giovedì 8 settembre 2011

intervista ad Anna Marchesini

Ecco il testo di un'intervista che Anna Marchesini (sapete quella che era nel trio Marchesini - Solenghi - Lopez) ha dato da Fazio quest'inverno. A me è piaciuta tanto che ho voluto stare a trascrivermi parte del testo:



Intervista-presentazione del suo libro autobiografico ("Il terrazzino dei gerani timidi", Rizzoli) a "Che tempo che fa", con Fabio Fazio, Rai3, domenica 6 febbraio 2011

FF il libro di Anna mi ha molto colpito e anche sorpreso perché so quanto questo libro è vero, quanto arduo anche è stato scriverlo, quanta fatica, quanta sincerità,  quanta necessaria spudoratezza ci sia stata nel raccontarlo, (...) questo è un libro in cui si capisce che cosa ci sia dietro al comico, nel senso che è un libro che racconta delle radici da dove tutto nasce, anche quanto dolore, quanta necessaria meditazione ci sia...
AM infatti non è che la comicità sia superficialità ma per me è la forma più alta di espressione, naturalmente qualcosa la devi aver vissuta,  conosciuta, attraversata e anche esserti fatto attraversare per averla dentro, appieno per poi anche riuscire ad avere la visione del contrario, dell'ombra delle cose, del senso dell'opposto, per poi poter fare la capriola della risata, che poi è anche una capriola nel vuoto... è un acrobazismo terribile...
FF quanto alle motivazioni, dici riferendoti a un pensiero che avevi da bambina: avrei un giorno scritto un libro, "avrei scritto delle solitudini, e se avessi avuto il coraggio, dei miei passi nel dolore, nella mia vita timida, sarei andata a frugare dentro al corpo in ombra, li avrei ritrovati custoditi e segreti come in quel recinto i miei pensieri come dentro quei gerani muti che tutto avevano visto". E infatti questo terrazzino in cui stai realmente accovacciata come questa bambina raffigurata sulla copertina, è per es. un libro sulla solitudine e su quanto dolore ci sia anche nei bambini.
AM io sono una terza figlia, non una figlia unica, diciamo però che nel bambino si vivono le "prime volte", quindi l'irruzione certamente della visione della gioia, della natura, del sole, della pappa, e della felicità irrompe quando si è piccoli, però irrompe anche il seme, la nascita dell'infelicità, del terribile, dell'irreparabile, irrompono anche le paure e le fantasie che il bambino si fa sulle cose e sulla verità delle cose, ...
FF e spesso, come hai detto bene tu, insomma qua il confine tra il comico e il tragico è totalmente indistinguibile perché uno inizia dove finisce l'altro, quindi...
AM io penso che da qualche parte le emozioni escano tutte insieme, no? come in un magma così indistinto..
FF però la prima cosa che si nota nel libro è la tua scoperta del dolore negli altri innanzitutto in tua madre, e in questo senso questo libro è anche una seduta psicanalitica, il dolore nella suora, perché qui c'è l'aspetto religioso nel quale sei stata cresciuta, educata, che è molto presente, il dolore di alcuni protagonisti... e soprattutto viene fuori che certi fatti, accadimenti che per alcuni sono totalmente  insignificanti, tu già allora li hai notati e annotati, e ti hanno formato..
AM poi vallo a dire... forse non vengono rilevati ma il peso specifico delle cose dipende da come le abbiamo vissute e da come poi ci si rende conto di viverle, per cui una stessa cosa, che può essere che so un alito di vento, uno sbuffo di una scorreggia di gallina, e che però può essere anche una cosa gravissima, ma la bambina del racconto ha vissuto le cose in una maniera profonda, con molti sensi accesi... (FF consapevolezza?) la consapevolezza poi può essere avvertita nell'individuo adulto, ma sicuramente c'è nell'infanzia un avvertimento, che è corporeo, che è sentimentale, emotivo ...
FF parliamo anche dell'educazione religiosa ...
AM sai, parliamo degli anni Cinquanta ... e allora le suore avevano su di noi uno stretto controllo, attraverso i "Ricreatòri", le funzioni, le dottrine, le messe, le domeniche, ma poi c'era il prete, il vescovo, e poi c'era Dio (scusino), nel senso che noi avevamo la sicurezza che ci controllasse sempre comunque qualcuno, se non altro Dio che controlla anche i pensieri, e quindi non potevamo assolutamente  scappare, la nostra coscienza era guardata a vista...
FF quindi il dovere come espiazione del peccato originale ?
AM eh il dovere, il senso del dovere non è... si dice "prima il dovere poi il piacere", che poi il piacere intanto non arrivava mai, e poi il piacere dopo tanto dovere non ci piaceva più..., e poi comunque il piacere con parsimonia... se no poi diventa vizio!, quindi ad es il gelato, si comprava quello piccolo da trenta lire...
Al ricreatorio della domenica non ci si ricreava per niente, si ricreavano i genitori che ci mandavano lì... in questo -diciamo- Lager religioso, dove ci davano pure le bacchettate, ci facevano stare in ginocchio, a volte ci punivano, e dove ... ma che palle questo discorso!.... (...) 
