ancora sabato 7
Quasi ci si mette lo stesso tempo ad arrivare da VdL ai sobborghi nord di Bogotà (cioè a Zipaquirà e poi a Chia), che ad attraversare la grande metropoli…
Come ci avevano consigliato non andiamo al Terminal e poi da lì all'aeroporto, ma ci facciamo lasciare al punto più "vicino" al percorso per l'aeroporto e da lì prendiamo il primo taxi che passa.
Stiamo ritornando alla capitale perché altrimenti per andare a Cartagena ci vogliono circa 18 ore di pullman ... non ce la sentivamo, è troppo stancante per noi (gli anni sono 67), oltre al fatto che in pratica si perde una giornata. Quindi avevamo già comprato con una settimana di anticipo i biglietti per un volo della Avianca da Bogotà, che dura solo un'ora e mezza. E poi in bus climatizado il viaggio costa circa 68 €uro, mentre in aereo 90 €... tasse comprese andata e ritorno (che faremo però da S.Marta) quindi non vale proprio la pena per noi di farci il percorso in bus.
Espletate le formalità di imbarco pranziamo, e poi via! si va verso la Costa.
Questa la denominazione ufficiale dato alla città ai tempi del primo sbarco in Sud America (de Indias per distinguerla dalla città portuale fondata dai punici cartaginesi in Spagna sul mediterraneo; l'America era ancora chiamata e ritenuta Indie occidentali). Subito avvertiamo il drastico cambio di clima, fa molto caldo, e i nostri vestiti sono del tutto assolutamente inadeguati, ma per fortuna c'è una bella aria di mare. C'è tanto verde, e luce e colori squillanti.
Dopo molte esibizioni, di cumbia, o mapalé, o altre danzas nativas, quando hanno finito e torna un po' di silenzio, ci accorgiamo che da una strada adiacente vengono sparati in aria fuochi d'artificio. Andiamo subito a vedere, ed era per un matrimonio. Gironzoliamo un po' frastornati da tanti imputs.
Passano moltissime carrozzelle coi cavalli, che portano a spasso i gitanti del fine settimana.
Intanto è sempre più notte e vediamo dei bei bar, e luoghi per mangiare, e tanti venditori di strada di oggetti d'artigianato o frutta. La popolazione locale cartagenera è in grandissima misura composta da neri o da mulatti.
Andiamo a cena da "crèpes y waffles .com", un locale gestito e operato da sole donne: portiere, cassiera, cameriere, cuoche, ecc. Preparano piatti creativi molto particolari, elaborati e originali, una specie di nouvelle cuisine su base caraibica. Molto buoni. Prendiamo "tartar greco", e una crema al formaggio, che condividiamo e poi io la crèpe di verdure, e Annalisa quella poblana.
Infine andiamo ancora un po' in giro dirigendoci verso le mura spagnole (muralla) e il mare. Poi di filato a letto anche se fuori in strada continua ad esserci una gran quantità di gente, di carrozzelle, e di musica. E poi da noi certi dicono di non avventurarsi in giro di notte! ... ma se qui si comincia ora a vivere?!... dopo tanto sole bruciante c'è finalmente un' arietta tiepida, e comunque le luci sono accese dappertutto.
E' stata un'ottima occasione prendere un albergo proprio nel pieno centro della città vecchia amurallada (piuttosto che non nei vicini barrios di Getsemanì o di San Diego), perché così appena uscito fuori dalla porta cominci già a essere in situazione e a guardarti attorno (v. balcone con bandiera).
Insomma il centro històrico è veramente stupendo, tutto coloniale, ben restaurato e mantenuto, ed è piuttosto grandino da girare a piedi col gran caldo.
Andiamo a letto, e lasciamo sul minimo il ventilatore sul soffitto.
Domingo 8
Diamo alla recezione un sacco di roba da lavare.
