lunedì 11 maggio 2015

Presentazione de "lo sguardo del condor"

 venerdì sera 15 maggio c'è stata la presentazione del mio libro sul viaggio in Perù, a Bondeno (FE),
per iniziativa e a cura del dr. Fabrizio Resca.

La sala conferenze era piena, quindi c'erano almeno 35 persone nonostante il maltempo.
Ha aperto la serata l'Assessore al territorio e alla cultura, poi il dr. Resca ha presentato il libro e quindi mi ha rivolto alcune domande. Due persone hanno letto ad alta voce dei brani, e un giovane ha suonato in sottofondo la chitarra classica con temi sudamericani, mentre scorrevano alcune mie foto. Sono andate vendute tutte e sette le copie portate.
Riporto la trascrizione di una parziale registrazione fatta quella sera.



Presentazione di Fabrizio Resca:
Spenderò poche parole per spiegare che cosa ci comunica la lettura di questo libro che è un diario di viaggio, e mi piacerà parlare fra un attimo di quella che è la differenza tra diario di viaggio e il vissuto di viaggio, che sono due realtà per me molto importanti, visto che anch'io ho scritto qualcosa, come il diario dalla Russia che adesso è alla sua quarta ristampa. Ma prima lascierò la parola all'assessore Simone Saletti, assessore alla promozione del territorio, che ci teneva a dire qualcosa anche perché è pure lui un viaggiatore. 
Carlo specifica in una maniera molto attenta già nella prefazione, ma anche nella postfazione, una cosa: quanto sia importante l'incontro con le persone. Egualmente era così in un precedente diario di viaggio, "Il viandante e lo sciamano" (pure molto bello che è sempre relativo a un viaggio sulle Ande anche se in Ecuador), in cui parlava di un incontro con uno "sciamano" (che è poi anche venuto a Ferrara). Io ho avuto forse più occasioni di girare per il mondo, e di utilizzare quello che gli antropologi chiamano il metodo dell'osservazione partecipante, cioè la possibilità di conoscere persone e fermarmi un pochino, magari stando seduto sul divano, a vedere che cosa la gente faceva, cosa mangiava alla mattina per colazione, come si muoveva durante la giornata e come viveva a livello di relazioni personali, peraltro nell'ambito della società in cui si trovavano a muoversi. Da quel tipo di esperienza nasce il diario di viaggio, il vissuto invece, sul piano prettamente conoscitivo, è quello che Carlo usa come strumento, il che non è che impedisca di usare nel diario anche il vissuto, anzi. 
Italo Calvino scriveva che il Gran Kan chiese a Marco Polo: "viaggi per rivivere il tuo passato? o per ritrovare il tuo futuro? E Marco: L'altrove è uno specchio in negativo, il viaggiatore riconosce il poco che è suo, scoprendo il molto che non aveva avuto".
Ad un certo punto nella postfazione Carlo Pancera dice che piuttosto che utilizzare il metodo saggistico, per la conoscenza dell'uomo e delle persone che si incontrano in un viaggio, ritiene più idoneo, proprio sul piano che è la sua specializzazione cioè quello dell'educazione, utilizzare una narrazione di viaggio. Una narrazione che può essere sicuramente anche più fruibile sul piano della lettura anche per le persone meno addette ai lavori. Questo è quello che lui fa con questo diario, però tenendo un registro molto alto, ed è qui la differenza sostanziale con i noiosi resoconti di viaggio che in gran numero si trovano in internet. 
Io sono del parere che al di là di tante belle foto quel che conta sia la gente che si incontra, che sia la gente la ricchezza del mondo, sopratutto collocandola all'interno della società in cui vive… E' per questo che poi se si ritorna in un luogo si possono provare dei "monenti magici". Carlo cita il concetto di "effetto magico" formulato da Jung, e già scorrendo alcune pagine del libro si avverte come l'autore riesca a farci vedere le immagini che scorrono come se chi le vede fosse dotato degli occhi di un bambino. Questo credo sia il complimento più bello che io possa fare a Carlo. C'è un aforisma che mi ero segnato perché mi piaceva citarlo, ed era di Bacone, là dove dice appunto che "viaggiare per i giovani è una parte dell'educazione , mentre per gli anziani è una parte dell'esperienza". Carlo in questo libro si dedica a questo tema in età adulta. La figlia Ghila poi ha contribuito, come anche nel precedente libro di viaggio, scrivendo alcuni racconti che sono in appendice al testo. In questo viaggio, anch'esso sulle Ande, si parlava appunto come dicevo di un incontro con un indio, uno sciamano, che poi è stato anche invitato a Ferrara, ospite suo... Ecco l'importanza degli incontri con le persone.
Lasciatemi trarre una citazione dal mio libro "Pensieri on the road (again)", libretto che è stato utilizzato anche nella trasmissione televisiva "Sì viaggiare" su Rai2, da Silvia Vaccarezza, e che è solo una collezione di aforismi e citazioni relative al tema del viaggio, in cui riporto per es. che il buon Confucio diceva che: "se viaggiassi con altre due persone certamente avrei acquistato altri due maestri, sceglierei quel che c'è di buono nell'uno per seguirlo, e quel che c'è di cattivo nell'altro per correggermi". E' abbastanza evidente che Carlo segua questa linea, anche se poi con chi abbia viaggiato o meno, poco importa, l'importante è che abbia viaggiato con quel suo saper essere bambino, che è quella parte di noi che, fortunatamente per chi ha la sensibilità di praticarlo, il viaggio riscopre.

