mercoledì 7 febbraio 2018

recensioni al mio libro su J.Campbell


Per quanto riguarda il mio libro su J. Campbell e sulle sue opere, uscito a metà 2017,  sta andando abbastanza bene, sia come vendite che come segnalazioni o recensioni su riviste e periodici.


La rivista "Archeologia Viva" nel numero 186 di novembre '17,  lo segnala ai propri numerosi lettori.


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Anche la rivista "Il Minotauro" di Bologna, ha pubblicato già nel numero di giugno 2017 una recensione di due pagine.





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Una recensione già compare sul Web, nel sito della rivista on-line "Témenos", in cui si legge tra l'altro:

a cura della Redazione:  
(...)«Un libro, quello di Pancera, da tenere in libreria, prezioso per lo studioso, il ricercatore, lo psicologo e per chiunque voglia approfondire “la forza del mito”. Ricco di aneddoti e note accompagna il lettore attraverso le opere di Campbell riuscendo a conferire una visione d’insieme del suo pensiero e facendo emergere l’uomo con i suoi sogni e le sue aspirazioni più profonde.»(...)
(vedi http://www.temenosjunghiano.com/carlo-pancera-la-forza-del-mito-leroico-viaggio-j-campbell-la-mitologia-comparata-moretti-vitali/ )

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Una segnalazione sul Web si trova anche nel sito del Cirse (centro italiano per la ricerca in storia dell'educazione) relativo al numero dell'ottobre scorso:

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La prestigiosa rivista di psicoanalisi e società: «Gli Argonauti», edita da Carocci, fondata dal professor Davide Lopez, e poi diretta da Loretta Zorzi Meneguzzo, ha pubblicato una recensione della dottoressa Alessandra Capani sul n. 155, in cui si legge tra l'altro che


 

«Il lettore segue l’incredibile viaggio di Campbell  attraverso la conoscenza del Mito, sentendo pulsare la sua autentica curiosità, il desiderio di conoscenza e sperimentazione attiva,  espressioni di una volontà tenace di coglierne e connettere tra loro tutte le indicazioni e le implicazioni, rivelatrici delle matrici più profonde della mente umana. ( ...)

In questo libro l’Autore  offre la possibilità di conoscere approfonditamente la vita e le opere di Joseph Campbell, di entrare in contatto con la personalità e la forza di un pensatore capace di combinare proficuamente rigorosa ricerca e piena fiducia nell’intuizione e nelle potenzialità feconde dell’incontro con il mondo esterno.


(...) Carlo Pancera si interroga con Campbell sui possibili nuovi miti e nuovi eroi. Penso che questo sia un punto estremamente importante, se si riflette sulla rapidità e l’intensità con la quale le innovazioni tecnologiche e i cambiamenti profondi e inquietanti del nostro mondo globalizzato pongono nuovi quesiti, interrogativi etici, nuovi orrori e nuove speranze.» (A.Capani)
 
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Sul n° 3/4, LXXV, del dicembre 2017 della rivista

RASSEGNA DI PEDAGOGIA
Pädagogische Umschau
Fabrizio Serra editore, Pisa - Roma 

diretta dalla Prof.sa Enza Colicchi dell'Università di Messina, è stata pubblicata una mia sintetica presentazione del libro:


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E anche la dott.sa Anna Dimiscio  nella "Rivista di Scienze Sociali" ne pubblicherà una per il numero di dicembre 2017 

Rivista di Scienze Sociali  ISSN 2239-1126

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Ora anche la rivista di storia, letteratura, e culture dell'Antichità, «Erga - Logoi», edizioni LED, ha pubblicato una densa e approfondita recensione sul vol.VI, n°1, del giugno 2018 (pagg. 241-245) da parte del dottor G.V.R. Sorge, del "C.G.Jung Institut" di Zurigo, e semiologo presso il Dipartimento di Storia della Università di Zurigo, che invito a leggere per l'ampiezza dei suoi riferimenti culturali 

(vedi in www.ledonline.it/Erga-Logoi/1484-5358-1-SM.pdf).


