sabato 30 luglio 2011

Chimere sulle isole felici

Ad Atene, alle feste in onore di Dionyso nel 414 a.C., Aristofane presentò una sua commedia intitolata "Gli uccelli", che non vinse il premio, ma che restò famosa. Si racconta di due amici, Buoncompagno e Sperainbene, che abbandonano questa società travagliata da beghe politiche, processi e affanni vari, per rifugiarsi in un mondo ideale. Dopo aver girato inutilmente per il bosco guidati da una cornacchia, incontrano una upupa e chiedono a lei dove si possa trovare una società in cui si viva in pace e serenità.
Durante il loro viaggio dunque ascoltiamo il racconto della fondazione tra le nuvole della città degli uccelli, chiamata Nubicuculia, ma ad un certo punto il coro dei volatili diviene sospettoso e considera i due uomini come spie o nemici, e l'upupa come una traditrice.
Intanto avendo saputo della felice condizione di quella organizzazione sociale, varie persone si presenteranno per chiedere di poter avere le penne e dichiarando di volersi trasformare in uccelli, ma molti non daranno buona prova di sè, come il poeta che si sentiva un usignolo e invece produceva solo parole banali prive di quelle melodiose attrattive e degli aerei contenuti che diceva di esser in grado di trasmettere all'uditorio.
Aristofane provoca dunque il riso liberatorio satireggiando su quanti promettevano alla sua epoca di saper aprire il mondo a meravigliose nuove sorti che però poi risultava che non si confacevano alle reali umane esigenze.
Testi che ci richiamano alla mente racconti più moderni come quello di Johnathan Swift, "I viaggi di Gulliver in vari paesi lontani del mondo", del 1725, in cui tra l'altro si descrivono l'affascinante società dei cavalli còlti huyhnhm, e altre meraviglie, in cui dopo un poco ci si rende conto di quanto ad es. quella cavallinità accademica sia pedante e insulsa pur possedendo una grande istruzione scientifica.
Sono testi che divertivano perchè ironizzavano e scherzavano su quanti si illudevano sulle magnifiche nuove sorti progressive, e pensavano appunto: magari venisse questo -oppure quell'altro- nuovo regime!...potremmo vivere finalmente felici svolazzando come uccellini tra le nuvolette, senza più problemi...., oppure che solo a chi ha tanta bella parlantina ci si può veramente affidare. Ma questi testi costituivano anche una sferzante satira contro quanti su simili ingenue speranze ci camparono, vendendo chimere impossibili.  Mestiere assai diffuso e che ha il sapore amaro della presa in giro. Ma quando in un raggiro molti ci sono cascati in perfetta e ingenua buona fede, allora il riderne è liberatorio. Guai alla società che non consenta l'espressione della satira sociale e politica, sarebbe una ben triste e frustrata società.


L'utopia non è più di moda perchè abbiamo avuto già fin troppe delusioni. Perciò oggigiorno si fa poca satira, perchè come è noto, chi è rimasto deluso non è tanto incline a sentirsi prendere in giro. Pertanto avendo perso l'ottimismo, siamo sarcastici verso  chi nutre ancora ingenue speranze che il tempo porti straordinari progressi risolutivi di tutti i problemi, ma nel contempo ci da fastidio che si faccia della satira scherzando su quelli che magari si erano illusi sino a ieri, che  sarebbe presto giunto il regno dell'abbondanza con la realizzazione di una società senza più problemi. Forse la chimera si è rivelata troppo bruscamente una distopia (=una utopia negativa)...
Ma a parte le convinzioni e le illusioni politiche, ho scritto queste notarelle perché anche tra chi viaggia si formano a volte mitizzazioni sui paesi lontani che vengono visti come modelli alternativi alla nostra declinante società di modello occidentale-industriale. E ad ogni generazione sorgono nuovi tipi di Orientalismo… Comunque è e sarà sempre incessante la ricerca di paradisi perduti in cui ritrovare pace e comunione con la natura e con i nostri simili, e in fondo anche inseguire materialmente questo orizzonte sfuggente fa parte delle più forti motivazioni al viaggiare.

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