29 mercoledì l' ETNA
Stupenda giornata di sole. Giornata dedicata tutta all'Etna, la montagna non-alpina più alta d'Italia, e il più grande dei vulcani europei (3323m.). Nonostante essa incutesse un certo timore reverenziale, essendovi sepolto il mostro Tifone che ogni tanto provoca eruzioni perniciose, gli era riconosciuta una sua particolare bellezza, sotto gli arabi fu chiamata dai locali Mongibello (da gebel che in arabo significa monte) che però suona un po' anche come monte bello...
Attraversiamo i paesi etnei Fiumefreddo, Piedimonte, Linguaglotta, e poi con la SR cioè strada regionale "Mareneve" su in mezzo ad una bella campagna, per poi entrare nel parco in un paesaggio montano di pini e abeti, sinché arriviamo al Rifugio Ragabo a 1450 metri sul livello del mare.
Attraversiamo i paesi etnei Fiumefreddo, Piedimonte, Linguaglotta, e poi con la SR cioè strada regionale "Mareneve" su in mezzo ad una bella campagna, per poi entrare nel parco in un paesaggio montano di pini e abeti, sinché arriviamo al Rifugio Ragabo a 1450 metri sul livello del mare.
Un divertente inconveniente
Ci accorgiamo che la macchina è in riserva, e non ci fidiamo di proseguire in salita. Mentre i nostri amici fanno una passeggiata lungo un sentiero, io e Ghi torniamo giù a Linguaglotta per fare il pieno di benzina e essere di nuovo qui nel giro di tre quarti d'ora, sono solo 16 km in discesa.
A Linguaglotta vado al distributore che avevo visto salendo, ma c'è un foglio di carta appiccicato sopra con scritto "chiuso per ferie". Vedo dall'altra parte della strada uno che sta facendo dei lavori all'esterno di casa sua e gli chiedo informazioni, rimane sorpreso che quella pompa automatica sia chiusa, e gentilissimo interrompe le sue cose e chiede a uno che c'è lì: "p'attruvari nu benzinaro apetto uora, unn'aju a iri?" e poi mi spiega ben bene il percorso per andare all'altro distributore automatico che sta un po' fuori, ma dall'altra parte del paese (verso Randazzo). Arriviamo là, ma c'è un foglio di carta appiccicato sopra con scritto "guasto". Torno dal signore di prima, lo interrompo di nuovo mentre sta tagliando una piastrella, e lui resta sorpreso, allora attraversa la strada e viene con me a controllare che davvero questo distributore sia inutilizzabile ("ma se è automatico..." dice), e poi dice che non ce ne sono altri qui, perché effettivamente per legge i paesi al di sotto di tot abitanti non possono avere più di due pompe automatiche, e mi spiega ben bene come andare al distributore automatico del paese di Piedimonte, che è a soli 15 km da qui, ma a sud verso Giarre. Bisogna girare attorno e attraversare almeno tre passaggi a livello. Chiede anche a uno che passa in bici: "dunni s'havi a pigghiari pi iri a u benzinaro?" E mi ripete per due volte il percorso da fare per non entrare in Piedimonte ma girare attorno alla periferia dall'altra parte: gira a destra, poi gira di nuovo a destra, prima dell'ingresso in paese, subito prima di dove c'è un chiosco, e mi ripete di contare tre passaggi a livello della linea del trenino della ferrovia cirumetnea, e quindi di fermarmi subito dopo la scalinata del convento e guardare a sinistra, vedrò il distributore. Strada facendo ne incontriamo un terzo e poi un quarto distributore che sono chiusi per l'orario, facciamo una sosta lo stesso per accertarcene, ma effettivamente non sono self service. Al quinto, eccoci al distributore sulla sinistra, che ci aveva indicato. Attraverso la strada con la macchina: ci sono tre pompe per la benzina e una per diesel. C'è un omino piccolo e curvo che sta riempiendo una tanica, e un tizio che sta incominciando a fare rifornimento. Vado alla terza pompa, ma c'è scritto: "fuori servizio". Mi metto dietro all'omino. Ha subito finito perché prende solo un quarto della sua tanica. E' proprio un contadino di campagna, di una qualche frazioncina qua sulle pendici