Mancava, in italiano, una monografia su Joseph Campbell (1904-1987), il
poliedrico mitologo americano noto, tra l’altro, per The Hero with a Thousand
Faces (1949). Carlo Pancera, docente di storia dell’educazione in vari
atenei, ha licenziato un volume corposo (490 pp.) eppure agile nell’impostazione
che si propone come «sommaria sintesi delle principali opere di JF
(che) vuole servire da introduzione, da avviamento alla lettura diretta delle
sue numerose e dense tematiche e problematiche, e alla conoscenza della
persona JP, almeno attraverso la sua biografia intellettuale». Un intento apparentemente
modesto che tuttavia si rivela imponente, nel ripercorrere le
opere e i giorni, il carattere e i rapporti intellettuali dello studioso – e ben
riuscito nello stimolare ulteriori approfondimenti. Pancera si augura che il
libro esorti «a leggere direttamente le sue opere», per rivalorizzarne l’apporto
culturale, «ma anche per accrescere la consapevolezza dell’epoca che
stiamo vivendo e che ci attende». In ciò si mostra consono con l’approccio
dell’autore, che nell’indagine, valorizzazione e divulgazione delle mitologie
più varie (dall’epopea di Gilgamesh alla mitologia egizia, da quella greca e
anticotestametaria al Medio ed Estremo Oriente, fino ai miti sassoni e franchi
dell’epoca cavalleresca e, in particolare, alla saga arturiana), non solo
indagò le comunanze connaturate a questo linguaggio fondante, ma volle
altresì conferirgli – o restituirgli – una valenza prettamente psicologica e
pedagogica, in quanto esso schiuderebbe «la via verso la propria bliss, cioè
quella serenità e soddisfazione che ci può donare un sentimento di pienezza
interiore e di realizzazione delle nostre potenzialità». Di lui il conterraneo
e ‘neojunghiano’ James Hillman disse: «Nessuno in questo secolo – né
Freud, né Thomas Mann, né Levi-Strauss – ha altrettanto riportato il senso
mitico del mondo e le sue eterne figure nella nostra coscienza quotidiana».
Come annunciato dal titolo, il volume è suddiviso in modo da presentare
la parabola biografica e intellettuale di Campbell sulla scorta delle fasi da
questi ritenute inerenti al percorso iniziatico dell’eroe, così ‘aureolando’ un
poco il Nostro d’un alone ‘mitico’ che tuttavia non inficia l’efficacia strutturale
e la chiarezza espositiva del lavoro. Ne viene un ritratto avvincente
di uno scrittore prolifico e divulgatore instancabile, a suo agio tanto nell’insegnamento

