Appena nominata, il 3 maggio 2013, l'onorevole Cecile Kyenge disse: «sono ministra dell'integrazione e spero di includere anche l'interazione (senza la g)". Perché forse è di questo che abbiamo paura». Come è noto in luglio '13 il vicepresidente del Senato Calderoli ha dichiarato che la Kyenge gli sembrava un po' "un orango" (per le sue origini congolesi); tra le molte risposte che Calderoli ha avuto (dalle massime autorità dello Stato, e da esponenti del Consiglio d'Europa e dell'Onu) c'è quella pacata e sorridente della figlia minore della ministra, Giulia di 17 anni che intervistata diede semplicemente questo consiglio: "Secondo me il razzismo è pura ignoranza. La persona razzista è una persona che non conosce ma che ama giudicare", [e concluse:] "vivete in pace, leggete molto, e viaggiate molto" (vedi www.yallaitalia.it/2013/07/ alla fine dell'intervista del 16 luglio)
L'anno scorso un giorno ad un convegno, incontrai il direttore di "Voci di Pace" G. Gasperoni che mi disse: "sarebbe interessante una tua riflessione sui punti di contatto che si possono trovare tra le varie culture. Viaggiare per culture come hai chiamato il tuo Blog, può offrire l'opportunità di trovare dei punti o valori condivisi?"
E' molto importante mettersi in cammino e intraprendere un viaggio di conoscenza, il viaggio ha anche un forte significato metaforico. Oggi viaggiare è più facile, ci sono milioni di turisti ogni anno in giro per il mondo, consiglio di cogliere l'occasione di una vacanza per andare anche a cercare di conoscere popoli e paesi nella loro realtà. Viaggiando con quello spirito si potranno osservare civiltà differenti, culture, usi, costumi, mentalità, tradizioni molto interessanti che ci possono dare un aiuto concreto per farci sentire meno superbi, meno egocentrici nel nostro sguardo sull'altrove, per farci avvertire anche quanto la nostra stessa cultura e le nostre inveterate abitudini siano in effetti relative, limitate al nostro specifico contesto spazio-temporale e quindi storico-geografico. Allora questi viaggi verso l'alterità ci aiuteranno ad allargare i nostri orizzonti mentali.
Ma una volta compresa e apprezzata la bellezza della varietà di culture come ricchezza di colori di cui si compone il quadro dell'Umano, di di ciò esprime "l'umano", allora potremo chiederci: come possiamo interagire ? come possiamo comunicare in modo da intenderci reciprocamente? E' possibile mettere a frutto l'abbondanza della biodiversità, e delle espressioni della storia delle varie civiltà, per aprire un dialogo proficuo, intessere relazioni, intraprendere transazioni. Potremo ciè chiederci: al di là delle differenze che cosa ci unisce? cosa ci definisce tutti esseri umani? e potremo riconoscere quel minimo comune denominatore che è basilare, fondamentale per la reciproca conoscenza come uomini e donne di questo unico pianeta. potremo vedere chiaramente cosa ci può rivelare sull'Uomo uno sguardo aperto e lucido sull' "altro", pur con le sue specifiche identità e diversità. e dunque aiutarci ad ampliare la nostra visione, a capire che non ci sono "razze" umane contrapposte né superiori né inferiori, né migliori né minori o peggiori, ma che facciamo tutti allo stesso buon titolo parte del genere umano al di là di certe "piccole" differenze (di colore, o di lingua o di storia) perché le pecche che possiamo individuare negli "altri" le ritroviamo tutte anche a casa nostra, e quindi è così che ci rispecchiamo nell' "altro" e riusciamo a riconoscerci, per conoscere dunque meglio noi stessi. Ci potremo intendere nell'apertura e nel dialogo, negli interscambi, nell'arricchimento reciproco che ne deriva. Nel partire dalla semplice constatazione (oggi già resa più visibile ed evidente dalla mondializzazione e dal processo di globalizzazione economica in atto) che abbiamo molti interessi in comune dato che abbiamo bisogno degli altri per trovare le soluzioni ai problemi globali. Il premio nobel per la pace Nelson Mandela, cristiano metodista, che è stato tanto celebrato e apprezzato dopo la morte (un anno e mezzo fa), "semplicemente" capì che ci sarebbe stato un Sudafrica più giusto e migliore solo con la cooperazione tra neri, bianchi, meticci e tutti gli altri abitanti del suo paese, e promosse il "percorso per la verità e la riconciliazione".
