Come prevenire il disprezzo per la storia e la cultura (o anche solo per le culture diverse dalla propria) ?
Facciamo un salto indietro di qualche millennio rispetto al re Hammurabi (o Hammu Rapi), e anche rispetto al profeta Mosé (Moshéh) con le tavole dei comandamenti, al padre Abraham, e a Gesù nazareno (Jéshuà ha-Notzrì). Ritorniamo alla radice, alle leggendarie origini: prendiamo il primo libro della Bibbia, detto Bereshìt cioè "all'inizio", in cui si tratta -oltre che della genesi dell'Universo (di cui vi ho accennato in un post del febbraio '14) e della prima coppia umana, che dotata di libero arbìtrio scelse la via della conoscenza-, anche della formazione dell' umanità attuale, cioè successiva al Grande Diluvio (che fu già raccontato anche dal mitico re Gilgamesh dopo il suo incontro con Utnapishtim, il Grande Vecchio, il Noè dei Sumeri), e al § 9 troviamo il racconto di un Patto che, una volta riemerse le terre, il Signore (Adonài Elohìm) stipula con Noé (Noah o Noach) (perché "Noah era un giusto -tzaddiq- per i tempi che correvano") rivolgendosi ai suoi figli (perché da loro fu ripopolata tutta la Terra).
Noé fece una offerta di ringraziamento, e il Signore assicurò i pochissimi superstiti (Noah, sua moglie, i loro figli, e le mogli dei loro figli) che non vi sarebbero più stati altri eventi catastrofici tanto gravi, e che d'ora innanzi gli uomini avrebbero dovuto impegnarsi a costituire una nuova, rinnovata umanità, di livello superiore.
Di tanto in tanto lo avrebbe ricordato mostrando un arcobaleno (qéshet), che prese a simbolo del patto tra il Dio dei cieli e gli abitanti della terra (pongo il mio arco nella nuvola e servirà di segno del patto fra Me e ogni carne che è sulla Terra).
Promise agli uomini che d'ora in poi avrebbero regnato su tutti gli animali (son dati nelle vostre mani), ma che da parte loro non avrebbero più dovuto cibarsi di carne cruda ancora sanguinante (non mangerete carne con la vita sua, col suo sangue dentro), e parimenti non avrebbero dovuto mai spargere sangue umano -e disse che avrebbe chiesto agli uomini di render conto della vita dei loro simili (chiederò conto della vita dell'uomo alla mano d'ogni suo fratello)- ed anzi prescriveva loro di diffondersi per ogni dove e di crescere di numero (spandetevi sulla terra e moltiplicate in essa).
A partire da qui nella tradizione ebraica si venne elaborando un conciso codice di leggi tramandate oralmente di valore universale che avrebbero potuto e dovuto essere seguite da tutti (anche da chi non si riconosce nella tradizione religiosa ebraica).
Nel Talmud babilonese (Sanhedrin, 56-60) infatti si precisarono poi questi primi comandamenti dati a Noé per i suoi figli Shém, Ham e Jèphèt (i sette precetti dei figli di Noé, le sefer mizvoth bené Noach).
Essi riguardano l'obbligo di istituire tribunali di giustizia; e fanno divieto di bestemmia, di idolatria, di rapporti sessuali impuri (ad es. incestuosi, tra consanguinei, o con animali, stupri), di omicidio (quindi si esclude anche sia il suicidio che la guerra), di furto e rapina, e di alimentarsi di carne ancora sanguinante.
Tutto qui e forse è già quanto basterebbe per prevenire il dilagare del disprezzo verso la cultura e per costruire un assetto sociale basato sul rispetto reciproco, che assicuri il prevalere della giustizia piuttosto che della sopraffazione, e che garantisca la pace.
Di questo patto noachide si parla anche nel Midrash (testo che riferisce degli studi, dei commenti, della esegesi, e delle leggende consolidatesi nella tradizione orale), nel quale a proposito dei 7 precetti si dice che si tratta di una sorta di statuto etico a cui non solo gli ebrei ma tutte le genti (i "gentili") dovrebbero fare riferimento come base per dar luogo a una società civile (stabilisco il mio Patto con voi e con la vostra semenza dopo di voi).
