domenica 6 gennaio 2013

il poeta libanese Gibran e la nuova Era

Oggi è l'anniversario della nascita di Kahlil Gibran (6 gennaio 1883). E sono trascorsi anche novanta anni dalla prima pubblicazione de "Il Profeta" (scritta in inglese 1923), l'opera che più lo rese famoso, in nordAmerica il testo nel XX secolo ha venduto più copie di qualsiasi altro libro (Bibbia esclusa).
Gibran morì per malattia a New York a 48 anni d'età.
Già vi ho proposto l'inizio de "Il Profeta" in un post messo poco più di un mese fa (il 21 novembre scorso), che avevo intitolato: "un poema lirico". E ora insisto, e vi ripropongo di leggerlo.






§. 2 - sull'epifania (da epì-phàneia, apparizione, manifestazione)
Inoltre oggi è il giorno dell'epifania del divino degli antichi greci, e per i latini l'apice delle feste dei Saturnalia (Saturno era il dio del Tempo), che si celebravano nelle grandi città dell'Impero, ed essa cadeva nella dodicesima notte dopo il solstizio d'inverno, feste in cui si potevano trasgredire le regole delle consuetudini sociali, per cui si svolgeva la "festa dei pazzi" e si eleggeva un Re Burla, ed era anche la festa in cui i contadini nelle campagne accendevano grandi fuochi in onore della dea Madre Terra sotto la luce lunare, dea benefica e nutrice, ma anche distruttiva.
Oggi essendo nel nostro paese e nella cultura diffusa il giorno in cui si chiude definitivamente con l'anno trascorso (i falò),
e nel contempo si accolgono i doni (nella vecchia calza sul caminetto), o comunque i messaggi simbolici che la saggezza di chi ha tanto vissuto (vedi la figura benevola della befana) ci porta come làscito,

e vorrei invitarvi non solo a leggerlo quel testo di Gibran, ma soprattutto a meditarlo, a riflettere sulle parole di quel poema e magari anche a discuterne. Sono certo che almeno per qualcuno potrà costituire una vera epifania, cioè una sorta di "rivelazione", di acclaramento. Come se le virtù e le qualità sin'ora occultate ci venissero incontro e si mostrassero a noi stessi.
Se in questa che è la festa più antica dei primi cristiani, oltre a riconoscere il significato più profondo che certe parole possono farci scoprire riguardo alla nostra coscienza, alla nostra interiorità, svelandoci il nucleo più autentico del nostro essere, formulassimo in noi il desiderio e la volontà di conoscere più a fondo l'umano, allora forse certi versi di questo poema potrebbero poi indurvi a voler anche manifestare la vostra stessa aspirazione al perfezionamento.

Gli antichi usavano il termine greco epifania per riferirsi a quelle divinità, come Zeus, Atena, o Ermete, che si manifestavano, che apparivano agli esseri umani, ma il divino è dentro a noi stessi, la realizzazione del regno della pienezza di coscienza e di accettazione totale anche delle nostre limitazioni, è da compiersi innanzi tutto dentro al nostro mondo interiore perché poi ognuno possa manifestarsi all'altro, al mondo, e dare luogo ad una comunità degna dell'aggettivo qualificativo di "umana", costruita sui valori universali di "umanità". R quindi innanzitutto sul riconoscimento del valore del donare, del dono, come fondante di un atteggiamento verso il mondo, verso gli altri, ma anche fondante delle nostre azioni, della nostra prassi quotidiana, dell'idea di "servizio al prossimo" come pre-condizione di solidarietà, fraternità, eguaglianza, di ciò che consideriamo un valore morale, etico, di carattere centrale, eccetera...
Se potesse iniziare quest'anno (come forse ogni anno nuovo) una nuova Era di maggiore consapevolezza di sè da parte dell'Umanità, potrebbe ciascuno di noi andare oltre il velo, e accorgersi quanto siamo condizionati, e in un certo senso inautentici.
Nessuna ideologia o organizzazione, o gerarchia sacerdotale o politica che sia, potrà liberarci dalla sofferenza, se la persona continua ad ignorare sè stessa, nella totale immersione della mente e dello spirito in questo contesto distorcente, rimanendo preda delle forze irrazionali che la dominano materialmente, socialmente, culturalmente, psicologicamente, e spiritualmente.
Siamo fondamentalmente tutti eguali, e dunque riconosciamoci nel nostro prossimo, specchiamoci per poterci vedere meglio, e valorizziamo le nostre parti migliori, cerchiamo di trovare delle modalità per ri-orientare, per sublimare, le nostre parti peggiori (predominio sull'altro, violenza, gonfiamento ipertrofico dell'Ego, eccetera...).
La sofferenza deriva in sostanza da conflitti interiori, dal prevalere in noi stessi dei nostri lati d'ombra, delle parti più represse del nostro inconscio che periodicamente esplodono e ci travolgono ...
Scrive Gibran ne Il Profeta :
"spesso la vostra anima è un campo di battaglia in cui la vostra ragione e il vostro giudizio si scontrano con la vostra stessa passione e il vostro appetito."

Il profeta è colui che ci aiuta a esaminarci nella nostra dimensione interiore, e dunque ci aiuta a scoprire una rivelazione che giace nel profondo di noi stessi, ed essa si manifesta a noi, ci appare evidente e ci rischiara la comprensione di noi stessi e del mondo.






Cerchiamo dunque di accrescere le nostre conoscenze, la nostra capacità logica, da cui verrà nutrita la nostra capacità di analisi e autoanalisi, la nostra capacità di critica e autocritica, e di accrescere e migliorare la nostra capacità di simpatia e empatia, di provare comprensione, da cui verrà nutrita la presa d'atto, il riconoscimento dei nostri stessi limiti intellettivi, morali, e spirituali, e la accettazione della nostra stessa storia della nostra formazione, ... per ripartire da qui per imprimere una svolta, un ri-orientamento nella nostra visione delle cose, e stimolare la volontà di perfezionamento, di miglioramento, di innalzamento a livelli non solo di conoscenza ma anche di coscienza e di spiritualità, e di moralità, per valorizzare al massimo le nostre qualità e vivere tutti assieme al meglio delle nostre possibilità.
Scrisse Gibran a proposito del suo poema, che "tutto Il Profeta dice un'unica cosa: sei molto più grande di quanto tu non sappia... E: tutto è bene" (dalla copertina dell'edizione in audiolibro della nuova traduzione di Paola Giovetti, letta da Enzo DeCaro, e pubblicata nel 2011 da Verdechiaro Edizioni).

Sarebbe bello se ALMENO ognuno provasse a formulare uno o più obiettivi personali che si impegna con sè stesso a raggiungere nel 2013, e anche identificare alcuni obiettivi che l'umanità dovrebbe porsi in questo nuovo anno, e proporsi di contribuire fattivamente a far sì che ci si indirizzi nel maggior numero possibile verso quelle mète, o anche proporsi ALMENO di impegnarsi a lottare contro certe storture, brutture, ingiustizie, o assurdità, ecc ... (dicendo quali secondo lui dovrebbero avere la priorità).
Questo potrebbe costituire un grande movimento di rivelazione delle capacità più sublimi dell'essere umano.
(scrivete qua sotto tra i commenti oppure inviatemi i vostri propositi o riflessioni via mail a carlo_pancera@libero.it   magari vi darò degli spunti coi prossimi post di gennaio)

Sapere aude!  gnosce te ipsum!

Nessun commento:

Posta un commento