Dopo aver fatto una abbondante prima colazione con frutta fresca, succhi di frutta naturali, e le solite cose del pequeño desayuno nel nostro bel patio ampio e pieno di verde e popolato da uccellini, usciamo e ci indirizziamo verso il bàrrio di Getsemanì per fare dei giri lì... ma superata la plaza de los coches (delle carrozze) e dopo esser passati sotto il volto della Torre del reloj (dell'orologio), usciamo nella nuova grande plaza de la Paz (inaugurata alla fine del 1997 in omaggio a tutte le vittime degli anni della violencia ), e veniamo investiti da un solleone spacca-cranio, e la sola idea di attraversare poi tutto il gran parco del Centenario... ci sembra un dovere troppo penoso.
Allora così estemporaneamente cambiamo il nostro programma e prendiamo al volo un taxi che per due €uro e mezzo ci porta fino a Bocagrande, la lunga penisola sul mar dei Caraibi e ci lascia al settore detto "del Castillo" dove inizia una lunga spiaggia con alle spalle un paseo maritimo peatonal (lungomare) con delle belle fila di palme e di alberoni frondosi che fanno una dolce ombretta.
Questa lingua di terra è una "derivazione" verso est della penisola maggiore nord-sud, e va da carrera 6 a carrera 14 avendo il mare dalle due parti, la grande insenatura del porto turistico da un lato, e dall'altro un mare un po' "chiuso" da altre penisole e isolette, chiamato El Laguito (il piccolo lago). Quindi sono acque calme e balneabili, differenti da quelle del Malecòn a nordovest, che riceve di petto le onde del mare aperto. Infatti poi da qui si può anche andare tranquillamente in barca alle spiaggette antistanti.
Purtroppo la speculazione edilizia qui ha costruito su tutta la lingua di terra un grattacielo dopo l'altro. Troppo-troppo, ma comunque il mare è davvero bello, e l'acqua trasparente. C'è poca gente e comunque la spiaggiona è veramente grande, ampia e lunga, e la gente si disperde. Si sta benissimo e facciamo vari bagni.
A circa metà della profondità della sabbia e occupando appena una parte della lunga spiaggia, c'è una unica fila di "tende" una affiancata all'altra (che fanno da riparo come da noi gli ombrelloni), e pur essendo domenica molte sono vuote, per cui ne prendiamo subito una. Si chiamano carpas e sono dei teloni plastificati blu sopra la testa e ai lati, con due sedie all'ombra. Quelle "regolari" come la nostra costano quasi 5 €uro per l'intera giornata. Ogni tanto c'è una distanza maggiore tra le carpas, dato che le famiglie o i gruppi richiedono una carpa più spaziosa, e si portano tutte le loro attrezzature e anche il mangiare.
Passano continuamente venditori e venditrici ambulanti di ciondoli, borse, massaggi, cibo, bibite, cocco, e altri articoli (un po' come avveniva da noi quando ero giovane; oggi da noi sono quasi solo stranieri che fanno questi lavori, mentre qui sono tutti nativos colombiani). Ogni tanto passa qualche donna che propone di ordinarle il pranzo e poi lei correrà in cucina a casa sua e il marito ci porterà i cibi in spiaggia.
Il caldo è notevole, ci saranno circa 36 gradi o forse 38, ma fortunatamente c'è sempre aria di mare (la briza) che spesso è un vero e proprio vento a folate e raffiche. Torniamo verso le 14 in camera per farci una doccia e stare un po' riparati. Poi facciamo dei gran giri per tutta la città vecchia. Infine andiamo in un piccolo locale chiamato "Se volviò Prispì ", dove prendiamo una zuppa al formaggio fuso (con fagioloni bianchi, patate lesse, e mais bianco); poi lasagne vegetariane; del riso; e mote de queso; beviamo agua de panela, molto dolce, e una bibita (per un totale in due di 16 €).
Ci sono molte venditrici che si vestono col costume tradizionale caraibico per attirare l'attenzione.
