Ci alziamo facciamo le valige e poi andiamo a rivedere la penisoletta, poi torniamo per l'ultimo breakfast a Mirissa... C'è lo squirrel che fa i suoi squittii, arriva la inserviente gentile e sorridente, ma stamane ci mette una infinità di tempo a preparare il thé, e tostare le fette di pane, perché siamo scesi tutti contemporaneamente ai quattro tavolini sul prato ...
Poi arriva Amal, saluti e abbracci. Si siede con noi a fare due chiacchiere e prendere un caffé. Ora si parte. Faremo la statale costiera su fino a Negombo. Riprendiamo ad essere in viaggio.
Si percepisce che la costa sta rapidamente cambiando, perché si moltiplicano i nuovi alberghi e i paesi e le cittadine costiere hanno dei centri di negozi tutti nuovi. Oramai restano ben poche sezioni della strada costiera che lascino vedere il mare, dunque sia il settore commerciale, che edilizio, che soprattutto turistico sono in grande sviluppo, investire in questi settori sembra evidentemente un buon investimento. Solo che le condizioni naturali sono quel che son, e la spiaggia man mano che si procede verso nord si fa sempre più stretta.
Vediamo anche molti giovani fare attività ginniche e sportive, dal footing al calcio, ai giochi britannici come il rugby e il cricket. Uno sport specifico di SriLanka che vediamo fare è il chung-gubu, o jung gu, in cui si dispongono sei ragazzi in cerchio da una parte e sei in un altro cerchio, e devono catturare un membro dell'altra squadra.
Lungo la strada vediamo vari cimiteri, ci sono quelli di ogni singola religione, ma anche quelli pubblici per tutti indistintamente.
Intanto passiamo da Koggala dove vediamo l'albergo in cui avremmo dovuto stare secondo il primo progetto.
Anche qui lungo la costa ci sono dei trespoli di legno dove vanno ad appollaiarsi su i pescatori.
Ci sono molti ponti, molti porticcioli di pescatori, e mercati di frutta e verdura, punti densi di traffico, e dunque a guardare fuori dall'auto la gente e gli ambienti, si hanno molte continue suggestioni e stimoli per riflessioni, osservazioni, associazioni di idee, ecc....
Arriviamo a Galle che in inglese si pronuncia "gaul", e deriva da Gal-le, un riparo per la notte per i carri con buoi in viaggio, una sorta di caravanserraglio. Tutti i nomi dei luoghi importanti furono storpiati dai colonizzatori europei, prima dai portoghesi, poi dagli olandesi e infine dagli inglesi. (Come già ho avuto occasione di dire più sopra, ad es. per Kandi, abbreviando Kand-udarata cioè paese collinare, o città sulle colline).
Facciamo un giro per la vecchia Galle che è effettivamente molto carina e ha conservato moltissimo nel centro storico, soprattutto del periodo olandese, e poi anche di quello britannico. Facciamo anche una passeggiatina sui rampari del forte. Lo tsunami qui era di 7 metri di altezza ma ha risparmiato la zona del forte olandese girandovi attorno, e in tal modo la sua forza è stata rotta e smorzata, comunque tutt'attorno fu un disastro. Infatti si vedono tutti edifici nuovi.
Questa dunque, che ora è la costa del turismo e delle vacanze, è stata anche la costa della immane tragedia dello tsunami.
Si vede che diverse case, giardini, terreni, sulla costa sono stati a lungo abbandonati a causa dello tsunami, e ora i proprietari sarebbero ben contenti di poterli vendere.
A nord di Hikkaduwa è accaduto il famoso fatto del treno travolto pieno di gente che vi si era riparata, ma non sono annegati solo loro, nel villaggio ne morirono altri 350.
Poi ci fu l'episodio, pure rimasto famoso, della ragazzina di 12-13 anni che aveva studiato gli tsunami a scuola, e ha capito di cosa si trattava ed ha dato l'allarme, consentendo a qualcuno che l'ha presa sul serio di salvarsi.
