Serena C. mi manda questo straordinario brano dello scrittore ungherese Marai (1900-89), da un suo romanzo autobiografico del 1934/35:
"Per molto tempo crediamo di conoscere la natura dei nostri desideri, delle nostre inclinazioni e dei nostri stati d'animo. Ma poi arriva un attimo in cui un'esplosione assordante ci avverte che viviamo in luoghi diversi da quelli in cui vorremmo vivere, che non ci occupiamo delle cose per cui abbiamo attitudine, che cerchiamo i favori o suscitiamo la collera di persone con cui non abbiamo nulla in comune, mentre ci manteniamo distanti, sordi e indifferenti nei confronti delle persone di cui proviamo nostalgia e a cui siamo legati da un vincolo profondo. Chi non presta ascolto a un tale avvertimento rischia di vivere una vita goffa e dimezzata, senza mai essere veramente se stesso. Non è un sogno, e neanche un "sogno a occhi aperti": è uno strano, rapinoso stato d'animo quello che ci rivela quali siano i nostri compiti, i nostri obblighi e il nostro destino, e che cosa, nella nostra vita, appartenga esclusivamente a noi; questi istanti ci mostrano ciò che vi è di personale nella nostra esistenza, quello che entro i limiti angusti della condizione umana costituisce l'essenza specifica dell'individualità. In tali momenti non mi sono mai attardato a riflettere, ho sempre obbedito al segnale senza la minima esitazione, con la placidità di un sonnambulo."
"Per molto tempo crediamo di conoscere la natura dei nostri desideri, delle nostre inclinazioni e dei nostri stati d'animo. Ma poi arriva un attimo in cui un'esplosione assordante ci avverte che viviamo in luoghi diversi da quelli in cui vorremmo vivere, che non ci occupiamo delle cose per cui abbiamo attitudine, che cerchiamo i favori o suscitiamo la collera di persone con cui non abbiamo nulla in comune, mentre ci manteniamo distanti, sordi e indifferenti nei confronti delle persone di cui proviamo nostalgia e a cui siamo legati da un vincolo profondo. Chi non presta ascolto a un tale avvertimento rischia di vivere una vita goffa e dimezzata, senza mai essere veramente se stesso. Non è un sogno, e neanche un "sogno a occhi aperti": è uno strano, rapinoso stato d'animo quello che ci rivela quali siano i nostri compiti, i nostri obblighi e il nostro destino, e che cosa, nella nostra vita, appartenga esclusivamente a noi; questi istanti ci mostrano ciò che vi è di personale nella nostra esistenza, quello che entro i limiti angusti della condizione umana costituisce l'essenza specifica dell'individualità. In tali momenti non mi sono mai attardato a riflettere, ho sempre obbedito al segnale senza la minima esitazione, con la placidità di un sonnambulo."
(S. Marai "Confessioni di un borghese")
Ciao..:) ho mandato questo brano perché riesce,con una potenza di linguaggio a mio parere spettacolare, a rispecchiare quella che e' la mia riflessione sulla vita,sull'uomo e sul "chi siamo noi". Difatti quando lessi questo brano per la prima volta...mi venne l'istinto di rileggerlo una seconda ad alta voce..e notai che il mio tono di voce si alzava e che quasi non prendevo il respiro tra una virgola e l'altra...e,vedete, mi piace pensare che sia stato un po' questo lo scopo dello scrittore Marai..: dare potenza e movimento alle sue parole...per descrivere l'uomo come un continuo movimento intenso di turbamenti,di cambiamenti,di "esplosioni assordanti"...
RispondiEliminaAnna mi scrive:
RispondiEliminadi Sador Marai ho letto Le Braci e L'eredità di Ester. Il primo rimane uno dei più bei libri che io abbia letto. L'animo umano è scandagliato con rara profondità. I valori della dignità, dell'orgoglio, dell'amicizia, vissuti con coerenza in un tempo lungo mi hanno affascinata particolarmente, facendomi intravedere una forza umana di cui difficimente potremmo trovare paragoni oggi.
Certo, la fine tragica di Marai, morto suicida, getta un velo sulla profondità delle sue riflessioni, nel senso che, personalmente, avrei preferito che gli fossero servite per affrontare la vita in maniera positiva (con resilienza e coping) piuttosto che rimanendone "sopraffatto".