Domani, ultima luna nera d'autunno, è il giorno dedicato a San Martino, in cui culmina quel breve periodo "simil-estivo" che precede la fine dell'autunno e gli inizi del periodo invernale, e che in nord America chiamano "indian summer" e da noi appunto "l'estate di San Martino". Stamattina già il sole è più velato delle giornate scorse, e le temperature notturne sono scese.
In questi giorni per me ritorna anche il pensiero a mia nonna materna.
In questi giorni per me ritorna anche il pensiero a mia nonna materna.
Ieri alla mia compagna Annalisa Pinter sono giunte per un controllo le bozze di stampa del suo ultimo libro, che tratta proprio la biografia di mia nonna Fede Paronelli (morta a fine ottobre del 1944).
La chiamavano "la Signora delle Stelle" dato che fu per molti anni apprezzatissima conferenziera alla cattedra del civico Planetario di Milano intitolato a Ulrico Hoepli.
La chiamavano "la Signora delle Stelle" dato che fu per molti anni apprezzatissima conferenziera alla cattedra del civico Planetario di Milano intitolato a Ulrico Hoepli.
Quindi in attesa della oramai imminente uscita del libro vorrei nei prossimi Post mettere sul mio Blog qualcosa su di lei. Già avevo nel novembre del 2012 pubblicato un suo testo poetico su la Notte, e una breve novella all'inizio del mese di ottobre scorso, "All'Alba del Mondo".
Ora invece riporterei alcune pagine di un opera costituita da un dramma teatrale con testo di mia nonna, commentato da una Suite per quintetto d'archi e organo, scritta assieme da Luigi e da Piero Albergoni (un compositore che fu il suo secondo marito), ed eseguito in teatro a Como al palazzo "Giosué Carducci" nel dicembre
del 1929, intitolata "Stelle". Comprende anche una stornellata ("a Mirella") che venne cantata da Carla Censi, mentre la "Danza degli Spiriti delle Vette" e il commento mimico furono create, coreografate e interpretate da Giannina Censi.
Pietro Karr era l'autore dei versi della Danza degli Spiriti delle Vette, e fu in quell'occasione il "lettore" in pubblico del poema, oltre che collaboratore dell'"impresa" (forse si potrebbe trattare del figlio o di un parente del giornalista francese Alphonse Karr, amico di Puccini e di Mascagni).
Lo faccio anche per "salvare" il testo di mia nonna, dato che non fu pubblicato. Spero che possa incontrare il favore dei miei lettori.
Inizio con la "Presentazione":
"Il lavoro che oggi presentiamo al pubblico, il Maestro Piero Albergoni ed io,
è un tentativo; il tentativo d'una forma d'arte nuova ed antichissima nel medesimo tempo; la fusione perfetta tra la poesia e la musica, con qualche sfumatura di danza e di figurazione mimica, che deve render più chiaro, più vivo e palese il Mondo dell'invisibile.
Poiché è cosa più che vera, è cosa da ognuno di noi stessi provata ogni giorno in forma o triste o lieta, che la vita è fatta di due Mondi strettamente collegati tra loro e pure l'un l'altro ben distinti; il mondo tangibile e reale, ed il mondo spirituale, interno e fantastico, invisibile, e pur tanto più vivo de l'altro, dove le passioni lottano e si scatenano, anche se il volto sa conservare la sua maschera d'immobilità.
Questi due mondi, come due serpi amorose, s'avvinghiano così strettamente l'uno a l'altro da non distinguer più, a volte, dove termina lo spirituale e fantastico, e dove il reale; talvolta l'uno ha il sopravvento su l'altro, talvolta camminano di pari passo.
E così musica e poesia, che dipingono or l'uno or l'altro dei due mondi, devono procedere fuse insieme ed aiutate da la danza, a volte, per la rivelazione del mondo psicologico e fantastico.
Il pensiero poetico e passionale deve proseguire ininterrotto, sia che lo enunci l'una o l'altra de le due Arti sorelle, deve assurgere a maggior potenzialità allorché le due, anzi le tre Muse, proseguono d'accordo, tenendosi per mano.
