lunedì 3 giugno 2013

Sicilia jonica ( 3 ) Siracusa

28 maggio, martedì
SIRACUSA (in greco al plurale: Syràkusai)

copia in cotto di un bassorilievo antico



Andiamo a Siracusa, e posteggiamo proprio di fianco al cancello di ingresso al parco archeologico, grazie al custode, il signor Tata, con cui scambio due chiacchiere. Stupendi resti, del teatro greco, uno dei maggiori della grecità con 13 mila posti, quello in cui operò il grande Eschilo, che scrisse appositamente le "Etnee",

la maschera - logo del ciclo di rappresentazioni classiche

(e che fu poi parzialmente demolito da Carlo V per costruire fortificazioni), e dell' anfiteatro romano,

e dell' Ara di Ierone (o Gerone), opera colossale di 200 metri per 23, delle potenti mura (cui lavorarono 60 mila operai secondo lo storico Diodoro siculo), quel Gerone cui dedicò varie strofe il poeta Pindaro che gli scrisse: "non consentire che la tua letizia sbiadisca mentre hai vita, poiché una vita gioiosa, siine certo, è di gran lunga la migliore per l'uomo".
Eccoci dunque in questa città cioè che fu la massima polis della Magna Grecia, grande centro di cultura (si pensi a Epicarmo, Formide, Sofrone, lo storico Filisto) tra i maggiori del mondo ellenico (vi soggiornarono anche Pindaro, Platone, Senocrate, Aristippo, Eschine, Speusippo, Archita, Aristippo, Polisseno ...).
Siracusa fu fondata sotto la guida di Eumelo nel 734 a.C. da coloni originari da Corinto, che scelsero questa baia in cui vi erano risorse di acqua potabile in abbondanza (chiamate dai locali Syraka), un porto naturale, un'isoletta su cui insediarsi e grande disponibilità di legname per le abitazioni e per le barche. E' la ricca polis che con il regno di Dionisio senior giunse verso il 400 a.C. a controllare tre quarti della Sicilia, e a saper contrastare i fenici d'occidente, ovvero i punici di Cartagine, ma anche a sottrarsi al tentativo di conquista da parte della stessa Atene, che inviò una spedizione comandata da Alcibiade e da Nicia, ma che fallì.

monete d'argento del periodo di Dionisio I

Il teatro, che ancora oggi è attivo, fu il luogo in cui si svilupparono anche nuovi generi originali, Aristotele scrive nella sua opera "perì Poietikés": "Non si sa chi istituì le maschere o i prologhi o fissò il numero degli attori, e altri particolari di questo tipo, ma è certo che la maniera di costruire racconti (storie) come fecero Epicarmo e Formide, nacque in Sicilia per la prima volta". In cui fa riferimento a Epicarmo cioè all' "ideatore" della commedia, come parodia di racconti eroici, a Formide, il precettore di Gelone, che perfezionò la trama delle commedie di argomento mitologico, e anche a Sofrone che fu l' "inventore" del mimo come genere teatrale, e che erano tutti e tre di Siracusa. Nel teatro siracusano forse si inscenavano anche delle farse "fliaciche", tipiche della Magna Grecia, di argomento tragicomico e rappresentate in modo grottesco.
E poi in seguito, si rappresentarono probabilmente dei ludi scaenici per celebrare la conquista romana, o delle fabulae cothurnatae, e testi dei tarantini Rintone e poi Andronìco, che segnarono un po' la "scoperta" del genere teatrale da parte dei latini. Forse vi fu recitato il Bellum Punicum di Nevio...




Poi vediamo le grotte delle cave, e lo strabiliante antro detto "orecchio di Dionisio".



Nel momento in cui entriamo in questo luogo un po' misterioso, c'è un coro dovuto al settore cultura della polizia tedesca, che canta un Lied, ed è straordinario l'effetto acustico, e si crea una atmosfera magica. Si tramandava che qui il tiranno Dionisio relegasse i suoi prigionieri perché da una cavità sita al di sopra, poteva ascoltare tutto ciò che quelli si dicevano anche sottovoce; fu poi Caravaggio a soprannominarlo  "orecchio" durante una sua visita nel 1608, ed è divenuto simbolo dell'orecchio del Potere che tutto viene a sapere e controlla.
copia su carta di papiro di un disegno a china del Seicento

Non posso fare a meno di pensare al povero Platone e ai suoi patimenti. Ma lui venne "solo" confinato in una torre della cittadella sull'acropoli, durante il suo terzo soggiorno siracusano, per essere "troppo" amico di Dione, cognato di Dionisio ma suo influente critico (poi assassinato proprio da uno studente dell'Accademia platonica), e fu soltanto grazie all'intercessione del pitagorico Archita governante di Taranto, che Platone fu infine espulso (cfr. il "romanzo" di Vincenzo Cuoco, Platone in Italia, del 1804-06, 2a ed. Parma, 1820; e sopra tutto v. la famosa "settima lettera", in: Platone, Lettere, a c.di M. Isnardi Parente, Fondaz. L.Valla - A.Mondadori, 2002, o altre edizioni, e gli innumerevoli commenti).

