Ad un certo punto ci dicono (a noi stranieri) che questo tratto è ultimamente diventato pericolosissimo, per colpa di gruppi rivoltosi sovversivi, e quindi si crea una certa tensione, che ci induce a cercarci e contattarci, riferendo quel che i funzionari hanno detto, e a consultarci. Così questa situazione ci accomuna e ci fa fare gruppo, più del previsto.
A partire dall'alba dell' indomani veniamo scortati in treno dalla polizia (!). Sono loro che salgono sul treno e ci svegliano alle cinque, per avvisarci di stare all'erta (?). Pare che ci siano stati non solo molti furti, ma poi aggressioni agli stranieri (ma che cavolo dicono?), e infine in questi ultimi tempi persino assalti al treno... Ci sono tribù aborigene in rivolta contro il governo indiano. La polizia ci romperà le scatole con la sua burocrazia, facendoci compilare e firmare libroni, in cui attestiamo che la Compagnia tal-dei-tali ci ha protetti scortandoci da qui fino a lì...
Siamo costretti a cambiare treni più volte, a Sonpur, e a Sagauli e scendere a Raxaul: è questa l'indimenticabile, l'epica tradotta Benares-Nepal.
Il gruppo dei viaggiatori stranieri si fa compatto, e non siamo pochi. Cambiando treno cerchiamo di stare assieme, ma i vagoni sono letteralmente sovraffollati.
Ora ci ha presi in carico l'esercito (!?), e ora sono loro che vogliono che stiamo tutti assieme per potere controllarci meglio. Così là dove saliamo fa sgomberare tutto il vagone addirittura. E tanta povera gente che da tempo si era sistemata viene sloggiata anche se gran parte potevano starci lo stesso. Così ci odieranno un pochino di più...
più oltre, per evitare che qualcuno salga durante le soste frequenti in piena campagna (le porte o non si chiudono, o non ci sono proprio),
mettono un cartello: vagone riservato ai turisti. Cacciano via tutti quelli che si avvicinano, magari erano solo curiosi. I soldati sono tutti armati. . .
Comunque, a parte tutto ciò e i conseguenti disagi immaginabili, il treno è lentissimo, ma lo spettacolo in questa zona è bellissimo: giungla, risaie, bei villaggi, animali, uccelli stupendi. Questa però è anche zona malarica.
Dopo Motihari, a Sonpur in un cambio all'alba, l'ultimo prima della frontiera, la scorta ci lascia. Il prossimo treno passerà tra tantissime ore... non ricordo quando. Bivacchiamo in questo spiazzo, che un europeo che venisse catapultato qui, non riconoscerebbe come "stazione ferroviaria".
E qui ci sbandiamo per stanchezza, non riusciamo più ad organizzarci tutti assieme. Certi dicono: "Noi andiamo a vedere se c'è un paese là in fondo" ... o: "Magari prendiamo tempo andando a mangiare" ... "Noi andiamo a vedere se c'è un qualche pullman per la frontiera" ... Noi.... E così c'è chi effettivamente trova un bus che vede passare per caso da un posto diverso da quello dove certi altri lo stavano aspettando, e sale sul tetto dove ci sono alcuni "spazi" liberi.
Chi piglia altri mezzi, o scompare. E chi come noi aspetta in posti assurdi, oramai instupidito e stupìto dal caos o/e dalla stanchezza o/e dal caldo. In effetti allora tentiamo anche noi qualche soluzione alternativa alla attesa di ore e ore, ma sbagliamo tutte le mosse. Quindi infine pigliamo il treno che effettivamente passa verso sera, e così arriviamo vicini alla frontiera che già sta per fare scuro. Credo che questa sia la vecchia linea ferroviaria di epoca britannica da Raxaul a Amlekh Ganj. Non ce n'è un'altra.
Un gruppetto di noi passiamo il confine indiano, a poco più di 3 km da qui, andandoci con dei tonga (carretto tirato da un cavallino, o calesse), che ci costa 4 rupie a testa, al buio completo, e fra poco sarà l'orario di chiusura del posto di frontiera nepalese...
Noi e due catalane siamo gli ultimi, e arriviamo sempre tardi per poter chiedere agli altri come si sono regolati alla dogana o alla frontiera per visti e per il cambio monete, ecc... E così ci ritroviamo sempre a rincorrere gli altri tonga, perché tutti i vari passaggi che si devono fare per i vari uffici, sono baracchini distanziati nello spazio e nel buio della notte, essendo fuori dal villaggio, isolati in campagna. Niente: il glorioso gruppo della tradotta militare si era oramai del tutto sfasciato ... ne re-incontreremo solo qualcuno.