(fu docente per quasi quarant’anni presso il Sarah Lawrence
College, un prestigioso istituto femminile), quanto nella curatela (in primis
dell’opera postuma di Heinrich Zimmer, l’indologo prematuramente scomparso
pochi anni dopo l’arrivo, esule con la famiglia, in America) e pure nei
sodalizi con un impressionante novero di intellettuali, artisti e filmmakers –
da lui Lucas, come ben noto, trasse ispirazione per il suo colossal Star Wars.
Cattolico di origini irlandesi, Campbell fu personalità eclettica, un po’
scholar e un po’ artista («il ruolo dell’artista ora io lo intendevo come quello
di rivelare attraverso le superfici del mondo le forme implicite dell’anima,
e il grande agente per assicurare l’artista nella sua opera, era il mito»),
sportivo (per mezzo secondo mancò il record mondiale della corsa degli
800 metri) e cultore di jazz nonché sassofonista per diletto. Appassionato
viaggiatore (perché «la vita girovaga […] tende a mostrarci in una prospettiva
futura ciò che stiamo facendo: andando in giro, si vive un misterioso
processo organico»), visse per un periodo in una comune a Woodstock,
ma sperimentò anche l’eremitaggio, in una capanna immersa nei boschi
senz’acqua corrente, attratto dalle lande ancora popolate dai pionieri – di
un rituale Navaho trattò il suo primo libro, che inaugurò le celebri Bollingen
Series, e agli indiani d’America avrebbe dedicato anche la sua ultima
pubblicazione. Soprattutto, fin da giovane, fu lettore vorace e fra i
primissimi a influenzarlo va annoverato il Joyce dell’Ulysses e del Finnegans
Wake, e proprio dallo scrittore irlandese mutuò la concezione del «monomito
» quale paradigma sotteso all’avventura iniziatica dell’eroe. Dopo gli
studi alla Columbia University, soggiornò due anni in Italia per preparare
il suo dottorato sul Graal, e fu la letteratura tedesca, in particolare, ad affascinarlo:
da Schopenhauer, Goethe, Kant fino a Frobenius e soprattutto
Spengler, il cui Declino dell’Occidente lo folgorò, ma senza trasmettergli – si
direbbe – l’idea di un ineluttabile degrado culturale intrinseco all’Occidente,
in quanto rimase convinto della vitalità e duttilità ciclica delle dinamiche
mitico-religiose anche nella postmodernità. Alla mitologia ascrisse diverse
funzioni: cosmologica, sociologica, pedagogica; la riteneva anzitutto orientata
a «risvegliare e mantener desto nell’individuo un senso di stupore e di
partecipazione al mistero dell’universo imperscrutabile». Ben riesce Pancera
a delineare il progressivo tramutare – e integrare – i suoi studi sul mito
in una sorta di arte – lato sensu terapeutica – volta a attualizzarne la cifra
pedagogico-iniziatica, anche tramite specifici healings da lui ideati con l’ausilio
di metafore e simbologie. Sicché, in modo non dissimile da Jung (al
cui magistero si richiamò costantemente, pur non definendosene allievo, e
dedicandogli anche un libro), arrivò a ritenere necessario il costruire – attraverso
la riflessione e la meditazione – una sorta di «tabernacolo interiore,
o meglio ritrovarlo e preservarlo, in modo da affrontare le vicende dell’esistenza
con la forza e la quiete data dal sapersi anche non di questo mondo».
Dalle sue indagini negli universi della mitologia Campbell trascelse
dunque il viaggio iniziatico dell’eroe, innalzandone le tappe fondamentali
a emblema, metafora e simbolo per eccellenza dello sviluppo dell’individuo,
della sua ricerca interiore, del suo autoperfezionamento. Nel cosiddetto
«monomito» egli ravvedeva, ai sensi della teoria di van Gennep, «la
riproduzione ingigantita della formula dei riti di passaggio; separazione –
iniziazione – ritorno». In ciò, egli diede all’ermeneutica della fenomenologia
della religione un assetto e un appeal tutto nuovo, perseguendo la
propria personale, enciclopedica quest nelle costanti rinvenibili fra mitologemi
e rituali attestati nelle più diverse tradizioni – quest già propria di
tanta parte delle indagini della Jahrhundertwende, dalla linguistica, all’antropologia,
all’epistemologia fino scuole psicoanalitiche – anche quando il
prevalere dell’impostazione
strutturalista l’avrebbe rubricata come obsoleta
e malgrado, sin dal dopoguerra, le teorie critiche della Scuola di Francoforte
andassero obliterando il discorso intorno al mito come oscurantista,
reazionario o persino criptofascista. Nella sua, vien da dire, eliadiana
‘nostalgia’ per le scaturigini archetipiche delle Urbilder mitiche, sembrò
oscillare tra la persuasione di un’unità – analoga a quell’unità dello spirito
umano già vagheggiata da un Frazer – e l’ipotesi diffusionistica delle Kulturverwandschaften
di un Frobenius (sarebbe interessante vagliare anche
la sua posizione rispetto al diffusionismo antropologico di Franz Boas).
«Lo studio comparato delle mitologie di tutto il mondo – scrisse nel 1959
ne Le maschere di Dio – ci costringe a considerare la storia culturale dell’umanità
come un tutto unico; infatti temi quali il furto del fuoco, il paese
dei morti, la rinascita di una madre pura, la resurrezione dell’eroe, ricompaiono
in tutti i continenti». Tutto ciò fa ci Campbell un fenomenologo o
morfologo della mitologia dal profilo singolare, orientato ad accostare mitologemi
a tutta prima assai distanti (tanto da ricondurre, ispirandosi alla
celebre dicotomia nietzschiana, il dio indiano Vishnu all’equilibrio apollineo
e Shiva al dionisiaco), ma al contempo capace di evitare dogmatismi
grazie a una competenza pressoché enciclopedica che seppe declinare con
intelligenza e sensibilità. Sicché anche chi, come ad esempio Wendy Doniger,
espresse perplessità sulla sua attitudine comparativistica, indicando
l’arrischio di svuotare la specificità dei mitologemi a favore delle loro comunanze
sovrastoriche e transgeografiche, nondimeno lodò The Way of
Animal Powers, il primo volume dell’imponente Historical Atlas of World
Mythology, dedicato agli sciamani delle culture dei cacciatori, come «libro
straordinario» capace di trasmettere un’impressione «di maestà ed estasi».
