sabato 26 aprile 2014

il viaggio verso la conoscenza/consapevolezza

Nelle antiche civiltà dell'India si delineano in prima approssimazione tre vie (marga) verso la conoscenza/consapevolezza cioè  jñana marga, karma marga, e bhakti marga,  con la mente, con il fare, e con la compartecipazione emotiva. Vi do la mia visione di questo viaggio ovvero la mia modalità di approccio e di comprensione al tema delle strade, dei percorsi, e del loro meth-hodòs  (da hodòs=via), del loro senso in quanto procedimento di ricerca:

a- Karma marga: l'azione pratica, l'esperienza fisica, corporea, la prassi attiva, partecipativa, fattiva, il momento esperienziale concreto del karma.
Esperienza in italiano (quindi in un'unico vocabolo), in generale, è sia ciò che si vive (e solo in parte consapevolmente), sia il processo tramite cui il soggetto si appropria del vissuto e lo "sintetizza". Esso ci permette di conoscere con il concorso di tutte le nostre facoltà e i nostri sensi, e quindi anche attraverso la compartecipazione dell'emotività, dei sentimenti, di tutto ciò che si associa all'esperire, quindi l'ambiente, la situazione, la relazione …

L'esperienza, l'esperire, nella lingua tedesca ad es. si può esprimere con due vocaboli distinti, poiché a sua volta essa può essere qualcosa di definibile come Erfahrung (in tedesco da Fahrt, viaggio), cioè come esperienze accumulate e comunicabili, in questo caso si ha esperienza; oppure come Erlebnis, qualcosa che si fa, che entra nel nostro vissuto, meno comunicabile perché è un dato interiore, è la propria vita.
L'una è viaggio, l'altra è vita. Avere esperienza (Erfahrung) ci fa sapere come agire, ed è un esercizio, è un passare attraverso, implica movimento. Fare esperienza come Erlebnis significa essere presenti alla vita (Leben) mentre succedono gli eventi, sono momenti puntuali del nostro vissuto.
Dunque mentre Erfahrung è un processo, si riferisce ad uno svolgimento che si corona con una maturazione. L'altra è un po' la saggezza del vivere.
La prima la si può comunicare, e anche mostrare, quindi trasmettere più facilmente (si pensi ad es. all'apprendistato, agli insegnamenti professionali o artistici), la seconda può venire comunicata con il narrarla cercando di farla rivivere a colui cui si parla, è più difficile da trasmettere in tutta la sua ricchezza di sfumature e di singolarità, perché si riferisce al nostro essere. E' quell'esperienza che si genera dall'empatia (in tedesco Einfühlung).

b- Jñana marga: l'elemento concettuale, intellettuale, il sapere, la conoscenza, la  comprensione mentale, jñana. Gli stadi della jñana marga (che è quella più coltivata in occidente) sono: (1) il sapere, e si può sapere sia acquisendo cognizioni, informazioni, che venendo a conoscere l' esperienza accumulata da chi ci ha preceduto, per cui veniamo a sapere come è meglio agire, operare per fare una certa cosa.

Le cognizioni si acquistano con il ragionamento, con l'uso dei processi logici, con la deduzione, con la mente e la memoria. Mentre il sapere conquistato con l'esperienza richiede una assimilazione attraverso tentativi, di prova ed errore, o attraverso precise e già collaudate tecniche.
Poi (2) c'è il capire, e per arrivare a ciò è indispensabile sempre una particolare attenzione, 
e una addestrata capacità di osservare, mettendo in campo tutte le nostre facoltà e i nostri sensi (guardare, assaporare, toccare, ascoltare, annusare), grazie ad una vigile concentrazione, e anche tramite l'intuizione, per cui durante la nostra ricerca bisognerebbe restare aperti all'inatteso, e cercare anche in modo errabondo e disponibile alla serendipity...
e quindi (3) si giunge a comprendere (cum-prehendere), stadio per cui ci vuole un pizzico di saggezza, per riuscire ad abbracciare e tenere in considerazione tutto quanto, e scorgerne il senso più profondo, ciò che sottende le cose e da loro un significato,

per arrivare (4) ad avere sempre più consapevolezza quindi anche a cogliere la dimensione metaforica e simbolica, nonché il legame che tiene tutti gli elementi della complessità in relazione organica
(ed infine forse giungere così alla beata condizione di essere pienamente consapevoli dell'insieme complesso, che è la condizione del Saggio che sa, capisce e dunque comprende).

c- Bhakti marga: i sentimenti, le emozioni, la sensibilità, l'elemento spirituale, la compassione, la sintonia, l'amore, la fede, la devozione, la bhakti. E infatti il terzo grande percorso è  la strada delle intuizioni, della interiorità, del mondo dei simboli, del fantastico, e della spiritualità, anche della fede religiosa (senza la rigidità di dogmi). E' una via più sottile, che richiede compartecipazione emotiva, empatia, una comunicazione che passa anche per un linguaggio non verbale,  una comunicazione sentimentale, o attraverso i canali dell'arte, che coglie intuitivamente i messaggi dell'inconscio, dell'immaginazione, della vita notturna onirica… Essa si raggiunge anche attraverso la meditazione nel silenzio, nella concentrazione in sé stessi ( con l' insight, la vipâssâna, visione penetrante interiore), o nello slancio di connessione mistica con gli altri (i loro bisogni, i loro patimenti), attraverso la bellezza della natura, e quindi cogliendo il divino.
E' la condizione che gli orientali chiamano dell'illuminazione.