E' un primo passo verso una cultura universale del vivere associato, che può articolare una sorta di costituzione etica per l'umanità rinnovata.
Elio Toaff (morto sei mesi fa all'età di cent'anni) scriveva che il patto noachide era inteso come un invito a tutti gli uomini a ricominciare "la loro vita basandola sul diritto e sulla mitezza dei costumi. Nessun dogma è imposto, né alcun sistema di vita o di pensiero. Per questo sui principi noachidi si può fondare qualunque filosofia, qualunque teologia, qualunque diritto. Penso che sia importante accertare come i nostri maestri abbiano saputo da quelle pagine attingere i princìpi della più grande tolleranza." Ogni popolo del pianeta è discendente da Noé, il novello Adamo, senza riguardo ai suoi usi, costumi, e credenze.
L'aver elaborato questi princìpi già in un'epoca protostorica risalente al tardo neolitico, o all'inizio dell'orticoltura e della rivoluzione agricola, è segno di un grande sviluppo qualitativo della produzione culturale, si tratta del periodo riferibile anche all'età mitopoietica, da cui si comprende l'importanza fondamentale della creatività spirituale e intellettuale nell'evoluzione del genere umano.
Queste acquisizioni della cultura umana hanno la loro origine nella valle dell'Indo, nell'Iran, nel paese degli Hittiti, e nei paesi della "mezzaluna fertile" Mesopotamia-Fenicia-Israele-valle del Nilo, cioè tra i Sumeri, poi in Assiria e a Babilonia, e tra gli antichi Egizi; cultura passata a Cipro, a Creta, nel mar Egeo, tra gli Elleni, e giunta sino nel Tirreno.
Questa base etica poi germinò e costituì il sottofondo di molte legislazioni.
Scriveva nel 1905 Leo Baeck (autore de "Il vangelo: un documento ebraico") che "la concezione noachide fissava legalmente l'indipendenza della legge morale e dell'uguaglianza etica da qualsiasi limitazione nazionale e confessionale." (L.B., L'essenza dell'ebraismo, 1905, 1925). E' considerato noachide chiunque, aderendo a qualunque religione e appartenendo a qualunque gruppo etnico, si attenga a una condotta morale onesta, non segua idoli, ed adempia ai più elementari doveri di umanità e civismo.
Alcuni studiosi si soffermarono su questi temi, tra gli italiani si vedano il livornese Elia Benamozegh nell'ottocento, e Dante Lattes di Pitigliano nel novecento. Ernest Renan nell'ottocento mise in luce come la gran parte degli ellenizzanti che avevano adottato le regole di vita e la religiosità ebraiche sono poi divenuti i primi cristiani; uno studio importante del Noachismo nel novecento è quello di H. Aharon Lichtenstein (morto pochi mesi fa).
Facciamo un salto indietro di qualche millennio rispetto al re Hammurabi (o Hammu Rapi), e anche rispetto al profeta Mosé (Moshéh) con le tavole dei comandamenti, al padre Abraham, e a Gesù nazareno (Jéshuà ha-Notzrì). Ritorniamo alla radice, alle leggendarie origini: prendiamo il primo libro della Bibbia, detto Bereshìt cioè "all'inizio", in cui si tratta -oltre che della genesi dell'Universo (di cui vi ho accennato in un post del febbraio '14) e della prima coppia umana, che dotata di libero arbìtrio scelse la via della conoscenza-, anche della formazione dell' umanità attuale, cioè successiva al Grande Diluvio (che fu già raccontato anche dal mitico re Gilgamesh dopo il suo incontro con Utnapishtim, il Grande Vecchio, il Noè dei Sumeri), e al § 9 troviamo il racconto di un Patto che, una volta riemerse le terre, il Signore (Adonài Elohìm) stipula con Noé (Noah o Noach) (perché "Noah era un giusto -tzaddiq- per i tempi che correvano") rivolgendosi ai suoi figli (perché da loro fu ripopolata tutta la Terra).