Dopo Dodanduwa, e lo Hikkaduwa Marine National Park con il suo "coral garden", poco dopo il monumento sullo tsunami, ci fermiamo a visitare lo Tsunami Photo Museum a Telwatta. In questo tratto di costa non si può costruire, per mantenere la memoria delle vittime di quell'evento. E' un museino molto povero e semplice, mantenuto da una fondazione di origine olandese che lo ha aperto in aprile 2007. Corredato da molte foto incredibili e impressionanti. Tutte le foto raccolte dalle più varie fonti mondiali, sono state donate. C'è una sezione sui 12.500 orfani. E ci sono anche foto del parco naturale di Yala e di vari posti in cui siamo stati o che abbiamo visto. Il museo riguarda anche i primi anni del dopo-tsunami, con la storia delle difficile e lunga opera di ricostruzione. Questa è stata molto importante per impegnare gente che era sconvolta. Molti di coloro che sopravvissero erano totalmente rovinati e non avevano più nulla, e in molti casi più nessuno, o comunque persero il lavoro, come poi a catena anche molti altri. Le attività di pesca erano impedite dalla mancanza di barche, e il turismo scomparve per diversi anni. Ci sono molte storie personali da raccontare. Per la visita si lascia una offerta libera come contributo al mantenimento del museo (si veda: http://tsunami-photo-museum-srilanka.blogspot.com).
una rarissima immagine di 15 secondi prima dell'impatto
Proseguiamo verso Kahawa e Ambalangoda, Amal ci mostra dove c'era un hotel chiamato Ran Manika, cioè golden wife, sposa d'oro. Così veniva chiamata una elefantessa, che stava legata in un prato tra la strada e la spiaggia, proprio di fronte all'albergo. Prima dell'arrivo della prima onda era così agitata e nervosa, lei che di solito era molto calma e buona, e pacifica di carattere, che il suo custode, il cosiddetto mahmud, l'ha slegata e lei si è messa subito a correre il più velocemente possibile verso l'interno, ed è così che si è salvata e ha salvato quelli che si misero a correrle dietro.
C'è una antica leggenda, che ho letto su una guida alberghiera locale che ho trovato vicino a Negombo (ma vedi anche in http://www.nation.lk/2009/03/01/eyefea1.htm), che racconta una storia sulla regina Viharamaha Devi, che era la figlia di re Kelanitissa, sovrano di Kelaiya. Il re aveva punito un monaco in modo crudele, facendo per questo indignare gli dèi che fecero in modo che l'oceano allagasse tutto il territorio dietro alla costa con onde fortissime.
I veggenti del regno dissero al sovrano che per placare la furia dell'oceano avrebbe dovuto fare un grande sacrificio agli dei, gettando nelle acque la principessa sua figlia. E così ci si apprestava a ingraziarsi gli dei per un fatto compiuto dal padre facendone pagare le conseguenze alla figlia. La giovane fu posta in una imbarcazione precaria ma molto sontuosamente decorata e spinta in mare aperto.
Non appena la barca fu inviata le onde si calmarono e le acque che avevano invaso il Paese retrocedettero. Tuttavia il re rimase molto male per essere stato così punito ed era assai nervoso, e i sudditi erano dispiaciuti per la perdita della principessa innocente, per cui incominciarono a insultare il re che ritenevano il vero colpevole di tutto l'accaduto. Nel frattempo la fanciulla era finita ad essere sbattuta sulla riva in un luogo chiamato Dovera nei pressi di Kirinda, nel territorio di Ruhuna. Un pescatore, che aveva avvistato quella imbarcazione e aveva visto il suo naufragio, corse ad avvisare il re Kavantissa, sovrano di Ruhuna. La principessa fu salvata dai pescatori che la portarono al cospetto del re con una grande processione di popolo. Il re ascoltò da lei la sua tragica storia, ed impressionato dal racconto decise di sposarla e farla regina. Era stata così coraggiosa e obbediente e patriottica che si era lasciata sacrificare pur di salvare il suo paese. Dato che era approdata nei pressi del monastero Lanka Vihara, fu denominata divina signora di Vihara (Vihara maha devi), e fu molto amata.
statua della principessa, a Kirinda
Questa storia popolare chiaramente allude ad un evento molto simile ad uno Tsunami accaduto in remoti tempi passati, ma ancora ricordato in questa forma leggendaria. E si tratta proprio degli stessi territori che furono colpiti qualche anno fa.
