proseguo con foto e annotazioni di interesse etnografico, da viaggi fatti nel passato:
qui si tratta di un viaggio di quasi quarant'anni fa, in alcune parti del SudEst asiatico, in questo caso a
Danau Toba, ovvero Lago Toba, nella provincia del nord di Sumatra, Sumatera Utara (nell'Indonesia occidentale)
mercoledì 3 settembre
In questo lungo viaggio di 64 giorni, dieci li dedicheremo all'isola di Samosir.
Andiamo a prendere un aereo che fa il volo da pulau Penang (dove ci troviamo ora, una isoletta della Malesia) a Medan nel nord Sumatra in Indonesia, in circa 20 minuti. Da lì domani con 180 km di strada arriveremo al grande lago vulcanico, il lago Toba.
Siamo oramai molto vicini all'Equatore.
Sui Batak del lago Toba avevo letto quel che ne accenna sub vocem Roberto Bosi, nel suo Dizionario di Etnologia, Mondadori, 1958, a p. 79, e poi nel suo libro I Popoli Primitivi, Bompiani, 1979, 1982, alle pp. 70, 76, 81.
Abbiamo preso in quelle piccole bibliotechine delle guest houses una Guida sintetica ma ottima: South-East Asia on a Shoestring, =testo stringato sul sud-Est asiatico di Tony Wheeler, pubblicato dalla casa editrice Lonely Planet d'Australia, 1979 (tutti i Paesi del SEA in trecento pagine, dall'Indocina ex francese, all'Indonesia, alle Filippine, e Thailandia, e Birmania, ecc...).
E' già da un po' che ci facciamo dare dagli altri viaggiatori che incontriamo, tutti i ragguagli possibili, e ne prendiamo appunti sul quaderno del Diario.
L' "isola" di Sumatra è più grande di tutta l'Italia, ed è lunga 1760 km e larga fino a più di 400 km. Ha grandi foreste con alberi alti 60 metri, e vi sorsero le più antiche civiltà del sudest asiatico. In questa area della provincia settentrionale, vi sono culture che hanno una impressionante architettura con grandi edifici rettangolari in legno intarsiato e decorato.
Il grande lago è molto chiaramente la caldera di un enorme cratere vulcanico riempitosi d'acqua, grande ben 1700 kmq e profondo 500 metri, è lungo 100 chilometri e largo 30. Al centro c'è l'isola di Samosir, dove vive il popolo dei Batak, ed è questa la nostra mèta.
L'anno precedente avevo comprato l'unico libro in italiano allora disponibile, cioè il bellissimo volume fotografico sull'Indonesia, con foto di Adriano Zecca e testi di Giuseppe Fardella, intitolato "Indonesia", pubblicato dal CDC cioè il Centro Documentazioni Culturali Internazionali, di Milano, uscito nel '76, ma non l'abbiamo portato con noi, sia perché è di 350 pagine con carta patinata e foto, quindi è troppo pesante, sia perché non è una guida di viaggio, e riguarda tutte le numerose isole grandi e piccole di questo estesissimo arcipelago di terre e di popoli chiamato Indonesia (le ex Indie Orientali Olandesi). E in quel libro c'è un interessante capitolo sui Batak.
Si aggiunga il libro pieno di fotografie, di Folco Quilici, Indonesia, Fratelli Fabbri editori, Milano, 1974, con pagine su Sumatra:
E "Il Grande Atlante", Rizzoli, Milano, 1979, vol.6., pp. 116-123.
Poi qui sul luogo trovo un bel "manuale" sull'Indonesia di Bill Dalton, pubblicato nel '78 dalla Moon Publ., e distribuito da Singapore. Anche qui c'è un consistente capitolo sui Batak e sull'isola di Samosir.
Ma mi chiedo:... se fossimo venuti qui due-tre anni fa, che testi avrei trovato per questo viaggio? sono tutti appena usciti...
Dunque... la mattina dopo, con un decente pullmino di linea affrontiamo il lungo viaggio da Medan fino a Prapat, il porticciolo sul lago, stando tutti schiacciati e pigiatissimi.
La casupole sono in massima parte fatte con strutture portanti in legno e ricoperte di paglia intrecciata tipo stuoie, e col tetto in lamiera. Ci sono palme a raggiera, e di vari altri tipi, e le palme da cui si trae il cosiddetto olio di palma. E coltivazioni di caucciù per chilometri. Man mano che si sale la vegetazione cambia, arbusti e alberi a foglie piccole, e conifere.
Ma ad un certo punto dobbiamo cambiare bus (?!)... e finiamo in un vecchio autocarro sudicissimo. Con questo trabiccolo giungiamo nella zona dei Batak, e arriviamo sulla cresta vulcanica, da cui si vede giù lo spettacolare panorama del grande lago (danau) Toba.
Al porticciolo prendiamo un piccolo traghetto per andare sull'isola (pulau) di Samosir. Il molo del traghetto lo si trova camminando lungo un posto per mangiare, una rest house, e parte più o meno verso le 10:30, o quando l'imbarcazione si riempie.
L'isola in mezzo al lago è piuttosto grande (650 kmq). Abbiamo intenzione di alloggiare in un losmen, cioè una pensione famigliare, da Christina nella località Tuk-tuk. Ma la barca si ferma a Tomok dall'altra parte di una penisoletta... e qui sull'isola di Samosir non ci sono strade, non ci sono mezzi motorizzati (pare ce ne siano un paio), e quindi ci tocca farci a piedi con i nostri zaini il sentiero che taglia la penisoletta andando da una parte all'altra.
La guest house è carina e le due signore sono cordiali. Purtroppo non c'è modo di lavarsi se non scendendo nel lago, ma qui sotto l'acqua è molto melmosa e non è per nulla invitante, per cui dopo aver sistemato gli zaini e le nostre cose e parlato con la padrona, ci riavviamo a ritroso verso l'altro golfo per farci un bagno ristoratore.
Ceniamo favolosamente sul terrazzino, con nientemeno che un guacamole de aguacate (!), cioè avocados' cream, e papaya "à la Torel", cioè con un incavo al centro, con dentro pezzetti di ananas e di banane, cosparse di cocco grattugiato, ed il tutto abbondantemente spolverato di cacao. A lato ci sono delle mie, cioè noodles ovvero tagliatelle di farina di frumento (a volte sono di riso: miehoen), che fortunatamente non sono come al solito fritte (mie goreng).
Ma alla notte per far pipi, la latrina senza acqua corrente e nel buio totale, non ci entusiasma. Al mattino una colazione di macedonia (fruit salad) con müssli, buona, e tapioca fritta molto buona, e il famoso gadogado che invece non è un granché (riso con verdure, condito in salsa di noccioline peanuts triturate ).
Poi facciamo una camminata tutt'attorno alla penisola cosparsa di casette e di vecchie casone (sono come frazioni di Tuk-tuk) per cercare un posto migliore e in effetti ci sono luoghi dove l'acqua è pulita e con un magnifico panorama del grande lago.