Ha fatto seguito un cordiale saluto da parte dell'assessore Saletti, che ha dichiarato tra l'altro di essere lui stesso un po' un viaggiatore e di avere anche scritto degli appunti relativi a suoi viaggi, per cui è particolarmente interessato al tema di stasera.

Domande di F.Resca rivolte all'autore:
Una prima domanda è sull'oggettività di un diario. Questo è un aspetto molto importante, Simone Saletti stesso diceva poco fa di aver scritto delle note durante (o dopo) un viaggio, e sicuramente ciascuno di noi si è portato a casa delle annotazioni su qualcosa che ha fatto mentre era in viaggio, se non altro per mettere a posto le cronologie, cioè ricordarsi certe cose che è facile scordare, ad es. se uno ritorna da un viaggio in Egitto poi si ritrova a casa e si gratta la testa perché non si ricorda più come si chiamava l'antico tempio egizio che ha fotografato, o quale ha visto prima oppure dopo. Quindi la prima domanda è questa, volutamente provocatoria perché secondo me non è facile rimanere "oggettivi":
è facile o difficile rimanere oggettivi nello scrivere note per un diario di viaggio?

Risposta di Carlo Pancera:
Dunque ci sono almeno tre fasi che per me sono state importanti nella scrittura. La prima è quella che ricordavi, cioè di prendere appunti in situazione, perché altrimenti la memoria poi dopo un certo tempo quando sei ritornato a casa, potrebbe facilmente giocare scherzi. E' molto importante prendere degli appunti sul momento, non più tardi della sera stessa, meglio se proprio iappena ti vengono in mente, per cogliere freschi certi pensieri e associazioni di idee, senzsazioni, emozioni… Io metto giù questi scarabocchi che poi a volte trovo illeggibili una volta tornato a casa, di quello che mi sembra che sia importante e di quello che mi pare dia il senso a ciò che sto facendo, quindi anche delle suggestioni. 
Poi c'è una seconda fase che invece si svolge dopo essere tornato, che è quella di fare da questi appunti e note un diario, scriverlo in modo sensato e rimanendo fedele alle annotazioni, che dunque sono utilissime per rinfrescare le immagini che hai ancora nella mente. Che cosa vuol dire scrivere un diario?, vuol dire comunicare, cioè che deve essere leggibile. Non solo come il diario intimo della ragazzina che scrive per sè, ma scrivere per un lettore, quindi per uno che è un'altra persona, non solo per quel che può valere per me. La seconda fase quindi è quella di ri-scrivere quel che c'è negli appunti, e farlo diventare fruibile.
Poi c'è una terza fase che può venire in seguito dopo del tempo. Per quanto mi riguarda io ho innanzi tutto messo quel che ho scritto sul mio Blog, poi è stato letto e notato da qualcuno che lo potrebbe pubblicare. Quindi questa fase può iniziare più tardi se poi viene stampato (come in questo caso) e diviene un prodotto-libro che circola. Per cui in una terza fase si ritorna all'oralità. Che è quel che sto facendo ad es. in questo momento. Quindi comunicare a voce, raccontare di questo Diario, senza scendere magari troppo nei particolari, ma per comunicare sensazioni, per stimolare. E l'ultima fase sia nelle fiabe analizzate da Propp, che nei miti studiati da Campbell, l'ultima fase che è essenziale, è proprio questa. Tu citavi un brano di Italo Calvino, è il raccontare al ritorno quel che da senso al tutto. Che cos'è in un certo senso l'Odissea?