La nostra amica a Ferrara ci aveva riferito che quando venne qui con suo figlio, che lavora nel campo del commercio equo e solidale, e che era venuto a portare aiuti alle popolazioni colpite, andarono in giro nei vari posti dove con gli aiuti di questa o quella istituzione erano state costruite delle casette popolari per accogliere i senza tetto, per inaugurare le consegne. Era presente assieme a loro la moglie di un ministro, che aveva fatto da tramite. I beneficiati si prostravano a terra per baciare i piedi alla moglie del ministro, e a seguire anche a loro... Lei si sentì imbarazzata e non voleva che facessero questo atto di prostrazione, per cui li carezzava sulla testa e poi si chinava per tirarli su in piedi, ma fece innanzitutto un atto sconveniente (carezzare la testa), e poi alcuni si risentirono del fatto che volesse impedire loro di provare gratitudine e di dimostrarla. Molti di loro ancora avevano soltanto una lamiera o un tetto di foglie di banano per ripararsi dalla pioggia e dal sole, e si ricorda di un padre rimasto solo con la figlia quindicenne che aveva al centro del terreno riparato, varie scatole di cartone in cui teneva la sua roba, abiti puliti, scarpe, i quaderni di scuola ... Questi, come altri, erano felici che fosse arrivato il loro turno. Uno dei problemi grandi della ricostruzione infatti è stato il compilare una lista con l'ordine delle consegne, per cui c'è sempre e per forza qualcuno che è primo e qualcun'altro che è ultimo... magari a distanza di mesi o di uno o due anni... (ricordo che anche in Sudafrica dopo la fine dell'apartheid c'era stato questo problema, quando procedeva l'opera di risanamento delle condizioni abitative nelle baraccopoli-ghetto dei neri, le townships, portando i collegamenti ai servizi tipo le fognature, l'allacciamento ai tubi dell'acqua, e simili...). Quando iniziarono a costruire le prime casette, si resero conto che nei progetti mancavano le infrastrutture per es, per la fornitura d'acqua, e allora cercarono di risparmiare al massimo sui costi di costruzione, per poter comprare e installare grandi raccoglitori d'acqua piovana sui tetti e portare le tubature ai rubinetti. Poi comunque venne fuori alla fine il sospetto che la moglie di quel tal ministro locale si fosse trattenuta una percentuale per la sua opera di intermediazione... Ma questa gente sembrò alla nostra amica essere stata molto paziente e fiduciosa, e comunque sinceramente riconoscente e sorridente pur in quelle situazioni così ricche di tensioni emotive...
Amal ci racconta anche che poco più avanti, a Ahungalla (un paesino dopo Balapitiya), c'era uno zoo in cui davano dei sonniferi ogni giorno a leoni e tigri, perché così si poteva permettere ai visitatori di venire qui a toccarli, accarezzarli, ma la cosa divenne pubblica quando un giorno diedero una dose insufficiente e un felino ha azzannato il braccio di un visitatore. Così le autorità hanno saputo cosa succedeva, e lo hanno fatto chiudere.
Bellissima la laguna che c'è là vicino, con spiaggia, palmeto, è molto bella più avanti anche Induruwa.
Hikkaduwa fu anche il primo paradiso equatoriale scoperto dagli hippies negli anni Sessanta-Settanta, come racconta Barry Miles nel suo "Hippy: miti, musica e cultura della generazione dei figli dei fiori" (Hippie, Londra, 2004, trad. it. Logos edizioni, 2006).
Ma noi ora facciamo sosta a Kogoda alla "Turtle Hatchery", al Rifugio delle tartarughe. Questa è una zona in cui si sta sviluppando il turismo, ma dove una volta all'anno in una notte ogni tartaruga fa 150 uova, e quindi molti volontari hanno ideato un Turtles Project, un progetto per la protezione delle tartarughe marine. In questa zona vengono a deporre le uova ben 5 diversi tipi di testuggini, durante il periodo della deposizione delle uova, gli addetti vanno nei punti della spiaggia in cui le tartarughe scavano i loro nidi (che poi abbandonano tornando in mare), quindi, con una vanga disseppelliscono le uova e le portano in una zona protetta della spiaggia, dove le seppelliscono di nuovo ed accanto a questo nido artificiale mettono un cartello con la data e il tipo di tartaruga che le ha deposte. Per questo si chiama hutchery (=incubatrice, nido).
Quindi alle persone che portano al Rifugio delle uova, le pagano 15 rupie all'uovo. Ci fanno prendere in mano un uovo perché non è fragile, è molle ed elastico e si può manipolare e schiacciare come fosse una pallina da ping-pong di gomma con acqua all'interno, si piega in dentro ma non si rompe.
