venerdì 23 dicembre 2016

in Messico, Guatemala, e Yucatan nel 1979

ciao a tutti, dunque dopo aver ritoccato e aggiunto foto al diario in varie puntate sul viaggio in India e Nepal nel 1978  come vi dicevo l'altro giorno (ho finito di mettere le foto anche per il Nepal),

e ora -preso da follia compulsiva- ho continuato a fare questo lavoro di restauro (in realtà per me è un gioco) anche per il viaggio che facemmo l'anno dopo.

Si tratta anche qui di un grande itinerario, a quei tempi non sempre facile, da (1) Città del Messico, Puebla, Toluca, Oaxaca, poi alla costa dell'oceano pacifico a Salina Cruz e Tehuantepec, quindi in (2) Chiapas, e da lì in (3) Guatemala, poi a Copàn in Honduras, e sulla costa caraibica, e poi nella grande foresta del Petén nel nord del Guatemala, quindi in (4) Belize (allora ancora Honduras britannico), e infine nella stupenda grande penisola dello (5) Yucatàn, andando nelle più sperdute isolette. Il tutto in due mesi (dal 10 luglio al 10 settembre del 1979), raccontati in appunto 5 puntate.

Più che altro direi che ho aggiunto foto, cioè diapositive (sopratutto per Guatemala, Belize e Yucatan), così per il piacere della nostalgia di rivedere e ripassare bei vecchi momenti.

Come in India c'era stato un momento hippie a Goa, qui c'è stato a Salina Cruz ma sopratutto nello Yucatàn, in particolare all'isla de las mujeres, all'isla de Cozumel, e nell'isoletta indimenticabile di Contoy, ma anche in Belize, all'isoletta di Kay Caulker.
Paradisi perduti, che furono scoperti e valorizzati dai giovani giramondo, e che sono stati poi invasi dalla turistomania che ne ha stravolto i connotati e l'ambiente originario, e oggi sono probabilmente irriconoscibili. Ma comunque tutto il mondo è cambiato... (e non sempre solo in meglio).

Dunque se volete potete guardare le varie puntate che ho caricato in Cinque Post nel periodo tra il 28 settembre e il  12 ottobre del 2012.
Selezionatele nell' Archivio del Blog che sta sul lato destro della pagina web.



Tenendo presente che è il racconto scritto da un ragazzo (io sono del gennaio 1948)

mercoledì 21 dicembre 2016

Pakistan, India e Nepal (1978), il nostro primo viaggio nel subcontinente indiano

Mi hanno chiesto cose relative all'India perché ci sono andato alcune volte (anche recentemente nel 2004 e poi nel 2006), e sempre nella modalità da me preferita, cioè del tipo viaggio-avventura fai-da-te (e ai quei tempi soprattutto: viaggio al massimo risparmio, dato che allora avevamo veramente pochissimi soldi a disposizione ma non per questo rinunciavamo a viaggiare), 

dunque volevo farvi sapere che in questa occasione ho ritoccato e sopratutto aggiunto foto, sul vecchio diario di un viaggio (di 10 settimane) che io e Annalisa facemmo nel lontano 1978 in India, entrando dal Pakistan, visitando il nord dell'India e poi andando su in Nepal, e infine facendo un gran giro anche nel Sud dell'India.

Quindi la serie dei Post del diario riguarda le seguenti otto puntate (la data è quella di quando ho caricato il testo sul Blog):

puntata 0  introduttiva sul Pakistan (9.sett.12); vedi poi puntata n.1: Amritsar - Old Delhi (5.nov.12); poi la 2: Rajahstan - Agra - Benares (6.nov.12); quindi come puntata 2bis: il Nepal (1°.dic.2011); puntata 3: Calcutta-Madras (24.ott.12); la puntata 4: a Goa (25.ott.12); e la 5 su Bombay e Elephanta, con il rientro via Karachi ( 26. ott. '12, e 9/9/12); e infine l'ottava,  cioè la n.6, con le considerazioni post viaggio ( 29 ott. '12). 

Le trovate appunto cercando sulla cronologia del Blog che c'è sul lato destro della pagina web sotto la dicitura Archivio
scusate se i vari testi non li ho postati in ordine, quindi seguite la numerazione 0, 1,  2,  2bis, 3,  4,  5,  6
prendetelo come un testo storico su come si viaggiava all'avventura in quegli anni là... 40 anni fa

Tenete dunque conto che è il racconto scritto da un ragazzo 
(io sono del gennaio 1948)

:-)




sabato 17 dicembre 2016

il maestro andino Hernàn Huarache Mamani

Martedì prossimo già saranno passati due mesi dalla scomparsa di Mamani, un grande maestro di spiritualità andina post-incaica.  Nato nel 1943 in un piccolo villaggio montano nell'area di Arequipa, nel sud del Perù è morto il 20 ottobre scorso, a soli 73 anni d'età.

Nel mio diario di viaggio sulle Ande peruviane, compiuto nel 2004, e pubblicato da Este-Edition di Ferrara, col titolo "Con lo sguardo del condor", lo cito nove volte, riferendo i titoli dei suoi libri nelle note e in bibliografia. 
E' stato uno dei primi a divenire noti e famosi anche in Europa, con la diffusione dei suoi testi in Spagna e poi la traduzione in italiano, in francese e in tedesco.
In questo Blog lo avevo citato nella puntata n.10, cioè l'ultima, del breve "corso a distanza" sulla spiritualità kichwa e quechua, come autore da comparare alla spiritualità del nord dell'area andina (cioè quella dei kichwa dell'Ecuador riferita in due visite a Ferrara da parte di Emanuel Pumaquero). Si veda appunto il ciclo che ho pubblicato nel febbraio 2012 (http://viaggiareperculture.blogspot.it/2012/02/corso-sulla-cultura-tradizionale-andina_29.html ).