Certe casone tradizionali in legno (adat) sono affascinanti, col tetto a forma di sella. Vi abitavano due/quattro famiglie di stretti parenti.
Alcune sono davvero enormi (rumah adat) e vi dormivano fino a dieci/dodici nuclei famigliari dello stesso clan.
Incontriamo un giovane russo-tedesco che avevamo già visto a Penang che ci consiglia un losmen dove trasferirci. Alla sera incontriamo dei ragazzi inglesi, anche loro già visti altrove, che fotografano i numerosi maialini, così impariamo da loro che nella lingua locale ho-oto-oto vorrebbe dire "tu molto bello", frase chiave per avere il permesso di fotografare...
I bambini vengono impegnati anche in lavori pesanti, come qui per es. vanno avanti e indietro portando sulla testa dei pietroni che serviranno per fare il basamento di un nuovo bungalow, mentre altri vanno a raccogliere e portare a casa quanto più legna possibile, altri li abbiamo visti lavorare con fatica nei campi, e gli adulti gli danno solo qualche occhiata di sfuggita ogni tanto.
A cena veniamo a sapere che qui si è praticamente obbligati a mangiare solo vegano, in quanto i maialini ben raramente li sacrificano e solo per delle festività quando fanno i pig-parties, pescatori qui quasi non ce ne sono (!) e comunque vendono tutto al mercato sull'altra costa, e altra carne non ce n'è. In tutta Sumatra formaggi non se ne fanno... Altrimenti, volendo variare, ci sono in abbondanza funghi allucinogeni raccolti freschi all'alba, e anche ganja e infiorescenze essiccate di canapa, quindi se si vuole arricchire il menù, si fanno dei tortini con marijuana, e frittate con funghi "speciali", ma a noi non va.
Per cui a cena mangiamo una salad fruit con banane, papaya, ananas, avocado, cocco grattugiato, cacao, e il tutto innaffiato da latte condensato in barattolo. Ancora molto buono per ora... Speriamo in futuro di poter assaggiare qualche piatto non solo vegano o crudista...
Il giorno seguente ci trasferiamo al "Mata Hari"- losmen, da Carolina. Lei ci affitta un bungalow moderno, che teoricamente avrebbe la luce elettrica, e l'acqua corrente, che però.... ahimè sono al momento mancanti...
La signora fa anche la tessitrice su ordinazioni con un telaio rudimentale.
Più tardi allora ci affitterà un adat che ha fatto restaurare, ed è veramente una sensazione speciale dormirci dentro. Lei si stupisce che agli europei interessino e piacciano queste vecchie case di una volta, cerchiamo di dare una spiegazione ma lei sa solo alcune poche parole in inglese. Già per lei è molto aver imparato a scuola un po' di Ba'hasa la lingua comune dell'Indonesia.
Andiamo a piedi a Tomok, dove ci sono vari baracchini e bancarelle dove acquistiamo dei sarong in batik, uno più pesante e uno molto leggero, più caro. Si tratta di un lungo pezzo di tessuto, di solito di cotone, molto colorato, e a volte con disegni, che uomini e donne portano allacciandolo in vita. Bisogna contrattare a lungo, a loro piace, si divertono, ed è per loro una occasione anche per parlare un pochino, nel solito basic english (con una strana pronuncia un po' storpiata), in quanto vogliono conoscere i paesi lontani e le nostre strane abitudini e idee.
E' un po' curioso che il termine Batak significasse originariamente "mangia maiali", dato che invece si nutrono quotidianamente solo di verdure e frutta, ma in effetti quando si fa festa, allora sì, è con la carne di maiale che si festeggia.
Sono ripartiti in vari raggruppamenti per stirpe, il maggiore è quello del lago, quindi i Toba Batak, ma poi ci sono i Karo, i Pakpak, i Simalungun, i Mandailing e altri gruppi (o tribù?), che stanno nelle colline e montagne circostanti, di cui ognuno rivendica una linea di discendenza da qualche noto antico progenitore. Questi del lago Toba si rifanno alla mitica figura di Siraja Batak, che si insediò a Samosir. La discendenza segue una filiera patrilineare, mentre in ambito domestico è molto forte il potere delle donne, anche se i Batak si distinguono dai vicini più a sud i Minangkabau tra cui vige il matriarcato.
Sono sempre impegnati a fare qualcosa, un detto dice che "i Batak sono dei lavoratori non dei pensatori". Ogni comunità di stretti parenti (huta) abitavano insieme nelle casone, mentre comunità più estese multi-famigliari (marga) stavano nelle costruzioni più grandi.
Il marga è regolato in modo esogamico, per cui un uomo non può sposare una donna del suo stesso marga, mentre è la donna che abbandonando il proprio, entra a far parte del marga del marito.
Sono più che altro coltivatori di riso, ma anche di cavoli, cipolle, pomodori, fagioli, patate e ananas. Le donne contadine sono robuste di costituzione e forti, altre sono più aggraziate. Molti uomini sono bravissimi giocatori di scacchi, tra i migliori d'Oriente ((probabilmente gli scacchi furono importati dagli olandesi, ma già c'erano giochi simili di origine indiana, e i cosiddetti scacchi cinesi xianqi).
L'animale totemico è il bufalo asiatico, inoltre credono in varie divinità (che rispettano anche se i Toba Batak sono formalmente convertiti al cristianesimo protestante), in particolare i Karo avevano elaborato un calendario astrologico, porhalaan, che determina i giorni fausti e quelli infausti nei 12 mesi tutti di 30 giorni, che viene inciso su un segmento cilindrico di bambù, che sta appeso ad un piolo, con sotto dodici listelli, uno per ciascun mese.
Nell'oggetto che abbiamo acquistato noi, come chiusura superiore sta una statuina intagliata in legno, di un capo o condottiero, che protegge il contenuto del cilindro-calendario:
questa è invece una versione più semplice da appendere appunto ad un chiodo o gancetto:
La chiave per decifrare i segni del porhalaan :
Ecco un foglietto ciclostilato che spiega il significato dei singoli simboli:
E infine credono molto nelle pratiche magiche, e sono di fondo ancora animisti.
Quando gli olandesi riuscirono dopo vari tentativi a soggiogare i Batak nel 1910, rendendoli vassalli, i Batak avevano i loro capi che comandavano ciascuno su una comunità o marga, con vari clan, o in certi casi, vi erano dei veri e propri regni anche piuttosto antichi.
A mezza giornata di cammino da Tomok ci sono dei resti archeologici di uno di questi regnetti o piccoli "kingdomìni". Andiamo a visitare le antiche tombe reali che sono veramente stupende e affascinanti, in mezzo a grosse radici di grandi alberi. Le chiamano "le barche dei morti".
I sarcofagi sono detti parhollan, cioè barche per le ossa. Dopo un periodo di sepoltura le ossa vengono riesumate e riposte nelle "barche" per iniziare "il lungo viaggio verso il paese delle anime che riposano". La grande testa, detta singa, ha la funzione di proteggere il suo delicato carico.
