ricevo da GB questo bel testo sul tormento della ricerca di come si è:
Le invio una risposta alternativa (e non definitiva) rispetto al tema dell'identità che già le avevo consegnato. Ho cambiato stile narrativo ed ho scritto un racconto breve ma farcito di riflessioni che da tempo mi porto dentro. il racconto è una metafora di ciò che ho vissuto e di come sono cambiato nell'ultimo anno e mezzo in particolare, ma credo riassuma più o meno anche molti degli apetti discussi in classe e delle nuove consapevolezze che ho potuto sperimentra grazie alle materie studiate ed ascoltando amici e coetanei nella loro ricerca del se.
Le invio una risposta alternativa (e non definitiva) rispetto al tema dell'identità che già le avevo consegnato. Ho cambiato stile narrativo ed ho scritto un racconto breve ma farcito di riflessioni che da tempo mi porto dentro. il racconto è una metafora di ciò che ho vissuto e di come sono cambiato nell'ultimo anno e mezzo in particolare, ma credo riassuma più o meno anche molti degli apetti discussi in classe e delle nuove consapevolezze che ho potuto sperimentra grazie alle materie studiate ed ascoltando amici e coetanei nella loro ricerca del se.
"UN VIAGGIO"
Il desiderio di ripartire è ardente, non è una smania la mia ma un bisogno che mi lacera. Se voglio vivere devo viaggiare, viaggiare e sperare di capire perché
non posso fermarmi.
non posso fermarmi.
Non mi fermo, non voglio voltarmi o vedrò ciò che più mi terrorizza.
L’orizzonte alle mie spalle, la parete di nubi e terra dietro di me è come ciò che ho davanti, ciò di cui non riesco a vedere la fine, un eterno tutto senza fine e limiti, un’eterna domanda:
Dio quanto bramo i limiti del Mondo.
Non posso fermarmi però, perché è dal giorno in cui ho lasciato la mia casa
che mi aspetto di vederla riapparire tra le pieghe vaporose del paesaggio che mi precede, “il viaggio è finito” mi direbbe con ogni suo chiodo, anta o vetrata. Ma appunto, il paesaggio mi precede, il quadro del mondo che vedo; bello , brutto, emozionante, sicuro, terrificante, mi precede, forse meglio di me sa cosa cerco e non mi da tregua, non riesco a raggiungerlo.
Dio che sollievo non poterlo raggiungere.
Gioia e terrore sono confusi ora in me, non li percepisco con chiarezza e non riesco a separarli, ho paura che il mio desiderio di vedere il Mondo abbia un fine, un’utilità, il mio viaggio si presta anche a questo? Ora non lo so ed ho paura, ma la gioia mia è grande davanti a questo terrore.
Il viaggio, il viaggio, la speranza passo dopo passo, anno su anno,
roccia su roccia.
roccia su roccia.
Ho pensato, camminato e pensato.
Lo spazio, il tempo, i miei muscoli, la mia fame, la mia rabbia, la mia mente, l’anima, l’eterno, si l’eterno.
Che eterno vivo come uomo? Lineare? Vertiginoso? Circolare? Spero circolare, perché possa l’orizzonte dei miei viaggi sovrapporsi all’orizzonte
dei miei viaggi passati e mi renda più uomo dell’uomo che sono.
dei miei viaggi passati e mi renda più uomo dell’uomo che sono.
Voglio risposte all’unica domanda che mi pongo, come sono? Non ‘chi’, non ‘cosa’, ma come . Il come è più profondo del perché e meno specifico del ‘chi’. L’esistenza non è discutibile ma l’essenza si, è il nucleo dell’interrogativo, quindi: come esisto per potermi dire essenza e soggetto del sono?
Così inizia il viaggio nel viaggio e prego Dio che per quanto io possa camminare avrò strada da percorrere e per quanto penserò non possa consumare la mia mente, orizzonte su orizzonte, me stesso su me stesso.
Il viaggio non rende liberi ma schiavi di se stessi, torno in me livido e scosso nel profondo.
Dio quanto bramo i limiti dell’uomo.
Ma mi sono fermato già troppo a lungo, devo ripartire,
sono già brace che arde di terra da pestare e di orizzonti sempre uguali da maledire.
Nessun commento:
Posta un commento