Si possono visionare interviste di Mamani su YouTube, e leggere una sintesi del suo messaggio in:
http://www.hhmamani.com/it/?p=151   in un breve articolo di Laura Dotti, 
e poi dopo la sua morte cfr.:
http://www.eticamente.net/53600/hernan-huarache-mamani-i-10-insegnamenti-piu-importanti.html 

Mentre il progetto di una scuola per bambini e ragazzi, e di un istituto superiore per adulti, chiamato Universidad de Vida y Paz, è in gran parte realizzato e operante da anni ad Arequipa, e forse sarà rispecchiato anche in un istituto dedicato alla sua opera nella Svizzera italiana, come si può vedere in: http://img.musvc6.net/static/78263/documenti/1/ListDocuments/HERNAN_PACHAMAMA.pdf



Quasi tutti i suoi libri sono ora anche in e-book, in versione Kindle. Un elenco -come dicevo- lo trovate anche nel mio testo sul Perù. Comunque si tratta di: Meditazione nelle AndeL'Amore non muore maiGli ultimi curanderosInkaRiy, la profezia del SoleLa donna della LuceNegli occhi dello sciamano (il suo primo e più famoso); La profezia della curanderaI curanderos dell'animaLa dea dell'amore; La donna dalla coda d'argento (v. la nuova edizione con un capitolo inedito e un nuovo epilogo).










 Infine su di lui è stato anche girato un film di Germano Di Mattia, 


ed è stata scritta una riflessione sul suo pensiero (in: Le dodici piogge, Anima Edizioni).


Consiglio i suoi libri perché sono scritti sotto forma narrativa, e dunque facili e accessibili a tutti.
La rinascita della spiritualità andina, e più in genere delle popolazioni indie aborigene americane,  ha dato vita in occidente a forme di rielaborazione in chiave ecologista molto interessanti e affascinanti.


Il suo è anche un appello a salvare la Terra (Yanapaychis Pachamama Causata) dal disastro ambientale, che è un vero e proprio sacrilegio (anche autolesionista, controproducente e irresponsabile).



Nei seminari da lui organizzati portava nel dipartimento di Arequipa al cañon del Colca  a fare delle esperienze in diretto contatto con l'ambiente maestoso delle Ande.  La agenzia

el mirador del Colca

organizzativa da lui creata per scambi e incontri, ora continuerà grazie alle cure della sua compagna (contattare eventualmente: segreteria.pravida@gmail.com).

uno degli ultimi suoi impegni con l'Italia

Vedi anche in Power Point: HERNAN_PACHAMAMA news dicembre 2017

(Poi per quanto riguarda invece altri autori di scritti sulla spiritualità andina del Perù, ricordo anche i maestri: 
Anton Ponce de Leon Paiva, Américo Yabar, J. Nuñez del Prado, C. Milla Villena, J.L. Delgado, Atawallpa Oviedo, Jorge Carmona, Javier Lajo, C. Ullpu, 
e i libri sulla cultura andina per esempio di Maria Monachesi, Annarita Boccafogli, Roberto Sarti, S. Venturoli, M. Torra,  M. Frera & M. Principi, e altri, come J. Estermann; o anche i miei "Il viandante e lo sciamano" e "Con lo sguardo del condor", Este-Edition, Ferrara).


Questa rinascita di interesse per gli antichi messaggi degli indigeni andini, va di pari passo con i più recenti studi sugli indigeni amazzonici, del Guatemala, e anche del Messico (si vedano ad es. i testi di A. Gramigna), che sono popoli con culture abbastanza parallele e comparabili con quelle di altri popoli centro-sudamericani, e anche con quelli dei popoli degli indios "pellerossa" del NordAmerica. 
Ripresa di studi e interessi che ultimamente è significativa di un mutamento di orizzonte, cioè di un rivolgere lo sguardo al di là dell' Atlantico, oltre che verso l'Oriente (India, Tibet, estremo oriente, ...) che è stato l'obiettivo principale per vari decenni per i ricercatori (ovvero per coloro che sono in cerca di vie spirituali diverse da quelle che hanno prevalso nelle culture occidentali).

lunedì 12 dicembre 2016

ci sono ancora copie di alcuni libri

Cari lettori, volevo segnalarvi che ci sono ancora alcune copie disponibili presso Este Edition, in via Mazzini 47, a  44121-Ferrara (libri@este-edition.com), in giacenza, per cui se volete fare un acquisto per le feste, potete ordinare ancora il libro:

 "Con lo sguardo del condor - Conoscenza e auto-formazione lungo le strade delle Ande del Perù(220 pagine, 36 foto, in vendita a 20€) su un grande giro che feci in un mese con l'amico Beniamino Manfroi nell'area delle cordigliere, compiuto nell'aprile 2004. Non sono ancora esaurite tutte le copie e il contratto di edizione scade in gennaio, e dunque mancano ancora alcuni giorni...



 al passaggio di una soglia antica

Mentre purtroppo il libro precedente sulle Ande, relativo ad un viaggio nell'area montana durato un mese, compiuto invece a fine agosto-settembre 2009,  cinque anni dopo quello in Perù (cfr: "Il viandante e lo sciamano - diario di viaggio e formazione tra le Ande dell'Ecuador", 192 pagine, 17 foto), e quindi con maggiore conoscenza e consapevolezza di quella cultura e spiritualità andina, è da tempo esaurito. Avendo già avuto tre ristampe, ormai non è più disponibile nelle librerie. Il contratto di edizione è scaduto e quindi non si prevede per ora una ulteriore ristampa. Però lo trovate su internet in ibs.it a €14,25, o in Mondadoristore.it a €12,75 : oppure di seconda mano da rivenditori dell'usato (a volte i volumi sono intonsi o quasi) su internet, e forse lo potete ancora acquistare. Se no scaricarlo in PDF o in .doc dal sito: encuentralas.com facendo il log-in 


Ciascuno dei due libri contiene anche tre bei racconti di tematica andina scritti da Ghila, e una lunga introduzione e contestualizzazione, nonché intermezzi storici e narrativi, con rif. a testi di canzoni, o poesie,  o leggende, e note  esplicative o di commento (e anche ricette della cultura culinaria locale).