è il racconto di un viaggio che Ulisse ha fatto nella speranza doi poter tornare a casa sua e poter usufruire della ricchezza di tutto quel che ha raccolto durante il lungo viaggio. Perché se poi non tornasse da nessuna parte, che se ne fa di quel patrimonio di esperienze ? il comunicare agli altri è ciò che da senso. Calvino fa parlare Marco Polo, il quale gira per tutta la Cina, l'India, la Persia, e si prende le sue annotazioni, ma pensa sempre alla sua Venezia, con la quale fa i suoi confronti. Finalmente un giorno torna dai suoi, e racconta ai suoi amici… (poi in realtà purtroppo la racconta in un carcere al suo compagno di cella). E questa è l'ultima fase del viaggio dell'Eroe di Campbell, o dei protagonisti di molte fiabe. Alla fine si ritorna. Tante volte si dice, e lo dico anch'io, che peccato devo tornare, è finita. Adesso ormai questa esperienza fa parte del passato, dei ricordi, mi riguardo le foto e mi pare di tornare là. No, il ritornare da senso a quello che è stato per te quel viaggio proprio quando lo racconti, lo comunichi a qualcuno. Altrimenti faresti come il naufrago Robinson Crosué disperso su un'isoletta, e finisce tutto solo nella sua mente…Invece per fortuna sua arriva il povero Venerdì e allora Robinson comincia a raccontare la sua storia a lui, e il povero africano gli racconta a sua volta la propria avventura. 
Dunque gli appunti, poi la scrittura vera e propria per rendere il testo leggibile, fruibile, e infine il comunicare, il parlarne, il portare le proprie riflessioni e sottoporle agli altri.

Fabrizio Resca: ora ascoltiamo una lettura dal libro, qella pagina con la favola del condor e del colibrì a p.144.
( … … )  
Sono sicuramente affascinanti queste favole, anche se ora sono decontestualizzate, mentre andrebbero lette e ascoltate nel luogo e nel momento giusto… Ne approfitto per ringraziare il nostro chitarrista che ha accompagnato la lettura creando una perfetta atmosfera. 
Mentre Sara leggeva stavo ripensando a questa idea della Madre Terra, che ho ritrovato in tanti paesi. Se prendi ad es. la Madre Terra che c'è in Guatemala, trovi la stessa immagine iconografica che ritrovi anche in Sardegna!, è fatta allo stesso modo. Una figura femminile con forme generose che è l'immagine della fecondità. Tu hai avuto dei rapporti con questa simbologia, quando ti sei mosso per questi paesini un po' fuori dal consueto, da un ordinario percorso di viaggio ? Per es. io invitato in una casa mi sento dire quelli sono i nostri avi, e vedo due teschi appoggiati in terra. Sono rimasto spiazzato. Poi tutto può diventare consueto, ma inizialmente questo impatto con una cultura così diversa ti ha creato ogni tanto qualche sconvolgimento oppure semplicemente questa spiritualità te la sei "portata a casa"? Ghila ne ha scritto nei suoi racconti. 