Dagli anni Sessanta Campbell tenne corsi di mitologia comparata nel
centro Esalen a Big Sur. Così, mentre dall’Oriente arrivavano, insieme ai kerouachiani
Vagabondi del Dharma, suggestioni, pratiche e filosofie destinate
a tramutare irrevocabilmente la Weltanschauung americana (ed europea),
tra happenings, meditazioni e sperimentazioni psicotrope (da ricordare al
riguardo gli intriganti volumi Karma aperto e Dharma aperto di Fabrizio
Petri, parimenti editi dall’editore bergamasco, sull’influenza del Jainismo e
della non violenza sulla beat generation e la psicologia del profondo), egli
divenne un riferimento di spicco accanto a osannati maître à penser, attivisti
e ‘guru’ quali Abraham Maslow, Aldous Huxley, Gregory Bateson, Fritz
Perls, Alan Watts, Aldous Huxley e Stan Grof (poco vien detto però sulle
sue posizioni circa le coeve esperienze allucinogene). Tuttavia, rimase un
‘guru’ atipico anche date le «differenze di opinioni» che, come s’intende,
riguardavano soprattutto la questione della liberazione sessuale. Il Nostro
era infatti favorevole all’abolizione di «tutte le discriminazioni giuridiche
e sociali tra i due generi», ma rimaneva persuaso della «differenza strutturale
intrinseca tra lo spirito mascolino e quello femminino». Riteneva che
le donne, sempre più attive in un campo d’azione «precedentemente riservato
al maschio», si trovassero orfane di «modelli mitologici femminili di
riferimento» e costrette «in una relazione competitiva con il maschio» che
finirebbe per distoglierle dal «senso della propria natura». Per Campbell la
polarità maschile-femminile pertiene a un paradigma archetipico in senso
tanto biologico quanto psicologico che faceva risalire all’antica distinzione
filogenetica (e psicostorica) fra il modello dei cacciatori delle grandi pianure
del nord, dalla cui prestanza, abilità e resistenza fisica dipendeva la
sopravvivenza della società, e quello caratteristico delle civiltà agricole ove
primeggiava il genere femminile insieme al relativo immaginario e simbolismo
della terra e della vegetazione. Un’impostazione piuttosto conservatrice,
dunque, recante influssi tanto dalle teorie paideumatiche di Frobenius
quanto dalla legge biogenetica haeckeliana.
Negli anni successivi Campbell visse tra New York, la California e le
amate Hawaii, per meglio ripartire l’attività di scrittura e quella, sempre
più intensa, di conferenziere e promotore culturale, che significava anche
animatore di happenings ispirati al valore iniziatico della ‘pedagogia mitologica’
come da lui intesa. A Manhattan, insieme alla moglie Jean Erdman,
ballerina e coreografa, fondò il Theater of the Open Eye e patrocinò eventi
culturali e letterari, spettacoli, corsi di danza e meditazione – celebre rimase
un seminario ‘esperienziale’, svoltosi nel 1974, in notturna, in una grotta
nel Kentucky: una sorta di «drammatizzazione e di rievocazione storica dei
riti di ‘discesa al mondo sotterraneo’» con tanto di guardiani delle soglie
mascherati, torce, sacchi a pelo, mantra e rituali.
Rientra negli obiettivi del volume il non troppo dilungarsi su aspetti più
problematici, discussi o discutibili inerenti – soprattutto – alla relazione fra
l’impostazione teorica campbelliana e le sue concezioni politiche (se ne è
d’altronde occupato, seppur con risultati talora discutibili, Robert Ellwood
in The Politics of Myth. A Study of C.G. Jung, Mircea Eliade, and Joseph
Campbell, New York 1999). L’autore riporta ad esempio alcuni brani da
un cruciale discorso tenuto nel 1940 al collegio Sarah Lawrence sui «Permanent
Human Values» in il Nostro cui esortava a distinguere tra e potere
temporale e sovratemporale, altresì sostenendo che la lotta al nazismo
non dovesse implicare un «appoggio incondizionato a Churchill»: tema
che afferisce all’annosa, vexata quaestio dei rapporti tra trascendente, mito
e Realpolitik e che, va da sé, richiederebbe una trattazione a sé. Ma tale
questione, che rimanda altresì alla complessa e sempreverde problematica
della presunta connaturalità del discorso intorno al mito con il ‘pensiero di
destra’, chiama in causa anche le simpatie repubblicane di Campbell, il suo
presunto assenso alla guerra del Vietnam, la sua impostazione conservatrice
e addirittura, secondo alcuni, reazionaria (fu in particolare l’editorialista
Brendan Gill a muovergli tale rimprovero, nella New York Review of Books
a due anni dalla sua scomparsa, arrivando persino ad ascrivergli un’attitudine
antifemminista, xenofoba e antisemita). Sicché certo per scelta e
senz’altro anche per ragioni di spazio Pancera non s’addentra o sorvola –
talvolta forse sin troppo – su queste o altre questioni spinose, come quando
allude a «momenti […] delicati» che «forse potevano verificarsi durante i
colloqui personali settimanali» presso il Sarah Lawrence College, ove tuttavia
non si sarebbe dato «alcun problema particolare» – se non, precisa,
«forse quando ebbe come studentessa colei che poi sarebbe diventata sua
moglie» – così rischiando di sollevare più dubbi (figuriamoci in tempi di
«MeToo») che fornire chiarificazioni. Va infine rilevata qualche imprecisione
su Eranos che avrebbe potuto essere evitata. Indubbia nondimeno
rimane la rilevanza, il valore e fruibilità di un lavoro ben strutturato ed
estremamente informativo che interseca genesi, sviluppo e ricezione dell’opera
con la temperie culturale, fornendo amplificazioni puntuali e mai prolisse
oltre che diversi ragguagli sulla spiazzante rete di rapporti umani e
professionali (da Steinback a Krishnamurti, da Jung a Coomaraswamy, da
John Cage a Thomas Mann, con cui ebbe un rapporto ambivalente, e tanti
altri) del mitologo americano. Impreziosiscono il volume un’utile bibliografia
(che enumera, oltre alle pubblicazioni, interviste, ebooks, filmati e
audioregistrazioni) e numerosi brani da opere inedite in Italia o fuori catalogo
che, oltre a incuriosire il lettore, potrebbero saggiamente stuzzicare
qualche intraprendente editore nostrano.