Poi le fanno schiudere in un luogo protetto e tengono le neonate per un po' in vasche apposite di acqua di mare dove per qualche giorno potranno crescere al sicuro dai pericoli ed avere nutrimento in modo da essere abbastanza "forti" per poter affrontare il mare senza troppi rischi. Nelle vasche le neonate sono suddivise per giorni d'età.
Quindi vanno a rilasciarle in spiaggia quando ci sono meno pericoli per loro, cioè in momenti in cui non ci siano predatori, come la sera dopo il tramonto. Ce ne lascia prendere in mano alcune e carezzarle. Nel momento in cui ci dice che il 20% di quelle che vediamo saranno morte entro stasera perché le lasceranno andare libere verso l'oceano, ci dispiace da matti e ci restiamo malissimo. Però ci spiega che così il 20% sopravvivono, mentre in condizioni naturali, spontanee, se ne salvano solo il 2% ... è così che accade in ambiente naturale e selvaggio. Comunque a pensare che la tartaruga ne partorisce 150, una sola volta all'anno, e che stasera saranno quasi tutte morte ci fa molta impressione. Qui poi tengono anche le handicappate e le malate, per cui gran parte dei soldi raccolti con le donazioni vanno in realtà per accudire e tenere in vita alcune adulte handicappate che altrimenti in ambiente naturale morirebbero.
Quando ci fu lo tsunami diverse persone qui tentarono di prenderne in salvo con sè qualcuna, ma poi la seconda onda travolse e distrusse tutto.
Il biglietto costa solo 300 rupie, cioè meno di due €uro, ne vale la pena, è molto interessante, e inoltre è anche divertente da vedere, e poi è in un ambiente naturale molto bello, pieno di grandi mangrovie, e infine è una opera lodevole perché le tartarughe di mare sono una specie a rischio di estinzione.
Il ponte sul grande fiume Bentota Ganga, appunto a Bentota, segna il confine tra la provincia meridionale e quella occidentale. Subito dopo, a Aluthgama ci sono molti turisti tedeschi e russi. Ci fermiamo per pranzo al ristorante e pasticceria Singhraja (Re Leone), molto pulito e moderno, e bellino, con molti ottimi dolci, la gente viene principalmente per comperare i dolci e portarli a casa.
Watalappa è un dolce tipo pudding inglese, cioè una specie di budino, con sopra dello sciroppo al miele. C'è la melassa da mettere sui dolci o sul pane, palm treakle, e cashew nuts, castagne di cajù.
Mangiamo con sovrabbondanza gran piattoni strapieni di vegetable noodles, chicken noodles, chicken nugget, soup of the day, pane buonissimo, e bibite, per 1675 Rs, cioè meno di dieci €uro in cinque.
Siccome abbiamo avanzato un sacco di noodles, e c'è là fuori un poveretto anziano che chiede la carità, li facciamo mettere in una scatolina da asporto, e glieli diamo a lui che è molto contento e va subito via, forse verso casa.
Riprendiamo il viaggio, attraversiamo il Black river, che è il terzo maggiore fiume dello sri Lanka. A Kalutara, una città che è il capoluogo del distretto, c'è uno stupa nuovo e grande nel quale si può entrare -mentre solitamente gli stupa non hanno un interno- e vedere delle illustrazioni della vita del Buddha. Più oltre vediamo una processione per un funerale buddista, sono tutti in bianco, che è il colore (o l'assenza di colori) del lutto, con davanti tamburo e tromba. Spesso si vedono immagini del Buddha con intorno dei lumini intermittenti, e al proposito vedo una scritta: "all that glitters is good", tutto quel scintillìo, luccichìo è una buona cosa.
Anche gli scolari vestono di bianco, ma per evitare il caldo.
Vediamo ancora manifesti di pubblicità per il nuovo film su Siddharta (vedi: http://www.youtube.com/ watch?v=-RC6fMuzVgU ).
Il principe Siddhartha Gautama era figlio di un Raja dei Sakya (che significa "i potenti", denominazione di un clan guerriero nepalese); i Sakya erano una casta di combattenti, come gli Kshatriya in India, di grado inferiore solo ai brahmani. Visse circa ottant'anni e lasciò il corpo dopo il raggiungimento del paranirvana sotto ad un albero di Bodhi, per cui fu chiamato Buddha Sakyamuni, l'illuminato della stirpe dei Sakya.