FF per chiudere con questo aspetto, tu hai trascorso molto tempo nelle visite.. per esempio nel giorno della tua prima comunione...
AM sì perché quello era un giorno di festa (che poi questa festa non si è manifestata diciamo) e dunque bisognava offrirlo, dedicarlo a chi soffre, e allora in quel giorno come anche in molti altri, si andava in visita ai malati, visita alle morte, negli ospedali, con i bollitori delle siringhe di vetro, ... i ceri... quelle cose... (...) e poi la visita alla vecchia sorella del prete, ed è lei che dice quella frase storica: "quant'è buffa la felicità!..." ed era un personaggio beckettiano, con gli occhiali neri, ... (...) 
FF il libro procede col tempo delle meditazioni di questa bambina che trascorre molto tempo su questo terrazzino dai gerani timidi, per cui alla fine ci si chiede se si può essere salvati... e la salvezza per te arriva con la scoperta del teatro...
AM sì della letteratura prima di tutti, nel senso di un amore e di una passione tali che mi ha reso quasi autonoma dal quotidiano e da tutto quel che ho descritto, poi anche...  con tutto il filo del sogno che percorre la mia vita tutt' ora, nel senso che l'elemento del sogno... ma non il sogno nel senso di qualcosa che rimane lì o come qualcosa di così irraggiungibile da non poterlo tenere caldo, no invece di così raggiungibile da doverlo costantemente inseguire e mai abbassando la sua  altezza, quindi il filo del sogno, la poesia, il silenzio, la solitudine che sono stata come obbligata ad amare ...
FF perché tu dici che sei stata praticamente come costruita... costruzione poi solidissima per la tua vita e per il tuo lavoro...
AM sì è come la costruzione dell'infelicità, per cui a un certo punto dico: c'è qualcosa di straordinariamente bello nell'infelicità, certamente non pensando alla miseria quella che a volte devi vivere, può essere difficile dire questo (...), ma nella trasposizione letteraria, quando ad es, io studiavo Leopardi e dicevo "Madonna ma cambierei la mia vita con quella di questo sfigato?". però poi uno dice: ma forse avrei accettato di vivere male così pur di scrivere bene così, mi sarei messa un sasso in tasca come Virginia Wolf e sarei affondata nel lago, pur di scrivere quelle pagine?... (...) è una bella domanda...
FF questo romanzo nel suo filo di pensiero, di sogno, di meditazione, è anche una dimostrazione di amore per la letteratura...sono raccontati in questo filo di pensiero e di meditazione molti personaggi, come il signor Terenzio che è l'incarnazione del dolore più indicibile...
AM sì il dolore supremo e la follia, cioè il modo in cui un dolore si è organizzato per sopravvivere a sè stesso, che è una forma di pazzia innocua, però conoscere qualcuno che è fermo in un mondo impenetrabile... è un po' come le "prime volte" sono tutte le irruzioni di qualcosa... per non sentire più nulla, ... in realtà è il modo in cui il dolore si conservava, si poteva conservare, perché queste sono tutte come lenzuola di lino, per cui la follia, ma come anche la letteratura stessa, sono modi di costruire dei monumenti, dei sepolcri dorati, delle poesie meravigliose al dolore, che dobbiamo guardare e anche rendere rappresentabile... 
FF un libro il cui linguaggio è particolare
AM nel libro come a teatro a me piace trovare il linguaggio costruito, non il  parlato, quello quotidiano o del cinema, mentre a teatro, perlomeno quello che piace a me,   come anche quel che piace a me leggere, non è solamente il contenuto di quel libro, ma come è stato scritto, cioè anche proprio le parole che sono state scritte,  come sono state imbastite queste parole, questa scrittura, com'è la costruzione di un modo di raccontare con le parole quel che le parole non potrebbero raccontare, e in realtà riescono, attraverso la poesia, la lirica, la passione, e anche il fatto che le parole sono come la cartine delle caramelle con il ripieno dentro (...)
FF per finire dunque tornerei a quel fatto cioè che era immancabile che tua mamma ti portasse in visita all'ospedale...
AM io sono cresciuta con le visite all'ospedale a persone che morivano, ma che io non avevo mai viste, e che soffrivano tanto... si conosceva sempre qualche malato, e mamma diceva che in un comune piccolo tu lo vedi dove vanno le tue tasse, e vanno anche nell'assistenza, per cui lei diceva che quelli erano tutti nostri assistiti, lei si sentiva come partecipe di questo servizio pubblico, e quindi c'era sempre qualcuno che bisognava andare a trovare, quindi io sono stata anche trascinata, anche appunto il giorno della festa della prima comunione, all'ospedale per andare a trovare tizia e caio... quello che l'hanno ripreso per un capello... io non li conoscevo, non mi erano nulla, eppure dovevo vedere questi ascessi, le gambe secche delle vecchie, le piaghe "da cupìdo"... "della cubito"... però con questi ho finito per guardare anche qualcosa di più...le vite degli altri, che ti arrivano...

La puoi anche guardare su

Nessun commento:

Posta un commento