E' un percorso che nella sua triplice dimensionalità è un po' derivato dai percorsi iniziatici, quindi in ognuno ci sono livelli (steps) e fasi qualitative di penetrazione (insight) della realtà.
E la loro pratica per la comprensione del reale esteriore e interiore è possibile con Karma-yoga, Jñana-yoga, e Bhakti-yoga, in cui Yoga significa collegamento, legame, con la sfera superiore del Sè universale. Solo la loro sintesi, l'insieme di corpo, mente, spirito, di a-b-c intrecciati, interdipendenti, inestricabilmente commisti e inscindibili (se non, come qui ora, per fini didascalici di chiarezza espositiva) rende possibile un incremento e affinamento di consapevolezza. 


Ecco che la triplice via della conoscenza è assieme via della prassi, della mente, e dello spirito, trimarga, è ciò che ci porta alla conoscenza di sè, e da qui poi alla intuizione del principio universale, alla percezione che ogni sè individuale non è che una particella-componente di quell' unica fonte energetica e vitale che permea il Tutto.
Dunque si tratterebbe appunto di percorrere una via di autoformazione e coscientizzazione che sia contestualmente  d' intelletto, di azione, ed empatica.

(questa esternazione si ricollega ai due post di aprile, sulla vita universale)

domenica 13 aprile 2014

le feste del plenilunio della primavera


Domani sera lunedì 14 ci sarà la prima luna piena di primavera, uscite a contemplarla, è sempre un grande spettacolo che la Natura ci offre. 

E domani sera, secondo il calendario lunare sarà il primo giorno (15 Nissan 5774) della pasqua ebraica (Pèsah), che da inizio alla settimana santa. Questo è il giorno in cui si celebra con una cena rituale (sèder) la resurrezione del popolo dalla condizione di schiavitù cui era inchiodato in Egitto, con tutti i patimenti e la disperazione connessi, e inizia la liberazione e il viaggio verso la salvezza, verso una nuova terra, per dar vita a un nuovo regno fondato su una più profonda consapevolezza di Sè e del Mondo, che permetta di darsi nuove leggi più eque. (il vocabolo pesah significa passaggio). Questo anelito messianico è una speranza che può sorreggerci tutti sempre.
Noi andremo a Milano dai parenti che celebrano questa data, sarà una occasione per rileggere la storia di quell' evento paradigmatico.

La prossima settimana questa ricorrenza la si festeggerà anche in una prospettiva leggermente differente, ma in continuità storica con questa ebraica: cioè ricordando l'ultima volta che si celebrò il sèder, la cena di Pèsah da parte di Yeshu ha-Notzrì, Gesù nazareno, grande maestro spirituale (per ciò era chiamato rabbi), assieme con i suoi più stretti e amati compagni di vita e predicazione. Erano venuti a Gerusalemme (Yerushalaim =città delle paci) a portare come era usanza un ramo di palma al Tempio, e poi celebrarono la festa delle azzime con la rituale cena pasquale.


Ma in epoche ancora precedenti, nell'antica Grecia, in questo periodo, si celebrava il giorno natale di Apollo, chiamato anche con l'epiteto di Febo (=lucente) per essere venuto al mondo durante il plenilunio (vedi qui sotto in un mosaico romano)
(e alcuni poi in quell'occasione celebravano ogni anno anche il compleanno di Platone)

Inoltre questa magica notte di lunedì quest'anno è anche, come dicevo in apertura, quella della prima luna piena di inizio primavera, che nell'antichità per molti era la luna piena di liberazione (dall'oscurità), è la Dea Selène (=la risplendente) nella pienezza del suo splendore, la Dea Luna che ci illumina durante la notte buia. La antica gilda degli "Omerici" dell'isola di Chio, tramandava un bellissimo inno a Selene, forse databile al settimo o ottavo secolo avanticristo.
E in questa magica notte di resurrezione della Dea della fertilità e della natura, vorrei ricordare anche un inno più antico ancora, un inno egizio alla grande Dea lunare Iside (genitrice di Horus).

(per entrambi i testi, e anche altri, vedi il mio post del 27 marzo dello scorso anno).


Come mai tutte queste varie feste in questi prossimi giorni? appunto perché è un periodo importante nel ciclo della natura. In quest'epoca vi era l'arcaica festa delle primizie che affonda le sue radici nelle immemorabili profondità dei tempi, da quando si viveva di raccolta e di caccia, e poi da quando l'essere umano iniziò a praticare la coltivazione degli alberi da frutto, l'orticoltura e l'agricoltura. Quindi è sempre stata la festa della rinascita, del ritorno di flora e fauna alla vita, la fine del letargo, quando tutto sboccia e fiorisce di nuovo, è un tripudio di colori e di luce.
In più -in certi casi- coincide con il primo plenilunio di primavera, dopo le Idi di Marzo, dopo l'equinozio (che quest'anno è stato il 20 marzo).