dell'Etna, con vari attrezzi sull'auto, con la pelle marrone, un volto rugoso scavato dal sole. Intanto mi preparo e apro lo sportello dell'auto, e vedo che non c'è un tappo da svitare, e l'ingresso è bloccato (!!!!). Chiedo al vecchietto se conosce come è fatta la Fiesta, non so come aprire per fare benzina; lui mi guarda molto stranito da sotto in sù, e rimane stupefatto, mi dice un po' in dialetto un po' in italiano: "come non so? è la prima volta che fai la benzina?!??". E io: "eh, sì effettivamente, l'auto non è la mia...". Mi guarda silenzioso sorridendomi. Allora gli dico che è un'auto affittata, e continua a guardarmi immobile senza dir nulla. Poi mi chiede "Mi scusassi: "Au ri unni cali? ma tu donne veni? di dove vieni?", gli dico "da Ferrara" e resta immobile e impassibile; allora gli spiego. E lui mi chiede "chi vòi?" e in italiano: "ma tu che vuoi, che ci fai qui?". Gli dico che ora qui sono con mia figlia in auto, ma mia moglie e una coppia di amici mi stanno aspettando sulla strada che va su al monte. "Ah" mi dice, e poi sforzandosi di parlare in italiano mi dice piano: "m'ha a scusari, ma fra tre quatti d'ora riprennino a travagghiare, aprono tutti i benzinai". Allora capisco che in pratica mi voleva dire "che fretta c' hai?", perciò mi chiese che ci faccio qui, per capire il motivo dell'urgenza. Intanto l'altro, che ha finito di fare il pieno, sta terminando una lunga telefonata al cellulare. E il piccoletto campagnolo allora lo chiama prima che se ne vada: "Francesco! pi faùri veni accà a vvedère". Ma anche quello non conosce il sistema di apertura della Fiesta, proviamo, mentre io spingo due pulsantini di lato lui preme sulla chiusura, ma non si apre. Il piccolino dice "onne è u commoghiu?" (dov'è il coperchio?).
Facciamo qualche altra prova, poi quel Francesco dice: "inserisci la pompa e vedrai che automaticamente si aprirà", e se ne va. Il vecchino mormora "sapìddu..." (a saperlo...). Ma io non vorrei rischiare le due banconote da 20€ che sono le sole che ho. Il contadino mi sorride e mi dice lentamente cantilenando: "si ppuò fari prima na pruova". E in effetti stacco la pompa e la inserisco facilmente nell'imboccatura del serbatoio che si apre automaticamente. Bene!
Metto intanto una sola banconota, ma il vecchino insiste: "e picché non ci metti pure l'attra?". Sono incerto, vorrei intanto fare una prova... "ma no, vedrai che arrinesci, tutto va bene" mi dice sorridendomi. Metto i miei 40€ inserisco la pistola e comincia a scorrere la benzina, sorrido anch'io, tutto a posto! finalmente! faccio per salutarlo e congedarlo, ma la pompa si blocca. "Vedi -dico- io oggi sono sfortunato". "Devi spittare". Allora intanto la tiro un po' in fuori ...e spargo benzina a terra. "Vadda! cumminasti nu disastro..." Allora la rimetto un pochino più in dentro ma non troppo.... e intanto mi dice: "Accura! ecco... ecco così... " poi dice: "Statti fermo! FEMMO accusì! non ti muovere, ìnchilu" (riempilo), e pian pianino la pompa riprende a erogare...
Ci salutiamo alla fine tutti e due contenti. Gli dico con un gran sorriso: "Grazziassai !"
Questo piccolo contadino mi ricordava quello della famosa foto di Capa durante l'occupazione americana della Sicilia nel 1943.... (chissà, magari era proprio un suo figlio...).
Ritorniamo su e arriviamo al rifugio-trattoria poco prima delle tre.... Proprio allora stava arrivando il piatto di gnocchi, e l'insalata che aveva ordinato Annalisa...
Racconto e m'ingozzo di gnocchi gommosi, poi saliamo e dopo solo un paio di curve il bosco cessa, e vediamo una gran massa di lava raffreddata oramai da tempo, cenere e lapilli sul terreno, e restiamo impressionati dalla enormità della visione.
Ha totalmente sommerso il bosco, lo ha spazzato via e annichilito. E' una visione di un mondo primordiale, ma ai lati ci sono dei licheni e poi delle felci, segno che la vita riprende a sorgere.