Erga -Logoi – 6 (2018) 1
http://www.ledonline.it/Erga-Logoi


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Inoltre la rivista torinese «Paideutika» (diretta dalla prof.sa Madrussan) che già ha segnalato il mio libro sul n. 26, ha ora in corso di stampa sul n.27 (per fine ottobre 2018), una dettagliata recensione per opera di Silvano Calvetto




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E' anche uscita sul numero a.IX, n.46 di marzo-aprile 2018 (pagg. 6-7) una mia sintesi come segnalazione del libro, sulla rivista  milanese di novità librarie "Qui Libri"


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Mentre la rivista «MeTis - Mondi educativi. Temi, indagini, suggestioni», a cura della dott.sa Isabella Lojodice, per il numero di marzo (ma uscito a fine luglio) stampato da Progedit, contiene una recensione scritta dalla prof.sa Antonella Cagnolati


 MeTis. Mondi educativi. Temi, indagini, suggestioni 
8(1) 2018, 279-281 ISSN: 2240-9580 

(cfr. http://www.metisjournal.it/index.php/metis/article/download/61/132/ )





Sulla comunicazione tramite immagini simboliche è uscito un libro di Carlo Pancera, La forza del mito: l'eroico viaggio di J. Campbell attraverso la mitologia comparata, Moretti&Vitali, Bergamo, 2017. 
Questo libro, una sintesi delle molteplici opere di Joseph Campbell (1904-87), è inteso a servire da introduzione, da avviamento alla lettura diretta delle sue numerose e dense tematiche e problematiche, e alla conoscenza dello studioso anche attraverso la sua biografia intellettuale. Omaggio tanto più dovuto dal momento che nell’ottobre 2017 ricorreva il 30° anniversario della morte (a 83 anni d’età). 
Nella Parte Prima l’autore ha cercato di dare conto del percorso formativo di Campbell entro le rive dell’alveo in cui ha potuto scorrere la sua vita, con i paesaggi geografici e umani (sociali e culturali) che ha attraversato, incontrando chi si trovava ad affiancarsi o incrociare con la propria vita anche la sua (come accade per tutti noi in quel segmento temporale che ci compete). E si è trattato spesso di grandi personaggi della storia culturale del Novecento. 
Nella Parte Seconda prevale una rassegna critica delle sue numerose opere, e delle problematiche implicate, che spaziano dalla mitologia, alla sociologia, alla biologia, alla psicologia, alla storia, e all’antropologia culturale per finire con l’analisi dei simboli e delle metafore, e quindi con la semiotica. In effetti Campbell era favorevole negli studi dei miti a un approccio multiculturale e a una metodologia interdisciplinare. 
L’Autore si augura dunque che questo libro possa essere un contributo a rivalorizzare Joseph Campbell, e il suo apporto di riflessioni, significative non solo per il Novecento che egli ha attraversato quasi per intero, ma significative anche per accrescere la consapevolezza dell’epoca nostra che stiamo vivendo (anche nella storia moderna e attuale si sono configurati dei miti), e di quella che ci attende. L’Autore ha cercato di rimarcare il carattere multi-forme della costruzione del pensiero di Campbell, come si è svolto lungo il tempo e le fasi del suo ciclo di vita, con mutamenti, ripensamenti. Il suo è stato un pensiero che è andato sviluppandosi e arricchendosi nei decenni, partendo dalla apparentemente “semplice” constatazione della omogeneità della conformazione non solo fisica-organica, ma anche psichica del genere umano. 
E soprattutto Campbell partì dalla presa d’atto che simboli e immagini presenti nelle visioni dei miti, delle leggende, delle fiabe e di tutte le narrazioni, siano tra gli elementi di tipo persistente sul lunghissimo periodo e che dunque formino parte fondamentale della generale cultura dell’homo sapiens in quanto tale, dato che rispondono al bisogno di comunicare con narrazioni su temi di con-tenuto significativo e profondo. Per cui Campbell vede la varietà culturale negli spazi geografici e nei tempi storici, come la evidenziazione della ricchezza delle molteplici possibili espressioni dell’umano. 
Tra le arcaiche immagini simboliche dell’area mitopoietica del Levante mediterraneo e mesopotamico, troviamo il mostro che minaccia il regno di Gilgamesh, l’enigma della sfinge che interroga Edipo, il labirinto in cui si addentra Teseo per incontrare il toro-uomo, Signore (Minos) del mondo oscuro degli istinti, che sta sotto al palazzo. La relazione con l’animale totemico che è contestualmente da rispettare e da sacrificare, e mille e una altra storia di cui ogni epoca e cultura ha forgiato con i propri remakes, presentano tutte le medesime scansioni e fasi narrative, sotto le più diverse allegorie. 
Nel corso della sua vita si va accentuando in Campbell il richiamo vivente del racconto mitico (ad es. con le considerazioni sull’eroe che è in effetti ciascuno di noi nell’affrontare le prove del-la vita) come narrazione simbolica e di valore metaforico che è latrice di un messaggio profondo. Inoltre indica a ciascuno di perseguire la propria bliss, cioè quella serenità e soddisfazione che ci fornisce un sentimento di pienezza interiore e di realizzazione delle nostre potenzialità: «il mito è la segreta apertura attraverso cui le inesauribili energie dell’Universo si riversano nella manifestazione culturale umana» (p. 45). 
Perciò Campbell è andato alla ricerca nelle molteplici mitologie di una Grande Visione di base strutturatasi nelle epoche preistoriche e protostoriche, poi variamente modulate ed espresse secondo le culture locali dei differenti gruppi etnici. La comunicazione per immagini simboliche nella narrazione mitologica svolge per J. Campbell almeno quattro fondamentali funzioni: quella psicologica e pedagogica, per modellare il mondo dell’interiorità secondo le visioni delle rispettive culture; quella di convalidare lo specifico ordine sociale in cui si vive; quella di restituire una nostra immagine del mondo; e quella di mantener vivo nella coscienza il senso della meraviglia e la curiosità della scoperta, ovvero la creatività. 