Prendiamo un opuscoletto ciclostilato, che spiega un po' la storia di questo piccolo regno del villaggio di Huta Bolon (huta è una comunità di stirpe), capitale del Bius Simanindo (ovvero del Simanindo Kingdom).
Andiamo a pranzo da "Mon goloi", vicino a dove c'è una antica casa per riunioni comuni (sopa) di fianco a una rumah adat, una grande costruzione, o palazzo in legno, e lì mangiamo come al solito una piccola fruit salad, ma questa volta c'è dentro anche del passion fruit (cioè la maracujà).
Qui è sempre fonte di una piacevole sensazione notare ogni tanto il gran silenzio che c'è tutt'attorno.
Il sabato mattina andiamo con il traghettino delle otto e mezza al mercato settimanale di Prapat,
dove c'è folla e rumore, e c'è di tutto, sia riguardo ai prodotti, che alle persone. Ci sono indonesiani moderni, turisti, Batak di Samosir ma anche gente della tribù dei Karo, e di quella dei Mandailing, o di altre etnie vicine quali sopratutto i Minangkabau (che hanno il loro centro più a sud, a Bukittingi).
Oltre a frutta e verdura, e a sementi, e sacchi di riso o di mais, o polveri, betel, peperoncini, cipolle, o altro, c'è anche carne di maiale, e forse di mucca, e pesce. Ci dicono che i pescatori battono l'acqua con una mazza o martello, per spaventare i pesci e indirizzarli verso le reti. Si vendono pure tessuti, bracciali, vecchi calendari, vecchi libri, opuscoli, orecchini, zufoli eccetera. Poi ci sono anche oggetti d'uso di ogni tipo.
Poi un giorno ci facciamo portare in barca a fare il giro esterno di Samosir.
Scendiamo a vedere alcuni villaggi,
subito dietro la costa, si erge la montagna,
e si vedono anche delle vecchie tombe spesso a tumulo (effettivamente i Batak sono molto dediti al culto dei morti e in particolare alla venerazione di antenati particolarmente rispettati):
In alcuni prati ci sono dei pali di legno, o "bastoni magici", sormontati da figure che sono o antenati protettori per es. del campo, o spiriti paurosi che tengano lontani i malintenzionati, quindi sono dei segnali marcatori di tabù (tungkat malaikat), come questi all'ingresso di una proprietà:
Anche la nostra, dentro è fresca di giorno, e ha il soffitto molto alto
Continuando il giro incontriamo altre tombe, recinti, statue...
Il primo importante studio etnografico è stato quello di E. Modigliani, Fra i Batacchi indipendenti, Roma, 1892. Viene poi l'opera del J. Winkler, Die Toba Batak auf Sumatra, del 1925. Ricca è anche la voce "Bataki" curata dal prof. R. Biasutti della Univ. di Firenze, sulla Enciclopedia Italiana dell'IstitutoTreccani, vol. VI, Rizzoli, Milano, 1930, pp. 368-369 (di cui la nuova ed. del 1995 della "Piccola Treccani" riporta un testo estremamente ridotto nel vol. II). Di Renato Biasutti si veda anche nella sua opera complessiva Le razze e i popoli della Terra, 1940, terza ediz. riv. e corr.1959, Utet, Torino, Parte Terza, cap. IX:
Diverse notizie si trovano poi più di recente nel vol. a c. di H. Tischner, Völkerkunde, Fischer Bücherei, Frankfurt/M., 1959 (trad. it. a c. di Ernesta Cerulli, Etnologia, vol. 4 della Enciclopedia Feltrinelli-Fischer, Milano, 1963, pp. 267 segg) sotto la voce Indonesia, che in parte qui di seguito riporto:
Si legge che le popolazioni aborigene, definite anche "Paleo-Indonesiani, generalmente sono coltivatori sedentari, che praticano oggi la cerealicoltura. Coltivano palme da cocco (per ricavarne l'olio), le banane, principalmente la banana da fecola, e spezie come il pepe. Nella coltivazione del riso si usa ancora la forma arcaica in campi asciutti (ladang). Ma in particolare i Batak praticano la coltura arativa. Comunque si usa ancora il sistema del trapianto del riso nuovo a mano, piantina per piantina, dagli orti da semina a nuovi campi, e il sistema di falciatura con apposito coltellino a lama di conchiglia, stelo per stelo." (...)
"Con la farina di sago si prepara una sorta di farinata e anche una specie di pane. Gli animali domestici sono il cane, il pollo, e sopratutto i suini. Il bufalo di palude non serve come presso altri popoli per tirare l'aratro, ma come animale da macello per sacrifici rituali. (...) I Batak di alcune tribù, raccolgono prodotti vegetali spontanei come anche il rotang e la resina (questa per conto di commercianti di fuori). I pesci vengono spesso presi per stordimento con una radice velenosa. Il genere voluttuario più diffuso è il betel, che viene masticato con una foglia di piperacea (piper betle) e un po' di calce viva" [come nel subcontinente indiano]. (...) "Diffuso il "vino" di palma e la birra di riso; dovunque si mastica tabacco." (...)
"La forma di abitazione più frequente è la capanna su palafitte a pianta rettangolare; a volte provvista di pareti anche nello spazio coperto sottostante, fra i pilastri." (...) " Fungono da materiale di costruzione sopratutto il legno ed il bambù, che si usa anche tagliato a listelli per gli intrecci delle pareti [stuoie], e anche i grossi costoni di palme da sago. Il tetto viene coperto con fogli di palma disposte su file e piegate sulla nervatura centrale a mo' di émbrici con la corteccia dei prolungamenti delle foglie di palma Areng, o con scandole di legno o bambù." (...) "I Batak si distinguono in particolare per i ricchi lavori di intaglio decorativo delle parti in legno delle abitazioni."
In un agglomerato, accanto alle case d'abitazione si costruiscono di solito anche altre capanne particolari come magazzini per il riso, piccoli vani da lavoro, cucine, o edifici per il culto, e case degli uomini, e di riunione, ecc."
(...) "Quale materiale più recente per l'abbigliamento si usa il cotone tessuto su telai semplici, con o senza pettine, ma sempre senza pedale. (...) Come tecnica decorativa è specialmente coltivata quella che si chiama ikat (= legare) consistente nel fasciare e colorare certi fili dell'ordito o della trama, prima della tessitura (...). Uomini e donne delle tribù (...) portano spesso una veste di cotone stretta e lunga (sarong) e una giacca con le maniche,
gli uomini anche senza maniche, (...) e dei pantaloni (...). Il copricapo è diffuso in fogge molto varie, di solito come cappello a cupola piatta di fibre intrecciate o di foglie cucite assieme. Solo [chi si veste in modo moderno] porta calzature.
Fra i molti tipi di ornamento meritano un cenno particolare i pesanti pendagli auricolari d'argento delle donne Batak" (...). Tra gli usi vi è la circoncisione, ed il tatuaggio, che ha una diffusione straordinariamente ampia. "La maggior parte di questi usi è connessa a riti di pubertà.