Anche nei nostri paesi, si è dovuti passare nella storia culturale, attraverso varie visioni, dall'amore biblico e cristiano, poi dall'antischiavismo, e dal cosmopolitismo, dalla teosofia all'antroposofia, all' esperantismo, alla pacifica coesistenza, all' internazionalismo, poi al liberalismo e all'europeismo, ecc., per giungere nella attuale realtà della globalizzazione, a capire che per poter avere una vita di migliore qualità su questo nostro ormai piccolo pianeta ci può aiutare solo la libertà e la parità tra tutti i popoli, il riconoscimento del diritto di ognuno alla dignità, e poi che i popoli hanno dei diritti e doveri reciproci, la solidarietà, e quindi la fratellanza, e l'ecumenismo sul piano spirituale, e la cooperazione economica ai fini del progresso civile e di una maggiore prosperità condivisa, infine il rispetto e la cura per la nostra Madre Natura che ci nutre, e dunque anche una più equa redistribuzione dei beni che ci fornisce.
Quando Zeus, nella parabola del "Protagora" platonico mandava Hermes a provvedere gli uomini del senso del pudore e della giustizia, non lo inviava solo agli elleni ma a tutto il genere umano. Ed egualmente ritroviamo in Seneca e in Epitteto e poi in Apollonio di Tiana il concetto della unità sostanziale di tutto il genere umano.
In uno dei suoi editti scolpiti sulla roccia l'Imperatore indiano Ashoka nel III secolo a.C. dichiarò:
"Uno non dovrebbe onorare solo la propria religione e condannare quelle degli altri, ma dovrebbe onorare altrettanto le religioni altrui. Così facendo aiuterebbe la sua propria a crescere e a rendere servizio anche alle religioni degli altri."
Quando Zeus, nella parabola del "Protagora" platonico mandava Hermes a provvedere gli uomini del senso del pudore e della giustizia, non lo inviava solo agli elleni ma a tutto il genere umano. Ed egualmente ritroviamo in Seneca e in Epitteto e poi in Apollonio di Tiana il concetto della unità sostanziale di tutto il genere umano.
In uno dei suoi editti scolpiti sulla roccia l'Imperatore indiano Ashoka nel III secolo a.C. dichiarò:
"Uno non dovrebbe onorare solo la propria religione e condannare quelle degli altri, ma dovrebbe onorare altrettanto le religioni altrui. Così facendo aiuterebbe la sua propria a crescere e a rendere servizio anche alle religioni degli altri."
E' in breve la base del divino messaggio di Siddhartha Gautama il Buddha in Oriente, e di Gesù nel Mediterraneo, e di tutti i grandi saggi dell'umanità di ogni latitudine e di ogni epoca. Pensiamo a Bahaullah ("siete frutti di un unico albero e foglie di un unico ramo"), o più vicini al nostro tempo pensiamo ai messaggi etici di grandi personalità come quella di Albert Schweitzer, di Rabindranath Tagore, o di Mohandas Gandhi, di Albert Einstein … con un orientamento che in generale influenzò anche personalità come E. Schuré, Th.Mann, H.G.Wells, A.Huxley. C.Kerényi, C.G.Jung, H.Hesse, R.Rolland, o R.Guénon, M.Eliade, F. Jesi e altri.
Ma è anche il messaggio di uomini e donne d'azione e di pensiero come Albert J. Lutuli, Martin Luther King, di René Cassin, come di Maria Zambrano, o di Hannah Arendt, Edith Stein, Elie Wiesel, e del Dalai Lama Tentzin Gyatso, di Desmond Tutu, di André Chouraqui, di personalità eccezionali della politica come Aung San Suu Kyi (che proprio in questi giorni predica più che mai la coesistenza tra buddisti e mussulmani), o Shimon Peres, Kofi Annan, Vàclav Havel, Simone Veil, … eccetera, e naturalmente di tutti coloro che hanno meritato il premio Nobel per la pace (di cui riporto qui alcune foto e nomi ad memoriam, con un occhio di riguardo alle donne), ecco ad es. alcune benemerite dell'Umanità:
Purtroppo i messaggi di queste coraggiose, vere eroine del nostro tempo, è stato spesso presto accantonato e dimenticato…
Molte varie personalità hanno diffuso un messaggio fondamentale di valore universale, si pensi a quello di Maria Montessori ("il bambino è padre dell’umanità e della civilizzazione", "l’umanità che si rivela in tutto il suo splendore intellettuale durante la dolce e tenera età dell’infanzia dovrebbe essere rispettata con una sorta di venerazione religiosa"), o di Virginia Woolf ("il saper comunicare è felicità", inoltre il suo è un messaggio a tutto il genere femminile perché aspiri alla propria più piena realizzazione), o a quello di Ludwik Lejzer Zamenhof (un messaggio di speranza, di pace, di fratellanza e di unione tra le nazioni), o agli appelli contro la guerra di Vera Brittain.