Erato, Euterpo, Tersicore: la Poesia, la Musica, la Danza, devono, nei nostri intendimenti, guidare e svolgere questa lieve trama simbolica, passandosi la parola in così perfetto accordo che il pubblico non debba sentirne interrotta o scossa la continuità di pensiero.
Come già dissi al principio, questo tentativo è insieme nuovo ed antichissimo poiché è risaputo come le rappresentazioni in Grecia fossero formate appunto dai tre elementi: ed oggi l'illustre Romagnoli, rinfrescando a traverso l'abilissima traduzione poetica quella antica forma d'arte, ci diede magnificamente l'occasione di rigustarla. Ma la tragedia greca, anche presentata nella sua veste più perfetta, non può, oggi, commuoverci ancora. Troppo è lontano da la data d'oggi quel mondo di Dèi, d'Eroi, di Re e Regine leggendari, e le loro passioni poco ci toccano, anche se profondamente ammiriamo. Nè la musica che accompagna tale azione può svilupparsi in tutta la sua moderna potenzialità armonica, in tutto il suo italico slancio melodico, dovendo attenersi alla tradizione onde cercar di rendere quanto più fedelmente possibile le antiche forme musicali.
Non con questo che si voglia menomamente sminuire la magnifica riesumazione dei capolavori ellenici! Si vuol semplicemente dire che l'intento è diverso, perché sopratutto modernissimo.
E nemmeno il "Peer Gynt" di Ibsen ci ha ispirato in ciò che abbiamo voluto tentare, poiché là, la musica deliziosa, affascinante nella sua potenza pittorica, scritta da Grieg, è pensiero a sé: ben di rado si fonde con l'azione, e soltanto a sprazzi, come nella Morte di Sè o nella danza d'Anitra. E questa danza p cosa ben reale, non rivelazione del mondo interiore.
Osiamo dire perciò NUOVO il nostro tentativo, data la fusione veramente nuova de le diverse espressioni d'Arte, fusione rispondente, speriamo, a le odierne esigenze d'un pubblico raffinato.
In un lavoro di questo genere la trama, l'azione non può naturalmente esser troppo vivace; poiché se così fosse si sconfinerebbe verso il melodramma, il che è ben lontano dai nostri intendimenti in quest'opera che vuol esser di pura poesia, di simbolo di rivelazione psicologica.
E' dunque poemetto lirico, e la "Guida a la Suite" che trovate nel Programma, vi permetterà di meglio seguire il pensiero musicale.
Abbiamo preferito affrontare prima il pubblico in forma quasi privata col la lettura del poema, anziché con la rappresentazione immediata su le scene, onde avere noi stessi, dal giudizio che avremo su l'opera nostra, la coscienza d'esser più o meno riusciti nell'intento.
Naturalmente l'esecuzione musicale da partitura d'orchestra dovette esser ridotta a quintetto d'archi, affidando a l'organo i fiati, ed al pianoforte la completazione orchestrale; anche la Danza degli Spiriti delle Vette ha naturalmente dovuto subire una riduzione, poiché abbiamo qui la sola prima danzatrice, mentre in iscena vi sarà il corpo intero composto di almeno sei o otto altre danzatrici.
La figurazione scenica dovrete immaginarla a traverso le mie didascalie, per mezzo delle quali cercherò di darvi l'illusione visiva il meglio possibile, e senza disturbare lo svolgimento del pensiero musicale, per il quale, oltre che pregarvi vivamente di seguire sul programma la Guida a la Suite, vi invito pure a badare ai cambiamenti di numero che saranno indicati su l'organo.
Ed ora affidiamo al Vostro giudizio questa nostra creatura, in cui abbiamo messo i nostri più puri intendimenti d'arte, e speriamo esser riusciti a potervi trasportare in quel mondo magnifico del simbolo e delle realizzazione del sogno artistico, nel quale, componendo, ci apparivano guide spirituali, le tre Muse sorelle, simili a le Virtù de la deliziosa figurazione dantesca nel Paradiso Terrestre:
«Tre donne in giro da la destra rota / Venìan danzando …» "
(la Presentazione fu letta da Pietro Karr).