Al primo posto fra le attività degli artigiani accanto alla lavorazione della corteccia e alla tessitura, sta l'intreccio. La ceramica (senza tornio e invetratura) è poco evoluta (...). E' invece importante la lavorazione del bambù, che fornisce materiale per cerbottane, punte di freccia, astucci e faretre, recipienti, per l'acqua e anche per la calce del betel (...).
La fusione dell'ottone ha un certo rilievo fra i Batak. L'oreficeria anche viene esercitata dai Batak. " (citazioni dalle pagg. 267-283 del vol.4).
Una pagina interessante la si può leggere nell'opera di H.A.Bernatzik, a cura di, Völker un Kulturen der Erde, in 3 volumi, del 1954, ediz. it. Popoli e razze, a cura di G.DeCaria, Roma, edizioni Casini, al vol. 2, nel cap. di Theo Körner sull'Indonesia, §. 4 Sumatra:
Cenni si trovano pure nel Dizionario di Etnologia di R.Bosi, 1958, a p. 79, sub vocem; e poi nel suo Il libro dei popoli primitivi, Bompiani, 1982, 1987, pp. 70-72.
Una breve nota si trova anche nella collana "I Popoli della Terra", a c.di E. Evans-Pritchard, già citata nei post precedenti, al vol. su Indonesia e Filippine, pp.134-135. Cfr. anche Rino Gaion e Leonardo Zardi (a cura di), Popoli diversi, in 6 voll.: vedi Asia in 2 volumi, Editrice Saie, Roma Torino 1979.
Anche Alberto Salza nel suo "Atlante delle popolazioni", op. cit., p. 346, del 1998,
scrive che sono «organizzati in clan patrilineari ed esogamici, occupano grandi villaggi: diverse famiglie nucleari, legate da vincoli di parentela, abitano in case comunitarie in legno (con tetto a ripidi spioventi); la casa comune degli scapoli (sopo) è anche la sede del consiglio di villaggio, adibita anche a deposito di attrezzi agricoli e a dormitorio. Coltivano riso (sia in sommersione, che all'asciutto), mais, igname, caffè e tabacco; allevano bufali, bovini e cavalli (...). Artigianato: lavorazione del ferro fabbricazione di pugnali e sciabole, di strumenti musicali (tamburi e gong) e di cesti. Gli spiriti della natura, portatori anche di disgrazie e malattie, vengono placati da stregoni con cerimonie e sacrifici.»
cfr. cenni anche in Jean Sellier, Atlante dei popoli dell’Asia, Il Ponte editrice, 2010.
Poi proseguiamo la nostra camminata all'interno, e ci inoltriamo attraverso un sentiero, lungo un ruscello, e attraversando fitta vegetazione incontriamo anche una cascata con una pozza d'acqua limpidissima... e ci rinfreschiamo.
Ritornando vediamo un altro villaggio (huta), e un gruppo di piccoli adat abbandonati, ed un grande banyano, che i Batak considerano con particolare rispetto, anch'esso è simbolo di vitalità.
Tra gli acquisti fatti, oltre ai due porhalaan che ho riprodotto più sopra, abbiamo preso anche un vecchio "libretto" (con copertina o custodia in legno) e varie "pagine" di corteccia scritte con inchiostro nero e rosso, ripiegate a soffietto, con le spiegazioni dei principali giorni fausti e infausti e dei loro simboli:
Sono reperti di testi (o copie?) appartenenti alla loro cultura materiale tradizionale, e all'arte della preparazione di medicamenti.
Sui Batak si veda anche al cap. "Indonesia" di Theo Körner, il §.4 su Sumatra, in: Hugo Bernatzick, a c.di, Die Neue Grosse Völkerkunde, Völker und Kulturen der Erde in Wort und Bild, Frankfurt/M., 1954, tr.it. editrice Le Maschere, Firenze, Popoli e razze, vol. 2, su Asia e Oceania, già citato.
E di E.M. Loeb, Sumatra: its History and Peoples, Wien, 1935. E il precedente studio di Wilhelm Volz, Nord-Sumatra, in 2 volumi, 1°: Die Batakländer, Berlin, 1909.
13 settembre 1979
ciao ai Batak, riprendiamo il volo da Medan a Penang
...ritorneremo poi in Indonesia anni più tardi (ma a Bali e alle Gili, nel '13) ...
P.S.: Purtroppo il 26 dicembre del 2004 ci fu il tristemente famoso Tsunami che colpì con terremoto (di forza 9,1) e maremoto la costa nord-occidentale di Sumatra, con morti a migliaia e distruzioni totali delle aree che danno sull'oceano indiano.
[In generale oggi l'Indonesia tramite un rapido tasso di sviluppo economico, si è ammodernata ed è molto cambiata. L'area del nord di Sumatra ha visto svilupparsi il turismo anche in forme di turismo di massa. Tuttavia mi auguro che i paesaggi naturali, le tradizioni culturali, i luoghi notevoli da visitare, siano rimasti abbastanza tali e quali o abbiano saputo conservare un rispetto per la cultura materiale e per i valori che caratterizzano l'identità per es. del popolo Batak]
[P.S. aggiunta di fine dicembre '18: in questi ultimi anni c'è stata una forte attività di deforestazione, che ha eliminato parti cospicue della foresta primaria per far spazio a grandi piantagioni di palme da olio. Già da tempo si usavano i frutti per farne olio da cucina, e i gusci per far fuoco, e le foglie intrecciate per fabbricare cesti, o per i tetti, Ma ora si assiste ad un vero boom mondiale dell'olio di palma, richiesto sul mercato globale come combustibile per diesel e anche bio-diesel, e come ingrediente nell'industria alimentare, per es. in pane, biscotti, pasta per pizza, ma anche per saponi, creme, rossetti, ecc per le industrie di cosmetici. Con la forte pressione di colossi finanziari a livello planetario come Procter&Gamble, Nestlé, Unilever, eccetera, il governo centrale indonesiano accorda estese concessioni alle multinazionali, per cui buona parte del paesaggio è mutato, come anche il mercato del lavoro, con gravi danni non solo per la flora originaria, ma anche o forse sopratutto per la fauna locale, e per la biodiversità di certe aree del Paese]
Nella editoria posteriore al ns viaggio, si veda per es. il bel volume di 240 pagine, edito dalla Thames&Hudson nel 1991:
Per uno studio etnografico accurato, si veda:
di 384 pagine, ristampato nel 1990 dalla Stanford University Press.
(e inoltre adesso oltre ad un gran numero di guide specifiche sull'Indonesia, in generale si può consultare un "sommario" sintetico della Lonely Planet: Il libro dell’Asia, un viaggio in tutti i paesi del continente, trad.it. EDT, 2008)
qui si tratta di un viaggio di quasi quarant'anni fa, in alcune parti del SudEst asiatico, in questo caso a
Danau Toba, ovvero Lago Toba, nella provincia del nord di Sumatra, Sumatera Utara (nell'Indonesia occidentale)
mercoledì 3 settembre
In questo lungo viaggio di 64 giorni, dieci li dedicheremo all'isola di Samosir.