Ma è anche il messaggio di uomini e donne d'azione e di pensiero come Albert J. Lutuli, Martin Luther King, di René Cassin, come di Maria Zambrano, o di Hannah Arendt, Edith Stein, Elie Wiesel, e del Dalai Lama Tentzin Gyatso, di Desmond Tutu, di André Chouraqui, di personalità eccezionali della politica come Aung San Suu Kyi (che proprio in questi giorni predica più che mai la coesistenza tra buddisti e mussulmani), o Shimon Peres, Kofi Annan, Vàclav Havel, Simone Veil, … eccetera, e naturalmente di tutti coloro che hanno meritato il premio Nobel per la pace (di cui riporto qui alcune foto e nomi ad memoriam, con un occhio di riguardo alle donne), ecco ad es. alcune benemerite dell'Umanità:
Bertha von Suttner
Jane Addams
Betty Williams
Aung San Suu Kyi
Rigoberta Menchù Tum
Shirin Ebadi
Wangari Maathai
Purtroppo i messaggi di queste coraggiose, vere eroine del nostro tempo, è stato spesso presto accantonato e dimenticato…
Molte varie personalità hanno diffuso un messaggio fondamentale di valore universale, si pensi a quello di Maria Montessori ("il bambino è padre dell’umanità e della civilizzazione", "l’umanità che si rivela in tutto il suo splendore intellettuale durante la dolce e tenera età dell’infanzia dovrebbe essere rispettata con una sorta di venerazione religiosa"), o di Virginia Woolf ("il saper comunicare è felicità", inoltre il suo è un messaggio a tutto il genere femminile perché aspiri alla propria più piena realizzazione), o a quello di Ludwik Lejzer Zamenhof (un messaggio di speranza, di pace, di fratellanza e di unione tra le nazioni), o agli appelli contro la guerra di Vera Brittain.
Molto interessanti da studiare, per capire come si potrebbe cooperare per giungere persino a stilare una lista di principi generali che possano essere riconosciuti come riferimento universale per tutti, sono i dibattiti che si ebbero nel periodo della fondazione della Société des Nations / League of Nations nel 1919 a Ginevra, e poi della Organizzazione delle nazioni unite, U.N.O./ ONU nel 1946, e delle diverse dichiarazioni dei diritti di tutti gli esseri umani, e dei principi fondativi dei vari organismi internazionali (Unesco, Unicef, ILO l'org. internaz. del lavoro, e OMS-WHO della sanità, la FAO, eccetera). Tanto più interessanti se consideriamo che non era ancora molto diffusa in quegli anni l'abitudine a tenere in eguale conto le varie visioni culturali e le diverse concezioni dell'uomo e del mondo, che caratterizzano civiltà e spiritualità diverse.
Quando poi hanno iniziato anche a tenersi congressi mondiali e grandi conferenze internazionali e conventions planetarie su vari temi di interesse globale, (di carattere economico, commerciale, ma anche sul piano ecologico, sul clima, sui problemi delle fonti di energia, della salvaguardia degli ambienti naturali, sulle questioni dell'inquinamento, della fame nel mondo, e della produzione e distribuzione alimentare, delle epidemie, della distribuzione e accessibilità dei farmaci, oppure delle nuove risorse tecnologiche, le conferenze mondiali sui diritti umani, sulla donna, sull'infanzia, eccetera, svoltesi a Durban, Porto Alegre, Pechino, Ginevra, Rio de J., Parigi, Johannesburg, ecc.ecc.), per cui si è individuato di volta in volta un tema e una idea di fondo, adottata in comune come avvio dei dibattiti, riunendo rappresentanti di tutta l'umanità ad occuparsene e avanzare proposte costruttive. Al termine si è quasi sempre giunti ad un testo minimo di intese e di impegni per i firmatari. Ci siamo forse abituati a questi grandi convegni mondiali, ma sono delle novità dal punto di vista storico di grandissimo valore positivo. E da tutte queste iniziative è emerso uno stretto collegamento e intreccio tra tutti quei temi.