"Stelle" di Fede Paronelli
mia nonna volle porre questa composizione sotto l'egida del sacro fuoco dell'Arte,
e "della bella Vega", "la fulgida stella" da lei preferita, come dirà nel suo ultimo libro, con titolo simile a questo:
"Fra le stelle", in cui scrive di Vega che:"aveva una luce tutta fremente, palpitante, vibrante come una fiammella viva"
"Fra le stelle", in cui scrive di Vega che:"aveva una luce tutta fremente, palpitante, vibrante come una fiammella viva"
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LE PERSONE:
Folco - il pastore giovinetto, snello, ricciuto, dai sognanti occhi profondi, che vive una sua vita d'incanto irreale tra la casta innocenza de la montagna altissima e del cielo; simbolo dell'artista puro, trae la sua ispirazione fresca e sicura da la natura intessa, di cui intende le più segrete voci.
Lo spirito delle Vette - flessuoso, etereo, irreale, figlio de la montagna e de le immensità, avvolto di veli in cui riflettonsi i colori de l'alba d'argento, dei tramonti infocati, de le prata e de l'acque, parla dal suo mondo di mistero e di poesia al puro che sa intenderlo.
Un gruppo di Spiriti de la Montagna - dai molli gesti soavi, che sorridono liberi e beati, tra le erbe, tra i fiori, sotto la vastità del cielo …
Mirella - fresca creatura della realtà, la cui luminosa giovinezza splende nello sguardo vivace, ne la serica lucentezza de le nere, lunghe trecce. Essa apparirà seduta tra le ceste di vimini biondi, su la mula bardata di rosso, quale reginella agreste, nel suo costume di contadina agiata.
Simone - Il vecchio de la montagna. Ha l'aspetto d'eremita e di stregone; porta su le spalle una bisaccia vuota, e, legati a la mazza, ramuscelli, e fili d'erba medica, e fiori da le portentose virtù sanatrici, ed i suoi piccoli occhi acutissimi, ne dicono la scaltrezza e l'avidità.
Luca - Rude e forte giovinotto del contado; agiato padrone di terre e di mandre, e fidanzato di Mirella.
IL PROLOGO:
A l'aprirsi lentissimo del velario apparirà, tra nebbie vaghe, fluttuanti, un lembo di mondo spirituale, indefinito nel tempo e ne lo spazio. Seduto sur un masso erboso, che emerge chiaro e bene illuminato dalla mobile cortina nebbiosa, avvolto ne le sue pelli, calzato di sandali primitivi, sta il giovane pastore, intento al paziente lavoro d'intaglio. Accanto a lui arde quieto un focherello, tra i sassi, e posano su l'erba gli arnesi, il rozzo ceppo non ancora sgrossato, l'umile bisaccia in pelle caprina e la cornamusa canora.
Intorno intorno è l'alta pace de la montagna, già tutta rosea e violetta nei bagliori soavi del tramonto imminente. Tra i lenti vapori che sfumano il quadro sereno s'intravede, nel pallore del cielo vespertino, la tenue falce de la nuova luna.
SCENA unica
Folco:
Oh cielo, o mio bel cielo immenso
dove lo spirito mio spazia e s'accende,
non velarti sì rapido! Rimani,
rimani azzurro e chiaro un altro poco!
Vorrei ancora modellare il volto
de la fata Esmeralda, e il molle nimbo
de' suoi fini capelli …
Soave il primo e soffici i secondi
come li vedo nel mio incanto …
(riprende il lavoro paziente)
Tace
la montagna e s'addorme …
E' dolce l'ora,
e già mi pesa l'intagliare, e il sogno
come sempre, m'afferra e m'incatena…
Ecco; il sole, tuffato nei vapori
lontani, già è scomparso e già trascina
silenziosamente dietro di sé
l'orizzonte di luce …
(si alza, raduna i ferri, raccoglie i trucioli e li sparge sul focherello, che d d'un tratto si ravviva)
Qui, sul foco,
ardete e discioglietevi nel vento
o scorie de' miei sogni! … Non la vile
immondezza v'attende, ma il bel foco
vi torca e vi distrugga,
così che puri, ne l'immenso azzurro
risaliate, ché sacra tutta appare
la ruvida materia che si sfalda
sotto il paziente lavorìo dell'arte.
[eccetera eccetera, poi una volta terminata la scena del prologo seguiranno tre Atti]
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