziani lo hanno accolto trionfalmente per le vie del Cairo. E' prevista la costruzione di un grande monumento in suo onore.
Mi fa piacere averlo potuto vedere di persona così da vicino.

Nasser e Sadat (foto al Cairo, di G. Josca)



Giungiamo ad Abu-Simbel (a 295 km dalla diga), con i suoi magnifici e imponenti monumenti (El-Sibu temple, e Amada temple). Come si sa furono sezionati, segmentati e ricostruiti 220 metri più indietro e 65 metri più in alto, in modo che non restassero sommersi dal bacino idrico della nuova diga.  La campagna per il loro salvataggio fu lanciata dal'UNESCO. Le quattro grandi statue scolpite nella roccia superano in altezza i colossi di Memnone. Si utilizzarono le più sofisticate tecniche moderne, e si usufruì dell'esperienza dei marmorini di Carrara. Operazione internazionale a direzione svedese che durò quasi cinque anni con grande orgoglio generale per questa ciclopica impresa.
Alla fine però il raggio di luce dell'alba che due volte l'anno attraversava tutto il tempio per andare ad illuminare in fondo alla sala finale i volti delle statue degli Dèi Ptah, Ammon, e Ra,


e del faraone Ramses II nel giorno del suo compleanno, non è più in perfetta angolazione, che invece era di una precisione millimetrica.
Infine per garantire stabilità si dovette sovrapporre una cupola in calcestruzzo armato.


Purtroppo molti monumenti e resti archeologici di "minore" fama, non hanno potuto venir salvati, e si è persa così una parte della memoria dell'Umanità (come ad es. la piazzaforte di Kasr Ibrim).
E d'altronde anche la diga di Assuan, che con la grande produzione di energia elettrica garantisce la possibilità di un notevole sviluppo industriale, civile e anche di irrigazione per l'agricoltura, non lascia passare che una ridotta parte del limo che ha sempre costituito il fantastico concimante naturale della terra d'Egitto, come già accennavo poc'anzi. Per cui l'aumento di terre coltivabili previsto in diecimila km quadrati di zone aride non si è che solo in minima parte realizzato.
Lungo la strada si vedono questi agglomerati di casupole schiacciati dal sole che picchia



Qui già siamo in Nubia, che è una regione, o un Paese, che si estende dall'isola Elefantina verso sud, abitato prevalentemente da autoctoni africani neri islamizzati. Forse il suo nome deriva dalle miniere d'oro che esistevano qui (oro in egizio si diceva nbu). Diversi nubiani sono stati faraoni e hanno governato  l'Alto Egitto, e più tardi anche il Regno Unito egizio, sopratutto ai tempi della XXV dinastia. Più tardi è fiorito il regno "nero" di Cusci o Kush (da cui il nome di Cuscìti), indipendente con capitale prima a Napata, poi più a sud a Meroë: la storia di questo regno africano-egizio è poco nota e poco studiata, ma molto interessante (cfr. negli anni Settanta la recente serie tv di Sir David Attenborough sulla storia dell'Africa pre-coloniale; e poi anni dopo l'articolo sul «National Geographic», a.178, n. 5, nov. 1990, pp. 96-125). Vicino alla sponda sud del bacino idrico Nasser, si sono trovati cospicui resti del regno nubiano dell'Alto Nilo (Paese d'origine della regina Nefertari) ma non tutto è stato salvato dall'innalzamento del livello delle acque... Gli stessi Dèi africani della regione nilotica stanno all'origine di quelli egizi. Il successivo regno cuscita è quello del re Taharkha che viene citato nella Bibbia.

