lunedì 30 nov. Pumaquero è stato alla facoltà di Farmacia, presso il chiostro di Santa Maria delle Grazie, in via fossato di Mortara, in aula F3 dalle ore 15, invitato dalla prof. Anna Siniscalchi, presidente della associazione "Farmacie senza frontiere" e docente di Farmacologia, e dal prof.Gianni Sacchetti, docente di Risorse agrotecnologiche e farmaceutiche, dove ha tenuto una lezione-seminario di due ore sull'erbario e le pratiche di cura tradizionali delle Ande dell'Ecuador:
"Medicina tradizionale andina",
in cui tratterà delle cure con farmaci naturali in collegamento con aspetti della spiritualita”
innanzitutto Pumaquero arrivando si ferma nel cortile e raccoglie alcune erbe dal prato, poi una volta entrato chiede che uno studente esca e gli porti qualche erba tipica di questo territorio. Quindi le dispone sulla cattedra e compie una meditazione e un rito di ringraziamento alle erbe lì disposte. Solo a questo punto si presenta e poi al suono del suo tamburo intona un breve canto.
Gli esseri animali sono sempre dipesi dalle piante e dagli altri esseri viventi vegetali, sin dall'inizio stesso della loro esistenza. Gli esseri umani hanno da sempre raccolto frutti, foglie, erbe, bacche, radici, per alimentazione e poi per curarsi; quindi hanno iniziato a coltivarle per proprio uso. Ne appresero l'uso osservando gli altri animali i quali istintivamente sanno distinguere per la loro alimentazione i vegetali venefici e quelli benefici, come d'altronde l'uomo stesso. Poi l'essere umano apprese a trattarli, lavorarli, e infine cucinarli. L'essere umano sviluppò e affinò diverse tecniche di trattamento sia dei vegetali commestibili che di quelli "innocui" e di quelli venefici. La tecnica che gli è più specifica è quella dell'utilizzo dell'energia del fuoco, poi combinata con quella dell'acqua e di vari succhi. Giunse dunque a cucinare gli alimenti, e anche a condensare, concentrare, estrarre ciò che ora chiamiamo i principi attivi, mediante infusioni, o facendo bollire foglie, o decotti, con l'obiettivo di raggiungere una maggiore concentrazione e una più lunga conservazione delle qualità curative di ciascuno dei vegetali che sottoponeva a trattamento. Quindi sottolinea che è sempre importante ricordarci della storia dei nostri predecessori e antenati da cui deriva tutta la nostra cultura sia materiale che intellettuale e spirituale.
Poi Pumaquero ci tiene a chiarire che lui non è né uno sciamano, né un curandero, ma uno studioso di erboristeria e un naturalista, per cui segue a volte anche delle persone che hanno dei disagi o delle infermità, consigliando loro di prepararsi certi infusi, o creme, o decotti, per alleviare i disagi e favorire un miglior decorso della malattia. Quindi il suo è un approccio di "sananzione" più che di guarigione dal punto di vista medico. Ma anche segue da vicino le persone con consigli relativi alla dieta, agli orari corretti e alle modalità in cui assumere quei prodotti naturali trattati, e indicando canti, musiche, ritmi, fumenti, pensieri che potrebbero aiutare chi ne ha bisogno. Quindi conclude dicendo che lui è uno che aiuta le persone a gestire i propri disagi, e si prende amorevolmente cura di loro, ma che il soggetto del percorso di guarigione è sempre l'interessato, e che lui solo lo assiste nel consigliare come comportarsi, e con che animo affrontare i problemi.
Certo a monte di questa attività sta un sapere, che va sempre verificato e approfondito, relativo all'erbario ma anche ai principi attivi, ad aspetti chimici, fisici, botanici, e ad aspetti specifici della cultura tradizionale, della medicina popolare tramandata oralmente, e della spiritualità andina con le sue credenze e ritualità. Ma a questo va affiancata appunto anche una conoscenza e un aggiornamento sul piano scientifico della farmacopea e delle ricerche condotte nel mondo sulle proprietà dei prodotti naturali del suo paese e dei paesi andini.