E' piacevole andarsene in giro la sera. Camminiamo lungo il percorso della Ronda sotto la muralla, dove ci sono banchetti (o lenzuoli in terra con su la merce) di venditori, poi saliamo sul grosso baluardo del lato sud (che ha all'interno molti tunnel sotterranei e magazzini militari) a vedere il mare. Qui su c'è un bar chic dove si incontrano persone eleganti dopo il teatro o una cerimonia. Ai suoi piedi c'è la sede del locale Festival del cinema, con la statua della bella India Catalina. Questa donna è entrata nella storia leggendaria dell'inizio della Conquista, dato che ascoltando gli spagnoli imparò presto la lingua e fece da interprete a Don Pedro de Heredia (il fondatore di Cartagena de Indias). Ai nostri tempi è ora il simbolo del festival, mentre nel passato il giudizio sulla sua figura fu molto controverso (come in Messico la figura di Malinche (su cui vedi il romanzo documentato di Jane Lewis Brandt, La Chingada, del 1981, tr.it. Sperling&Kupfer editori, Milano, 1981) : puttana traditrice o la "prima colombiana"
Quando siamo stanchi scendiamo nella piazza S.ta Teresa (così detta dal primo chiostro di quell'Ordine del 1606) dove c'è un bell'edificio coloniale restaurato, ora Hotel Charleston, e ci sediamo al bar per una aromatica yerbabuena, cioè una tisana, e una agua del nacimiento cioè acqua di fonte (insoddisfacente soprattutto il servizio, tot. 6 €uro e 30 !!). Intanto perfeziono la prenotazione di una offerta su internet per un albergo a Santa Marta. Per cena ritorniamo al Pirispì, mangiamo una lasagna de posta, un ajiaco de pollo, e una pizza con spinaci (totale col bere: 13 €). Certo Cartagena non è molto a buon prezzo (barato) proprio perché è così turistica, ma per noi sono comunque buoni prezzi.
Dopo cena ci riposiamo su una panchina al Parque Bolìvar (che nei primi tempi era la Plaza Mayor della città), e stiamo lì a goderci l'arietta fresca e a osservare chi passa.
E infine andiamo a dormire accendendo il condizionatore.
Insomma ieri e oggi giornate di pura vacanza.
Biblio:
interessante la guida Michelin: The Caribbean Port Cities, di Peter Greenberg e altri, Michelin Travel & Lifestyle, 2012
Come ci avevano consigliato non andiamo al Terminal e poi da lì all'aeroporto, ma ci facciamo lasciare al punto più "vicino" al percorso per l'aeroporto e da lì prendiamo il primo taxi che passa.
Stiamo ritornando alla capitale perché altrimenti per andare a Cartagena ci vogliono circa 18 ore di pullman ... non ce la sentivamo, è troppo stancante per noi (gli anni sono 67), oltre al fatto che in pratica si perde una giornata. Quindi avevamo già comprato con una settimana di anticipo i biglietti per un volo della Avianca da Bogotà, che dura solo un'ora e mezza. E poi in bus climatizado il viaggio costa circa 68 €uro, mentre in aereo 90 €... tasse comprese andata e ritorno (che faremo però da S.Marta) quindi non vale proprio la pena per noi di farci il percorso in bus.
Espletate le formalità di imbarco pranziamo, e poi via! si va verso la Costa.
L'aereo è pieno di una comitiva tipo parrocchiale di giovanotti di periferia che vanno a passare il fin-de-semana al mare. Giovinotti e ragazzette di un istituto di qualche sobborgo periferico, che vanno in gita a divertirsi. Sono eccitati, e piuttosto grezzi e sguaiati, si chiamano e si parlano a distanza, urlano, scherzano e scoppiano in risate fragorose. Continuamente vogliono scambiarsi posto.