foto da un opuscolo sulla Nubia antica

Ancor oggi sussistono legami di ereditarietà dei nubiani attuali con quelli antichi, e inoltre certi tratti culturali di fondo permangono. (forse sette secoli più tardi la sacra famiglia durante la fuga in Egitto arrivò sin qui ?).
Il direttore del Museo di Khartoum, il nubiano A. Ozman dice in una intervista che sono poco cambiati nei loro comportamenti e mentalità... I drastici mutamenti climatici hanno poi portato alla decadenza del regno meroita, e le influenze esterne hanno influito su di loro, ma la cultura materiale ad es. è rimasta simile nei secoli (letti, utensili, pozzi,...). Poi il cristianesimo si è diffuso portando elementi culturali propri; un punto di irradiazione è stato il monastero di San Simeone vicino all' attuale confine col Sudan (di cui raccontavo poco più sopra).
Poi negli aa. Sessanta del Novecento si sono scoperti i dipinti murali della cattedrale di Farash (o Pharrash), affreschi del VII sec. d.C., che si è fatto appena in tempo a distaccare e salvare prima dell'invasione delle acque del bacino della grande diga. E sono ora al Museo di Khartoum, dove si vedono pure raffigurati guerrieri e cavalieri nubiani crociati, contro il Nord islamizzato dagli arabi stanziatisi in Egitto.

E poi ancor più a sud, si trova il territorio dell'altipiano abissino nell'attuale Etiopia, su cui la civiltà alto-egizia esercitò la propria influenza culturale. Il mitico paese delle miniere d'oro, che divenne il Regno di Axum (Aksum), che ingloberà quello cuscita di Meroe. Là dove governò la  regina Giuditta (Yodit), poi in seguito  Zagwé, e in seguito Menelik I (figlio di re Salomone di Israele e della regina di Saba, sovrana del regno africano-yemenita dei Sabei, la quale si convertì all'ebraismo). Regno esteso sino alle sorgenti del Nilo Azzurro, e al lago Tana (qui si trovavano fino a pochi anni fa gli "ebrei neri", o "ebrei cusciti", detti Falashà, discendenti della tribù israelitica perduta, fuggita dall' impero egizio fino in Abissinia).

Facciamo altri bei giri in feluca (in arabo faluka, tipica piccola imbarcazione a vela),



eccoci...




Ritorniamo che è già sera e sta imbrunendo:







Visitiamo dei villaggi di nubiani (che sono neri neri), arrivando vicinissimi al confine con la repubblica del Sudan.

E questo è il punto più meridionale che raggiungiamo nel viaggio (a 23°30'), un po' al di sotto del Tropico del Cancro. Il paesaggio qui è decisamente un altro rispetto a prima. Nei dintorni la casette dei villaggi nubiani, costruite con pietre, argilla e sabbia, sono dipinte di vari colori, dal giallo all'azzurro, al rosa, e decorate spesso da fiori, o da gabbiette con uccellini.

foto da un opuscolo

Come dicevo, andiamo anche noi a fare un giro su quelle barche a vela che portano al massimo 5 o 6 passeggeri. Scendiamo a girare per i paesini. Purtroppo la lingua autoctona nubiana (con le sue due "parlate" o dialetti: mantuki e fadaki) si stanno perdendo a causa del sempre più pressante processo di arabizzazione attraverso i mezzi di comunicazione di massa, e le scuole, sia per bambini che per adulti. 

Sempre più accade che il nubiano lo si parli solo in casa ma non in pubblico, e così le nuove generazioni sempre più hanno adottato l'arabo imparato a scuola, alla radio e alla televisione. 
Se fossimo in Europa questa sarebbe una regione autonoma, magari anche a statuto speciale, e la cultura e la lingua nativa sarebbero protette. Particolari sono pure la musica, le danze, i mobili, ceri abbigliamenti, e l'artigianato di collane, orecchini, braccialetti, anelli, cavigliere, ecc. Producono anche dei loro amuleti e talismani.
villaggi nubiani costruiti sotto le palme anziché nella zona arida







Più a sud, in Sudan settentrionale, c'è quella parte di Africa che nell'antichità fu colonizzata dagli egizi, e dalla loro cultura; si trovano diverse piramidi minori, e mastabe e tombe, e monumenti (che forse vedremo un giorno in un viaggio in Sudan...).
foto da un opuscolo turistico sui templi nubiani