Ci sono delle betulle bianche e mi diranno che sono di una varietà che fuori dai paesi slavi dell'est c'è solo qui; ma ci sono molte di queste betulle, e di altri alberoni, secchi e inceneriti e anche bianchi bianchi, come scheletri spolpati che fanno contrasto sul nero lavico, e dicono che questi si sono come "lessati" all'interno per il calore e i fumi, protetti dallo strato di resina.
Comunque noi non andremo a curiosare troppo vicino alla bocca fumante, dato che nelle settimane scorse ci sono state alcune esplosioni di lapilli, e non faremo la fine del grande Empedocle, filosofo e naturalista (sostenne la parità dei 4 elementi fondamentali) e da alcuni venerato come profeta, il quale per curiosità scientifica (e spirituale) si avvicinò troppo e vi scivolò dentro (o forse essendo anziano volle così suicidarsi in modo che non vi fosse una sua tomba...).
Quindi andiano al rifugio Conti a 1600 m. e poi al Citelli a 1741, da dove parte uno skilift per lo sci invernale. Un altro impianto di risalita sciistica invece era stato travolto anni fa. Ma è da qualche inverno che qui non nevica. Andiamo ancora più in là con la strada "Mareneve", fino a un belvedere.
C'era un camion strano molto alto con grosse ruotone da trattore, e molto molleggiato, di un tizio che ha girato tutta l'Africa con quello, senza problemi di guadi o altro.
Parliamo dell'inizio della vita vegetale sulle terre emerse, e argomenti simili, scientifici, geologici, chimici, e biologici, ma anche fantascientifici.
Il vulcano è la sede del dio del magma, colui che possiede l'elemento igneo che piega e forgia i metalli (scrisse Esiodo nel 700 a.C. nella Theogonìa: "il ferro per quanto durissimo, fonde nelle gole del Monte, liquefatto dalla ardente fiamma, sotto la terra divina, per la forza di Efesto, che in tal modo fondeva pure la terra al chiarore del fuoco fiammeggiante"). Efesto è figlio della Grande Dea Madre, Hera, è un dio pre-olimpico ("Hera, senza essersi unita in amore -con Zeus- generò l'inclito Efesto, che brilla per le sue arti su tutti i figli del Cielo"), si muove in modo claudicante perchè appena nato cadde in mare. Durante la gigantomachìa combatteva con una sbarra di ferro arroventata. Le sue officine metallurgiche sono nelle cavità dei grandi vulcani, dove lavorano i suoi aiutanti, i Ciclopi, alacri metallurgi (proprio davanti alla riviera tra Acicastello e Acireale c'è la costa detta dei Ciclopi perché vi sono grandi massi da loro gettati in mare, come fece Polifemo con Aci e con Odisseo).
Prometeo per favorire il genere umano gli sottrasse con l'inganno il segreto della accensione e conservazione e utilizzo del fuoco, e Efesto allora contribuì al castigo incatenandolo alla roccia del Caucaso ai confini del mondo, con catene potentissime da lui forgiate, e l'amico dell'umanità sofferse un lungo periodo di patimenti e di passione, bloccato lassù ed esposto agli attacchi di una grande aquila, ad imperitura memoria e insegnamento a non aspirare ad andare oltre i propri limiti.
Per lo stesso motivo anche Poseidone perseguiterà poi Odisseo (Ulisse).
Ma vorrei qui ricordare un passo famoso di Euripide, che ambientò l'episodio di Polifemo proprio In Sicilia, sotto l'Etna, in cui il ciclope non è presentato come il primitivo, cavernicolo e incivile, una sorta di orco tutto muscoli e poco cervello (antesignano della figura paradigmatica dell' homo selvaticus), privo persino di ogni timor di dio, bensì con un gustoso capovolgimento dai toni ironici e bucolici assieme, come colui che sa cosa significhi il buon vivere :
"Quando dal ciel rovescia l'acquazzone,/ da esso questa roccia mi ripara;/ mi celebro un vitello lesso o qualche/ fiera di monte; e, pancia all'aria, innaffio/ il tutto d'un ettolitro di latte;/ e bombardo la veste, in concorrenza/ col tuon di Lui rumoreggiando. Soffia/ borea, fiocca la neve? Imbacuccatomi/ ben bene in velli, suscito un gran fuoco/ e m'infischio del vento e della neve.../ Voglia o non voglia, poi, la Terra genera/ l'erba e l'erba le pecore m'impingua/ ch'io non immolo, beninteso, a niuno/ fuor che a me stesso; mica a qualche dio/ sì alla suprema deità,/ a questa riverita trippa mia."