Alla frontiera indiana c'era quel tizio yugoslavo conosciuto ieri, che ci dice che non ha il visto e non ha i soldi per poterlo pagare e farlo alla frontiera. Cioè come yugo ha il vantaggio che potrà farsi dare il visto direttamente in frontiera nepalese (fa parte del gruppo dei Paesi Non-Allineati amici), ma dovrà pagare in rupie nepalesi, e là non c'è né un ufficio cambio, né una banca, e in Nepal non accettano rupie indiane (che invece qua accettano tutti al paese di confine qualche km più indietro). Potrebbe ritornare sui suoi passi, ma non solo fra poco chiudono, ma è severamente proibito alla dogana importare in Nepal valuta nepalese dall'estero. In conclusione l'ufficiale di frontiera gli suggerisce sottovoce -quando non c'è presente nessuno che sappia l'inglese- di andare a fare il cambio nero dai lavoratori frontalieri, ma senza farsi notare troppo (!!?). Dovrà naturalmente cambiare solo ed esclusivamente quanto basta per pagare il prezzo del visto (=1.800 lire), in modo che poi entrando non stia importando moneta nazionale... In effetti se avesse con sè della valuta eccedente (ad es. le monetine del resto) dovrebbe spiegare alla polizia dove l'ha presa!... chiaro no? tutto logico (eventuali connivenze incluse...). Ufficialmente un dollaro è pari a dieci rupie nepalesi, ma in realtà (in nero) per un dollaro ti danno 14 rupie nepalesi.
Ma queste cose non sono nulla in confronto a quel che ci è "costato" in termini di fatica questa vera e propria conquista del Nepal, perché alle fine ce lo saremo conquistato e meritato... Comunque per ora il viaggio verso Kathmandu non è ancora completato...
Così si passa "di là" giusto in tempo! E poi lo stesso tonga indiano ci porta tutti e quattro fin nel paesino che c'è subito dopo il confine, a Bir Ganj, cittadina di quasi 40 mila ab. che con una strada costruita nel 1957 collega la capitale alla frontiera sud.
un tonga
Là potremo domani prendere un bus per Kathmandu, dunque ci aspetta ancora del viaggio da fare. Cerchiamo esausti un qualsiasi posto per dormire. Ci aveva avvisato quel ragazzo svizzero: "Beware! Bir Ganj is a hole" (=attenti! BG è un buco). E lo è, è un buco schifoso, sporchissimo, oltre che fradicio, di poveri cristi. C'è una gran quantità di carretti, cavalli, merde, una fontana che produce melma, casini, gente, venditori affamati. Andiamo al Nepal Tourist Lodge, nel quartiere Narayani, vicino al Bus Stand. Dormiamo in una stessa stanza (l'unica rimasta è una quadrupla) per 20 rupie in tutto, assieme alle due ragazze di Barcellona: Lolita Queralt Gimeno e la sua amica Sylvia.


Le brande sono completamente avvolte dalla zanzariera, e ce n'è buon motivo, solo che sono pesanti, e sudicie come tutto il resto. Per fortuna abbiamo con noi le nostre fèdere per i cuscini. Ma prima vogliamo andare a smangiucchiare qualcosina come "cena", per poter poi infine crollare nel meritato sonno ristoratore...
Il menu di quel posto è indimenticabile, fa schifo solo a toccarlo. O meglio non lo si riconosce proprio, sono tre fogli di carta-velina battuti a macchina (!) ma vecchissimi, unti e bis-unti, fradici di umidità, talmente zuppi che se ne stanno tutti appiccicati sul tavolo a mo' di ammasso informe di straccetti usati. Sto per sbattere per terra, quando qualche viaggiatore mi dice: "ma guarda che quello è il menù...". Lo apro e lo stendo con meno dita possibili e leggo quella inutile lista, tanto quando poi chiediamo non c'è nulla di tutto ciò... Ci sono sono due o tre cose che quando il "cameriere" si deciderà a dirlo sono quelle tra cui si potrà scegliere. Dunque ordiniamo tutte e tre quelle cose. Ma è tutto da farsi... cioè , come abbiamo oramai già constatato in più occasioni, per non avere sprechi non tengono niente di pronto o mezzo-pronto. Così accade spesso anche per i soldi, non hanno mai da darti il resto, perché ogni volta che un cliente paga, qualcuno di loro corre subito a casa a mettere via i soldi al sicuro, e poi -come ogni giorno- al mattino appena apre la banca locale vanno a depositare tutto. Così si aspetterà più di un'ora (!) per un riso bollito. Il fatto è che quando ad un certo punto andiamo di là per vedere che cosa stanno facendo, là non c'è una cucina, non c'è un'altra stanza... e loro sono lì, poveretti, all'aperto mentre piove, a fare un fuoco per terra e a tentare di scaldare ciotoloni con l'acqua in cui far bollire il riso.