Al di là del dato politico relativamente a cosa e quanto si è perso nei compromessi raggiunti e a cosa e quanto non è stato poi attuato negli anni successivi ai vari accordi presi, come dicevo mi pare che sarebbe di grande interesse vedere negli Atti relativi, come si sono svolti quei dibattiti, le loro modalità e tematiche, per vedere come si è giunti ad una comprensione reciproca fra linguaggi, mentalità, culture e forme diverse di intendere alcuni concetti, e di formulare certe idee, per giungere a testi finali concordati. Il che significa che con uno sforzo di tipo unitario si è in grado di identificare punti in comune ed enfatizzarli, e anche di produrre miglioramenti nella qualità della comunicazione interculturale e sopratutto nella qualità della apertura all'Altro.
Quand'anche l'ipotesi formulata da A. Norenzayan che ai tempi ancestrali in cui l'umanità intera era al livello di organismi sociali basati sulle attività di raccoglitori e cacciatori-pescatori, le concezioni che si avevano delle divinità non attribuivano loro qualità morali, resta il fatto che già da prima della diffusione dell'orticoltura, della pastorizia, e dell'allevamento di animali, ci si rivolgeva alle divinità per implorare un intervento moralizzatore e di giustizia.
Ci sono alcuni elementi di carattere etico che possono configurare una morale di base con fondamenta simili tra le pur varie tradizioni esistenti. Bisogna cercare di andare al di là degli specifici termini presenti nei diversi gruppi linguistici, a cui si danno varie diverse sfumature di significato, ma che se non ci si ferma ad una esegesi sulla pura forma letterale, l'esistenza di determinati vocaboli o forme verbali ci svela la presenza in tutte le culture e civiltà di un anelito verso ciò che è bene, che è buono, e che è giusto, che nei suoi contenuti presenta molti aspetti di similitudine (tra i molteplici si potrebbero citare per es. i tre antichi comandamenti incaici andini: Onore, Lavoro, Verità, ovvero in modo esteso: non
sottrarre le cose, non astenerti dal dare il tuo contributo, non occultare la
verità).
Certo a rigore nessun lemma di una lingua è strettamente e facilmente traducibile e sovrapponibile e combaciante con quello di un'altra, ma già solo il fatto di prenderne reciproca conoscenza, è una ricchezza culturale, apporta un arricchimento del nostro "bagaglio" culturale, mentale e spirituale.
Le culture sono sempre evolute e vissute grazie a contatti, influenze, e scambi reciproci. Spesso le identità culturali sono venute costruendo delle maschere che ci caratterizzano ma che ci coprono, e non si riesce a riconoscere la somiglianza dei volti e delle espressioni perché celate da quella facciata. Bisogna guardarci in faccia a volto scoperto, per capire che siamo parenti, e che l'osservare e cercare di capire il nostro prossimo, è un guardarci grazie a lui nello specchio e riconoscere così in modo più reale e profondo noi stessi (cfr. a questo proposito il mio libro "Le maschere e gli specchi", F.Angeli editore, su singolarità e comunanze nell'ambito della formazione dell'identità delle persone).
Occorre viaggiare per assaporare e godere della biodiversità e della ricca varietà di culture, ma anche per constatare come in molte situazioni l'Umano si riveli essere sempre quello a tutte le latitudini e climi. Un antico adagio suonava: "tutto il mondo è paese", non è proprio del tutto così, e ovviamente tutto dipende dal nostro atteggiamento verso la comprensione degli altri paesi…, ma tuttavia anche quell'adagio per certi versi comprendeva in sé alcune verità parziali.
La relazione dialettica tra simile e dissimile è complessa e non sempre facile da districare e anche da affrontare. Ma l'orizzonte deve essere visto come il lontano punto di convergenza delle linee parallele che ci accompagnano e ci stanno al fianco (come accade nel disegno prospettico).
L'obiettivo mira a quel punto focale se sappiamo essere più obbiettivi nel guardarci attorno senza preconcetti e pregiudizi.
Se c'è possibilità di intendersi ciò significa che è vero che c'è comunque una sola "razza umana" (oggi si preferisce esprimersi in termini di "specie umana" o di "genere umano") alla base delle svariate società e culture che essa ha prodotto e che la compongono.
[prosegue]
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