Riguardo alla prima, Campbell rileva come vi sia piuttosto che non un contrasto, anzi un intreccio inestricabile tra i condiziona-menti delle pressioni dell’ambiente (naturale e culturale) con l’attivazione di meccanismi irriflessi di risposta, e d’altro canto la sollecitazione a trovare nuovi e creativi modi di affrontare le inattese e inedite problematiche che l’Uomo si trova a dover sormontare (cfr. il suo Bios and Mythos). Le narrazioni che vengono tramandate oralmente come patrimonio culturale (spesso ritmate, danzate, e drammatizzate) sono sempre state un filo d’Arianna per affrontare la vita, in ogni comunità etnica e culturale. 

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E inoltre segnalo una bella recensione della prof.sa S. Polenghi, dell'Univ. cattolica di Milano, su «Pedagogia Oggi», rivista della società dei pedagogisti SIPED, anno XVI, n.1 - 2018, Recensioni, pp. 322-323, edizioni Pensa Multimedia
https://www.siped.it/rivista-pedagogia-oggi/sito-della-rivista/ 


Èquesto il primo libro italiano
su J. Campbell (1904-
1987) che ripercorre l’insieme
della sua vita, le sue idee e le sue
opere. Egli fu studioso di mitologie
comparate e andò controcorrente occupandosi
più di similitudini e parallelismi,
che non di differenze. Ha sostenuto
l’unità di fondo del genere umano
non solo per certi aspetti culturali,
ma anche sotto il profilo psichico.
Molto noto e apprezzato per il suo
studio del paradigma universale del
viaggio dell’Eroe, approfondì l’analisi
delle figure ricorrenti nell’ immaginario
mitico, e l’analisi semiotica.
Riteneva che la fase mitopoietica
fosse della stessa essenza del sogno, in
particolare dei Grandi Sogni e delle
visioni. “L’immaginifico – scriveva –
specie quello dei sogni, è la base della
mitologia”. L’atto creativo mitopoietico
per J. Campbell è inarrestabile – e
dunque riguarda anche le epoche recenti
e il presente – in quanto è connaturato
ai processi cognitivi dell’essere
umano. Perciò egli è andato alla
ricerca di un messaggio profondo universale
nelle molteplici mitologie di
base strutturatesi nelle epoche protostoriche
e preistoriche, poi variamente
modulate ed espresse secondo le culture
locali dei differenti gruppi etnici
e delle varie civiltà.
Nei suoi studi ha incluso anche le
fiabe del folklore, le favole e le leggende,
soprattutto nei loro aspetti iconici.
Questi prodotti dell’immaginario vengono
socializzati tramite narrazioni, riti,
cerimonie, canti, ritmi, danze, che
han da sempre costituito le forme basilari
della comprensione del mondo e
della comunicazione. In esse gli elementi
metaforici e simbolici trasmettono
valori di riferimento identitario.
Campbell sottolineava che il neonato
d’uomo sin dalla sua nascita precoce
è “esposto” al mondo, e, nello
specifico che qui interessa, alle influenze
e impressioni esercitate dai
suoni, dalla voce, dai ritmi, dalla musica,
dalla danza, dai canti, dai segnali
del linguaggio corporeo e espressivo, e
anche dai racconti dei miti e delle fiabe.
Di cui coglie il pathos. Poi, cresciuto
fisicamente abbastanza da potersi
comportare come un cucciolo
della nostra specie, questi elementi divengono
presto parte costitutiva del
suo sentimento di identità personale e
di gruppo (con l’identificazione delle
singole figure di riferimento), e le impronte
che essi lasciano sono praticamente
indelebili.
Inevitabilmente attraverso la rappresentazione
che tali elementi forniscono
del mondo, viene reso possibile
al singolo individuo (e al singolo
gruppo o comunità) interpretare il