In queste fessure, chiamate latomie, vennero anche chiusi i settemila prigionieri ateniesi, catturati dopo la sconfitta del loro tentativo di conquista, e (a quanto racconta Tucidide) lasciati morire per le ferite, le malattie, la fame e la sete, o  venduti schiavi.

Quando usciamo, il signor Tata ci indica che poco più avanti c'è un posto dove sono state replicate le macchine ideate da Archimede. Sarebbe stato interessantissimo (naturalmente non ci può essere la famosa "macchina per planetario" che si portò via il console Marcello, e che è poi andata perduta...). Ma purtroppo al momento era chiuso, mentre più in là c'è un "Angolo del papiro" dove c'è l'unica piantagione di papiri europei, e ci andiamo. Si tratta della cyperus papirus, pianta acquatica originaria di Cipro, da cui gli egizi seppero ricavare cinquemila anni fa quello che poi divenne il più noto supporto per la scrittura alternativa a quella scolpita o a quella tracciata sulle tavolette incerate. Circa a metà dell'anno Mille d.C. a causa di persistenti siccità il papiro divenne raro e le tecniche di produzione in mano ad artigiani copti si persero. Sembra che l'alessandrino Tolomeo III ne avesse regalato delle piantine a Ierone II in cambio di una grande nave, per cui anche Siracusa ne divenne produttrice. Poi la fabbricazione di carta papiracea a Siracusa venne meno, ma riprese alla fine del Settecento.
Il fondatore e proprietario di questa attuale piantagione ne tramanda la produzione e l'utilizzo, anche a scopi didattici, e quindi ci illustra alcune modalità di fabbricazione di fogli con strisce di polpa della canna intrecciate (si veda www.angolodelpapiro.com).




Al guardiano signor Tata chiedo consigli su dove pranzare bene a minor spesa, e ci indica una trattoria nel centro storico, cioè nell'isoletta di Ortigia, che si chiama "Porto Grande" (o come dice lui, "pottogande"). Passiamo il ponte e posteggiamo secondo le sue spiegazioni sulla marina in un posteggio municipale, e grazie alle indicazioni del fiorista, troviamo in via dei Mille la trattoria di Rosario. Anche qui, come per tutta Siracusa, c'è l'invasione di studenti in gita scolastica, ma pranziamo fuori all'aperto, bene e a un buon prezzo (cfr. www.ristorantitaliani.it/).
Io e Ghila prendiamo spaghetti ai ricci di mare freschi. Gli altri prendono antipasti di pesce misti, cioè: acciughe marinate, carpaccio di pesce spada, code di gamberi impanate e fritte, con maionese, triglia, sarda e acciughe fritte, spiedini di gamberi, calamaretti piccoli, involtino di sarda ripiena con uvette, spiedini di tonno, spigola ripiena. 
Che buono tutto...! 16 €uro a testa.


Ci raggiunge Davide, che Ghila aveva contattato su internet tramite Coachsurfing.org un servizio per viaggiatori, una sorta di rete di scambio ospitalità. Chiacchieriamo e poi ci accompagna a fare un giretto. Lungo la banchina del porto, passando a fianco di una bellissima porta quattrocentesca con evidenti segni di diverse linee artistiche dei vari periodi storici (Porta marina), e poi lungo le antiche mura (quasi totalmente demolite dai Savoia) in cui ci sono due bei filari di alberoni (il cosiddetto foro italico di Siracusa, del 1836), infine restiamo incantati ad ammirare la bella Fonte Aretusa. 



Si tratta di una antichissima sorgente di acqua dolce vicinissima alla costa del mare, che fu cantata da Pindaro, e poi anche da Virgilio. Qui proliferarono le prime piantine di papiro, e poi nel 1843 hanno sistemato il bacino, con statue e bassorilievi. Dall'adiacente terrazzino si gode della vista del porto grande, che fu il famoso porto greco, e in lontananza dei monti Iblei. 