Andiamo a prendere un aereo che fa il volo da pulau Penang (dove ci troviamo ora, una isoletta della Malesia) a Medan nel nord Sumatra in Indonesia, in circa 20 minuti. Da lì domani con 180 km di strada arriveremo al grande lago vulcanico, il lago Toba.
Siamo oramai molto vicini all'Equatore.
Sui Batak del lago Toba avevo letto quel che ne accenna sub vocem Roberto Bosi, nel suo Dizionario di Etnologia, Mondadori, 1958, a p. 79, e poi nel suo libro I Popoli Primitivi, Bompiani, 1979, 1982, alle pp. 70, 76, 81.
Abbiamo preso in quelle piccole bibliotechine delle guest houses una Guida sintetica ma ottima: South-East Asia on a Shoestring, =testo stringato sul sud-Est asiatico di Tony Wheeler, pubblicato dalla casa editrice Lonely Planet d'Australia, 1979 (tutti i Paesi del SEA in trecento pagine, dall'Indocina ex francese, all'Indonesia, alle Filippine, e Thailandia, e Birmania, ecc...).
E' già da un po' che ci facciamo dare dagli altri viaggiatori che incontriamo, tutti i ragguagli possibili, e ne prendiamo appunti sul quaderno del Diario.
l'isola di Sumatra e il tragitto da Penang al lago
il lago e l'isola Samosir
L' "isola" di Sumatra è più grande di tutta l'Italia, ed è lunga 1760 km e larga fino a più di 400 km. Ha grandi foreste con alberi alti 60 metri, e vi sorsero le più antiche civiltà del sudest asiatico. In questa area della provincia settentrionale, vi sono culture che hanno una impressionante architettura con grandi edifici rettangolari in legno intarsiato e decorato.
Il grande lago è molto chiaramente la caldera di un enorme cratere vulcanico riempitosi d'acqua, grande ben 1700 kmq e profondo 500 metri, è lungo 100 chilometri e largo 30. Al centro c'è l'isola di Samosir, dove vive il popolo dei Batak, ed è questa la nostra mèta.
L'anno precedente avevo comprato l'unico libro in italiano allora disponibile, cioè il bellissimo volume fotografico sull'Indonesia, con foto di Adriano Zecca e testi di Giuseppe Fardella, intitolato "Indonesia", pubblicato dal CDC cioè il Centro Documentazioni Culturali Internazionali, di Milano, uscito nel '76, ma non l'abbiamo portato con noi, sia perché è di 350 pagine con carta patinata e foto, quindi è troppo pesante, sia perché non è una guida di viaggio, e riguarda tutte le numerose isole grandi e piccole di questo estesissimo arcipelago di terre e di popoli chiamato Indonesia (le ex Indie Orientali Olandesi). E in quel libro c'è un interessante capitolo sui Batak.
Si aggiunga il libro pieno di fotografie, di Folco Quilici, Indonesia, Fratelli Fabbri editori, Milano, 1974, con pagine su Sumatra:
E "Il Grande Atlante", Rizzoli, Milano, 1979, vol.6., pp. 116-123.
Poi qui sul luogo trovo un bel "manuale" sull'Indonesia di Bill Dalton, pubblicato nel '78 dalla Moon Publ., e distribuito da Singapore. Anche qui c'è un consistente capitolo sui Batak e sull'isola di Samosir.
Ma mi chiedo:... se fossimo venuti qui due-tre anni fa, che testi avrei trovato per questo viaggio? sono tutti appena usciti...
Dunque... la mattina dopo, con un decente pullmino di linea affrontiamo il lungo viaggio da Medan fino a Prapat, il porticciolo sul lago, stando tutti schiacciati e pigiatissimi.
La casupole sono in massima parte fatte con strutture portanti in legno e ricoperte di paglia intrecciata tipo stuoie, e col tetto in lamiera. Ci sono palme a raggiera, e di vari altri tipi, e le palme da cui si trae il cosiddetto olio di palma. E coltivazioni di caucciù per chilometri. Man mano che si sale la vegetazione cambia, arbusti e alberi a foglie piccole, e conifere.
Ma ad un certo punto dobbiamo cambiare bus (?!)... e finiamo in un vecchio autocarro sudicissimo. Con questo trabiccolo giungiamo nella zona dei Batak, e arriviamo sulla cresta vulcanica, da cui si vede giù lo spettacolare panorama del grande lago (danau) Toba.
Al porticciolo prendiamo un piccolo traghetto per andare sull'isola (pulau) di Samosir. Il molo del traghetto lo si trova camminando lungo un posto per mangiare, una rest house, e parte più o meno verso le 10:30, o quando l'imbarcazione si riempie.
L'isola in mezzo al lago è piuttosto grande (650 kmq). Abbiamo intenzione di alloggiare in un losmen, cioè una pensione famigliare, da Christina nella località Tuk-tuk. Ma la barca si ferma a Tomok dall'altra parte di una penisoletta... e qui sull'isola di Samosir non ci sono strade, non ci sono mezzi motorizzati (pare ce ne siano un paio), e quindi ci tocca farci a piedi con i nostri zaini il sentiero che taglia la penisoletta andando da una parte all'altra.
footway
La guest house è carina e le due signore sono cordiali. Purtroppo non c'è modo di lavarsi se non scendendo nel lago, ma qui sotto l'acqua è molto melmosa e non è per nulla invitante, per cui dopo aver sistemato gli zaini e le nostre cose e parlato con la padrona, ci riavviamo a ritroso verso l'altro golfo per farci un bagno ristoratore.
Ceniamo favolosamente sul terrazzino, con nientemeno che un guacamole de aguacate (!), cioè avocados' cream, e papaya "à la Torel", cioè con un incavo al centro, con dentro pezzetti di ananas e di banane, cosparse di cocco grattugiato, ed il tutto abbondantemente spolverato di cacao. A lato ci sono delle mie, cioè noodles ovvero tagliatelle di farina di frumento (a volte sono di riso: miehoen), che fortunatamente non sono come al solito fritte (mie goreng).
Ma alla notte per far pipi, la latrina senza acqua corrente e nel buio totale, non ci entusiasma. Al mattino una colazione di macedonia (fruit salad) con müssli, buona, e tapioca fritta molto buona, e il famoso gadogado che invece non è un granché (riso con verdure, condito in salsa di noccioline peanuts triturate ).
Poi facciamo una camminata tutt'attorno alla penisola cosparsa di casette e di vecchie casone (sono come frazioni di Tuk-tuk) per cercare un posto migliore e in effetti ci sono luoghi dove l'acqua è pulita e con un magnifico panorama del grande lago.
Certe casone tradizionali in legno (adat) sono affascinanti, col tetto a forma di sella. Vi abitavano due/quattro famiglie di stretti parenti.
Alcune sono davvero enormi (rumah adat) e vi dormivano fino a dieci/dodici nuclei famigliari dello stesso clan.