La signora di fianco a noi ha paura, sia alla partenza che all'atterraggio, e anche i giovani spavaldi sono tesi e applaudono freneticamente il pilota quando effettua il decollo, per sfogare così la tensione nervosa. Poi tutti si mettono subito a giocare ai giochini elettronici sugli schermini dei sedili. Debbono usare a pieno tutto il tempo che hanno per questa opportunità di fare dei giochi da computer. Ma vedo che sono eccezionalmente abili ed esperti. Almeno se ne stanno buoni a guardare davanti a sé.
Di nuovo tutti si congratulano appassionatamente con il pilota per essere stato in grado di far atterrare l'aereo. Finalmente se ne vanno euforici e pieni di aspettative per il prossimo grande divertimento.
SECONDO VIAGGIO: EL CARIBE
Arriviamo alle 16. Qui iniziano una dozzina di giorni sulla Costa, prima a Cartagena poi a Santa Marta. E' come un secondo viaggio dentro al nostro viaggio, dato che è così tanto diverso l'ambiente naturale e anche umano tra i Caraibi e le Ande.
Cartagena de Indias
Questa la denominazione ufficiale dato alla città ai tempi del primo sbarco in Sud America (de Indias per distinguerla dalla città portuale fondata dai punici cartaginesi in Spagna sul mediterraneo; l'America era ancora chiamata e ritenuta Indie occidentali). Subito avvertiamo il drastico cambio di clima, fa molto caldo, e i nostri vestiti sono del tutto assolutamente inadeguati, ma per fortuna c'è una bella aria di mare. C'è tanto verde, e luce e colori squillanti.
Arriviamo un po' stanchini al nostro albergo nel centro storico, in via dell'Arcivescovado, in piena città vecchia. Si trova su al segundo piso, secondo piano (cioè per noi al primo piano o piano rialzato) ed è tutto attorno ad un bel patio con piante tropicali. La camera ha anche un balcone che da sulla via, e ha sia il ventilatore che l'aria condizionata. E' stata un'ottima occasione trovata su internet. Ci cambiamo e usciamo subito fin che c'è ancora luminosità. L'aria è calda o tiepida nonostante il forte vento, e si sente tanto ossigeno che viene dall'oceano.
Veniamo subito "investiti" da una atmosfera ben lontana da quella andina. Intanto c'è molta gente fuori per la strada, e c'è animazione, ma di tipo vacanziero. Ci sono molti colori vivaci, sia per la vegetazione e i fiori, ma anche per i vestiti, e non solo perché sono "da mare", ma sono anche presenti negli abiti tradizionali che portano alcune donne nere. Vediamo qua e là che si stanno celebrando matrimoni o feste matrimoniali con numeroso parentado elegante, e qualcuno sta suonando musica (si vede che certi scelgono un week-end a Cartagena per sposarsi). L'atmosfera è da serata estiva.
Nella vicina piazza Parque de Bolìvar si sta esibendo una compagnia di danza di giovani neri/e scatenati/e in ritmi e movimenti frenetici al suono incalzante di tamburi. Sono straordinari e travolgenti, le musiche ti coinvolgono e ti stimolano a fare alcuni movimenti e passi di danza, non si riesce a stare indifferenti e fermi. Dopo molte esibizioni, di cumbia, o mapalé, o altre danzas nativas, quando hanno finito e torna un po' di silenzio, ci accorgiamo che da una strada adiacente vengono sparati in aria fuochi d'artificio. Andiamo subito a vedere, ed era per un matrimonio. Gironzoliamo un po' frastornati da tanti imputs.
Passano moltissime carrozzelle coi cavalli, che portano a spasso i gitanti del fine settimana.
Intanto è sempre più notte e vediamo dei bei bar, e luoghi per mangiare, e tanti venditori di strada di oggetti d'artigianato o frutta. La popolazione locale cartagenera è in grandissima misura composta da neri o da mulatti.