("Il ciclope", trad. it. moderna di Camillo Sbarbaro, Giulio Einaudi editore, Torino, 1965).
Ritorniamo giù a Giarre a prendere l'autostrada.
Facciamo la spesa a Letojanni per la cena. C'è un panorama vasto e spettacolare anche dal nostro terrazzo. . . Dal fuoco all' acqua . . . Da Efesto a Poseidone (per i latini da Vulcano a Nettuno) . . . Nelle profondità troverai il divino . . . l'immenso, l'incommensurabile.
(prosegue)
A Linguaglotta vado al distributore che avevo visto salendo, ma c'è un foglio di carta appiccicato sopra con scritto "chiuso per ferie". Vedo dall'altra parte della strada uno che sta facendo dei lavori all'esterno di casa sua e gli chiedo informazioni, rimane sorpreso che quella pompa automatica sia chiusa, e gentilissimo interrompe le sue cose e chiede a uno che c'è lì: "p'attruvari nu benzinaro apetto uora, unn'aju a iri?" e poi mi spiega ben bene il percorso per andare all'altro distributore automatico che sta un po' fuori, ma dall'altra parte del paese (verso Randazzo). Arriviamo là, ma c'è un foglio di carta appiccicato sopra con scritto "guasto". Torno dal signore di prima, lo interrompo di nuovo mentre sta tagliando una piastrella, e lui resta sorpreso, allora attraversa la strada e viene con me a controllare che davvero questo distributore sia inutilizzabile ("ma se è automatico..." dice), e poi dice che non ce ne sono altri qui, perché effettivamente per legge i paesi al di sotto di tot abitanti non possono avere più di due pompe automatiche, e mi spiega ben bene come andare al distributore automatico del paese di Piedimonte, che è a soli 15 km da qui, ma a sud verso Giarre. Bisogna girare attorno e attraversare almeno tre passaggi a livello. Chiede anche a uno che passa in bici: "dunni s'havi a pigghiari pi iri a u benzinaro?" E mi ripete per due volte il percorso da fare per non entrare in Piedimonte ma girare attorno alla periferia dall'altra parte: gira a destra, poi gira di nuovo a destra, prima dell'ingresso in paese, subito prima di dove c'è un chiosco, e mi ripete di contare tre passaggi a livello della linea del trenino della ferrovia cirumetnea, e quindi di fermarmi subito dopo la scalinata del convento e guardare a sinistra, vedrò il distributore. Strada facendo ne incontriamo un terzo e poi un quarto distributore che sono chiusi per l'orario, facciamo una sosta lo stesso per accertarcene, ma effettivamente non sono self service. Al quinto, eccoci al distributore sulla sinistra, che ci aveva indicato. Attraverso la strada con la macchina: ci sono tre pompe per la benzina e una per diesel. C'è un omino piccolo e curvo che sta riempiendo una tanica, e un tizio che sta incominciando a fare rifornimento. Vado alla terza pompa, ma c'è scritto: "fuori servizio". Mi metto dietro all'omino. Ha subito finito perché prende solo un quarto della sua tanica. E' proprio un contadino di campagna, di una qualche frazioncina qua sulle pendici dell'Etna, con vari attrezzi sull'auto, con la pelle marrone, un volto rugoso scavato dal sole. Intanto mi preparo e apro lo sportello dell'auto, e vedo che non c'è un tappo da svitare, e l'ingresso è bloccato (!!!!). Chiedo al vecchietto se conosce come è fatta la Fiesta, non so come aprire per fare benzina; lui mi guarda molto stranito da sotto in sù, e rimane stupefatto, mi dice un po' in dialetto un po' in italiano: "come non so? è la prima volta che fai la benzina?!??". E io: "eh, sì effettivamente, l'auto non è la mia...". Mi guarda silenzioso sorridendomi. Allora gli dico che è un'auto affittata, e continua a guardarmi immobile senza dir nulla. Poi mi chiede "Mi scusassi: "Au ri unni cali? ma tu donne veni? di dove vieni?", gli dico "da Ferrara" e resta immobile e impassibile; allora gli spiego. E lui mi chiede "chi vòi?" e in italiano: "ma tu che vuoi, che ci fai qui?". Gli dico che ora qui sono con mia figlia in auto, ma mia moglie e una coppia di amici mi stanno aspettando sulla strada che va su al monte. "Ah" mi dice, e poi sforzandosi di parlare in italiano mi dice piano: "m'ha a scusari, ma fra tre quatti d'ora riprennino a travagghiare, aprono tutti i benzinai". Allora capisco che in pratica mi voleva dire "che fretta c' hai?", perciò mi chiese che ci faccio qui, per capire il motivo dell'urgenza. Intanto l'altro, che ha finito di fare il pieno, sta terminando una lunga telefonata al cellulare. E il piccoletto campagnolo allora lo chiama prima che se ne vada: "Francesco! pi faùri veni accà a vvedère". Ma anche quello non conosce il sistema di apertura della Fiesta, proviamo, mentre io spingo due pulsantini di lato lui preme sulla chiusura, ma non si apre. Il piccolino dice "onne è u commoghiu?" (dov'è il coperchio?).