Incontriamo un giovane russo-tedesco che avevamo già visto a Penang che ci consiglia un losmen dove trasferirci. Alla sera incontriamo dei ragazzi inglesi, anche loro già visti altrove, che fotografano i numerosi maialini, così impariamo da loro che nella lingua locale ho-oto-oto vorrebbe dire "tu molto bello", frase chiave per avere il permesso di fotografare...
porcellini pelosi che ciucciano dalla madre
I bambini vengono impegnati anche in lavori pesanti, come qui per es. vanno avanti e indietro portando sulla testa dei pietroni che serviranno per fare il basamento di un nuovo bungalow, mentre altri vanno a raccogliere e portare a casa quanto più legna possibile, altri li abbiamo visti lavorare con fatica nei campi, e gli adulti gli danno solo qualche occhiata di sfuggita ogni tanto.
A cena veniamo a sapere che qui si è praticamente obbligati a mangiare solo vegano, in quanto i maialini ben raramente li sacrificano e solo per delle festività quando fanno i pig-parties, pescatori qui quasi non ce ne sono (!) e comunque vendono tutto al mercato sull'altra costa, e altra carne non ce n'è. In tutta Sumatra formaggi non se ne fanno... Altrimenti, volendo variare, ci sono in abbondanza funghi allucinogeni raccolti freschi all'alba, e anche ganja e infiorescenze essiccate di canapa, quindi se si vuole arricchire il menù, si fanno dei tortini con marijuana, e frittate con funghi "speciali", ma a noi non va.
Per cui a cena mangiamo una salad fruit con banane, papaya, ananas, avocado, cocco grattugiato, cacao, e il tutto innaffiato da latte condensato in barattolo. Ancora molto buono per ora... Speriamo in futuro di poter assaggiare qualche piatto non solo vegano o crudista...
Il giorno seguente ci trasferiamo al "Mata Hari"- losmen, da Carolina. Lei ci affitta un bungalow moderno, che teoricamente avrebbe la luce elettrica, e l'acqua corrente, che però.... ahimè sono al momento mancanti...
La signora fa anche la tessitrice su ordinazioni con un telaio rudimentale.
Più tardi allora ci affitterà un adat che ha fatto restaurare, ed è veramente una sensazione speciale dormirci dentro. Lei si stupisce che agli europei interessino e piacciano queste vecchie case di una volta, cerchiamo di dare una spiegazione ma lei sa solo alcune poche parole in inglese. Già per lei è molto aver imparato a scuola un po' di Ba'hasa la lingua comune dell'Indonesia.
Andiamo a piedi a Tomok, dove ci sono vari baracchini e bancarelle dove acquistiamo dei sarong in batik, uno più pesante e uno molto leggero, più caro. Si tratta di un lungo pezzo di tessuto, di solito di cotone, molto colorato, e a volte con disegni, che uomini e donne portano allacciandolo in vita. Bisogna contrattare a lungo, a loro piace, si divertono, ed è per loro una occasione anche per parlare un pochino, nel solito basic english (con una strana pronuncia un po' storpiata), in quanto vogliono conoscere i paesi lontani e le nostre strane abitudini e idee.
E' un po' curioso che il termine Batak significasse originariamente "mangia maiali", dato che invece si nutrono quotidianamente solo di verdure e frutta, ma in effetti quando si fa festa, allora sì, è con la carne di maiale che si festeggia.
Sono ripartiti in vari raggruppamenti per stirpe, il maggiore è quello del lago, quindi i Toba Batak, ma poi ci sono i Karo, i Pakpak, i Simalungun, i Mandailing e altri gruppi (o tribù?), che stanno nelle colline e montagne circostanti, di cui ognuno rivendica una linea di discendenza da qualche noto antico progenitore. Questi del lago Toba si rifanno alla mitica figura di Siraja Batak, che si insediò a Samosir. La discendenza segue una filiera patrilineare, mentre in ambito domestico è molto forte il potere delle donne, anche se i Batak si distinguono dai vicini più a sud i Minangkabau tra cui vige il matriarcato.
Sono sempre impegnati a fare qualcosa, un detto dice che "i Batak sono dei lavoratori non dei pensatori". Ogni comunità di stretti parenti (huta) abitavano insieme nelle casone, mentre comunità più estese multi-famigliari (marga) stavano nelle costruzioni più grandi.
Il marga è regolato in modo esogamico, per cui un uomo non può sposare una donna del suo stesso marga, mentre è la donna che abbandonando il proprio, entra a far parte del marga del marito.
Sono più che altro coltivatori di riso, ma anche di cavoli, cipolle, pomodori, fagioli, patate e ananas. Le donne contadine sono robuste di costituzione e forti, altre sono più aggraziate. Molti uomini sono bravissimi giocatori di scacchi, tra i migliori d'Oriente ((probabilmente gli scacchi furono importati dagli olandesi, ma già c'erano giochi simili di origine indiana, e i cosiddetti scacchi cinesi xianqi).
L'animale totemico è il bufalo asiatico, inoltre credono in varie divinità (che rispettano anche se i Toba Batak sono formalmente convertiti al cristianesimo protestante), in particolare i Karo avevano elaborato un calendario astrologico, porhalaan, che determina i giorni fausti e quelli infausti nei 12 mesi tutti di 30 giorni, che viene inciso su un segmento cilindrico di bambù, che sta appeso ad un piolo, con sotto dodici listelli, uno per ciascun mese.
Nell'oggetto che abbiamo acquistato noi, come chiusura superiore sta una statuina intagliata in legno, di un capo o condottiero, che protegge il contenuto del cilindro-calendario:
questa è invece una versione più semplice da appendere appunto ad un chiodo o gancetto:
La chiave per decifrare i segni del porhalaan :
Ecco un foglietto ciclostilato che spiega il significato dei singoli simboli:
Quando gli olandesi riuscirono dopo vari tentativi a soggiogare i Batak nel 1910, rendendoli vassalli, i Batak avevano i loro capi che comandavano ciascuno su una comunità o marga, con vari clan, o in certi casi, vi erano dei veri e propri regni anche piuttosto antichi.
A mezza giornata di cammino da Tomok ci sono dei resti archeologici di uno di questi regnetti o piccoli "kingdomìni". Andiamo a visitare le antiche tombe reali che sono veramente stupende e affascinanti, in mezzo a grosse radici di grandi alberi. Le chiamano "le barche dei morti".
Ce ne sono poi altre più isolate nei prati fuori dal villaggio.
Prendiamo un opuscoletto ciclostilato, che spiega un po' la storia di questo piccolo regno del villaggio di Huta Bolon (huta è una comunità di stirpe), capitale del Bius Simanindo (ovvero del Simanindo Kingdom).
Andiamo a pranzo da "Mon goloi", vicino a dove c'è una antica casa per riunioni comuni (sopa) di fianco a una rumah adat, una grande costruzione, o palazzo in legno, e lì mangiamo come al solito una piccola fruit salad, ma questa volta c'è dentro anche del passion fruit (cioè la maracujà).
Qui è sempre fonte di una piacevole sensazione notare ogni tanto il gran silenzio che c'è tutt'attorno.