Andiamo a cena da "crèpes y waffles .com", un locale gestito e operato da sole donne: portiere, cassiera, cameriere, cuoche, ecc. Preparano piatti creativi molto particolari, elaborati e originali, una specie di nouvelle cuisine su base caraibica. Molto buoni. Prendiamo "tartar greco", e una crema al formaggio, che condividiamo e poi io la crèpe di verdure, e Annalisa quella poblana.
Infine andiamo ancora un po' in giro dirigendoci verso le mura spagnole (muralla) e il mare. Poi di filato a letto anche se fuori in strada continua ad esserci una gran quantità di gente, di carrozzelle, e di musica. E poi da noi certi dicono di non avventurarsi in giro di notte! ... ma se qui si comincia ora a vivere?!... dopo tanto sole bruciante c'è finalmente un' arietta tiepida, e comunque le luci sono accese dappertutto.
E' stata un'ottima occasione prendere un albergo proprio nel pieno centro della città vecchia amurallada (piuttosto che non nei vicini barrios di Getsemanì o di San Diego), perché così appena uscito fuori dalla porta cominci già a essere in situazione e a guardarti attorno (v. balcone con bandiera).
Insomma il centro històrico è veramente stupendo, tutto coloniale, ben restaurato e mantenuto, ed è piuttosto grandino da girare a piedi col gran caldo.
Andiamo a letto, e lasciamo sul minimo il ventilatore sul soffitto.
Diamo alla recezione un sacco di roba da lavare.
Dopo aver fatto una abbondante prima colazione con frutta fresca, succhi di frutta naturali, e le solite cose del pequeño desayuno nel nostro bel patio ampio e pieno di verde e popolato da uccellini, usciamo e ci indirizziamo verso il bàrrio di Getsemanì per fare dei giri lì... ma superata la plaza de los coches (delle carrozze) e dopo esser passati sotto il volto della Torre del reloj (dell'orologio), usciamo nella nuova grande plaza de la Paz (inaugurata alla fine del 1997 in omaggio a tutte le vittime degli anni della violencia ), e veniamo investiti da un solleone spacca-cranio, e la sola idea di attraversare poi tutto il gran parco del Centenario... ci sembra un dovere troppo penoso.
Allora così estemporaneamente cambiamo il nostro programma e prendiamo al volo un taxi che per due €uro e mezzo ci porta fino a Bocagrande, la lunga penisola sul mar dei Caraibi e ci lascia al settore detto "del Castillo" dove inizia una lunga spiaggia con alle spalle un paseo maritimo peatonal (lungomare) con delle belle fila di palme e di alberoni frondosi che fanno una dolce ombretta.
Questa lingua di terra è una "derivazione" verso est della penisola maggiore nord-sud, e va da carrera 6 a carrera 14 avendo il mare dalle due parti, la grande insenatura del porto turistico da un lato, e dall'altro un mare un po' "chiuso" da altre penisole e isolette, chiamato El Laguito (il piccolo lago). Quindi sono acque calme e balneabili, differenti da quelle del Malecòn a nordovest, che riceve di petto le onde del mare aperto. Infatti poi da qui si può anche andare tranquillamente in barca alle spiaggette antistanti.
Purtroppo la speculazione edilizia qui ha costruito su tutta la lingua di terra un grattacielo dopo l'altro. Troppo-troppo, ma comunque il mare è davvero bello, e l'acqua trasparente. C'è poca gente e comunque la spiaggiona è veramente grande, ampia e lunga, e la gente si disperde. Si sta benissimo e facciamo vari bagni.
A circa metà della profondità della sabbia e occupando appena una parte della lunga spiaggia, c'è una unica fila di "tende" una affiancata all'altra (che fanno da riparo come da noi gli ombrelloni), e pur essendo domenica molte sono vuote, per cui ne prendiamo subito una. Si chiamano carpas e sono dei teloni plastificati blu sopra la testa e ai lati, con due sedie all'ombra. Quelle "regolari" come la nostra costano quasi 5 €uro per l'intera giornata. Ogni tanto c'è una distanza maggiore tra le carpas, dato che le famiglie o i gruppi richiedono una carpa più spaziosa, e si portano tutte le loro attrezzature e anche il mangiare.