Da bere intanto ci sono delle gazzose di quelle con la pallina dentro la bottiglia che fa da tappo, proprio come era da noi quando eravamo bambini piccoli, sono divertenti... ma poi l'indomani ci capiterà di vedere una specie di "fabbrichetta" famigliare di gazzose per dedurne che è meglio non berle mai più.
In Nepal c'è la cocacola, al contrario che in India, e quindi quella dovrebbe essere sicura. Zanzare e sporcizia in giro, mangiamo con notevole titubanza, ma abbiamo fame.
Ci laviamo un po' come possiamo prima di andare tutti e quattro a letto, almeno i piedi inzozzatissimi, al rubinettino comune che sta nell'angolo in corridoio.
Bir Ganj è costituito praticamente da un piazzale dove ci sono i bus, con intorno alloggi e posti per mangiare. C'è anche un bell'albergo nuovo dove cambio dei soldi. Il piazzale delle corriere è talmente fangoso che non si sa proprio dove mettere i piedi. Gli infradito fanno cic-ciac e essendo di gomma restano appiccicati per terra e, o li perdi, o ti schizzano poi da dietro (proprio come ci era accaduto alla piazza della stazione di Karachi in Pakistan).
Andiamo là da dove partono i bus per la capitale, alla bus stand.
tripadvisor.com
Il bus che doveva partire alle 6, parte alle 7 e mezza (!), ma lo perdiamo per un soffio, e alle 8 e mezza parte quello che avrebbe dovuto partire alle 9 (!!). Subito tutto ci appare, se è mai possibile, più scassato e fangoso e approssimativo che in India. Il viaggio dovrebbe durare una dozzina di ore, e costa 20 rupie in IIa, cioè nei sedili di dietro.
Le facce mongoliche e schiacciate dei piccoli montanari nepalesi prevalgono già quaggiù nella pianura e nella vallata del Teraï, e aumenteranno salendo. Sembrano più timidi, gentili, e meno commercianti, ma chissà...
Mi arrampico sul bus per assicurarmi di sistemare bene i nostri sacchi e quelli delle ragazze catalane.
Bus scassatissimo che si ferma già dopo appena 500 metri per aggiustare il vecchio motore e mettere acqua fangosa nel radiatore, e poi dopo altri 500 metri per aggiungere un altro secchio d'acqua. Così scendiamo un momento per seguire le operazioni, e ci accorgiamo che ha i pneumatici liscissimi e in via di decomposizione. Il guidatore è un indiano sikh con il turbante giallo, i sikh sono noti e abili camionisti e autisti. Tre posti a sedere in uno spazio per due culi europei, e molta più gente del dovuto.
Salgono anche altri viaggiatori occidentali. Silvia, la ragazza catalana che sta dietro è sommersa da bei bambini nepalesi, poveretta; e poi quando faremo cambio di posto e verrà lei davanti, si troverà a doversi sorbire un bimbo in braccio per tutto il viaggio. Bimbi belli, ma seri, e mai rognosi. Dieci ore filate di pullman, prima nella giungla tropicale del Teraï e poi su su per le montagne.
Paesaggio molto bello, come ieri.
Ci fermiamo per mangiare in una capanna con dentro capre, dove una giovane donna sempre accucciata prepara qualcosa su un forno di terra cotta.
Uno dei suoi bambini su una branda di legno è intento a truccare il volto del fratellino più piccolo. Un altro bambino lava i bicchieri con acqua sporca piovana che cola da un sasso sulla strada. Per fortuna noi abbiamo la nostra ciotola... Comunque per fame mangio un uovo sodo un po' sporco. Ogni volta che la corriera si ferma, la gente scende e piscia e caga in ordine sparso, in vista (ma le donne hanno ampi saree).
Le condizioni del bus ci procurano una certa ansia dato che non vorremmo proprio pernottare per strada. Invece va tutto bene, si fa per dire, ma insomma percorriamo i 180 km in salita che ci separano da Kathmandu nelle previste 12 ore. Spesso col cuore in gola quando la corriera sfiora letteralmente il precipizio (non ci sono guardrails o paracarri), o si guadano torrenti, e la strada tende a franare, o i veicoli dall'altra direzione sembrano non passare, o si superano pontili in legno, o sentiamo che il cambio gratta in modo inaudito, e intanto il nostro pensiero va ai copertoni delle ruote.
VERSO LA VALLE DI KATHMANDU
Ma nonostante i continui timori, siamo tutti contenti e con gli occhi spalancati e curiosi. Superata la pianura, il Nepal ci appare subito più "arretrato" dell'India, ma ora forse più decoroso. Piccoli villaggi poco abitati, con capanne di fango secco e tetti di paglia, altri villaggi di frasche. Di solito le case grandi sono o quadrate o rettangolari, ma ve ne sono non poche tonde, alcune sono su basse palafitte di mattoni rossi che le tengono sopraelevate, con il tetto doppio e due balconate attorno molto belle e decorate.