Pure ancora acquistabile (sia con ordinazione diretta all'editore o presso librerie, o su internet) è il volume sulle problematiche della formazione dell' identità, "Le maschere e gli specchi - Identità e differenze, tra omologazione, eterogeneità, osmosi, e complessità", uscito a fine novembre del 2011 per le edizioni Franco Angeli (collana Biblìon, pagine 368, € 40, ma si trova anche cercando su Webster.it e libreriauniversitaria.it in internet a €30, ma su bookrepublic.it e stores.streetlib.com a €28,50 oppure come e-book in formato kindle a € 28,50, oppure potete leggerne liberamente alcune pagine in: books.google.it e .com).




Di questi miei testi ho trattato anche qui in questo blog negli anni scorsi ( per es. vedi i Post del 24 maggio 2015, e del novembre 2014, e febbraio 2014, e vari altri), e chissà se da questi testi postati ne potrà risultare in un prossimo futuro un libro sul viaggiare inteso anche come metafora. 

sole e luna coniugati, ricamo indigeno


Anche altri miei libri, come quello sulla "Paideia greca" sino a Socrate, edito da Unicopli, che si trova in internet a soli 7€e 50, mentre il libro precedente dedicato interamente a Socrate è in vendita a 14€, e quello sulle scuole e la pedagogia della rivoluzione francese, è ancora reperibile, anch'esso a 14€, ... Altri testi li ho curati assieme con Anita Gramigna, per es. quello di Aa.Vv., "Etica, formazione, e mondializzazione" che è a € 18,50, sempre su Amazon cercando sotto il mio nome; oppure sotto il nome di A.Gramigna: "Poietica dell'educazione" che è anch'esso della Este-Edition, o "Ermeneutica dell' educazione" pure delle edizioni Unicopli, ecc. Ma ora mi fermo se no questo elenco diventa troppo noioso...

sabato 3 dicembre 2016

Israele 3a puntata: Mar Morto e deserto del Negev

(prosegue dalle due puntate precedenti)

Parte Terza: il mar Morto e il deserto del Negev (e infine ritorno a Tel Aviv)



EIN GEDI

Poi abbiamo riattraversato tutto il Paese, per andare sul Mar Morto. Prendiamo la n.2 verso sud. Dopo un primo 5° di percorso c’è stato nei pressi di Hadera un congestionamento autostradale che ci ha fatto fermare o andare a passo d’uomo per quasi un’ora…! Abbiamo cercato una alternativa uscendo dall'autostrada, ma anche lì c'era intasamento. E' così che è andata persa un'ora. Poi, avendo bypassato Gerusalemme con la highway numero 1, superiamo El-Azarieh (il paesino di Lazzaro), evitiamo l'insediamento di Ma'alé Adumim, e già siamo nella parte settentrionale del deserto di Giudea (dove Gesù fece un ritiro ascetico per 40 giorni), già siamo scesi da 800 a 310 m.s.l.m. A Khan el-Hathrur c'è una gola dove vi sono le rovine di un antico caravanserraglio, era il confine dell'antico regno giudaico. Poco più in là vi sarebbe il luogo dove c'era la locanda del buon samaritano, e un poco più su i resti del castello crociato di Malduin, più oltre c'era un monastero fondato dalla figlia di Baldovino,  Melisenda, per vent'anni regina del regno crociato di Gerusalemme.
E poi in 15 km passiamo di fianco a Gerico, nei territori palestinesi (che già avevamo visto nel ns viaggio scorso),
resti dell'antico Palazzo Hisham fuori Jericho
pavimento a mosaico di una sinagoga a Jericho, del VI/VII sec.a.C.
 e 11 km dopo, a fianco di Nabi Mussa (dove gli arabi dicono che vi sia la sepoltura di Mosé, cosa che gli ebrei negano, e che è oggetto di culto da parte di musulmani) località che visitammo nel 1992 nel nostro primo viaggio in Israele (ma vedi la seconda puntata del diario di viaggio in Egitto del 1978, caricata l'8 marzo del 2017, dove accenno a Mosé). Il grande Maestro degli antichi ebrei sarebbe morto in cima al "monte" Nebo (o Nabi), da cui poté vedere la terra promessa ai figli di Israele, ma senza dunque poterci entrare. Attualmente sono ancora in corso da oramai cent'anni, scavi archeologici presso le vicine rovine di Khirbet-el-Mukhayyat (si veda lo studio di padre Michele Piccirillo, del 1986, dello Studium Biblicum Franciscanum), nei Territori dell'ANP.

Qui nei pressi abitano anche alcuni Samaritani (che in tutto oggi sarebbero ridotti a soltanto 800 individui circa in tutto -quindi a serio rischio di estinzione- viventi nell'area di Nablus-Sichem in Samaria,
una vecchia foto di Samaritani


samaritani durante una cerimonia 
sul monte Gezarim o Garizim (da una post card)

 che è la parte nord dei Territori Palestinesi, nella regione in cui fiorì l'antico regno israelitico). Essi sono rimasti nei secoli fedeli al "mosaismo" originario. Conservano come testi sacri antichi libri del Pentateuco scritti in una scrittura arcaica, e non riconoscono il testo nella versione dei Masoreti (gli eruditi rabbini che a Tiberiade fissarono una redazione canonica).



Dopo un po' passiamo in ripida discesa un punto in cui c'è una specie di monumento per segnalare che siamo giunti al livello del mare, livello 0, ma continuiamo per un ulteriore dislivello di 400 metri, e così siamo scesi sul Mar Morto (Yam haMelah, "mare del sale" in ebraico, e "mare dei morti" in arabo) all'estremità nord, e poi lo abbiamo costeggiato tutto lungo la costa ovest, fino all’estremità sud. 
un' oasi (sarab in arabo)
Ci accoglie un gruppetto di dromedari che se ne stanno proprio lungo la strada. 