Passano continuamente venditori e venditrici ambulanti di ciondoli, borse, massaggi, cibo, bibite, cocco, e altri articoli (un po' come avveniva da noi quando ero giovane; oggi da noi sono quasi solo stranieri che fanno questi lavori, mentre qui sono tutti nativos colombiani). Ogni tanto passa qualche donna che propone di ordinarle il pranzo e poi lei correrà in cucina a casa sua e il marito ci porterà i cibi in spiaggia.
Il caldo è notevole, ci saranno circa 36 gradi o forse 38, ma fortunatamente c'è sempre aria di mare (la briza) che spesso è un vero e proprio vento a folate e raffiche. Torniamo verso le 14 in camera per farci una doccia e stare un po' riparati. Poi facciamo dei gran giri per tutta la città vecchia. Infine andiamo in un piccolo locale chiamato "Se volviò Prispì ", dove prendiamo una zuppa al formaggio fuso (con fagioloni bianchi, patate lesse, e mais bianco); poi lasagne vegetariane; del riso; e mote de queso; beviamo agua de panela, molto dolce, e una bibita (per un totale in due di 16 €).
Ci sono molte venditrici che si vestono col costume tradizionale caraibico per attirare l'attenzione.
E' piacevole andarsene in giro la sera. Camminiamo lungo il percorso della Ronda sotto la muralla, dove ci sono banchetti (o lenzuoli in terra con su la merce) di venditori, poi saliamo sul grosso baluardo del lato sud (che ha all'interno molti tunnel sotterranei e magazzini militari) a vedere il mare. Qui su c'è un bar chic dove si incontrano persone eleganti dopo il teatro o una cerimonia. Ai suoi piedi c'è la sede del locale Festival del cinema, con la statua della bella India Catalina. Questa donna è entrata nella storia leggendaria dell'inizio della Conquista, dato che ascoltando gli spagnoli imparò presto la lingua e fece da interprete a Don Pedro de Heredia (il fondatore di Cartagena de Indias). Ai nostri tempi è ora il simbolo del festival, mentre nel passato il giudizio sulla sua figura fu molto controverso (come in Messico la figura di Malinche (su cui vedi il romanzo documentato di Jane Lewis Brandt, La Chingada, del 1981, tr.it. Sperling&Kupfer editori, Milano, 1981) : puttana traditrice o la "prima colombiana"
Quando siamo stanchi scendiamo nella piazza S.ta Teresa (così detta dal primo chiostro di quell'Ordine del 1606) dove c'è un bell'edificio coloniale restaurato, ora Hotel Charleston, e ci sediamo al bar per una aromatica yerbabuena, cioè una tisana, e una agua del nacimiento cioè acqua di fonte (insoddisfacente soprattutto il servizio, tot. 6 €uro e 30 !!). Intanto perfeziono la prenotazione di una offerta su internet per un albergo a Santa Marta. Per cena ritorniamo al Pirispì, mangiamo una lasagna de posta, un ajiaco de pollo, e una pizza con spinaci (totale col bere: 13 €). Certo Cartagena non è molto a buon prezzo (barato) proprio perché è così turistica, ma per noi sono comunque buoni prezzi.
Dopo cena ci riposiamo su una panchina al Parque Bolìvar (che nei primi tempi era la Plaza Mayor della città), e stiamo lì a goderci l'arietta fresca e a osservare chi passa.
E infine andiamo a dormire accendendo il condizionatore.
Biblio:
interessante la guida Michelin: The Caribbean Port Cities, di Peter Greenberg e altri, Michelin Travel & Lifestyle, 2012
RispondiEliminaLa Colombia è un paradiso, qui lascio due piccoli paradisi nascosti del nostro paese.
https://www.youtube.com/watch?v=DlaQ9GO_Apg
https://www.youtube.com/watch?v=JyCtX3CCT54