Che incanto la notte di luna piena di inizio primavera ...! c'è da rimanere ammaliati per tanta meraviglia. E la disponibilità a lasciarsi meravigliare è, come vi ho da poco ricordato nei miei ultimi post, un prerequisito per mettersi a riflettere. Potente è in questo caso lo stimolo ad ammirare in sincronia la presenza della luna -piena e splendida- che è anche simbolo dei cieli delle nostre profondità interiori. Cercate di specchiarvi nella vostra luna ...! Lasciatevi attrarre da quel magnetismo in grado di sollevare le acque degli oceani; tutti noi siamo composti in gran parte di liquido... che gli uomini scoprano il lunare che è anche in loro, e le donne sappiano portarlo in sè a totale pienezza.

Inoltre in questo anniversario della antico esodo dei lavoratori ebrei dal giogo del faraone egizio (dopo le numerose e insistenti richieste di Mosé, "Lascia partire il mio popolo" verso le sue messianiche speranze). Durante la cerimonia (sèder) pasquale ebraica si ricordano con tristezza e compassione anche i morti innocenti tra gli egizi.

Vorrei fare riferimento anche al mio post dell'anno scorso, del 9 aprile '13, sulla libertà di movimento, la libertà di viaggiare, la libertà di scegliere dove vivere, e dove lavorare…

Quindi domani sera sarà un plenilunio di incanto, di comunione con la natura e la sua rinascita a nuova vita, con la grandiosità del cielo stellato, un plenilunio di memorie, di solidarietà con gli oppressi, coi migranti, un plenilunio di speranza, di rinnovamento, di inni e celebrazioni, e di introspezione ...


giovedì 10 aprile 2014

chi partiva per andare lontano

Nel 1948 (anno della mia venuta al mondo) a New York si denominavano "hipsters" quelli "in gamba", "i dritti", quelli che la sanno lunga su come vivere. Al Greenwich Village più tardi c'erano anche certi altri  che si dicevano "beat", cioè "quelli con ritmo", o si potrebbe tradurre anche "con inventiva". 
Poi a proposito di questi "creativi", "originali", nel suo diario di viaggio "On the Road", Kerouac parlò addirittura di una "beat generation". Nel 1955 uscì la Prima Parte sotto il titolo "Jazz of the beat generation"
(Così riferiva Ferruccio Filker come premessa a "Big Sur", del 1962, nella trad. it. nella collana della "Medusa", di A.Mondadori, 1966)

Dopo di allora molti partirono, e si misero in viaggio… si creò lo "Hippy Trail", il percorso hippie verso oriente, e verso i più reconditi Puerto Escondido. Poi cominciarono a partire i primi italiani, e partimmo anche noi con la 500 di mia madre, e la nostra tendina canadese

(io e un mio amico andammo in giro per la Yugoslavia nel '67, la Bosnia, la Macedonia; poi io e Annalisa facemmo un grand tour in Andalusia nel 1969), e poi continuammo a partire… (in Turchia andammo fino in fondo all' Anatolia, 1971; poi in Grecia nel '72; e con una R5 in Tunisia fin giù a sud di Djerba e di Chott-el-djerid, il deserto di sale nel '76; quindi in Algeria e nel sahara a Ghardaia nel '77; e poi in Egitto in tenda fino ad Assuan…ecc. ), e andavamo specialmente per luoghi lontani e attraenti.

Infine le destinazioni più "classiche" di allora, l'India  (con Goa) e il Nepal (1978), poi il Messico (con Chiapas e Yucatan) e il Guatemala, e Belize (1979) … la Thailandia da nord a sud e Sumatra nell'81 o '82? (in generale vedi http://viaggiareperculture.blogspot.it/2011/07/mi-e-piaciuto-viaggiare-di-qua-e-di-la.html ) eccetera.

Ho ricopiato alcuni diari giovanili di quell'epoca di fine anni Settanta,
come  quello in India:
http://viaggiareperculture.blogspot.it/2012/09/pakistan-1978.html, http://viaggiareperculture.blogspot.it/2012/11/india-1978-1-da-amritsar-old-delhi.html, http://viaggiareperculture.blogspot.it/2012/11/india-78-2-rajahstan-agra-benares.html, http://viaggiareperculture.blogspot.it/2011/12/nepal-1978-2-kathmandu.html, http://viaggiareperculture.blogspot.it/2012/10/india-1978-2.html, http://viaggiareperculture.blogspot.it/2012/10/india-1978-3-goa.html, http://viaggiareperculture.blogspot.it/2012/10/india-78-4-il-ritorno-bombay.html, http://viaggiareperculture.blogspot.it/2012/10/post-viaggio-78-riflessioni.html,

e poi quello in Messico:
http://viaggiareperculture.blogspot.it/2012/10/mexico-nel-lontano-1979.html, http://viaggiareperculture.blogspot.it/2012/10/chiapas-79.html, http://viaggiareperculture.blogspot.it/2012/09/guatemala-e-non-solo-nel-lontano-1979.html,
 http://viaggiareperculture.blogspot.it/2012/10/diario-sul-belize-1979.html,
http://viaggiareperculture.blogspot.it/2012/10/yucatan-3.html.