Quindi espone sommariamente le tradizioni della medicina tradizionale andina e della farmacopea indigena dell'area del Chimborazo. Questi saperi sono insegnati presso l'istituto superiore di conoscenze autoctone Jatun Yachay Wasi, da lui diretto, soprattutto nei corsi di Agropecuaria, di Gastronomia andina, e di Medicina tradizionale andina. In questi corsi si apprendono i consigli tradizionali per quanto riguarda ad es. la semina e la crescita di varie piante, per cui vi è un grande orto sperimentale fatto a cerchio, con i vari "spicchi" dedicati a piante differenti con modalità di cura e tempi di crescita differenziati, oppure a proposito della raccolta delle varie piante, se vada fatta prima, durante o dopo il plenilunio, o in corrispondenza di quali fasi lunari. Come si dovrebbero raccogliere e poi trattare diversamente i vari fiori, foglie, frutti, cortecce, o radici, oppure si studiano quali sono le proprietà delle loro differenti parti, e come conservarle, tramite essicazione o altro. Inoltre se farne con il nostro corpo un uso interno, esterno, o particolare. Come si preparino decotti, bolliti, infusioni, tisane, succhi o sughi, come si faccia la macerazione, o si usi per tintura, o come rendere il prodotto polverizzato. Quali funghi o radici o bacche o muffe o escrescenze ecc. siano commestibili no, o come renderli tali, quale il loro uso per la gastronomia, eccetera
Inoltre c'è anche tutta una parte di studi sociali che coinvolge le piante e le piantagioni. Si studia la storia delle produzioni e la storia delle abitudini alimentari originarie del paese, prima che venissero introdotte piante e vegetali estranei, e abitudini alimentari spagnole. Nella storia più recente si esamina come la produzione prevalentemente impostata per l'esportazione costituisca una minaccia per le colture locali di sussistenza. E anche altri modi per "fabbricare miseria", ad esempio tramite dighe e sbarramenti, che poi portano a una ristrutturazione delle produzioni agricole a valle dello sbarramento d'acqua. Oppure introducendo metodi di produzione di massa, in luoghi inadatti a questo fine, O con il problema gravissimo e dilagante della deforestazione o disboscamento del territorio. Quinsi si insegna a calcolare quanto terreno e con quali produzioni dovrebbe esserci nei dintorni di un abitato, perché questo possa soddisfare il minimo necessario per alimentare la popolazione e il bestiame che ci abita, con particolare cura per ciò che necessita per l'alimentazione dei neonati, dei piccoli, dei vecchi e dei malati.
In seguito tratta il tema del potere delle piante per migliorare la salute umana e dei mammiferi. Espone anche alcune ritualità della medicina indigena e il loro significato nel contesto della loro cultura.
Infine chiede a chi vuole di avvicinarsi e porre i palmi delle mani a breve distanza sulle differenti erbe che vi sono sulla scrivania, e provare a sentire se giunge qualche sensazione. Dopo aver compiuto nuovamente un rito in cui ringrazia ciascuna pianta per l'aiuto che potrà darci, richiama a verificare se ora qualcuno avverte qualche vibrazione o sensazione. E in effetti in diversi dicono di aver provato una sensazione di freschezza salire ai palmi delle mani. In effetti loro distinguono piante e erbe con energia calda o con energia fresca.
Per cui invita a non dimenticare mai che si tratta di esseri viventi che hanno non solo loro proprietà chimiche ma anche loro vibrazioni energetiche specifiche e che in qualche modo si può entrare in contatto con esse. Quindi chiede agli studenti di farmacia che gli stanno di fronte numerosi, che il loro trattamento sia sempre rispettoso e consapevole di ciò che le piante e le erbe ci danno, mostrando loro gratitudine, ma almeno rispettandole. Ci vorrebbe un clima culturale di maggiore armonia con le altre specie diverse dalla nostra.
Seguono molte domande.
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La sera di martedì 1° dicembre si reca al Café de la paix, in piazzetta Corelli, per una serata organizzata da Ghila Pancera per conto della cooperativa Camelot, in collaborazione con le associazioni "il germoglio" e "gli Irregolari", e sotto l'egida del "Centro Amiche/ci della Nonviolenza", diretto da Daniele Lugli,
a parlare del diritto consuetudinario andino, e della propria attività come camachi, cioè mediatore di pace, o juez de paz, per la soluzione di conflitti interni. Dopodiché passa a trattare dei temi della lotta pacifica per la rivendicazione dei diritti delle minoranze, e dell’educazione interculturale, nell’ esperienza dei popoli nativi dell’Ecuador.
a parlare del diritto consuetudinario andino, e della propria attività come camachi, cioè mediatore di pace, o juez de paz, per la soluzione di conflitti interni. Dopodiché passa a trattare dei temi della lotta pacifica per la rivendicazione dei diritti delle minoranze, e dell’educazione interculturale, nell’ esperienza dei popoli nativi dell’Ecuador.
Anche in questa occasione mostra dei filmati e delle foto relative ad alcune attività svolte recentemente in questi campi fornendo esempi di varie situazioni problematiche.
Seguono molte domande da parte del numeroso pubblico. La serata continua con un aperitivo e cena.
Si veda un resoconto dell'interessante conferenza-dibattito, ad es. in
http://gruppoamarelo.wordpress.com/page/6/?pages-list
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