Superiamo la zona di Qumran dove nel 1947 furono rinvenuti i famosi manoscritti "del Mar Morto" in una delle numerose cavità o grotte nella roccia sovrastante la costa. (Forse ancor più importanti di quelli che erano stati da poco trovati vicino al paesino egiziano di Dag-Hammadi  nel 1945/46).

e si veda il volume a cura di Geza Vermes, trad. inglese The Folio Society, 2000:

e in edizione italiana a cura di Elio Jucci:
1992, tr.it. 1994



Gli archeologi israeliani da molto tempo stanno rastrellando e settacciando ogni metro quadrato di ogni anfratto, cava, grotta, con grande meticolosità e attenzione (la cosiddetta "Operation Scroll"), e ogni tanto viene trovato qualcosa di interessante, per es. in scavi tra il 1953 e il 1961 l'archeologo Yadin e altri, avevano trovato  nella valle del wadi Murrabba'at nella grotta di Nahal Zelim alcune lettere scritte da Bar Kokhbà, il capo della terza e ultima insurrezione anti-romana (132-135 d.C.) ... il cui nome significa "figlio della Stella" e che si proclamò re di Giudea e "inviato dal Signore". Poco dopo si ritrovarono più a sud delle monete di "Israele Libero" coniate sotto il suo comando. Più tardi a Nahal Hever si sono trovati dei frammenti di passi dell'antico Testamento, che sono stati poi pubblicati (quelli in greco in due volumi, nel 1989, e poi quelli in ebraico e in aramaico nel 1991).


la grotta Nahal Zelim del ritrovamento (da una post-card)

Spettacoli lunari fantastici.  










si intravede la costa giordana a est:



E proseguiamo a sud fino a rientrare dentro ai confini israeliani. Sulla riva qui siamo a -424 metri al di sotto del livello del mare...! (trent'anni fa era a -393....). 


un bellissimo volume fotografico di immagini aeree (qui appunto si vede il mar Morto)
regalatoci da Gavriel Ostermann

Ora siamo arrivati nell’albergo del kibbutz di Ein Gedi, che ha coltivato e cura un giardino botanico stupendo, con grandi baobab, baniani, e ogni varietà di cactus. 




Ed è pieno di fiori, e con animali dei tempi biblici che lo attraversano. Qui poco dietro la casetta della nostra stanza c'erno tre stambecchi siriani (o nubiani, detti anche ibix, o ibex) che brucavano l'erbetta. Ma che impressione quelle loro cornone sproporzionate... Che peso che devon portare poverine... 

proprio nello spiazzo centrale passano questi due

E poi per puro caso abbiamo visto da vicino una procavia delle rocce, o procavia capensis, detta rock hyrax, è come un grande cricetone.... ha un bel musetto. Lunga mezzo metro, pesa due kg e mezzo.

Ein Gedi significa "la fonte del capretto", per una sorgente d'acqua sotterranea, ed è un luogo antico, già è menzionata nel Cantico dei Cantici dove si dice che qui Davide si rifugiò quando dovette sottrarsi all'ira del re Saul. E qui sarebbe stato anche re Salomone. Comunque viene definita "una delle più belle località di protezione ecologica integrale". Dall'inizio degli anni '50 c'è un kibbutz, che da qualche anno ha aperto un albergo e guadagna col turismo. (per chi non trovasse posto, c'è anche un bell' ostello).
l'area dell'albergo

Annalisa sta adesso facendo il bagno nella piscina d’acqua salata in fondo all'area alberghiera, in alto. Ma non riesce a stare bene dritta in piedi da tanto l'acqua così salata ti spinge le gambe a galla verso la superficie.  Il tasso di salinità dell'acqua è tra il 33 e il 35 % ! 

E' bellissimo starsene in piscina all'imbrunire e guardare la luna assaporando l'arietta della brezza serale in viso, col corpo nell'acqua tiepida. Si intravede la costa est che è il lato della Giordania, ma sembra come un vago e tremolante miraggio tenuemente rosato dai raggi del sole (è a 20 km. di distanza). Il che accentua il carattere fantastico e un po' onirico di questo paesaggio.



La mattina al ristorante self-service c'è del buon pollo rosolato con salsa tahina, e la solita abbondanza di varietà, tipo le torte-frittate con verdure, le quiches, o una cheese-cake, o la spremuta di pompelmo rosa, o qualche piatto kasher, o cucinato in un forno tandouri. Un paio di volte restiamo a pranzo, troviamo oltre ai soliti piatti, anche ragù di tacchino con uvette, pollo farcito con noci pecan, una specie di gulasch di manzo a cubetti con salsa di pomodoro, insalata d'anguria con limone e zucchero, datteri farciti con mandorle (e cannella e cocco grattugiato), insalata di arance, ...



i dintorni

Poi il giorno dopo, sabato 12, abbiamo preso il bussino dell'albergo che ci ha portato giù fino alla loro "spiaggia". Poi salendo sui carrozzoni tirati da un trattore (strapieni di gente del week-end) siamo andati sulla "spiaggia" gialla di sale pressato a fare il bagno in mare  (ma non si riesce a nuotare). Tra l'altro credo che siamo potuti andare a piedi alla spiaggia a quest'ora solo perché è metà novembre. Annalisa poi si è tutta spalmata di fango, tirato su a mano dalla zona tutta melmosa che c'è più avanti ... Dicono che a volte ci siano in superficie i pesci del fiume Giordano che in una piena sono finiti qui e qui son morti mummificati. Non vi è possibile nemmeno la vita vegetale. Fortunatamente lungo la costa ci sono ruscelletti sotterranei (wadi), e alcune sorgenti, e si creano delle oasi. Passiamo un bel po' di tempo sulla spiaggia della spa del kibbutz (Ein Gedi spa), e facciamo là uno spuntino per il lunch. Tutti i sevizi, per i clienti del nostro albergo, sono gratuiti.




area picnic
area caravan, camper
area ristoro
una giovane locale

piscina normale
servizio trasporto alla spiaggia
la fermata al capolinea
 la spiaggia gialla, all'arrivo e al ritorno

servizio tettoie
servizio docce
 servizio lavandini

bagnasciuga
pura acqua salata
 di che è fatta la spiaggia gialla ?
l'ufficio del bagnino
i X Comandamenti del Mar Morto, in traduzione inglese

 servizio area fanghi

servizio lavatoi
il paesaggio circostante al ritorno col trattore

 beduina al bar
 una beduina e una ebrea in area piscina
è giunta l'ora della preghiera


Mentre Annalisa si risciacqua, io chiacchiero un po' con una ucraina e una russa che vivono ad Hadera, e che hanno una idea favolistica di che cosa sia l'Italia ...