Facciamo qualche altra prova, poi quel Francesco dice: "inserisci la pompa e vedrai che automaticamente si aprirà", e se ne va. Il vecchino mormora "sapìddu..." (a saperlo...). Ma io non vorrei rischiare le due banconote da 20€ che sono le sole che ho. Il contadino mi sorride e mi dice lentamente cantilenando: "si ppuò fari prima na pruova". E in effetti stacco la pompa e la inserisco facilmente nell'imboccatura del serbatoio che si apre automaticamente. Bene!
Metto intanto una sola banconota, ma il vecchino insiste: "e picché non ci metti pure l'attra?". Sono incerto, vorrei intanto fare una prova... "ma no, vedrai che arrinesci, tutto va bene" mi dice sorridendomi. Metto i miei 40€ inserisco la pistola e comincia a scorrere la benzina, sorrido anch'io, tutto a posto! finalmente! faccio per salutarlo e congedarlo, ma la pompa si blocca. "Vedi -dico- io oggi sono sfortunato". "Devi spittare". Allora intanto la tiro un po' in fuori ...e spargo benzina a terra. "Vadda! cumminasti nu disastro..." Allora la rimetto un pochino più in dentro ma non troppo.... e intanto mi dice: "Accura! ecco... ecco così... " poi dice: "Statti fermo! FEMMO accusì! non ti muovere, ìnchilu" (riempilo), e pian pianino la pompa riprende a erogare...
Ci salutiamo alla fine tutti e due contenti. Gli dico con un gran sorriso: "Grazziassai !"
Questo piccolo contadino mi ricordava quello della famosa foto di Capa durante l'occupazione americana della Sicilia nel 1943.... (chissà, magari era proprio un suo figlio...).
Ritorniamo su e arriviamo al rifugio-trattoria poco prima delle tre.... Proprio allora stava arrivando il piatto di gnocchi, e l'insalata che aveva ordinato Annalisa...
Racconto e m'ingozzo di gnocchi gommosi, poi saliamo e dopo solo un paio di curve il bosco cessa, e vediamo una gran massa di lava raffreddata oramai da tempo, cenere e lapilli sul terreno, e restiamo impressionati dalla enormità della visione.
Ha totalmente sommerso il bosco, lo ha spazzato via e annichilito. E' una visione di un mondo primordiale, ma ai lati ci sono dei licheni e poi delle felci, segno che la vita riprende a sorgere.
Ci sono delle betulle bianche e mi diranno che sono di una varietà che fuori dai paesi slavi dell'est c'è solo qui; ma ci sono molte di queste betulle, e di altri alberoni, secchi e inceneriti e anche bianchi bianchi, come scheletri spolpati che fanno contrasto sul nero lavico, e dicono che questi si sono come "lessati" all'interno per il calore e i fumi, protetti dallo strato di resina.
Comunque noi non andremo a curiosare troppo vicino alla bocca fumante, dato che nelle settimane scorse ci sono state alcune esplosioni di lapilli, e non faremo la fine del grande Empedocle, filosofo e naturalista (sostenne la parità dei 4 elementi fondamentali) e da alcuni venerato come profeta, il quale per curiosità scientifica (e spirituale) si avvicinò troppo e vi scivolò dentro (o forse essendo anziano volle così suicidarsi in modo che non vi fosse una sua tomba...).