Risposta: Sì e sono molto coivolgenti. Certo ho avuto contatti con queste simbologie, che mi hanno affascinato, come per es. l'idea della Pacha Mama, di Madre Terra, di cui dicevi tu. Poi l'amore per l'ambiente delle Ande non mi ha mai abbandonato, e quindi qualche anno dopo sono voluto tornare. E da lì deriva quel diario sulle Ande dell'Ecuador che menzionavi prima; poi in febbraio-marzo scorso sono stato sulle Ande in Colombia, e dunque mi è rimasto questo amore, che anzi si è approfondito, perché poi appunto ho scoperto man mano una grande cultura, che all'epoca del viaggio in Perù ancora non conoscevo bene, la credevo solo una caratteristica del passato incaico… e poi durante il viaggio ho iniziato a ricevere qualche informazione. Però è stato il primo stimolo, la prima spinta, a poi ritornare e ritornare, e ad approfondire la cultura indigena andina che è una cultura che è stata praticamente distrutta e volutamente conculcata e fatta dimenticare per cinque secoli, e che adesso miracolosamente, grazie a una trafila di maestri e allievi che attraverso l'oralità hanno saputo mantenere attiva la trasmissione di certi valori e di certi concetti, sta riaffiorando e sta di nuovo fiorendo. E' veramente un miracolo. Ed è una validissima cultura che è erede delle grandiose civiltà amerindie prehispaniche, e che merita assolutamente conoscere e approfondire perchè al suo fondo è anche una forma di spiritualità, un modo di relazionarsi non soltanto con l'ambiente, con il contesto, con l'aspetto ecologico, con la Madre Natura, ma anche in profondità con la nostra stessa anima, e con lo spirito universale, con l'energia cosmica …


Fabrizio Resca avvisa che ora siamo in chiusura: Ringrazio il prof. Pancera che è venuto da noi con questo libro che vi stimolerrei a leggere. La Prefazione è forse un po' più di difficile lettura, e forse si può incominciare direttamente dal Diario, però a mio paraere andrebbe letto tutto dall'inizio alla Postfazione che il più delle volte si tende a trascurare, mentre in realtà è la parte che ti risolve la lettura, perché prima il diario ti lascia spazio all'immaginazione, e poi lì ti spiega perché l'autore ha fatto determinate cose e determinate scelte. Mi ha fatto venire in mente una frase molto bella spesso copiata e riusata, ma il primo è stato Sant'Agostino, il quale diceva che più vai lontano e più il cerchio di questo viaggio si allarga, e ti porta sempre più lontano dalla tua casa, e più, inevitabilmente, tu sarai sempre più vicino a te stesso. Ed è un po' quel che anche han detto Bruce Chatwyn e altri, e che mi pare anche tu dici. E' una grande verità. Ma ora volevo concludere citando un pensiero di Hermann Hesse perchè mi pare una degna conclusione di quel che pensavo che avresti detto, e hai detto, è una frase importante che magari commenteremo in un'altra occasione in cui ti avremo qua,  in uno dei suoi innumerevoli viaggi dice: "viaggiare deve comportare il sacrificio di un programma ordinario a favore del caso. La rinuncia al quotidiano per lo straordinario. Dev'essere una strutturazione assolutamente personale conformemente alle nostre convinzioni". Credo che un po' anche tu sia stato quasi obbligato in un viaggio del genere a prendere, ad accogliere un po' il caso...

Ma ora non voglio andare oltre e lascio poi a chi vorrà leggere il tuo testo a formulare i propri giudizi. 

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per vedere altre foto del viaggio in Perù vedi il post del luglio 2011:
http://viaggiareperculture.blogspot.it/2011/07/diario-di-viaggio-in-peru-aprile-2004.html
e il post di novembre 11:
http://viaggiareperculture.blogspot.it/2011/11/gli-andini-del-peru-che-conservo-nel.html
(volti di andini che conservo nel mio cuore)


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