mondo. Non appena il piccolo è in
grado di decodificare messaggi verbali
complessi come quelli del nucleo
semplice di una fiaba o di un mito, essi
servono anche per affrontare gli
eventi, e i nuovi problemi che si presentano,
per i quali essi indicano alcune
modalità per superarli. A volte essi
portano più tardi anche alla ricerca di
formule espressive nuove in cui incanalare
la creatività e la immaginazione
di segni e di simboli inediti o che dotano
di nuovi significati, e di nuove
narrazioni.
Così la mitologia si rinnova. Comunque
alla base ci sono quegli imprinting
sopracitati, impressi nella psiche
e nella mente dalle esperienze
compiute più significative.
Le sue opere presentano dunque
un punto di vista interessante e affascinante,
in cui si valorizza una forte
componente multidisciplinare e una
metodologia interdisciplinare.
Negli anni Settanta J. Campbell
sottolinea che una delle funzioni fondamentali
della mitologia è quella
“pedagogica, che dà all’individuo un
modo per connettere il mondo interno
psicologico, al mondo esterno fenomenico.
Come ho tentato di suggerire
– scriveva Campbell – la pedagogia
delle tradizioni da noi ereditate,
oggi però non funziona più per tutti;
pertanto, dobbiamo elaborare una
nostra specifica pedagogia” (adeguata
alla realtà odierna, parallelamente ad
una nostra nuova mitologia).
Fu poliglotta, uomo “di multiforme
ingenio” e vasta cultura. Certe sue
indicazioni sulla struttura delle narrazioni
hanno ispirato anche l’ideazione
delle trame di noti film. Infine fu un
grande raccontatore di storie e comunicatore,
instancabile conferenziere,
sia dal vivo che per radio e televisione.
Infine si consideri che Campbell oltre
che ricercatore, fu anche un importante
e attivissimo promotore di una
educazione aperta e sperimentale basata
sul dialogo, nei quasi 4 decenni in cui
fu insegnante in un prestigioso College
femminile, e tenne corsi per adulti
al Forum di cultura popolare Cooper a
New York, e all’Istituto di formazione
permanente Esalen in California, entrambi
frequentati da persone di ogni
origine e livello socio-culturale, e formazione
religiosa.
In definitiva, per J. Campbell, la
narrazione mitologica svolge almeno
quattro fondamentali funzioni: in primo
luogo quella pedagogica, e psicologica,
per modellare il mondo dell’interiorità
secondo le concezioni delle rispettive
culture; quella di convalidare
lo specifico ordine sociale in cui si vive;
quella di restituire una nostra immagine
del mondo; e quella di mantener
vivo nella coscienza il senso della
meraviglia e la curiosità della scoperta,
ovvero la creatività.
Questo libro di Carlo Pancera
vuole essere oltre a una rassegna complessiva,
anche uno stimolo, un invito
a leggere direttamente J. Campbell,
almeno quel che è stato tradotto in
italiano dei suoi ben 105 titoli di pubblicazioni.
(Simonetta Polenghi)
E anche la "Rivista di Storia dell'Educazione" del CIRSE di Firenze, che già ha pubblicato una segnalazione del libro a cura della prof.sa Tiziana Pironi, 
uscirà nel numero di gennaio 2019 con una interessante recensione della prof.sa Gabriella Seveso:
Carlo Pancera, riprendendo in parte temi a lui cari e presenti in alcune sue opere preceden-
ti, ci conduce con passione e con vigore in un itinerario che permette una ricostruzione del 
pensiero di Campbell, intrecciando sapientemente l’evoluzione delle teorie dello studioso con 
la parabola delle sue vicende biografiche e con l’attenta descrizione delle complesse relazioni 
con le personalità a lui contemporanee. 
Pancera analizza con attenzione tutte le opere di Campbell, soffermandosi in particolare su 
L’eroe dai mille  volti  e sulle  Maschere di Dio, ma anche riflettendo su opere meno celebri, che 
hanno il pregio di puntualizzare e illuminare alcuni aspetti profondi e articolati del pensiero 
di Campbell, nonché sulle esperienze di viaggio dello studioso, che influiscono intensamente 
sull’elaborazione di alcuni concetti chiave del suo pensiero: il volume offre quindi al lettore 
un’indagine – per ora mai proposta – di tutta l’opera di Campbell, e una panoramica condotta 
con sensibilità e con acutezza sul pensiero dello studioso. 
L’opera di Campbell si configura come un itinerario affascinante e quasi vorticoso, frutto 
delle scoperte, dei viaggi, delle esperienze anche educative dell’autore, e del continuo confron-
to con sociologi, antropologi, filosofi, psicoanalisti, biologi e fisici del suo tempo: la lettura del 
testo ci porta a riconoscere infatti tutti i personaggi straordinari della cultura del Novecento, 
con i quali Campbell ha intessuto un dialogo fecondo e duraturo, e ci mostra come le sue ri-
flessioni siano il prodotto di un incessante e multiforme meticciamento di concetti, in un’ottica 
con-disciplinare, più che interdisciplinare.
In questa cornice, molti sono i temi affrontati da Campbell che Pancera riesce ad eviscerare 
con chiarezza e con lucidità, quali quello della trasformazione, del cambiamento, della trascen-
denza, della funzione dei simboli, ma penso che, per chi si occupa di Storia dell’Educazione 
o di Storia della Pedagogia, il volume rappresenti una lettura imprescindibile per l’attenzione 
costante al tema della formazione e della funzione pedagogica del mito. 
A partire dalla constatazione di come il mito si costituisca per Campbell come «fondo co-
mune di simboli e di idee base nella psiche umana» (p. 167), Pancera mostra come lo studioso 
si sia molto interrogato sulla permanenza di alcune costellazioni mitiche, sulla loro funzione 
nella trasmissione di modelli e di valori nelle diverse culture, sulla dialettica fra tradizione e 
rinnovamento, sulla «perenne tensione tra l’autorevolezza dei modi in cui è stata data soluzio-
ne ai problemi, e la necessità di affrontare problemi in modi nuovi» (p. 168). In questo senso, 
lo studio del mito e del suo riproporsi sono temi fortemente pedagogici perché costringono ad 
affrontare il problema delle relazioni fra generazioni, del rapporto e dei fili che legano passato 
e futuro, della formazione di modelli, in una continua tensione fra identità collettiva e identità 
individuale. 
Il mito, inteso come testo da conoscere e da interpretare, come metafora e simbolo che at-
tinge all’inconscio dell’umanità, si articola infatti in costellazioni archetipiche costruite attorno 
agli eventi fondamentali della nascita, dell’iniziazione, del raggiungimento dell’adultità, della 
morte, rivelandosi come racconto, narrazione sulla natura e sulla spiritualità, narrazione che 
non è specifica delle fasi preistoriche o protostoriche, ma che attraversa le epoche e si trasmet-
te di generazione in generazione, in una dinamica di permanenza e di adattamento. 
Il titolo che Pancera ha scelto per questa ricostruzione ricca, affascinante, molto articola-
ta richiama una delle caratteristiche più significative dunque del mito, ovvero la sua energia 
vitale,  il  suo  potere  di  riproporsi  favorendo  un  legame  profondo  fra  le  generazioni  e  anche  
permettendo una forma di comunicazione fra diverse culture. A quest’ultimo proposito, Pan-
cera sottolinea infine più volte come la posizione di Campbell sia stata quella di rintracciare 
elementi comuni, trasversalità, e non caratteri specifici, nella convinzione che l’eccessiva ricer-
ca di specificità da parte degli studiosi potesse portare anche a pericolose derive, come ricorda 
in un articolo pubblicato nel 1961:

l’impegnarsi oltremodo in questa esacerbazione dei contrasti, ci fa invece scordare che la posta in 
gioco  è  che  se  non  remiamo  controcorrente  rispetto  ai  nazionalismi  e  ai  particolarismi  fomenteremo  
quell’intolleranza basata sull’ignoranza e sul fanatismo che ha portato alla chiusura mentale, ai pregiu-               
dizi, ai contrasti e allo scontro tra le identità nazionali o etniche, e infine addirittura alle due tragiche 
guerre mondiali della prima metà del Novecento (p. 167).
 
Si tratta di considerazioni che pongono interrogativi profondi sul ruolo degli intellettuali e 
degli educatori e che suonano molto attuali nel particolare momento storico che stiamo viven-
do, mostrandoci ancora una volta come lo studio del pensiero di Campbell possa continuare a 

costituire un itinerario affascinante ed imprescindibile anche oggi.
(Gabriella SEVESO)
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E mi scrive Francesco Magni per rendermi noto che sulla rivista per insegnanti «Nuova Secondaria», ISSN 1828-4582, il professor Giuseppe Bertagna (già ministro della pubblica istruzione) ha pubblicato una interessante segnalazione del mio libro sul numero 2 di ottobre 2018 (anno XXXVI) a p.96. (cfr NUOVA SECONDARIA Fasc.2 Ottobre 2018 )


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Un'altra recensione, dettagliata e approfondita, è uscita sugli "Annali di Storia dell'Educazione" per opera del professor Fulvio De Giorgi, sul numero del maggio 2018



Riporto dunque dall'articolo: "Cultura, mitologia e spiritualità - Riflessioni sulla recente biografia di Joseph Campbell"
di Fulvio De Giorgi (Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia):

«Se il lavoro del grande statunitense studioso del mito, Joseph Campbell (1904-1987),
è universalmente noto, se le sue opere sono tradotte (anche in Italia) e dunque non mancano di influenzare ancora gli studi religionistici, di mitologia comparata, di antropologia
culturale, di psicologia del profondo, nonché le ricerche sulle morfologie dell’immaginario
(sporgendosi, dunque, decisamente negli ambiti della storia dell’educazione, quando questa
sia intesa come storia culturale), la figura di Campbell non era stata fatta, invece, ancora
oggetto, nel nostro Paese, di uno studio complessivo di taglio biografico-interpretativo.
L’ampio e complesso volume di Carlo Pancera – dunque, e significativamente, di uno
storico dell’educazione di grande cultura e vastità di interessi – è, pertanto, il primo libro
italiano su Campbell e in generale uno dei primi al di fuori della bibliografia in inglese,
che ripercorra l’insieme delle sue idee, delle sue opere, e della sua biografia intellettuale».

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Registro una segnalazione anche su:
https://www.psicoanalisibookshop.it/autore/-Carlo%20Pancera

Anche il periodico "Archetipi", pubblicato da Dagaz srl di Ancona, lo ha segnalato ai suoi lettori 

Forse ci potrebbe essere prossimamente una segnalazione sulla rivista "Expression" edita da Atelier, diretta dal prof. E.Anati ?
Spero che poi anche altre ne seguiranno.

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Per quanto mi riguarda, già in settembre '16 avevo preannunciato l'uscita di questo mio libro durante un seminario italo-spagnolo sull' intercultura che si è svolto a Berlanga in Castiglia nella sede del CEINCE, "Centro Internazionale sulla cultura educativa" diretto dal prof. A. Escolano: i cui Atti sono stati pubblicati in gennaio  2017 in un libro a cura di Giorgio Poletti: "Il patrimonio dell'intercultura", in cui compare  come 7° capitolo, il mio: "Formazione e mitologia in J.Campbell" (pp. 93-108), edizioni Voltalacarta, di Ferrara, 2017.
(segue pagg. 93-108)

E infine colgo l'occasione per segnalare che sulla rivista "Il Minotauro" di Bologna (Persiani editore), è uscito un mio articolo  (XLIV, n.2, dicembre 2017) intitolato "Segni e simboli: interrogativi sulle immagini generatrici" (nel quale tra l'altro cito anche J.Campbell, e il mio libro).


(prosegue pagg. 63- 77)

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