Quindi andiano al rifugio Conti a 1600 m. e poi al Citelli a 1741, da dove parte uno skilift per lo sci invernale. Un altro impianto di risalita sciistica invece era stato travolto anni fa. Ma è da qualche inverno che qui non nevica. Andiamo ancora più in là con la strada "Mareneve", fino a un belvedere.
C'era un camion strano molto alto con grosse ruotone da trattore, e molto molleggiato, di un tizio che ha girato tutta l'Africa con quello, senza problemi di guadi o altro.
Parliamo dell'inizio della vita vegetale sulle terre emerse, e argomenti simili, scientifici, geologici, chimici, e biologici, ma anche fantascientifici.
Il vulcano è la sede del dio del magma, colui che possiede l'elemento igneo che piega e forgia i metalli (scrisse Esiodo nel 700 a.C. nella Theogonìa: "il ferro per quanto durissimo, fonde nelle gole del Monte, liquefatto dalla ardente fiamma, sotto la terra divina, per la forza di Efesto, che in tal modo fondeva pure la terra al chiarore del fuoco fiammeggiante"). Efesto è figlio della Grande Dea Madre, Hera, è un dio pre-olimpico ("Hera, senza essersi unita in amore -con Zeus- generò l'inclito Efesto, che brilla per le sue arti su tutti i figli del Cielo"), si muove in modo claudicante perchè appena nato cadde in mare. Durante la gigantomachìa combatteva con una sbarra di ferro arroventata. Le sue officine metallurgiche sono nelle cavità dei grandi vulcani, dove lavorano i suoi aiutanti, i Ciclopi, alacri metallurgi (proprio davanti alla riviera tra Acicastello e Acireale c'è la costa detta dei Ciclopi perché vi sono grandi massi da loro gettati in mare, come fece Polifemo con Aci e con Odisseo).
Prometeo per favorire il genere umano gli sottrasse con l'inganno il segreto della accensione e conservazione e utilizzo del fuoco, e Efesto allora contribuì al castigo incatenandolo alla roccia del Caucaso ai confini del mondo, con catene potentissime da lui forgiate, e l'amico dell'umanità sofferse un lungo periodo di patimenti e di passione, bloccato lassù ed esposto agli attacchi di una grande aquila, ad imperitura memoria e insegnamento a non aspirare ad andare oltre i propri limiti.
Per lo stesso motivo anche Poseidone perseguiterà poi Odisseo (Ulisse).
Ma vorrei qui ricordare un passo famoso di Euripide, che ambientò l'episodio di Polifemo proprio In Sicilia, sotto l'Etna, in cui il ciclope non è presentato come il primitivo, cavernicolo e incivile, una sorta di orco tutto muscoli e poco cervello (antesignano della figura paradigmatica dell' homo selvaticus), privo persino di ogni timor di dio, bensì con un gustoso capovolgimento dai toni ironici e bucolici assieme, come colui che sa cosa significhi il buon vivere :
"Quando dal ciel rovescia l'acquazzone,/ da esso questa roccia mi ripara;/ mi celebro un vitello lesso o qualche/ fiera di monte; e, pancia all'aria, innaffio/ il tutto d'un ettolitro di latte;/ e bombardo la veste, in concorrenza/ col tuon di Lui rumoreggiando. Soffia/ borea, fiocca la neve? Imbacuccatomi/ ben bene in velli, suscito un gran fuoco/ e m'infischio del vento e della neve.../ Voglia o non voglia, poi, la Terra genera/ l'erba e l'erba le pecore m'impingua/ ch'io non immolo, beninteso, a niuno/ fuor che a me stesso; mica a qualche dio/ sì alla suprema deità,/ a questa riverita trippa mia."
("Il ciclope", trad. it. moderna di Camillo Sbarbaro, Giulio Einaudi editore, Torino, 1965).
Ritorniamo giù a Giarre a prendere l'autostrada.
Facciamo la spesa a Letojanni per la cena. C'è un panorama vasto e spettacolare anche dal nostro terrazzo. . . Dal fuoco all' acqua . . . Da Efesto a Poseidone (per i latini da Vulcano a Nettuno) . . . Nelle profondità troverai il divino . . . l'immenso, l'incommensurabile.
C'è là in fondo la barca di Odisseo che sembra persa, isolata... e galleggia sulle potenti acque in mare aperto, in balìa dei ghiribizzi del grande dio delle onde.
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