E forse nei prossimi mesi ne ricopierò anche degli altri...

domenica 6 aprile 2014

altri spunti di riflessione

Aggiungo dunque ora altri "spunti di riflessione" sul tema fondamentale della funzione stimolante del dubbio. 

"Il primo passo verso la vera filosofia, è l'incredulità", queste le ultime parole del grande filosofo dei Lumi,  Denis Diderot, annotate dalla figlia Angélique de Vandeuil.

Aristotele nel"Protreptico" (fr. 2) scriveva: "il ricercare è la causa della filosofia". E più oltre (fr. 15) "sicché si deve filosofare da parte di tutti coloro che ne hanno la facoltà, ...poiché il filosofare è in definitiva la perfetta felicità". Poi nella sua "Meta-fisica" (2, 982b e segg.): "In virtù dello stupirsi (=del provare meraviglia) gli uomini cominciarono per la prima volta a filosofare, e ancora ora filosofano".

Come già diceva il suo maestro Platone: "la meraviglia è un sentimento assolutamente tipico del filosofo. La filosofia non ha altra origine che questa" ("Theaìtetos", 155d).

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Da semplici riflessioni come queste o quelle che vi avevo proposto nei giorni scorsi, nascono i viaggi, esse sono causa di viaggio.

sabato 5 aprile 2014

vita e morte di noi umani (2)

(continuazione del Post precedente con lo stesso titolo)
Vorrei chiarire che nello scorso Post ho cercato di parlarvi in poche parole di cosa siano per me la Vita, e le vite individuali dei singoli, e vi ho accennato a quanto sia ristretta una concezione fondata sul nostro estremo individualismo (e tribalismo) contemporaneo, ho accennato anche al significato simbolico che si potrebbe attribuire a certe teorie sul ciclo delle rinascite, e a certe semplicistiche concezioni del karma (cioè della legge di causa ed effetto), o delle ipotesi delle teorie quantistiche (che sono complesse e non vanno ridotte a eccessive semplificazioni), e sopratutto ho voluto dubitare della validità di affidarsi a credenze o fedi, basate su verità assolute presupposte e indimostrabili, eccetera, esponendovi brevemente alcuni miei modi di concepire queste tematiche, e accennando a una critica di dogmatismi e/o di ingenuità.

Come vi dicevo anche in altre occasioni, per me l'umanità è una, ma non solo nel senso che tutti quanti gli esseri umani che ci sono al mondo, di qualsiasi lingua, etnia, cultura o religione, io li considero come un'unica grande famiglia, ma che ancor più considero l'umanità intera come una, quindi sia quella viva nel momento presente, che quella vissuta che è stata in questo mondo dal più lontano passato a ieri sera, e anche quella che verrà al mondo domani mattina e nel più remoto futuro (almeno fin quando la nostra specie non si estinguerà e/o evolverà in una specie ulteriore). Quindi intendo l'Umanità considerando tutta l'umanità nel suo passato, presente e avvenire, nel suo insieme simbolico e intellettivo, nella sua integrità e totalità. Come ogni altra specie. Essa ha una sua vita, la vita di quel determinato DNA. Con i suoi esemplari individuali che si succedono rapidamente in numero finito. In questo grande insieme nel corso della sua vita vi sono state polarizzazioni, cortocircuiti, annichilamenti, prevaricazioni e violenze reciproche, o al contrario unioni e fusioni, nonché scambi e passaggi … un movimento continuo, incessante, all'interno del ciclo vita-morte dei suoi esemplari, vitalità ed esaurimento della specie, … eccetera. Questo brulichìo e brusìo vivace è esemplificativo di vita, attività (fattuale e mentale e psichica), movimento incessante.

Nel corso della sua esistenza il genere umano sapiens-sapiens ha mostrato una capacità notevole di compiere, grazie alle esperienze per garantirsi la sopravvivenza e nello sforzo per produrre un miglioramento delle condizioni di vita, una evoluzione sul piano cognitivo e culturale che attesta come le esperienze non vadano tutte e del tutto perdute, e come ci sia una memoria collettiva che ci sostiene.  Questa modalità di collective learning, permette di far circolare le informazioni. Noi sapiens-sapiens siamo predisposti dalla nostra costituzione genetica all'apprendimento rapido e alla comunicazione precisa, quindi alla evoluzione culturale. La capacità di imparare per tentativi ed errori, e sopratutto di trasmettere le informazioni in modo veloce e competente a proposito di quel che abbiamo imparato sperimentando, si accelera a partire dalla grande rivoluzione che vi fu diversi millenni addietro, cioè quella che ha portato alla domesticazione di altri animali e di specie vegetali, e quindi alla garanzia di disporre di sufficienti mezzi di sopravvivenza e di un migliore apporto energetico, potendo anche programmarne la produzione per un certo periodo di tempo a venire. Con il passaggio da raccoglitori a cacciatori-pescatori, e poi allevatori di bestiame e pastori, e orticoltori (XIII millennio a.C.), e infine alla rivoluzione agricola (circa 10 mila anni a.C.), siamo divenuti in grado di far durare più a lungo e in modo più sano le vite individuali e di migliorare la comunicazione intergenerazionale. Nel contempo si sono consolidate delle culture comuni a certi gruppi, basate su su modelli simbolici divenuti patrimonio mentale collettivo.