Colombo, il cui nome secondo certuni potrebbe derivare da Kol-Amba-Tota che significa “porto del mango”, alterato dai Portoghesi (o secondo certi altri da Kolon tota, porto sulla punta). Venne a lungo chiamata dagli europei Kalambù, un porticciolo secondario dove solo i pescatori maldiviani, arabi e malesi si degnavano di fare sosta. All'inizio dell'Ottocento i britannici svilupparono all'interno le piantagioni degli alberi della gomma e quelle della coltura del thé, che gradualmente sopravanzarono l'importanza della cannella e delle altre spezie, e pertanto crebbe l'importanza di Colombo, dove i coloni ingrandirono e modernizzarono le strutture portuali per l'esportazione dei nuovi prodotti. Così, se a metà del XIX sec. la cittadina aveva circa 10mila abitanti, alla fine dell'Ottocento raggiunse i 150mila, perciò fu dichiarata capitale, e nel 1940 già contava 330mila abitanti. Oggi il municipio cittadino in senso stretto ne conta 670 mila. Ma già da molto prima di arrivare al cartello con la scritta Colombo, la città appare circondata da urbanizzazioni moderne, infatti se il centro storico sta attorno al quartiere chiamato "The Fort", tutta la grande area metropolitana conta ormai due milioni e mezzo di residenti.
Vediamo anche la sede del vecchio parlamento di stile coloniale. Poi facciamo un giro in auto per la parte verde che è molto estesa e curata, e quella moderna del centro, che è modernissima e interessante. Ci sono grandi avenues alberate, un teatro nuovo, un grande centro congressi, la nuova sede della municipalità, attrezzature sportive, universitarie, ambasciate, negozi. Molti giovani fanno sport all'aria aperta, footing, e corsa (resta nella memoria dell'atletica la "radiosa gazzella" di Ceylon, Susanthika Jayasinghe, che nei 200 m. prese l'argento ai mondiali di Atene e poi anche alle olimpiadi di Sidney). Andiamo poi sul lungomare nord, e vediamo anche le torri gemelle del WTC, world trade center di Colombo, a Echelon square, che furono anch'esse obiettivo di vari tentativi di attentati terroristici, per il loro significato simbolico, fortunatamente tutti falliti o sgominati in tempo. Amal ci racconta dell'ultimo, da parte di una donna incinta che era solita frequentare l'adiacente ospedale militare per fare le sue periodiche analisi; da lì si poteva, in un certo modo, riuscire ad entrare nei sotterranei del WTC, e lei era entrata nascondendo dinamite sotto una parte finta del pancione. Il penultimo giorno arrivarono con un camion pieno di esplosivi, hanno sparato contro chi incominciò ad ostacolare il suo procedere verso l'area vicina al WTC (cioè verso il punto sotterraneo presso le fondamenta della torre, dove si trovava lei), e con la sparatoria di risposta il camion è esploso causando la morte di 50 persone nei suoi dintorni.
le torri gemelle del WTC
Che disastri...! e che strascichi che lasciano ancora per molto tempo nella memoria e nell'animo...! Alla fine per fortuna (e per stanchezza) non è rimasto che rassegnarsi al fatto che ci sono due popoli sulla stessa terra, con due lingue, e due o tre o più religioni.E' un po' come nella favola del leone (singhaya), che simboleggia il Potere, che vorrebbe continuare a rimanere l'unico e il solo re della foresta, anche quando oramai non è più il tempo per queste cose, e lui è pure anziano e stanco... Finché la lepre (hawà) riesce ad escogitare uno stratagemma per far sì che il re si rassegni a vivere finalmente in pace con la gazzella (muà), lo zebù, la lepre, la scimmia (wandurà), e tutti gli altri che condividono con lui il paese in cui abitano... tanto più che il regno della foresta è proprio il paese dell'Eden in Terra ... (vedi: Favaro, nella bibliografia in fondo, con i riferimenti).