L'allagamento per la pioggia monsonica in certi posti è veramente notevole. I paesaggi che vediamo durante il percorso sono in linea di massima più belli di quelli che di solito predominano in India del nord, forse. La giungla lussureggiante prima, dove le palme producono bananine piccolissime. Le banane crescono all'insù, con un grande e bel fiore rosso che pende sotto il casco. Attraversiamo tutta la regione del Terai.
Saliamo, saliamo. I grandi terrazzamenti, di tipo mai visto sin'ora, coltivati a riso, e le montagne che si rispecchiano nella superficie dell'acqua delle risaie, con le piantine già alte, oppure con il granturco. A volte le terrazze sono costruite su declivi così scoscesi che su ognuna ci sta solo un filare di piantine... Altre volte il pendìo scende dolcemente e le terrazze sono lunghissime e larghissime.
nepalstudycenter.unm.edu
Salendo a una certa altitudine incontriamo nebbia. Poi piove molto e l'acqua entra dentro al bus. Fa freddo e noi abbiamo un abbigliamento leggerissimo, mentre gli abiti come i jeans o il golfino sono negli zaini che sono sopra al tetto. Si arriverà sino a un passo di 3500 m.
Man mano la gente scende dal bus e altri salgono. Guardiamo le facce della gente, i primi cappellini colorati, l'abbigliamento delle donne: diminuiscono i saree per lasciare posto sempre più a gonne lunghe, magliette e lunghi panni arrotolati in vita.
C'è uno in bus che continua a vomitare. Anche noi vedo che siamo un po' pallidini, specie Daniela e gli altri che stanno in fondo al pullman. Ci si ferma ad un villaggetto su un passo montano, il "colle" di Daman (2500m.), qui campeggia una scritta su un cartello: "first Everest see view", ma purtroppo non si vede un accidenti di niente, è tutto coperto di nuvole...
C'è un ruscello dietro la casupola e vado a fare due passi là dietro, poi scopro che la casupola è una lavanderia e cesso assieme; l'acqua è fresca ma sporca. Lo dico alle catalane che ne approfittano subito per andare al gabinetto (non avevano voluto nelle precedenti soste farla come le altre all'aperto fuori dal pullman). La flora qui è mistissima, sia di alta montagna che tropicale, tutto assieme con strani e begli effetti di colore.
Finalmente scendiamo e arriviamo nella valle di Kathmandu (1355 m. s.l.m.). Eccoci ora pienamente nel Regno himalayano del Nepal (o come certi dicono Nepàl) ... Un tipo ben messo, sorridente e gentilissimo sale e ci offre di andare al suo "New Corner Lodge", i prezzi sono molto buoni, ed è nuovo. Siamo letteralmente sfiniti e non abbiamo nessuna voglia appena arrivati di metterci a cercare e a contrattare, accettiamo. Ci porta lui.
ARRIVATI !
Eccoci dunque infine a KATHMANDU !!, città in grande e rapida espansione, nel 1978 ha già 320 mila abitanti (ma quattro-cinque anni fa dicevano più o meno 200mila, e solo quindici anni prima ne contava 120 mila). E si trova a 1.400 metri di altitudine.
Il nome ufficiale del Regno è Nepal AdhiRajya, il sovrano è il maharagià Birendra Bir Bikram Shah Deva, succeduto sei anni fa al padre Mahandra Bir Bikram. Il re governa assistito dai consigli dei notabili ( i pancha yat ) che amministrano il paese sia a livello statale che locale, e si designano l'un l'altro a piramide; è la cosiddetta "democrazia senza partiti" istituzionalizzata da suo padre quindici anni fa, che fa considerare a livello internazionale il Paese come una monarchia "costituzionale" ... In realtà è una "democrazia guidata", il governo ora è in mano al partito Nepali Congress che è una emanazione del partito che governa a Nuova Delhi. Ma c'è una forte opposizione da parte della Unione marxista-leninista clandestina. Il Nepal ha circa 11 milioni e mezzo di ab. (secondo altre fonti 13,4) ma ci sono circa quasi 4 milioni di nepalesi all'estero (India, Sikkim). Già un secolo fa le truppe nepalesi Gurka di Sua Maestà britannica divennero famose, i militari del clan dei Gurka costituiscono un gruppo a sè, una lobby molto influente. C'è poi un complicatissimo sistema di caste (formalmente abolite da una legge, priva di effetti, nel 1963) che si intreccia con la varietà delle etnie. . . (a questo punto si capisce che ci siano gruppi rivoluzionari intenzionati a cambiare le cose...).

