XXIII giorno, Giovedì 26 settembre (Kalibukbuk)
Tirano su petali e foglie da terra per utilizzarli nei cestini delle offerte, e anche per fare pulizia, dato che ne cadono a terra una gran quantità ogni giorno, ma poi magari lasciano lì i mucchietti da buttare per giorni. Anche stamane arriva la signora con fasce di paglia e di foglie per mettersi al tavolino con le giovani a lavorare a fare cestini.
Sleggiucchio un libretto pubblicato dalla Radio Nederland su Rimbaud che si arruolò volontario nella Armée coloniale néerlandaise per poter viaggiare a visitare Sumatra e Giava (J.Degives, F.Suasso, "De Charleville à Java", préf. A.Borer, RNW, Hilversum, 1991).
Il nostro albergo è di una balinese e del suo marito svizzero.
Andiamo per il lunch al "Tropis Bay", anche qui tutto si svolge con grande calma e tempi lunghi. Alla fine ci si spiega sulle ordinazioni dei piatti. C'è pochissima gente in giro adesso che è finito il festival, e pochissimissimi stranieri.
Forse non l'avevo ancora scritto ma in molti posti, e in molti casi, si può ricevere anziché un piatto di ceramica, un largo cestino piatto di paglia, o raffia intrecciata, su cui mettono un foglio ritagliato rotondo di carta oleata da un lato, come la carta per avvolgere gli alimenti , e lì ci appoggiano la tua porzione del cibo, per cui poi si butta il disco di carta. In certi casi può essere più igienico di un piatto mal lavato molto velocemente in un secchio o lavandino con acqua di lavatura di piatti, rinnovata troppo raramente. Bisognerebbe guardare anche nei bei posti dove lavano i piatti e le pentole, prima di scegliere dove andare...
Per fare una ordinazione bisogna chiamare espressamente il cameriere e dirgli "ready to order", se no forse non verrà mai e ti lascerà là col tuo menù in mano. Poi bisogna avere le idee ben chiare, e scandire bene le parole, e facendo l'ordinazione anche indicare intanto col dito la riga dove è scritto quel piatto sul loro menù, e poi ripeterla. Quindi alla fine ripetere il tutto. Il cameriere, o la cameriera, dopo aver scritto le ordinazioni, farà il rituale riassuntino riepilogativo per avere conferma, e intanto, o subito dopo, conviene dirglielo di nuovo. Non pochi comunque, anche se a volte può non sembrare, capiscono, e prendono nota anche delle eventuali richieste di piccole variazioni. Dopo di ché non resta altro da fare che predisporsi ad attendere speranzosi. Magari può convenire ogni tanto fare dei richiami. Però magari consiglierei di non lasciare mai che si superino i 60 minuti...
Sì, è finita la fiera, e la spiaggia di Lovina è quasi deserta, e il villaggio di Kalibukbuk è ora un tranquillo e sonnolento paesino. La piazza è vuota, il parcheggio pure.
Viene Ny Wayan a farmi un altro bel massaggio balinese full body. Sembra un po' una mamie negrona della Louisiana, mista con una madrina hawaiana.
Alla sera per cena andiamo al "Rendez-vous - the escape for romantics", dove suonano vecchie classiche canzoni di bossa nova, o di jazz, o un po' messicane ... sempre anni '60/'70. Bravi. E così passiamo l'ennesima serata con live music.
Sempre nei warung c'è un lavandino dove lavarsi le mani, spesso indipendente dai bagni. Qui passo, appunto per andare in bagno, vicino alla cucina e vedo che una delle tre cuoche è giù accucciata per terra davanti ai fornelli con un piatto in grembo, che sta mangiando mentre le altre cucinano.
Il lungomare, e la spiaggia sono semideserti.
VENTIQUATTRESIMO giorno, venerdì 27 (Kalibukbuk)
Ci siamo alzati alle 6 per andare a incontrare i delfini. In poco più di un quarto d'ora già si giunge in un area dove ci sembra di veder brillare le sagome di tonnetti che saltano, in realtà sono questi delfini di stazza medio-piccola. Poi cominciamo a vedere il primo branco di decine di delfini che ci vengono incontro e che si affiancano alla barca. Poi ne vedremo qua e là, gironzolando per il mare aperto come in un photo-safari. Vari altri delfini di branchi numerosi che ci vengono molto vicino e fanno dei guizzi fuori dall'acqua per farsi ammirare. E' un grande spettacolo, emozionante. Non verremmo mai via ...