Il sabato mattina andiamo con il traghettino delle otto e mezza al mercato settimanale di Prapat,
dove c'è folla e rumore, e c'è di tutto, sia riguardo ai prodotti, che alle persone. Ci sono indonesiani moderni, turisti, Batak di Samosir ma anche gente della tribù dei Karo, e di quella dei Mandailing, o di altre etnie vicine quali sopratutto i Minangkabau (che hanno il loro centro più a sud, a Bukittingi).
Oltre a frutta e verdura, e a sementi, e sacchi di riso o di mais, o polveri, betel, peperoncini, cipolle, o altro, c'è anche carne di maiale, e forse di mucca, e pesce. Ci dicono che i pescatori battono l'acqua con una mazza o martello, per spaventare i pesci e indirizzarli verso le reti. Si vendono pure tessuti, bracciali, vecchi calendari, vecchi libri, opuscoli, orecchini, zufoli eccetera. Poi ci sono anche oggetti d'uso di ogni tipo.
Le diverse provenienze si distinguono dall'abbigliamento delle donne, in particolare dai loro copricapi tradizionali. Importanti sono anche le sciarpe (ulas) che poi si piegano sulla testa.
Qui finalmente riusciamo ad avere da magiare qualcosa di diverso, e comprendente anche delle uova, e persino un pochino di carne...
il lago è veramente grande
il perimetro del cratere è amplissimo
Scendiamo a vedere alcuni villaggi,
subito dietro la costa, si erge la montagna,
altre rumah adat
Le tecniche di costruzione e di decorazione degli adat sono elaborate e le casone su palafitta sono molto robuste e hanno una lunga durata. I decori sono spesso ottenuti per intaglio, cui si aggiungono ornamenti a schema geometrico o a volute, e sono colorati con terre locali. Sono frequenti anche dei disegni e raffigurazioni di figure umane e cavalli.
Nei granai e nelle stalle compare il motivo della lucertola che i Batak assimilano allo "spirito della terra", ed è simbolo di fertilità e vitalità. Questa si ricollega anche alla propria personale "forza vitale" (tondi).
Qui sotto un adat per le riunioni del consiglio di villaggio, o casa comune, communal house (detta appunto sopa):
Annalisa
e si vedono anche delle vecchie tombe spesso a tumulo (effettivamente i Batak sono molto dediti al culto dei morti e in particolare alla venerazione di antenati particolarmente rispettati):
alcune grandi casone sono a tre piani
Anche la nostra, dentro è fresca di giorno, e ha il soffitto molto alto
Continuando il giro incontriamo altre tombe, recinti, statue...
area sacra di devozione agli antenati
burial urn, urna sepolcrale dove permane lo spirito del morto
ingresso ad un royal compound, in pietra scolpita
Il primo importante studio etnografico è stato quello di E. Modigliani, Fra i Batacchi indipendenti, Roma, 1892. Viene poi l'opera del J. Winkler, Die Toba Batak auf Sumatra, del 1925. Ricca è anche la voce "Bataki" curata dal prof. R. Biasutti della Univ. di Firenze, sulla Enciclopedia Italiana dell'IstitutoTreccani, vol. VI, Rizzoli, Milano, 1930, pp. 368-369 (di cui la nuova ed. del 1995 della "Piccola Treccani" riporta un testo estremamente ridotto nel vol. II). Di Renato Biasutti si veda anche nella sua opera complessiva Le razze e i popoli della Terra, 1940, terza ediz. riv. e corr.1959, Utet, Torino, Parte Terza, cap. IX:
Diverse notizie si trovano poi più di recente nel vol. a c. di H. Tischner, Völkerkunde, Fischer Bücherei, Frankfurt/M., 1959 (trad. it. a c. di Ernesta Cerulli, Etnologia, vol. 4 della Enciclopedia Feltrinelli-Fischer, Milano, 1963, pp. 267 segg) sotto la voce Indonesia, che in parte qui di seguito riporto:
Si legge che le popolazioni aborigene, definite anche "Paleo-Indonesiani, generalmente sono coltivatori sedentari, che praticano oggi la cerealicoltura. Coltivano palme da cocco (per ricavarne l'olio), le banane, principalmente la banana da fecola, e spezie come il pepe. Nella coltivazione del riso si usa ancora la forma arcaica in campi asciutti (ladang). Ma in particolare i Batak praticano la coltura arativa. Comunque si usa ancora il sistema del trapianto del riso nuovo a mano, piantina per piantina, dagli orti da semina a nuovi campi, e il sistema di falciatura con apposito coltellino a lama di conchiglia, stelo per stelo." (...)
"Con la farina di sago si prepara una sorta di farinata e anche una specie di pane. Gli animali domestici sono il cane, il pollo, e sopratutto i suini. Il bufalo di palude non serve come presso altri popoli per tirare l'aratro, ma come animale da macello per sacrifici rituali. (...) I Batak di alcune tribù, raccolgono prodotti vegetali spontanei come anche il rotang e la resina (questa per conto di commercianti di fuori). I pesci vengono spesso presi per stordimento con una radice velenosa. Il genere voluttuario più diffuso è il betel, che viene masticato con una foglia di piperacea (piper betle) e un po' di calce viva" [come nel subcontinente indiano]. (...) "Diffuso il "vino" di palma e la birra di riso; dovunque si mastica tabacco." (...)
"La forma di abitazione più frequente è la capanna su palafitte a pianta rettangolare; a volte provvista di pareti anche nello spazio coperto sottostante, fra i pilastri." (...) " Fungono da materiale di costruzione sopratutto il legno ed il bambù, che si usa anche tagliato a listelli per gli intrecci delle pareti [stuoie], e anche i grossi costoni di palme da sago. Il tetto viene coperto con fogli di palma disposte su file e piegate sulla nervatura centrale a mo' di émbrici con la corteccia dei prolungamenti delle foglie di palma Areng, o con scandole di legno o bambù." (...) "I Batak si distinguono in particolare per i ricchi lavori di intaglio decorativo delle parti in legno delle abitazioni."
In un agglomerato, accanto alle case d'abitazione si costruiscono di solito anche altre capanne particolari come magazzini per il riso, piccoli vani da lavoro, cucine, o edifici per il culto, e case degli uomini, e di riunione, ecc."
(...) "Quale materiale più recente per l'abbigliamento si usa il cotone tessuto su telai semplici, con o senza pettine, ma sempre senza pedale. (...) Come tecnica decorativa è specialmente coltivata quella che si chiama ikat (= legare) consistente nel fasciare e colorare certi fili dell'ordito o della trama, prima della tessitura (...). Uomini e donne delle tribù (...) portano spesso una veste di cotone stretta e lunga (sarong) e una giacca con le maniche,
(foto -come sopra- della fine anni 1920, dalla Enc. Treccani cit. vol. VI, p. 368)
gli uomini anche senza maniche, (...) e dei pantaloni (...). Il copricapo è diffuso in fogge molto varie, di solito come cappello a cupola piatta di fibre intrecciate o di foglie cucite assieme. Solo [chi si veste in modo moderno] porta calzature.
