(seguito merc.25)
Dunque ci avviamo verso casa. Lungo il percorso Yosvany si ferma da una contadina che offre manghi freschi lungo la strada, e ce ne offre due a testa, e ci fa vedere come si mangiano: si sbuccia un tondino di pelle sulla sommità, poi tenendo il mango maturo ben stretto nel pugno si succhia la polpa che fuoriesce.
Riattraversiamo il magnifico paesaggio rigoglioso di vegetazione,
pini, palme, ceibas, grandi alberoni, campi con buoi che arano, paesini, casette sparse, magazzini agricoli in capannoni di fieno e frasche, ...
Deviamo e facciamo una sosta in una piccola finca (fondo rustico) familiare, dove coltivano tabacco, caffé, fagioli, yucca (=manioca) e boniato (un tubercolo dolce). Dopo aver posteggiato sull'aia, arriva uno della famiglia a cavallo, e ci invita a entrare in uno di quegli almacenes di paglia e fieno, dove mettono a asciugare le foglie di tabacco.
Questo bellissimo personaggio con il suo cappellaccio di feltro e i suoi sottili baffetti, ci illustra e spiega come avviene tutto il processo. Ci fa vedere i semi, che sono finissimi, ci dice che loro fanno due raccolti, il che spiega come certe foglie siano più grandi e altre più ridotte. Ci dice delle differenze tra un Montecristo, un Cohiba, un Habana, Romeo y Julieta, Partagàs, Monterrey, e altri tipi. Precisa che poi possono essere diverse le "fabbriche" e le conseguenti marche commerciali. Tutti i sigari cubani si chiamano puros perché sono solamente tabacchi nazionali e della medesima provenienza e non miscele. Inoltre il sigaro non contiene trinciato, come i cigarrillos, o le sigarette, ma solo foglie.
Poi ci mostra come si arrotolano, operazione che svolgono artigiani specializzati detti torcedores, la parte esterna detta capa, quella mediana, detta capote, e quella più interna del "ripieno", o tripa, utilizzano foglie diverse, provenienti da sezioni differenti della pianta (in alto, in mezzo, o vicine a terra), all'esterno quelle più belle e lisce, e dentro quelle con maggiore combustibilità (e maggior tasso di nicotina).
A seguito dell'embargo-blocco degli usa, il governo rivoluzionario dovette ridurre le tipologie (nonostante la ferma opposizione del Ché Guevara), ma nell'ultimo decennio il settore sta rifiorendo, e i rigorosi controlli qualitativi sono una garanzia sicura.
Ghila da qualche boccata del sigaro da lui arrotolato lì per lì a scopo dimostrativo. Dato che noi non fumiamo decidiamo di comprarne solo un piccolo numero da regalare ad amici. Ce li consegnano avvolti strettamente in una foglia di palma, senza costose impacchettature o scatole. Il prezzo è bassissimo, da produttore diretto. Ci invitano ad entrare in casa dove ci offrono un ottimo caffé di loro produzione.
La casa è di legno, la signora, la capofamiglia, la ama de casa, che è anche la dueña, la proprietaria titolare, è una distinta signora simile a quelle delle telenovelas. Dice che la loro famiglia era venuta a Cuba e si era appoderata lì nel 1840, ed è da 5 generazioni che sono nella stessa casa, è molto fiera e orgogliosa di questo. Ora la casa è protetta come documento storico della cultura materiale, di valore nazionale, e quindi verrà conservata tale e quale. Ci invita a fare un giro per le varie stanze. Il pavimento (piso) è di cemento, le pareti di assi di legno, come il soffitto. Tutto è pulitissimo e ben ordinato, nelle varie stanze c'è un mobilio rustico di altri tempi che mi fa sorgere un ricordo di case di campagna di quando ero piccolo, forse di conoscenti di mio nonno, nel Bergamasco, o più probabilmente in Brianza, dalle parti del lago di Lugano. Tutto ha sapore e odore di una volta, dai letti, agli armadi e alle cassepanche, alle madie, agli arredi, ai soprammobili sul comò, i comodini, i quadri alle pareti ... mi emoziono un po' per questo che vivo come un viaggio a ritroso nel tempo.
La signora ha 9 fratelli e sorelle, e non ricordo più quanti figli e nipoti, sobrinos (come nonna) e nipoti nietos (come zia). Ci sono varie foto. Ad una parete un calendario con disegni della campagna inglese, paesaggi caraibici, e appunto qualche vecchia foto. La fattoria è tra le rare di proprietà privata, legata alla famiglia. Debbono vendere il 90% dei prodotti allo Stato, e il resto è lasciato loro per uso proprio domestico, o per venderlo al minuto. Non fanno parte di nessuna cooperativa né di produzione, ma neanche di distribuzione e consumo.
C'è una atmosfera speciale, pulita, semplice, dignitosa, apparentemente serena, calma. Intanto entra una signora sui quarantacinque, che è sua nipote, e pure il tizio che ci ha accolto è un nipote.
Resto affascinato e incantato. Scambiamo ancora qualche parola con questa garbata e sobria signora di campagna. Infine giriamo un po' per conto nostro, e vediamo gli essiccatoi dei semi di caffé esposti al sole, e le piantine in fiore. Intanto gironzolano cani vari, galline, maialini, cavalli, ...
Andiamo a casa. Mi rammarico che proprio poco prima di entrare là, mi si era scaricata la batteria della macchina fotografica e non avevamo con noi le videocamera...
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