Oramai l'umanità nel suo complesso è in grado al giorno d'oggi (grazie alle telecomunicazioni e all'informatica) di funzionare come un unico cervello globale (single global brain) composto dal concorso di 7 miliardi di individui (a similitudine con quello di altre specie come le api o le formiche), per cui le informazioni circolano e vengono comprovate e rielaborate a livello complessivo. Guai se un improvviso drastico crollo demografico, e sopratutto della fertilità e capacità generativa, interrompesse la staffetta delle generazioni che continuamente nascono e sostituiscono quelle più anziane (è avvenuto in certi momenti storici per certe popolazioni). Dobbiamo poterci rigenerare come individui tramite il nutrimento e rigenerarci tramite il ciclo delle generazioni, per mantenere la memoria collettiva delle informazioni e per produrne sempre di nuove in grado di affrontare le sfide a venire nella storia delle nostre vite associate.



Con l'evoluzione del genere Homo, e la espansione e specializzazione dei lobi frontali, e quindi il progressivo sviluppo della mente e della complessità del pensiero e delle sue capacità di astrazione e induzione, l'importanza dei prodotti mentali è venuta sempre più crescendo. Come si sa, l'interazione tra genetica e cultura in queste ultime centinaia di millenni si è fatta sempre più importante al punto che si dice che nella specie sapiens la cultura sia divenuta una sorta di seconda natura. Con lo sviluppo delle organizzazioni sociali della vita comune dei gruppi umani, sono fiorite varie culture e civiltà e si è strutturata in ciascuna di esse una particolare forma mentis, che sta a fondamento delle vie -e dei mezzi- che viene prendendo il pensiero nelle diverse condizioni ambientali. E poi con il miglioramento delle condizioni di vita dovute appunto alla creatività e all'inventiva, cui accennavo sopra, mi pare che si possa dire che nel corso dei millenni ci sia stato forse anche un certo affinamento sul piano spirituale (su questo non tutti sono d'accordo). Per lo meno per quanto riguarda lo sviluppo dei requisiti sociali per l'esplicazione delle capacità espressive, creative, e inventive (corrispondenti in particolare allo sviluppo delle tecniche e delle arti e al loro riconoscimento e affermazione).
Anche se in generale ancora ai nostri tempi, sotto l'aspetto strettamente spirituale e, diciamo così, "civile", resta in realtà molta strada da percorrere per compiere un ulteriore salto qualitativo (sia a livello dei gruppi egemoni che di quelli subalterni) per divenire sempre più "umani" (inteso come aggettivo qualificativo positivo)… Gli automatismi dell'istintualità, retaggio dell'ereditarietà, tutt'ora pervadono ogni cellula del nostro sistema nervoso. Comunque con l'evoluzione le emozioni hanno fatto germinare nell'essere umano quelli che si chiamano i sentimenti, i quali pure sono di stimolo, e anche un limite, per il pensiero, in particolare quello di tipo razionale basato su una logica intrinseca. La neurofisiologia ha compiuto in quest' ultimo paio di generazioni passi di grande rilievo, ma sono studi molto recenti e purtroppo ancora oggi le conoscenze sulla fisica e chimica delle strutture preposte all'articolazione del pensiero, della memoria, e delle emozioni dipendono da ricerche che sono in corso e sono troppo incipienti per potervisi fondare con certezza.

In effetti non sarebbe corretto parlare di Scienza, bensì tutt'alpiù di scienze, o ancor meglio di ricerca scientifica, per non dare àdito a visioni ingenue di una nuova verità consolidata, ma piuttosto da intendere come un complesso intreccio tra ramificazioni di studi, e sopratutto per far cogliere il dato fondamentale che si tratta sempre di sudî in fieri, permanentemente in corso, in sviluppo e approfondimento, che continuano a spalancarci dinnanzi campi e problematiche nuove. Più si conosce e più si aprono nuove ulteriori questioni e interrogativi da esplorare.