In effetti dopo la fine dell'ultima glaciazione e l'immane scioglimento dei ghiacci, si sarebbe verificato un innalzamento del livello marino, circa novemila anni a.C. che sommerse moltissime terre abitate (tra cui forse la mitica isola Atlantide). E questo evento apocalittico avrebbe fatto estinguere moltissime specie tra cui anche gli uomini antidiluviani (questa allegoria potremmo leggerla come una allusione alle varie stirpi del genere Homo che col tempo si sono estinte lasciando solo il cosiddetto homo sapiens). Al termine
Promise agli uomini che d'ora in poi avrebbero regnato su tutti gli animali (son dati nelle vostre mani), ma che da parte loro non avrebbero più dovuto cibarsi di carne cruda ancora sanguinante (non mangerete carne con la vita sua, col suo sangue dentro), e parimenti non avrebbero dovuto mai spargere sangue umano -e disse che avrebbe chiesto agli uomini di render conto della vita dei loro simili (chiederò conto della vita dell'uomo alla mano d'ogni suo fratello)- ed anzi prescriveva loro di diffondersi per ogni dove e di crescere di numero (spandetevi sulla terra e moltiplicate in essa).
A partire da qui nella tradizione ebraica si venne elaborando un conciso codice di leggi tramandate oralmente di valore universale che avrebbero potuto e dovuto essere seguite da tutti (anche da chi non si riconosce nella tradizione religiosa ebraica).
Nel Talmud babilonese (Sanhedrin, 56-60) infatti si precisarono poi questi primi comandamenti dati a Noé per i suoi figli Shém, Ham e Jèphèt (i sette precetti dei figli di Noé, le sefer mizvoth bené Noach).
Essi riguardano l'obbligo di istituire tribunali di giustizia; e fanno divieto di bestemmia, di idolatria, di rapporti sessuali impuri (ad es. incestuosi, tra consanguinei, o con animali, stupri), di omicidio (quindi si esclude anche sia il suicidio che la guerra), di furto e rapina, e di alimentarsi di carne ancora sanguinante.
Tutto qui e forse è già quanto basterebbe per prevenire il dilagare del disprezzo verso la cultura e per costruire un assetto sociale basato sul rispetto reciproco, che assicuri il prevalere della giustizia piuttosto che della sopraffazione, e che garantisca la pace.
Di questo patto noachide si parla anche nel Midrash (testo che riferisce degli studi, dei commenti, della esegesi, e delle leggende consolidatesi nella tradizione orale), nel quale a proposito dei 7 precetti si dice che si tratta di una sorta di statuto etico a cui non solo gli ebrei ma tutte le genti (i "gentili") dovrebbero fare riferimento come base per dar luogo a una società civile (stabilisco il mio Patto con voi e con la vostra semenza dopo di voi).
Elio Toaff (morto sei mesi fa all'età di cent'anni) scriveva che il patto noachide era inteso come un invito a tutti gli uomini a ricominciare "la loro vita basandola sul diritto e sulla mitezza dei costumi. Nessun dogma è imposto, né alcun sistema di vita o di pensiero. Per questo sui principi noachidi si può fondare qualunque filosofia, qualunque teologia, qualunque diritto. Penso che sia importante accertare come i nostri maestri abbiano saputo da quelle pagine attingere i princìpi della più grande tolleranza." Ogni popolo del pianeta è discendente da Noé, il novello Adamo, senza riguardo ai suoi usi, costumi, e credenze.
L'aver elaborato questi princìpi già in un'epoca protostorica risalente al tardo neolitico, o all'inizio dell'orticoltura e della rivoluzione agricola, è segno di un grande sviluppo qualitativo della produzione culturale, si tratta del periodo riferibile anche all'età mitopoietica, da cui si comprende l'importanza fondamentale della creatività spirituale e intellettuale nell'evoluzione del genere umano.