Tornati facciamo un giretto nell'area degli abitanti del kibbutz, dove c'è un negozietto di robe vecchie, e curiosità, un mini-zoo, un negozio di oggetti d'artigianato, oltre a un mini-market, e altre strutture. 
Girare per il kibbutz con l'esuberante vegetazione fa dimenticare in che regione geografica ci troviamo...



Un vero e proprio ben-di-dio, di alberi, fiori, cactus, bestiole, ortaggi eccetera


la scuola a tempo pieno

Ogni tanto incrociamo un giovane che è un esterno, addetto ad accompagnare i turisti con una   macchinina elettrica in giro all'interno, per esempio accompagnarli alla piscina coperta o al ristorante, o alle camere più lontane, ed è un ragazzo simpatico. E' stato assunto ma lui lavora malvolentieri qui perché dice che non gli piacciono i comunisti (tra l'altro non credo affatto che questo kibbutz sia di quell'orientamento politico) perché sono gente chiusa e di mentalità ristretta. Da domani lo incontreremo fare il cameriere al ristorante, e ci dice di guardare la luna piena perché sarà eccezionalmente grande.
Nel pomeriggio del secondo giorno andiamo in un luogo dove si può iniziare una lunga camminata dentro alla gola Nahal David, e poi si arriverebbe ad una bella sorgente Ein Gedi Spring. 


foto di immagini presenti al museo

Ma poi non lo facciamo perché fa caldo e siamo un po' affaticati (c'è anche un'altra gola un poco più a sud, wadi Arugot, con delle cascatelle)
Wadi Arugot dopo che ha piovuto (evento raro) da una post card

Andiamo invece a visitare  i resti di una antica sinagoga in un parco archeologico e naturalistico. Fu scoperta nel 1965 e poi gli scavi vennero compiuti nel 1972, ed è stata restaurata nel '96.  Data dal III sec. d.C.







Il pavimento a mosaico porta una iscrizione suddivisa in cinque sezioni.
La prima elenca i tredici antenati dell'umanità, da Adamo a Giapeto. La seconda elenca i 12 segni zodiacali cui seguono i 12 mesi del calendario lunare ebraico; e i nomi dei tre compagni di Daniele. Poi le altre tre sezioni sono in aramaico per ringraziare chi ha contribuito  alla edificazione della sinagoga.




il simbolo dell'ente parchi naturali, molto attento alla protezione dell'ambiente

Alla casetta d'ingresso chiacchieriamo con la giovane "guardia" della biglietteria, che è simpatica e ha voglia di parlare, dato che se ne sta qui quasi sempre sola e in silenzio.


riproduzione della menorah d'argento ritrovata qui (con anche un calice in bronzo)


Ci sono dei depliant con raffigurati gli animali che vivono nelle aree pietrose e secche del Negev. La prima tra i piccoli erbivori è la simpatica procavia, seguono leprotti, ricci, e topolini vari.



Ma poi ce ne sono di più grandi, come la bellissima lince del deserto, detta caracal:
e l' ibex nubiano che già conosciamo, che si inerpica dovunque, a dispetto dei suoi ingombranti cornoni:



 gli animali protetti

i rapaci a rischio estinzione

Compero le prime due cartoline e una brochure sui mammiferi. 




Domenica 13 abbiamo fatto una gita a MASADA, (scritta anche Massada, o Horvot Mezada), 

dove siamo saliti in cima all' alto dirupo a strapiombo con la funivia (se no si potrebbe salire a piedi). 



alla partenza
all'arrivo

Panorama straordinario, e impressionante il pensiero che qui si fossero rifugiati gli ultimi resistenti alla conquista romana, e che dopo la loro sconfitta sia iniziata la diaspora degli ebrei ai quattro angoli del mondo.   Bisogna leggere l'ebreo Giuseppe Flavio (che in gioventù era stato filo-fariseo e che poi per realismo fece in modo da ottenere la cittadinanza romana da Flavio Vespasiano, ma che comunque non si convertì mai) cosa scrisse in aramaico ne "La guerra giudaica", sulla disperata resistenza degli ebrei... e sulla sua durissima e spietata repressione.
l'intera area del Parco Naturale Nazionale
il tavoliere in cima alla rocca con la cittadella

l'edificio degli antichi bagni rituali ebraici
(da una cartolina)


 il camminamento originario per uomini e asini intagliato nella roccia

da su si vedono anche due quadrilateri degli accampamenti degli assedianti


 lo spettacolo del paesaggio visto dall'alto è straordinario

La piattaforma in cima credo che in estate non sia facile da visitare a causa della calura, ma ora ci si sta bene, c'è anche un refolo di brezza, ma il sole è comunque forte e picchia in testa (ho dimenticato il cappellino in macchina...). 
Ci sono comunque tanti turisti dato che è una delle maggiori e più famose attrazioni, e anche visitatori israeliani poiché la rocca è divenuto un vero e proprio simbolo del Paese (ci sono addirittura gruppi familiari che vengono qui apposta per celebrare il bar-mitzvah, cioè la cerimonia per la maggiorità religiosa dei ragazzini...).


Poi siamo andati  un po' più a sud a vedere l'area dei grandi hotels a Ein Boqeq, che sconsiglio. Nel suo primo viaggio nel '66 Annalisa c'era stata a fare la cameriera in un alberghetto, ma ora sono grandi buildings, e centri commerciali, tutto è gestito da russi.
(post card)
Tra l'altro con il ritiro delle acque si è creato una sorta di secondo lago a sud, più piccolo, e che è ora tutto ripartito a sezioni o striscie, e in canali, o piccole vasche e sbarramenti per trattenere il deflusso, quindi il paesaggio qui è differente (e forse un po' meno bello).
(post card)
Come anche si vedeva dalla cima di Masada:



Un divertimento può essere: andare in gita a navigare in barca sulla superficie salata


(da un manifesto sul muro)

Rientriamo per uno spuntino al bar dell'albergo, chiamato "Baobar" in omaggio al grande baobab centrale (il secondo che avevo mostrato più sopra).