Ma la storia dei regni Kushiti è poco nota. Dalla religione ancestrale viene il Noun, l'elemento primordiale della creazione, cioè l'abisso delle acque, da cui deriva tutto quel che si muove (la vita), che è un qualcosa di fluido anteriore al cosmo. Il movimento storico e culturale dell' "afrocentrismo" pone qui il centro irradiatore da cui si è sviluppata la antichissima civiltà altoegizia predinastica e nera, che ha fatto germinare la civiltà del Nilo fino al Delta, quella di Axum in Abissinia verso sud-est lungo il Nilo Azzurro, e altre culture dell'Africa Nera sino a Zimbabwe a sud, e ad ovest al dominio Ashanti, a quelli del Mali, del Benin e del Biafra.
Poi più a sud ancora i due Nili, i fratelli Bianco e Azzurro, confluiscono tra loro, l'Azzurro provenendo dall'Etiopia nei pressi del lago Tana, e il Bianco che trae origine dalle acque del lago Vittoria (il grande lago Nyanza).

Visitiamo una casa con un solo grande ambiente, e poi una scuola da cui si deduce il basso livello qualitativo dell'insegnamento.
da un giornale

Purtroppo negli anni Sessanta sono state fatte sgombrare circa 90 mila nubiani a causa della costruzione della grande diga, e ancora oggi sono sfollati, e vivono in condizioni precarie, i loro villaggi da cui son stati scacciati sono stati sommersi dal lago artificiale, e per loro non sono mai stati costruiti vari nuovi villaggi che erano stati garantiti e promessi.
da una brossura

Al termine, dopo aver percorso un tratto di navigazione su un battello lacustre andiamo da Abu-Simbel ad Aswan, (anche Jung nel suo viaggio del 1925 risalì il Nilo in barca, cfr Ricordi, ... cit., cap.IX, pp.324-327)


Ritorniamo alla sera tardi ad Assuan

ma il mercato è ancora aperto


Compriamo da un artigiano dei piattini di rame da metter sotto ai bicchierini da thé, con incisi dei versetti coranici

[Ad Assuan poi anni più tardi, nel '97, verrà costruito un Museo Nubiano per salvaguardare la loro cultura]

Prendiamo infine il treno (!) per ritornare al Cairo. Il che si rivelerà un viaggio scorrevole, nonché  piacevole, ed era interessante stare a guardare dal finestrino (in prima classe in vagone riservato per stranieri, che va fino alla Ramses Station, la stazione centrale del Cairo, è per noi piuttosto economico, ed è di buona qualità).

In conclusione volo diretto per Roma dove sostiamo a casa di amici. Quindi rientro a Milano con sosta presso le nostre famiglie e visita dai parenti, e di lì poi a casa a Ferrara (che sbalzo climatico!...).

Nel '79 il dr. Zahi Hawass è stato nominato Ispettore generale alle Antichità, diverrà poi Ministro per le Antichità, e quindi essendo la personalità locale di maggior rilievo sino ad assumere il vertice delle responsabilità, sarà spesso presente anche in Italia in varie occasioni televisive, e intervistato da riviste e giornali.





Poi sull'Egitto sono uscite varie Guide di viaggio, tra cui citerei quella di Roberto Cattani, edizioni Livingston&Co., Milano, 1992, 1999, ma ora ve ne sono diverse più recenti.

ritorneremo in Egitto nell'aprile 2007 con i nostri due figli, e devo dire che almeno nelle cittadine minori e sopratutto nelle campagne non ci è sembrato che ci fossero grandi cambiamenti, mentre al Cairo e ad Alessandria e altre città è evidente uno sforzo di ammodernamento. Il turismo si è sviluppato,  non solo nelle località di vacanza sul golfo di Aqaba, sul mar Rosso, e anche sul mediterraneo, ma anche come strutture ricettive nel resto del Paese. I musei sono stati migliorati, e continuano gli scavi archeologici con nuove scoperte.