Queste acquisizioni della cultura umana hanno la loro origine nella valle dell'Indo, nell'Iran, nel paese degli Hittiti, e nei paesi della "mezzaluna fertile" Mesopotamia-Fenicia-Israele-valle del Nilo, cioè tra i Sumeri, poi in Assiria e a Babilonia, e tra gli antichi Egizi; cultura passata a Cipro, a Creta, nel mar Egeo, tra gli Elleni, e giunta sino nel Tirreno.
Questa base etica poi germinò e costituì il sottofondo di molte legislazioni.
Scriveva nel 1905 Leo Baeck (autore de "Il vangelo: un documento ebraico") che "la concezione noachide fissava legalmente l'indipendenza della legge morale e dell'uguaglianza etica da qualsiasi limitazione nazionale e confessionale." (L.B., L'essenza dell'ebraismo, 1905, 1925). E' considerato noachide chiunque, aderendo a qualunque religione e appartenendo a qualunque gruppo etnico, si attenga a una condotta morale onesta, non segua idoli, ed adempia ai più elementari doveri di umanità e civismo.
Alcuni studiosi si soffermarono su questi temi, tra gli italiani si vedano il livornese Elia Benamozegh nell'ottocento, e Dante Lattes di Pitigliano nel novecento. Ernest Renan nell'ottocento mise in luce come la gran parte degli ellenizzanti che avevano adottato le regole di vita e la religiosità ebraiche sono poi divenuti i primi cristiani; uno studio importante del Noachismo nel novecento è quello di H. Aharon Lichtenstein (morto pochi mesi fa).
Ma poi con il passare dei secoli la concezione noachide non venne più ricordata, cadde nell'oblio, e oggi si potrebbe riproporla, in versione aggiornata. Riconsideriamo ad es. il diluvio come una metafora, che riflessioni ne potremmo dedurre?
Già la bandiera coi colori dell'arcobaleno è oggi quella dei movimenti internazionali per la pace, la riconciliazione e la giustizia.
Raduniamoci tutti noi benintenzionati sull'Arca della salvezza! non potrebbe essere una bella utopia da perseguire? farebbe bene a tutti di fronte a questa deriva generale a cui assistiamo e che sta impregnando tutto… (mi auguro che la attuali guerre in un epoca in cui disponiamo del potere distruttivo della deflagrazione degli atomi… non portino a una sorta di suicidio dell'umanità… e all'estinzione dell' homo "sapiens" e forse di tutta la vita incarnata …).
Solo la bellezza dell'arcobaleno e lo stupore e la meraviglia che gli spettacoli di Madre Natura possono suscitare in noi potranno risvegliare una coscienza spiritualmente più profonda di quella dell'attuale homo oeconomicus, un uomo ad una sola dimensione...
Forse è vero che occorre che vi sia qualcosa universalmente ritenuto sacro per frenare gli uomini dal commettere violenza, dal nuocere al prossimo, dal mostrare disprezzo per la cultura e per i valori di umanità e della coesistenza.
Si potrebbe proporre una seconda navigazione questa volta viaggiando incontro alle culture del Mondo, per accrescere la conoscenza della differenza da parte di ciascuno, portando ovunque il naviglio del dialogo, prestando sempre la maggiore attenzione al lato umano nel rapporto con il prossimo. Ricordando che tutti gli uomini e le donne, e tutti i viventi sono figli della sacra Arca, siamo portatori di quello stesso dna dei nostri antichi (o mitici) progenitori. Tutti stiamo di volta in volta e contestualmente al centro e sul perimetro della sfera magica. Interroghiamoci sul passato e interessiamoci alla storia di ognuno per vedere se dallo scambio culturale potremmo imparare qualcosa di importante gli uni dagli altri. La ricchezza delle espressioni culturali e delle esperienze storiche di ogni popolo è in sintonia con la ricchezza e l'estrema diversità e complessità della biosfera, di questo Eden che è la nostra comune Grande Madre: basta saperlo vedere...
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