Al pomeriggio andiamo verso wadi Arugot, ma poi anche lì non facciamo la camminata a piedi. 





In compenso incontriamo per puro caso lungo la strada degli stambecchi nubiani (ibex) che gironzolano brucando cespugli.




Dunque nell'area tra il deserto di Giudea, i territori attorno al Mar Morto, e il Negev ci sono -nonostante le difficili condizioni oggettive- diversi animali, anche di media e grossa taglia, come le gazzelle, la scrofa selvatica, la volpe rossa, il lupo e il jackal dorato (sciacallo), la faina, la puzzola, la lontra, la nutria, il porcospino indiano, lo scoiattolo persiano, e persino rare iene e rarissimi leopardi. Di recente sono stati re-introdotti il cervo rosso, il cervo persiano, lo orix (o orice) arabo, e l'asino selvatico asiatico.

E non mancano i volatili:












Rientrati, andiamo alle piscine a passare la serata.
l'area cactus
la vista sul Mar Morto

la piscina grande
la vasca coperta, di acqua calda del mare, che è ovviamente molto salata
 la vasca all'aperto, di acqua normale a temperatura ambiente


ci si appoggia sulla superficie densa dell'acqua che ti tiene su

la luna "più grande"

§. 2 - nel NEGEV


Passate tre notti, il 14 mattina presto, siamo andati in auto verso il centro dell'area del deserto di ha- Negev, non prendiamo la strada per Arad, ma continuiamo sulla 90 verso sud, e passiamo da Neve Zohar, passata Sedom=Sodoma (e la statua di sale "della moglie di Lot"), proseguiamo ancora attraverso l'area  estrattiva e industriale della "Dead Sea Works", zona allucinante con paesaggio distopico. D'altronde un po' più a sud c'erano a Timna (Michrot Timnà) le famose miniere di re Salomone, nella leggendaria "valle dei fabbri" in mezzo al deserto;

(post card)

quindi ad Ha'Aravà junction teniamo la destra sulla 25 che va su per Dimona (fondata nel 1955 è una città per immigrati, più che altro ebrei dei paesi arabi ), poi con la 204 a Sde Boker, e Avdat, e infine restando sempre sulla 40 verso sud, 



attraverso tutta la zona arida e rocciosa, giungiamo fino a Mitzpé Ramon, cittaduzza tranquilla con molti beduini (che ora hanno aperto alberghi), e un panorama mozzafiato. Anche questo è un viaggio che d'estate è meglio fare all'alba, mentre adesso ce lo si gode in pieno... 



MITZPE'  RAMON
Eccoci dunque in questa cittaduzza (5120 abitanti) in via di sviluppo, che sta sul bordo di un enorme e alto cerchio a dirupo, chiamato Maktesh Ramon.  
da una foto aerea

Abbiamo trovato posto con Expedia allo Smart Hotel nella parallela alla passeggiata panoramica, vicino a un mercatino popolare (ma poi lì ci sono alberghetti di minori pretese e più economici, che non compaiono su internet).


Anche qui siamo a 900 metri s.l.m., (la cima del monte Har Ramon tocca i 1035) e alla sera c’è una gradevole arietta mite. Appena messe giù le borse, usciamo subito. Passeggiamo lungo il bordo del dirupo a strapiombo, la Albert promenade. Panorami fantastici e vastissimi. 
 in fondo la terrazza panoramica

 dirupo a strapiombo



il balcone belvedere dedicato a D'Ilse Katz


Abbiamo incontrato in strada degli stambecchi ibex che cercavano tra il pattume. Che acrobazie col capo han fatto per far superare lo sbarramento alle loro cornone...







fiorellini di un cespuglietto ai bordi del deserto
io chiamavo questa bellissima meraviglia della natura: "fiori di corallo"

Andiamo in "centro", dove incontriamo delle beduine che stanno aspettando alla fermata dell'autobus.

questa torna dall' aver fatto la spesa

queste aspettano l'autobus

Annalisa chiede una informazione, e una soldatessa mi guarda fare le foto

Per giustificarmi con lei, dico che mi fa impressione pensare a quali valori vengono educate le due bambine, ma lei mi contesta dicendo che va rispettata la loro cultura...

Pranziamo dove c'è una fila di punti-ristoro a buon prezzo, e di "Shawarma" cioè posti dove fanno la carne alla brace, e i falafel. La carne alla brace è un po' simile al Kebab (dal turco kebap) che significa carne arrostita, e si riferisce a strati di fette di carne (spesso di montone) che girano in verticale su uno spiedo e si arrostiscono. Shawarma invece significa "panino arrotolato" ed è un po' simile anche al greco pità gyrosIl shawarma, a differenza del kebap qui viene fatto anche con carne di pollo e, inoltre fra gli ingredienti ci sono anche aceto e la tahina, la tipica crema di semi di sesamo bianchi.  Mentre invece i falafel, o felafel, sono delle polpettine vegetariane (in genere di ceci, o fave, o fagioli) che vengono fortemente aromatizzate con prezzemolo, cumino e coriandolo, cipolle e aglio, poi rotolate nei semi di sesamo e fritte nell'olio di semi, e spesso servite con dell'insalata, ficcate dentro a delle pitàh (=pane arabo rotondo, o frittelle di farina) tagliate in orizzontale. A volte si servono su un piatto con contorno di humus o di yogurt .





menù

 gelateria-pasticceria
di
Tratto da http://www.my-personaltrainer.it/Tv/Ricette/Secondi_piatti/falafel-al-forno.html
Io prendo invece un grosso tortino, ripieno di formaggi e cipolle dolci, e restiamo lì a guardare chi passa. 
 soldati all'intervallo-pranzo


etiopi

Anche qui c'è il solito mescolone multietnico, e si sente parlare francese, arabo, inglese, ebraico, si mescolano immigrati ebrei dai paesi arabi orientali (Iraq, Siria ecc.) e altri dal Maghreb, oppure dall'Iran, dall'Etiopia, dall'India, o dai paesi slavi, cui si aggiungono i nuovi immigrati non-erbei: africani o filippini o altro.
ad un mercatino