In altri post anche negli anni scorsi vi ho dato alcuni cenni espliciti sulle mie concezioni del mondo e dell'uomo (ad es. nel 2011: il 1° dicembre, o il 21 dicembre; e nel 2012: il 7 gennaio, 20 febbraio, 3 marzo, 7 aprile, 9 agosto, e 7 settembre, eccetera), e anche in altri casi ho fatto riferimento alle mie convinzioni e ai miei modi di vedere certe cose… o alla storia delle mie vicende formative. Chi è stato mio studente o allievo, forse si ricorderà che tendo sempre a non fare affermazioni perentorie magari rispondenti a opinioni personali, ma in varie occasioni ho anche esternato i miei sentimenti, cercando però di non essere assolutista e apodittico, e dando conto anche di possibili critiche o di visioni alternative alla mia, sempre per evitare di cadere nel rischio di coltivare e trasmettere certezze assolute ed evitare presunzioni indebite.
L'antropologo culturale Tullio Tentori (che con Carlo Tullio-Altàn considero tra i miei maestri), dedicò un suo libro alla importanza di ciò che definì "il rischio della certezza". 
Altrimenti vi sarebbe solo un insieme di postulati, assiomi, e dogmi, e non vi sarebbe spazio per la libertà di pensiero e per sviluppare le proprie capacità critiche, per contribuire all'evoluzione del pensiero, nemmeno per poter provare candido stupore di fronte alle cose, e chiedersene spiegazioni… Come avrebbe altrimenti fatto Cartesio a divenire il simbolo dell'ingresso nell'era del pensiero moderno, se non avesse strenuamente cercato di fare previamente tabula rasa di tutto ciò che gli era stato inculcato sino ad allora…?

 Il che è come dire che ogni volta che si aprono nuovi problemi, nuovi campi di studio, questo è un evento meraviglioso e bello, ed è una buona cosa, è bene, perché è stimolante per lo sviluppo del pensiero, per l'intelligenza delle cose, per il nostro stare al mondo… Quindi non atrofizziamo la ricerca scientifica, filosofica, artistica, insomma creativa ecc. rinchiudendola in una assiomatica o in una dogmatica o in stanchi ritualismi di pronto uso per chi di fatto ha in realtà bisogno di mettersi al seguito di qualcun'altro che lo conduca e che lo domini… (ricordiamoci dell'appello di Kant).

venerdì 4 aprile 2014

vita e morte di noi umani (1)




Nell'esplosione del nostro Cosmo (che forse si potrebbe ridenominare Kaosmos, cioè disordinata organizzazione), non si sono solo prodotti corpi celesti, ma anche immense quantità di energia diffusa ad esempio sotto forma di onde elettromagnetiche, di quark, di fotoni, stringhe  ecc.. Così pure ovviamente la nostra galassia, … e la stessa nostra stella nel dare luogo al sistema solare ha irradiato onde gravitazionali e altre forme di energia e di vibrazioni. Odine (le Leggi della Natura, dell'attrazione e della repulsione, le leggi di causa ed effetto, creazione-trasformazione-distruzione, ecc.), e disordine (e casualità) si combinano assieme in quella grande complessità che è questo attuale universo in espansione.
Così almeno ci pare che sia, da quando J.Monod pubblicò nel 1970 quel libro cui diede per titolo la famosa frase di Democrito:"Tutto ciò che esiste nell'Universo è frutto del Caso e della Necessità".
Occorre un numero incredibilmente alto di casi per cui una miriade di incontri di nuclei di Elio faccia sì che nel cuore di una stella si crei un atomo di Carbonio.
Sul nostro pianeta l'energia che si è tradotta in dinamica vitale (in sanscrito purusha; in ebraico nèfesh; in greco gli antichi la chiamavano psyché ) cioè in una forza che si condensa, agglutina, concretizza nelle particelle, negli atomi, nei primi organismi monocellulari, cioè in altre parole si manifesta tramite la massa, il fisico, la materia (in sanscrito prakriti; in greco sòma), e tramite le varie forme corporee,  a partire dai primi esseri monocellulari e poi monomolecolari, l'energia che le sostiene fa loro compiere esperienze che favoriscono l'adattamento al mondo, quello in cui gli esseri viventi si ambientano. (cfr. per es. il film-documentaristico di Nuridsany, "Genesis", in  https://www.youtube.com/watch?v=7cKlL-AsIm0 ).
Esplode sul nostro pianeta quello "slancio vitale" che porta in essere una varietà di milioni di specie.
La Vita che cos'è?  è movimento, dinamismo, generato da una fonte di energia, è ciò che unisce Fisica e ElettroChimica, ed essa ai suoi livelli più raffinati grazie e per mezzo della materia in movimento, sviluppa la Coscienza. I corpi fisici sono infine il mezzo per fare conoscenza del Mondo materiale, e di sé stessi, per prendere le misure di adattamento. Il corpo è il veicolo (o come dicevano i greci, phrourà = custodia, fodero), che viene tenuto in attività dallo spirito, o soffio, ruàh in ebraico, pneuma in greco, anima in latino (e da tutto ciò con cui esso alimenta le proprie componenti ovvero le cellule correlate e strutturate in un unico organismo complesso).
Ad un certo punto dopo la formazione di insiemi macromolecolari, si sono formati come dei vortici di quelle macromolecole. Il cosiddetto vortice è una forza che perdura grazie ad energia, ed ognuno di questi insiemi ha in sé delle molecole in grado di immagazzinare e poi riprodurre tale energia. Tali  organismi primordiali sono, se così si può dire, dei sistemi spinti da uno spirito vitale che sul nostro pianeta non è altro che l'acido deoxyribonucleico, cioè una molecola che conserva in un codice genetico le istruzioni per il funzionamento dell'intero organismo complesso e per la trasmissione di informazioni per riprodursi, e che si combina con altri aminoacidi. Si potrebbe dire che in questo modo la materia vivente rende possibile in prospettiva una presa di coscienza di sé stessa da parte della energia cosmica creatrice… Il matematico e logico Spencer Brown ha suggerito questo suggestivo pensiero nei suoi testi "Probabilità e inferenza scientifica" (1957) e nel famoso "Laws of Form" (1969 e succ.).


