SPECCHIO CELESTIALE
Come fossi legno pesante
di tek ben levigato
sto inerme
sdraiato sul mio divano,
mentre il vento con la faccia gonfia
soffia alla Sturm und Drang
a spettinare tutti i prati, e le piante
che danzano un po' preoccupate,
e intanto m'entra nelle orecchie
indisturbato,
a far ballare
senza alcun sonoro
il timpano destro all'unisono col sinistro.
Son crollato addormentato
e sto appoggiato su un sogno
pomeridiano.
Ristagno lì senza affondare,
in irreale virtualità.
Ma il poeta dice: "verrà...e avrà i Suoi occhi",
dille che ci starei se avesse anche quel bel viso che aveva.
Tengo tuttavia ancora il filo
dell'aquilone onirico
che sbatacchia, come nero simulacro d'un falco,
e che pare appoggiato a rovescio
sulle nuvole alte,
senza ambire a più vertiginose altezze,
e senza sprofondarvi dentro
all'insù.
Ma forse se ne sta là
e mi guarda beffardo,
come sdraiato su un divano.
(1997)
Come fossi legno pesante
di tek ben levigato
sto inerme
sdraiato sul mio divano,
mentre il vento con la faccia gonfia
soffia alla Sturm und Drang
a spettinare tutti i prati, e le piante
che danzano un po' preoccupate,
e intanto m'entra nelle orecchie
indisturbato,
a far ballare
senza alcun sonoro
il timpano destro all'unisono col sinistro.
Son crollato addormentato
e sto appoggiato su un sogno
pomeridiano.
Ristagno lì senza affondare,
in irreale virtualità.
Ma il poeta dice: "verrà...e avrà i Suoi occhi",
dille che ci starei se avesse anche quel bel viso che aveva.
Tengo tuttavia ancora il filo
dell'aquilone onirico
che sbatacchia, come nero simulacro d'un falco,
e che pare appoggiato a rovescio
sulle nuvole alte,
senza ambire a più vertiginose altezze,
e senza sprofondarvi dentro
all'insù.
Ma forse se ne sta là
e mi guarda beffardo,
come sdraiato su un divano.
(1997)
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