Andiamo a visitare il museo, che è anch'esso parte del Parco Naturale. 

a sinistra un punto-ristoro, a destra il museo


 All'inizio si è costretti a sorbirsi un filmato sull'astronauta israeliano che al rientro morì con i suoi compagni per la combustione dello shuttle. Poi ci sono le parti di carattere geologico e ecologico, molto interessanti.

mappa dell'area della "depressione" del grande Maktesh



la cosiddetta rosa del deserto (o "rosa" di Gerico)

Viene mostrata una interessante proiezione in 3D sulla storia geologica.
C'è poi anche un bel documentario naturalistico sul Negev:




 una formazione geologica incredibile
prismi in un'area detta "carpentry shop"
anemoni di mare fossilizzati, il che dimostra che il bacino era pieno di acqua

 Maktesh Gadol
 lupi
 orice
antilope
 la nostra amica procavia delle rocce
 pantera di notte
una specie di gazzelle
asini selvatici asiatici

 i già ben noti stambecchi ibex
 migrazioni sorvolando il Negev
una specie locale di gufi/barbagianni


usciamo



Qui a M.R. vive il grande archeologo italiano (ebreo fiorentino) e paleoantropologo, Emmanuel Anati, che ora ha ottantasei anni, e che ci ha invitati a pranzo a casa sua !!!! 

Poi abbiamo fatto dei giretti in auto dentro nel grande Maktesh (una enorme profonda depressione semicircolare detta impropriamente cratere). 
Scendiamo in macchina giù per la strada n.40, aperta nel 1953 verso il pianoro sottostante, con la grandiosa catena rocciosa che fa da sfondo. Che spettacolo...!



 il lunghissimo bordo del "cratere"
il vastissimo pianoro sottostante
eccoci giù
esposizione di rocce di diversi colori e componenti



All'estremo sud nello stretto sbocco sul mar Rosso, si giungerebbe ad Eilat (almeno un quarto dei turisti che vengono in Israele vanno ad Eilat) ma non abbiamo il tempo per andarci, e ci dobbiamo dimenticare anche che avevamo sognato di fare una gita da lì a visitare Petra in Giordania... Ci vorrebbe almeno una terza settimana...
Poi andiamo nel tardo pomeriggio a vedere un quartiere di hangar e magazzini che sono ora occupati da artisti e artigiani e localini, che si chiama il quartiere della via delle spezie (spice route), haOded street. Effettivamente qualcuno è aperto e si vedono insegne, murales, cartelloni, ma è metà novembre e siamo decisamente fuori stagione.





un simpatico bar-risto




Ritorniamo in albergo, vado in piscina, e poi ci soffermiamo ad ammirar la grande luna piena.
Quindi usciamo a cena in un bel locale che ci ha consigliato la ragazza della ricezione, lo "Haavit" dove c'è una simpatica signora mulatta che ci serve e ci parla della sua passione per i viaggi (lo "sport" nazionale degli israeliani)




 melanzane al forno (guarnite da verdure, pinoli, pomodori, ecc) in un "letto" di una salsa a base di panna cotta

straccetti di carne cruda in una salsa di ravanelli rossi

Per cui al mattino del giorno 15 siamo risaliti verso nord per ritornare sulla costa, quindi ripassiamo per Dimona, poi ripassiamo accanto al kibbutz fondato nel '52  dove viveva Ben Gurion, a Sde Boker. Lungo la strada si vedono tende di accampamenti poverissimi di beduini pastori nomadi (che in Israele sono circa 30 mila). 

E infine attraversiamo Be'er-Sheba (=sette pozzi), che è diventata la quarta città del Paese, anch'essa città industriale in via di rapido sviluppo, che è il capoluogo del distretto meridionale, dove avevamo pensato di fermarci per visitare il museo etnografico sui beduini, che invece non vediamo, e



mentre per gli arabi Drusi  il servizio di leva è obbligatorio, per gli arabi Beduini è  volontario 

che svolge anche iniziative educative e interculturali


e non andiamo a vedere neanche il centro artigianale degli ebrei etiopi (per conoscere l'epopea dei Falascià, che avevamo visto illustrata nel bel film "Vai e Vivrai", 

http://www.viviareaindustriale.mn.it/AdminC/ARTICLES/Rubriche/StoriaeTecnologia/tabid/261/ articleType/ArticleView/articleId/282/NEL-FILM-VAI-E-VIVRAI-LA-STORIA-dei-FALASHA-GLI-EBREI-ETIOPI-NELLA-GRANDE-MIGRAZIONE-DEL-1984.aspx)  
ma non fa niente... ormai. 
I giovani europei comunque dovrebbero venire a studiare qui come si fa integrazione e inclusione di un veramente gran numero di continui immigrati provenienti da paesi e culture diverse...  

Dopo di che si esce dalla grande regione arida.

Gli ebrei israeliani nati in Israele (e anche i loro figli nati in Israele) si chiamano con l'appellativo di sabra, che in ebraico significa fico d'india, poiché è spinoso all'esterno ma dolce all'interno, oppure "fiori del deserto", come la "rosa" del deserto che si ravviva con solo una goccia d'acqua. Loro sarebbero i "tipici" e "autentici" abitanti del Negev, specie quelli dei kibbutzim del Negev. Gli israeliani sono sempre stati sicuri che il Negev rappresentasse il futuro per lo sviluppo del Paese, e ora forse con il nuovissimo metodo di desalinizzazione dell'acqua marina che gli studiosi israeliani hanno inventato, che fa risparmiare più della metà dei costi (rispetto alle più recenti tecnologie), si potrà portare l'acqua, e non solo per irrigare, lavare e lavarsi, ma anche da bere, ad un prezzo finalmente sostenibile, e allora con  la dissalazione per osmosi inversa anche questa terra ritornerà ad essere verde (cfr: ilbarrito.com/desalinizzazione-in-israele e thenexttech.startupitalia.eu/2154-20150727-con-losmosi-inversa-israele-produrra-acqua-low-cost-desalinizzata). Il nuovo impianto ha appena incominciato a operare a Sorek sulla costa a sud di TelAviv.

