venerdì 3 agosto 2012

sto leggendo Ph. Dick


Da ieri sono in montagna, e sto continuando a leggere Philip K. Dick (come vi avevo già scritto sul blog il 24 giugno e l' 1 e il 2 luglio); per darvi una idea di chi sia (se non conoscete questo autore, e filosofo), vi riporto un mix di recensioni di sue opere che qui ho ritoccato e fuso:

Philip K. Dick ha dato voce e immagini alle tematiche piú radicali: il tema del ricordo e della rimozione, il rapporto tra individuo e potere, la nascita e l'affermarsi di una società tecnologica e autoritaria, l'ascesa inarrestabile delle grandi corporazioni economiche e finanziarie a livello planetario globale. Riflessioni che Dick ha avviato fin dagli anni Cinquanta, e che hanno avuto un influsso profondissimo sull'immaginario contemporaneo, rendendolo un autore profetico e anticipatore.

Dick ha dedicato tutta la sua vita a interrogare e interrogarsi sulla natura ultima di ciò che intendiamo per realtà e di ciò che essa potrebbe effettivamente essere, quindi sulla natura della percezione e della appercezione, sulla malleabilità dello spazio così come del tempo e del suo "scorrere" lineare(?), su cosa si possa intendere per "umano", quale sia la sua quintessenza specifica, e quindi sul rapporto e sulla distinzione tra ciò che è naturale e le sue artificiali riproduzioni o repliche, e infine sulla relazione tra umano e divino.

Dick esprime il suo complesso mondo interiore nella maniera più compiuta. Agli slittamenti progressivi e inarrestabili della realtà, si aggiungono dunque anche i vistosi contorcimenti del tempo, problematiche a cui l'autore ha sempre mirato e che ossessivamente ha perseguito. Si alternano nei suoi romanzi e racconti l' evoluzione dell'automazione e di simulacri artificiali; la sostituzione della memoria biologica con una memoria artificiale premodellata ad arte; l'impossibilità di distinguere l'essere umano "biologico e organico" a base di carbonio,  da un fantascientifico replicante androide sintetico e a base di silicio... (dalla realizzazione del quale oggi non siamo poi tanto lontani, si pensi solo a tutti i "pezzi di ricambio" oramai disponibili, per cui già si parla di "uomo bionico", e i progressi della tecnologia di manipolazione genetica ).

Le ultime sue opere prima di morire troppo prematuramente nel 1982, riguardano la sua visione "ionica" e postmoderna dell'universo come una grande mente con le proprie sinapsi. Con vigore visionario e magnifiche immagini e intuizioni, ci introduce nel cuore stesso del mistero del cosmo. I suoi concetti di spazio sono non- e post- euclidei, e il tempo presenta molteplici stratificazioni e svolgimenti anche contorti in cui i vari livelli si toccano e si intersecano.

Tutto cominciò all'inizio del 1974 con una rivelazione accompagnata da visioni, di una forma non umana ed estremamente complessa di intelligenza ordinativa chiamata VALIS (Vast Active Living Intelligence System).

Chi o cos'è Valis? È un'imperscrutabile entità intelligente che vive nello spazio profondo, e che emana uno sconvolgente flusso di informazioni ? o forse una formula, o una energia? o, ancora, un essere vivente vero e proprio? Philip Dick ritorna a porre i suoi interrogativi: cosa rappresentano la realtà e il divino? Esistono davvero oppure sono semplicemente concetti partoriti dalla nostra mente? un onnipresente "spirito" onnisciente è capace di impregnare di sé l'universo: "La trilogia di Valis" è l'ennesima, efficacissima variazione dickiana sul tema della realtà-divinità nel contesto della quale gli uomini si dibattono. ("quel che ho visto è reale, cosa sia però proprio non lo so né mi aspetto di saperlo mai").

I suoi laceranti dubbi si esprimono attraverso l'impietoso giudizio della propria componente femminile, che scetticamente partecipa alla sua ricerca della verità metafisica, decidendo infine di abbandonarlo al proprio destino. Con ciò forse allude alla presenza nel suo subconscio, della gemella monozigota morta poco dopo la nascita ("in rapporto a lei io sono condannato a essere sempre insieme/separato in una oscillazione", così scrive in Exegesis ).

Nel corso di un'attività letteraria che comprende romanzi, racconti di fantascienza e storie non collocabili in generi letterari precisi, Dick si proclama non già solo autore di fantascienza, ma ricercatore del fantastico. Fu accusato di essere un autore schizofrenico, e Dick rivendicò questa condizione, definendosi "personalità schizoide o pre-schizofrenica", dando al termine un' accezione particolare: è una condizione che determina sofferenza reale, ma anche una grande libertà creativa e immaginativa. Grazie ad essa Dick riesce a immaginare una realtà al di fuori dei limiti consueti, con un processo simile al misticismo, agli stati di allucinazione indotti da sostanze psichedeliche, oppure dovuti a spontanee manifestazioni neurologiche.

"Fortuna e sfortuna non si possono avere simultaneamente. O ... sì ?", scrive Dick in "La svastica sul sole".

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