La distinzione tra vivente e non-vivente, oltre che nell'organizzazione complessa, nel movimento,  e nella dinamicità, sta fondamentalmente nella capacità dell'essere vivente di auto-riprodursi nel tempo, per cui si dice che "lo spirito" della specie è la filogenesi. Tutti i viventi sono apparentati. La differenza tra vita animale e vita vegetale sta "semplicemente" nel fatto che noi metabolizziamo il nutrimento, mentre gli altri lo traggono e lo utilizzano direttamente dalla fonte. Per produrre energia rinnovata noi operiamo la sintesi proteica, mentre loro ricorrono alla fotosintesi. Sono due modalità differenti, nel senso non è che l'una sia migliore e l'altra peggiore o inferiore.

Nell'Uomo, nel vivere concreto dell'organizzazione psicosomatica dei singoli individui, avviene, tra l'energia dinamica, il corpo fisico e lo spirito, una totale commistione e identificazione reciproca che invischia e fa procedere lentamente il progredire sia della forma esteriore che della coscienza umana nel suo intrinseco processo verso il proprio perfezionamento e affinamento di generazione in generazione. Pertanto nell'essere umano le sue grandi potenzialità si esplicano e si esplicitano solo molto lentamente nella ruota delle generazioni, producendo il processo di evoluzione della specie in fasi che richiedono tempi lunghissimi, dalla ominazione dei primati superiori (un processo questo durato circa 6 milioni di anni, a partire dall'epoca della nostra antenata australopiteca Lucy), fino alla comparsa dell' Homo sapiens-sapiens moderno (200 millenni fa circa), all' attuale anelito alla  piena umanizzazione della nostra specie, che aspira ad utilizzare al massimo tutte le sue potenzialità.  Scrisse a questo proposito Carl Gustav Jung: "La forza propulsiva, per quanto ci è possibile capire, sembra essere sostanzialmente una spinta alla piena realizzazione di sé". In questo percorso le nostre esperienze non solo non vanno perdute, ma sono feconde. Però i loro frutti vanno considerati nel lungo periodo di trasformazione evolutiva sul piano corporeo e culturale e coscienziale. Ciò fa parte del percorso evolutivo. Il veicolo traghetta verso lidi migliori ma con la piccola, fragile e lenta barca di Argo che si avventura attraverso i mari della vita …

I programmi inscritti nei geni del nostro genoma si faranno sempre più specifici e appropriati nelle loro funzionalità e -se non ci estingueremo- ci evolveremo ulteriormente distanziandoci  dagli altri primati superiori sempre di più. Ma quale sarà il télos, l'orizzonte, della entelechìa umana, non ci è dato sapere.