Comunque già ora sono stati fatti miracoli in proposito. Proprio nella piana di ha-Aravà (Wadi al-Arabah, il rivolo d'acqua che esce dal mar morto) la trasformazione del deserto è stata più evidente, da quando gli israeliani inventarono l'irrigazione "goccia-a-goccia", migliaia di ettari sono coltivati ad ortaggi, pomodori, lattuga e fagioli (in un kibbutz invece producono ed esportano rose e gladioli)...

§. 3 - TEL AVIV  2a visita


Superate Ashqelon (l'antica Ascalona) con la sua spiaggiona, Ashdod (importante porto commerciale e centro industriale), e Rishon le Zion (città fondata nel 1882), e Rehovot (sede dell'università per le ricerche nelle scienze, Istituto Weizmann), siamo infine ritornati a Tel Aviv, e abbiamo restituito l'auto (in Hayarkon 144, service@hertz.co.il)

Ma l'attraversamento della metropoli è stato faticoso per il traffico. D'altronde, come già dicevo nella prima puntata, si pensi che TLV nel 1958 aveva 380 mila residenti, mentre nel 2013 (ma nell' ampio agglomerato urbano che nel suo insieme occupa gran parte del distretto centrale costiero) si contavano ben 3 milioni e mezzo di abitanti (sugli 8 di tutta Israele...)
per cui una crescita esponenziale a dismisuraperciò ci sono sempre lavori in corso nel settore delle costruzioni edilizie per dare casa a tutti gli immigrati che continuano ad arrivare, in più c'è in corso un grande sviluppo economico con l'edificazione di un'area di grattacieli modernissimi.




A Tel Aviv ora siamo andati a vedere un interessante museo storico sulla guerra d'indipendenza e la immigrazione clandestina durante il protettorato britannico: il Museo-Archivio Palmach, 


dove c'è pure una vecchia intervista fatta a Ferrara a mio suocero

e poi abbiamo pranzato ad un tavolino sulla spiaggia, a "La-la Land - Resto beach" dove nonostante sia un po' nuvolo, abbiamo preso il sole e la brezza marina. Intanto si sentivano alcune piacevoli musiche di Noa, la bella e brava cantante israeliana che fu famosa sopratutto negli anni Novanta.

i camerieri in Tshirt

Sul lungomare c'è sempre qualche culturista impegnato a fare footing (questo della foto l'ho poi sentito parlare in arabo con un suo amico, durante una sosta per bere)



In questo viaggio siamo quasi sempre stati in compagnia di amici e conoscenti, e abbiamo fatto tante chiacchierate. Alla sera p.es. ceniamo con una coppia, in un bel localino (che ha purtroppo l'aria condizionata troppo vicina al nostro tavolino). Ci parlano delle difficoltà dei loro figli che si trasferirebbero per lavoro negli USA, ma purtroppo per gli israeliani ci vogliono super-visti e controvisti, diversamente che per noi europei. Lui aveva perso il lavoro nel periodo della crisi finanziaria, e anche ora ha sempre solo contrattini a breve termine..., mentre la madre come infermiera ha un posto di ruolo.
Certo che in questi ultimi anni Israele, superata la grave crisi di vari anni fa, è ora invece in una fase di grande boom rapido e costante, è la patria dell' high tech e delle start-up, e con un mercato del lavoro neo-liberista quindi privatista e di grande flessibilità.


Abbiamo dormito in un albergo modesto, abbastanza a "buon" prezzo per essere a Tel Aviv vicinissimo alla spiaggia (70€ la doppia): The Home apartments (thehome@thehome.co.il) vicino a dove eravamo quando siamo arrivati, in Hayarkon angolo con Frishman. E il 16 mattina, andiamo a far colazione pochi metri a destra nel bar di un simpatico argentino che è qui da 40 anni, con cui chiacchieriamo in spagnolo.

Ora andremo all’ aereoporto con un taxi della compagnia "Hadar" (che va prenotata tel.039711103) che è più a buon prezzo di tutti gli altri e con prezzo prefissato per il percorso dal centro-città all'aeroporto di Lod (ma l'autista che ci capita è un guidatore veramente pazzo e litigioso, nervosissimo, un viaggio breve ma assurdo). Forse all'arrivo dice slichà, scusi... ma resta comunque uno st.....



La vacanza è oramai al termine.


aeroporto di Lod, il lungo corridoio delle partenze

Dunque siamo stati nelle città più importanti, e abbiamo visto i principali monumenti storici e musei, abbiamo goduto degli spettacoli naturali grandiosi del mar morto e del deserto del Negev... In definitiva questo viaggio in Israele è stato veramente denso, fitto di cose viste, di impressioni, di conversazioni, paesaggi, insomma assai intenso, sia a causa della breve durata, sia per gli impegni che avevamo con persone, sia per la grande varietà del Paese e della sua gente, un crogiolo multietnico (anche se si tratta in gran parte di persone di origine ebraica, ma sono comunque di diversissime provenienze geografiche, linguistiche e culturali). Un Paese piccolo, ma pieno di storia e di cose interessanti. Quindi bello, e intrigante. 

Certo anche in questo viaggio non abbiamo visto tutto quel che poteva meritare, come per es. non siamo andati a Betlemme (Beyt Lahm = la casa del panettiere) dove si dice che Davide sarebbe stato proclamato (ovvero unto) re da Samuele, e dove quindi viene posta l'origine di Gesù, dato che gli evangelisti che ricostruisconoil suo albero genealogico, dicono che sarebbe di discendenza di stirpe davidica. Non siamo stati ad Akko (chiamata dai crociati San Giovanni d'Acri), né a Eilat... eccetera, ma è sempre così: non si può fare tutto ed è bene lasciare qualcosa per cui ritornare.

Insomma bisognerà ritornarci.  E dunque Lehitraot, arrivederci, ora prendiamo il volo...




è ora di volar via.....



(fine del diario)

Una buona guida di viaggio, relativa però all'insieme del Medio Oriente, potrebbe essere quella di R.Cattani, edizioni Livingston&Co., Milano, 1999, ma come già dicevo, ora ce ne sono tante anche ben più aggiornate.