Davide ci racconta che la leggenda diceva che della bellissima ninfa Aretusa si invaghì il dio del fiume Alfeo, e lei per sfuggirgli scomparve e ricomparve qui come fonte purissima, ma Alfeo con le sue acque attraversò tutto il mar Ionio e giunse sin qui per unirsi a lei. 
Poi ci rechiamo in piazza del Duomo dove ci sediamo ad un bar all'aperto all'ombra e restiamo a chiacchierare. Ci racconta varie cose sul Siracusano. E' un giovane gradevole e intelligente, e che ha molto viaggiato, con cui ci troviamo benissimo. Ottima idea questo incontro con couchsurfing.
Entriamo poi nel bel Duomo che inizialmente fu una chiesa eretta dopo la conquista bizantina da parte di Belisario sul sito dell'antico tempio ad Atena del V sec.a.C. Si vede al suo interno un possente colonnato dorico che fu utilizzato, con anche l'architrave, per la costruzione della chiesa. Questo tempio greco era famoso per la sua magnificenza, per i suoi portoni in oro e avorio, e per avere sulla cima lo scudo d'oro della dea, il cui luccichìo era visibile a grande distanza dai naviganti. 

Fu oggetto di grandissima venerazione anche dai conquistatori romani che lo denominarono tempio di Minerva.  Si dice che nascesse qui la primissima comunità cristiana dell'impero di occidente. La chiesa fu poi trasformata dai normanni e rifatta; ci sono poi molti interventi del cinque e del seicento. 
Di fronte, il palazzo del municipio, già del senato, è stato costruito invece sopra al tempio jonico ad Artemide, iniziato forse da coloni di Lentini o di Catania (qui deportati) nel VI sec. a.C. che rimase incompiuto. In effetti anche se il mare è chiamato Jonio, la maggior parte delle colonie greche di Sicilia era di origine dorica, come Siracusa, Megara Iblea, Acri, Gela, Agrigento, Selinunte.... 
l'isoletta di Ortigia

Tornando verso la macchina, ci fermiamo ad assaggiare dei cannoli enormi in un bar che ci consiglia Davide, dove è eccezionale la ricotta. Si tratta della pasticceria "Aretusa" di Giovanni Artale, in via Landolina. Compro anche un arancino di riso per portarmelo in camera per cena. 
Passiamo accanto alla piazzetta dedicata al grande scienziatio siracusano Archimede (che fu -sino all'avvento di Leonardo e poi di Einstein- il simbolo stesso dell'uomo di scienze e del grande genio), il quale con i suoi famosi specchi ustori riuscì a incendiare le vele di molte navi romane che tentavano di conquistare il porto grande, e a respingere più volte i nemici. E che, come è noto, perì al termine dell'assedio romano di Siracusa, cui la città aveva resistito per due anni, semplicemente per l'ignoranza di un soldato che aveva il compito di condurlo dal generale e console Marco Claudio Marcello (conoscitore della cultura greca, e che diede anche l'ordine di non maltrattarlo...) solo perché pare che Archimede non lo avesse neppure guardato e gli avesse risposto di attendere, dato che stava terminando di risolvere un importante problema matematico, per cui il soldato lo pugnalò per oltraggio verso il suo generale.... Il soldato poi fu punito con lo squartamento (dopo di ché l'esercito romano saccheggiò la ricca città, e la sottomise).
Alla fine, in Largo 25 luglio, ammiriamo le possenti vestigia del grande tempio di Apollo, che è il più antico tempio dorico di tutta la Sicilia, del VII sec. a.C., 

scoperto nel 1860 in una caserma spagnola del cinquecento (che era stata prima una chiesa bizantina, poi una moschea araba, e una basilica normanna). Ora i resti sono stati restituiti al loro stato originario. Salutiamo Davide.
E' tardi, e dunque non andiamo a visitare i resti del grande castello Eurialo, uno dei pochissimi castelli e fortezze militari dell'antichità greca di cui siano rimasti i resti ai nostri giorni, un poderoso complesso eretto nel 402 a.C. da Dionisio sr.

Ritorniamo a Letojanni. Il paesino ha questo curioso nome la cui etimologia sarebbe "lieta sorgente", mischiando 'ayn arabo per fonte, con laetus latino (ma secondo me potrebbe anche essere "lieto Gianni"). Ha 2500 abitanti, già borgo di pescatori si è sviluppato grazie alla ferrovia, dal 1952 fa Comune a sé. Facciamo un po' di spesa per la cena, e due passi.
Dal nostro bel terrazzo ammiriamo la luna che forma una bella scia argentea sul mare scuro, e i lumini della costa, con un'aria mite e gradevole


(prosegue)

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