Fra i molti tipi di ornamento meritano un cenno particolare i pesanti pendagli auricolari d'argento delle donne Batak" (...). Tra gli usi vi è la circoncisione, ed il tatuaggio, che ha una diffusione straordinariamente ampia. "La maggior parte di questi usi è connessa a riti di pubertà.
Al primo posto fra le attività degli artigiani accanto alla lavorazione della corteccia e alla tessitura, sta l'intreccio. La ceramica (senza tornio e invetratura) è poco evoluta (...). E' invece importante la lavorazione del bambù, che fornisce materiale per cerbottane, punte di freccia, astucci e faretre, recipienti, per l'acqua e anche per la calce del betel (...).
La fusione dell'ottone ha un certo rilievo fra i Batak. L'oreficeria anche viene esercitata dai Batak. " (citazioni dalle pagg. 267-283 del vol.4).
(dalla citata Enciclopedia Feltrinelli-Fischer, vol.4)
Una pagina interessante la si può leggere nell'opera di H.A.Bernatzik, a cura di, Völker un Kulturen der Erde, in 3 volumi, del 1954, ediz. it. Popoli e razze, a cura di G.DeCaria, Roma, edizioni Casini, al vol. 2, nel cap. di Theo Körner sull'Indonesia, §. 4 Sumatra:
Cenni si trovano pure nel Dizionario di Etnologia di R.Bosi, 1958, a p. 79, sub vocem; e poi nel suo Il libro dei popoli primitivi, Bompiani, 1982, 1987, pp. 70-72.
Una breve nota si trova anche nella collana "I Popoli della Terra", a c.di E. Evans-Pritchard, già citata nei post precedenti, al vol. su Indonesia e Filippine, pp.134-135. Cfr. anche Rino Gaion e Leonardo Zardi (a cura di), Popoli diversi, in 6 voll.: vedi Asia in 2 volumi, Editrice Saie, Roma Torino 1979.
Anche Alberto Salza nel suo "Atlante delle popolazioni", op. cit., p. 346, del 1998,
scrive che sono «organizzati in clan patrilineari ed esogamici, occupano grandi villaggi: diverse famiglie nucleari, legate da vincoli di parentela, abitano in case comunitarie in legno (con tetto a ripidi spioventi); la casa comune degli scapoli (sopo) è anche la sede del consiglio di villaggio, adibita anche a deposito di attrezzi agricoli e a dormitorio. Coltivano riso (sia in sommersione, che all'asciutto), mais, igname, caffè e tabacco; allevano bufali, bovini e cavalli (...). Artigianato: lavorazione del ferro fabbricazione di pugnali e sciabole, di strumenti musicali (tamburi e gong) e di cesti. Gli spiriti della natura, portatori anche di disgrazie e malattie, vengono placati da stregoni con cerimonie e sacrifici.»
cfr. cenni anche in Jean Sellier, Atlante dei popoli dell’Asia, Il Ponte editrice, 2010.
Poi proseguiamo la nostra camminata all'interno, e ci inoltriamo attraverso un sentiero, lungo un ruscello, e attraversando fitta vegetazione incontriamo anche una cascata con una pozza d'acqua limpidissima... e ci rinfreschiamo.
qui sopra il sentiero, path, e sotto il ruscello
waterfall
Ritornando vediamo un altro villaggio (huta), e un gruppo di piccoli adat abbandonati, ed un grande banyano, che i Batak considerano con particolare rispetto, anch'esso è simbolo di vitalità.
Ma infine partiamo e salutiamo il bel lago con i suoi villaggi, che certamente conserveremo nella memoria.
Sui Batak si veda anche al cap. "Indonesia" di Theo Körner, il §.4 su Sumatra, in: Hugo Bernatzick, a c.di, Die Neue Grosse Völkerkunde, Völker und Kulturen der Erde in Wort und Bild, Frankfurt/M., 1954, tr.it. editrice Le Maschere, Firenze, Popoli e razze, vol. 2, su Asia e Oceania, già citato.
E di E.M. Loeb, Sumatra: its History and Peoples, Wien, 1935. E il precedente studio di Wilhelm Volz, Nord-Sumatra, in 2 volumi, 1°: Die Batakländer, Berlin, 1909.
13 settembre 1979
ciao ai Batak, riprendiamo il volo da Medan a Penang
...ritorneremo poi in Indonesia anni più tardi (ma a Bali e alle Gili, nel '13) ...
una raccolta di testi da fonti di stampa su alcune realtà dell'Indonesia,
che uscì 5 anni fa a cura dell'agenzia Avventure nel Mondo
P.S.: Purtroppo il 26 dicembre del 2004 ci fu il tristemente famoso Tsunami che colpì con terremoto (di forza 9,1) e maremoto la costa nord-occidentale di Sumatra, con morti a migliaia e distruzioni totali delle aree che danno sull'oceano indiano.
[In generale oggi l'Indonesia tramite un rapido tasso di sviluppo economico, si è ammodernata ed è molto cambiata. L'area del nord di Sumatra ha visto svilupparsi il turismo anche in forme di turismo di massa. Tuttavia mi auguro che i paesaggi naturali, le tradizioni culturali, i luoghi notevoli da visitare, siano rimasti abbastanza tali e quali o abbiano saputo conservare un rispetto per la cultura materiale e per i valori che caratterizzano l'identità per es. del popolo Batak]
[P.S. aggiunta di fine dicembre '18: in questi ultimi anni c'è stata una forte attività di deforestazione, che ha eliminato parti cospicue della foresta primaria per far spazio a grandi piantagioni di palme da olio. Già da tempo si usavano i frutti per farne olio da cucina, e i gusci per far fuoco, e le foglie intrecciate per fabbricare cesti, o per i tetti, Ma ora si assiste ad un vero boom mondiale dell'olio di palma, richiesto sul mercato globale come combustibile per diesel e anche bio-diesel, e come ingrediente nell'industria alimentare, per es. in pane, biscotti, pasta per pizza, ma anche per saponi, creme, rossetti, ecc per le industrie di cosmetici. Con la forte pressione di colossi finanziari a livello planetario come Procter&Gamble, Nestlé, Unilever, eccetera, il governo centrale indonesiano accorda estese concessioni alle multinazionali, per cui buona parte del paesaggio è mutato, come anche il mercato del lavoro, con gravi danni non solo per la flora originaria, ma anche o forse sopratutto per la fauna locale, e per la biodiversità di certe aree del Paese]
Nella editoria posteriore al ns viaggio, si veda per es. il bel volume di 240 pagine, edito dalla Thames&Hudson nel 1991:
Per uno studio etnografico accurato, si veda:
di 384 pagine, ristampato nel 1990 dalla Stanford University Press.
(e inoltre adesso oltre ad un gran numero di guide specifiche sull'Indonesia, in generale si può consultare un "sommario" sintetico della Lonely Planet: Il libro dell’Asia, un viaggio in tutti i paesi del continente, trad.it. EDT, 2008)
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