Sleggiucchio un libretto pubblicato dalla Radio Nederland su Rimbaud che si arruolò volontario nella Armée coloniale néerlandaise per poter viaggiare a visitare Sumatra e Giava (J.Degives, F.Suasso, "De Charleville à Java", préf. A.Borer, RNW, Hilversum, 1991).
Il nostro albergo è di una balinese e del suo marito svizzero.
Andiamo per il lunch al "Tropis Bay", anche qui tutto si svolge con grande calma e tempi lunghi. Alla fine ci si spiega sulle ordinazioni dei piatti. C'è pochissima gente in giro adesso che è finito il festival, e pochissimissimi stranieri.
Forse non l'avevo ancora scritto ma in molti posti, e in molti casi, si può ricevere anziché un piatto di ceramica, un largo cestino piatto di paglia, o raffia intrecciata, su cui mettono un foglio ritagliato rotondo di carta oleata da un lato, come la carta per avvolgere gli alimenti , e lì ci appoggiano la tua porzione del cibo, per cui poi si butta il disco di carta. In certi casi può essere più igienico di un piatto mal lavato molto velocemente in un secchio o lavandino con acqua di lavatura di piatti, rinnovata troppo raramente. Bisognerebbe guardare anche nei bei posti dove lavano i piatti e le pentole, prima di scegliere dove andare...
Per fare una ordinazione bisogna chiamare espressamente il cameriere e dirgli "ready to order", se no forse non verrà mai e ti lascerà là col tuo menù in mano. Poi bisogna avere le idee ben chiare, e scandire bene le parole, e facendo l'ordinazione anche indicare intanto col dito la riga dove è scritto quel piatto sul loro menù, e poi ripeterla. Quindi alla fine ripetere il tutto. Il cameriere, o la cameriera, dopo aver scritto le ordinazioni, farà il rituale riassuntino riepilogativo per avere conferma, e intanto, o subito dopo, conviene dirglielo di nuovo. Non pochi comunque, anche se a volte può non sembrare, capiscono, e prendono nota anche delle eventuali richieste di piccole variazioni. Dopo di ché non resta altro da fare che predisporsi ad attendere speranzosi. Magari può convenire ogni tanto fare dei richiami. Però magari consiglierei di non lasciare mai che si superino i 60 minuti...
Sì, è finita la fiera, e la spiaggia di Lovina è quasi deserta, e il villaggio di Kalibukbuk è ora un tranquillo e sonnolento paesino. La piazza è vuota, il parcheggio pure.
Viene Ny Wayan a farmi un altro bel massaggio balinese full body. Sembra un po' una mamie negrona della Louisiana, mista con una madrina hawaiana.
Alla sera per cena andiamo al "Rendez-vous - the escape for romantics", dove suonano vecchie classiche canzoni di bossa nova, o di jazz, o un po' messicane ... sempre anni '60/'70. Bravi. E così passiamo l'ennesima serata con live music.
Sempre nei warung c'è un lavandino dove lavarsi le mani, spesso indipendente dai bagni. Qui passo, appunto per andare in bagno, vicino alla cucina e vedo che una delle tre cuoche è giù accucciata per terra davanti ai fornelli con un piatto in grembo, che sta mangiando mentre le altre cucinano.
Il lungomare, e la spiaggia sono semideserti.
VENTIQUATTRESIMO giorno, venerdì 27 (Kalibukbuk)
Ci siamo alzati alle 6 per andare a incontrare i delfini. In poco più di un quarto d'ora già si giunge in un area dove ci sembra di veder brillare le sagome di tonnetti che saltano, in realtà sono questi delfini di stazza medio-piccola. Poi cominciamo a vedere il primo branco di decine di delfini che ci vengono incontro e che si affiancano alla barca. Poi ne vedremo qua e là, gironzolando per il mare aperto come in un photo-safari. Vari altri delfini di branchi numerosi che ci vengono molto vicino e fanno dei guizzi fuori dall'acqua per farsi ammirare. E' un grande spettacolo, emozionante. Non verremmo mai via ...
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