Non potendo garantire la conservazione di un organismo individuale che si deteriora ed è caduco, è  garantita la continuità della specifica forma (ad es. umana), quale modello cui si attengono tutti gli individui di quella specie (cioè che hanno quel medesimo DNA). Quindi il soggetto vivente in realtà è il modello  (il pattern, o template, in inglese), il modello di una certa Forma archetipica (eìdos diceva in greco Platone), non gli effimeri individui che ne costituiscono la fenomenologia. Ma il punto focale sta nel fatto che nel modello animale è contemplato un cervello, cioè un organo di coordinamento centralizzato, che si è venuto sviluppando con l'evoluzione, e che è in grado di far sì che si sviluppi la funzionalità mentale, la Mente; e si sono sviluppati degli occhi, cioè uno strumento per avere una visione del mondo esterno. Tutto ciò fa sì che gli individui comunichino tra loro, e nel caso dei primati e in particolare dell'essere umano, che tale trasmissione di informazioni con la staffetta delle generazioni perpetui ciò che è stato appreso dalle esperienze dei precedenti corpi materiali caduchi. Quindi oltre a mantenere temporaneamente in vita i corpi degli individui con il nutrimento, tramite alimenti che abbiano immagazzinato energia, provvede a rigenerare i corpi tramite la loro riproduzione, cioè generando nuovi corpi individuali di quella specie, di quella forma, che sostituiscano i vecchi. Ogni creatura individuale è come un microcosmo che riassume in sé il macrocosmo, in essa vale il principio dell'ologramma per cui ogni punto contiene in sé la totalità delle informazioni necessarie, così ognuna delle nostre milioni di cellule sempre rinnovantesi, contiene tutto il patrimonio genetico.
Siamo dunque tutti figli delle Stelle (l'origine di tutti gli elementi deriva dalle stelle) e della Terra (della gleba), come dicevano gli antichi Orfici.
Perciò quando parliamo dell'Umanità, consideriamola dunque nel suo insieme composto dagli attuali viventi e dai suoi esemplari trapassati e dalle personalità che verranno al mondo in avvenire. Consideriamo poi che oltre alla storia della evoluzione fisica della nostra specie, vi sono anche una storia dell'evolversi della coscienza umana, una storia della cultura (materiale e intellettuale), e una storia della spiritualità...
Chissà quanti (tanti?, pochi?) individui prima di me mi erano similissimi e somigliantissimi, e quanti poi ancora ne verranno in cui potrei riconoscermi come in uno specchio … Io ho foto e ritratti di famiglia di  un arco temporale di più di un secolo, che già mostrano affinità notevoli tra gli individui. Quindi nell'arco di 200 millenni -considerando che più retrocediamo nella storia umana e più la durata media della vita degli individui si accorcia- ci saranno stati senz'altro alcuni individui non solo con un aspetto simile al mio ma forse anche con un quoziente intellettivo, un temperamento, un carattere, simili. Nell'ambito della varietà fenotipica sono comunque importanti i caratteri ereditari.
Non siamo solo individui singolari dunque noi viventi, ma siamo una grande lunga catena vivente nel succedersi delle generazioni, che si distende nel tempo con piccole varianti.
E' fatta così la vita delle varie specie. Quando parliamo della vita umana dovremmo innanzitutto pensare dunque alla vita della specie umana sapiens-sapiens nella sua interezza e complessità. E' il DNA il soggetto della storia della vita.
I processi evolutivi delle specie viventi, e quindi anche della nostra specie, non sono certo terminati, quindi si sa (e forse anche si spera) che vi sarà un "giorno" una ulteriore evoluzione.
Anche nelle nostra stessa Epoca Contemporanea abbiamo constatato che ogni anno si estinguono centinaia, o migliaia, di specie; e ogni anno noi ne scopriamo di nuove.
E dunque ci sarà un tempo in cui la vita dell'attuale nostra specie sarà completata, compiuta, come accadde per le specie dei nostri stessi predecessori. 
Quanto ancora durerà nel tempo il DNA dell'Homo sapiens-sapiens "moderno" ? Dal cespuglio evolutivo cui forse ancora stiamo dando corpo, quale ramo in un futuro prevarrà e si evolverà?

Per "finire": Penso che in ogni settore si debba partire da un sapere basato sulla conoscenza esatta il più possibile degli elementi in questione (il che oggi in diversi campi non si è ancora raggiunto, tra i tanti menziono ad es. gli studi di sociobiologia ancora troppo recenti). Su quei campi del sapere su cui non vi sono certezze definitive, è bene mantenere aperto lo stimolo del dubbio, sopratutto riguardo a induzioni o illazioni che pretendono di fornire una spiegazione inconfutabile su problematiche che invece sono del tutto aperte a sviluppi futuri. Sopratutto conserviamo il beneficio del dubbio nei confronti di assiomi dati per presupposti, ricordando che è importante e sempre positivo mettere alla prova i nostri costrutti intellettuali (con un'opera di de-costruzione e tentando ipotesi di falsificazione, come ci suggeriva Popper). Ma poi la conoscenza ha comunque senso solo in quanto ci fa riflettere. Sempre bisogna dare al sapere un significato, un senso, in modo che assuma valore per la nostra piccola e rapida vita. Il Sapere è certo necessario e imprescindibile, ma non basta. Così è pure nelle azioni, ci vorrebbero maggiori cognizioni, consapevolezza, e volontà…(ma anche quest'ultima nasce dalla dotazione di senso).
(continua)

3 spunti socratici di riflessione

oggi vi propongo alcune parafrasi dal Socrate platonico:



Ciò che è effettivamente difficile non è "semplicemente" fare le cose giuste, ma sopratutto capire  quali siano le cose giuste da fare…

Una volta che si sia compreso che cosa sia giusto, non sarà facile il non farlo. (concetto che Socrate aveva ripreso da un verso di una poesia di Epicarmo di Siracusa)

Paradossalmente più che subire ingiustizia, è molto peggio il farla. (vedi in Platone, "Gorgia", 469c)

cfr. il mio saggio: "Bene o male", cap. 1 di "Etica, formazione e mondializzazione", a cura di A. Gramigna, C. Pancera, A. Pinter, libreriauniversitaria.it  edizioni (Webster srl), Limena (Padova), aprile 2012, alle pp. 21-41, e l'Introduzione dei tre curatori alle pp.9-19. 
E i miei precedenti: "La formazione dell'uomo in Socrate", cooperativa libraria universitaria editrice (CLUEB), Bologna, dicembre 2003, in particolare le pp.156-161; e "La paideia greca. Dalla cultura arcaica ai dialoghi socratici", Edizioni Unicopli, Milano, settembre 2006.


mercoledì 2 aprile 2014

poesia

poesia di Attilio Lolini

"E' bene assopirsi
alle dieci di mattina
sgranocchiare pistacchi
nei giorni senza ore

rovistare cassetti
raccogliere scontrini
liberare le voglie
dalle lunghe foglie."