C'è ora un traffico intensissimo, e ci si rende conto che Colombo è un mondo a parte che assomiglia di più ad altre grandi città del mondo rispetto a ciò che è il paesaggio anche urbano del resto del Paese. Ci sono grandiosi progetti di sviluppo, come un grande centro commerciale, che è anche un hotel a 7 stelle, e un complesso di grandi appartamenti lussuosi, e di uffici. Si chiama Krrish Square, è composto di quattro avveniristiche torri, che sorgeranno dove adesso c'è il mare, a sinistra del bel lungomare con prati e passeggiata. Quindi al momento è quasi ultimata la grande opera di acquisizione dell'area con la gettata di migliaia di grandi massi poi incementati per riempire il fondale marino e creare uno spazio edificabile che faccia da fondamenta ai grattacieli. Certi singalesi dicono: ecco, qui si vede come il presidente sta buttando a mare un sacco di miliardi di rupie... C'è pure una costosissima nuova grande centrale elettrica a diesel... (e un'altra altrettanto grande ma a carbone, è in costruzione al Nord...), quando il Paese non ha problemi per la creazione di centrali idroelettriche...
Amal ci commenta che al momento ancora il Paese non ha uno sviluppo del settore produttivo industriale vero e proprio, la maggiore fonte di entrate è costituita dalle pietre preziose, dal turismo e dalle rimesse degli emigrati. Poi dalle esportazioni di prodotti agricoli o derivati, e dei prodotti dell'artigianato. E' più sviluppato il commercio che non il settore produttivo. Costa meno importare persino le biciclette cinesi che non costruirle. Non solo non si è sviluppata una industria srilankese, ma non si è sviluppata nemmeno la tecnologia, come in India o in Cina. SriLanka dunque nonostante la forte crescita economica, resta fondamentalmente un Paese agricolo, ma ora anche il thé e la gomma sono in declino. Non ha investito in aggiornamenti e sviluppo delle tecnologie, e per questo resta un Paese dipendente dall'economia globale. Non ha ad es. alcun controllo sulle comunicazioni satellitari e telefoniche mobili. Non ci sono ancora specializzazioni in campo industriale. Dunque è più importante il settore commerciale, e quindi finanziario di quello industriale e produttivo. Molti dei lavori pubblici ora sono affidati all'esercito.
Comunque l'autore della nostra guida "Bradt", Royston Ellis, che ci vive da decenni, dice che ci si vive bene. E già Pierre Coutard, giornalista corrispondente da Colombo, in un capitolo della serie "Le capitali del mondo" dell'inizio degli aa. Sessanta, diceva che apprezzava molto i larghi boulevards alberati e i numerosi spazi verdi in cui abbondavano bambù giganti, ebani, palme di vari tipi, buganvillee e oleandri, e c'era pulizia e ordine come difficilmente si poteva trovare in città indiane (e scriveva pure che allora a Colombo c'erano solo il 25% di analfabeti, di contro all' 80% di Calcutta).
Usciamo dalla metropoli, attraversiamo river Kelany Ganga, che è il secondo maggior fiume, e andiamo verso Negombo. Tutta la costa da Kalutara fino a Chilaw è l'area in cui si trova la minoranza cattolica dello Sri Lanka, ma è solo lungo la striscia costiera. Ed è solo a Negombo e dintorni che è maggioritaria.
Il traffico è davvero pesante e fa molto caldo.
Ma infine arriviamo a Negombo, e torniamo al punto di partenza del nostro giro, dalla signora Judith al "Suriya Arana", accolti molto cordialmente. Anche il ragazzo inserviente ci saluta col sorriso (memore della bella mancia che gli diedi partendo). Judith ci da un'altra stanza, pulita e ben tenuta, che è molto spaziosa, addirittura con un soppalco.
E' oramai sera e già si sente la lenta melodia del muezzin musulmano, c'è però una bella arietta dal mare. Judith ci prepara per cena vegetable rice, potatoes, aubergines, dhal, and fruits. Anche stavolta il marito è via per un tour con dei clienti.
Parliamo per skype con i ragazzi a casa, come d'altronde abbiamo potuto fare tutti i giorni in ogni luogo dello Sri Lanka.
Le chiediamo per conto di nostra figlia info sugli smalti per unghie, e lei dice che i migliori sono le copie della Revlon. Già sappiamo di tutta la fabbricazione artigianale di copie autorizzate (e anche non) delle grandi marche occidentali in vari campi, che è una importante caratteristica dello Sri Lanka.
Fuori in giardino c'è un pipistrello impazzito. E poi un grosso coleottero ci viene addosso volando.
La serata è mite e godibile. Facciamo una passeggiatina.
( continua ancora....)
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