venerdì 31 gennaio 2014

il piacere della lettura (1)

Il precedente mio post di gennaio forse evidenziava che il mio stato d'animo non era dei più sereni… era una specie di sfogo. Quindi prima che il mese finisca così, metto un nuovo post su un sentimento gradevole, il piacere che si prova nel dedicarsi non solo alla lettura… ma anche al "farsi leggere" un testo (lo dico perché mi sto appassionando agli audiolibri).


Un antico detto egizio, riferito da Ecateo discepolo di Pirrone,  sosteneva che le biblioteche sono cliniche dello spirito. In effetti esse sono centri vitali che contengono qualcosa che promette di suscitare meraviglia e stupore; si tratta solo di trovare in esse i libri che ci convengono.

L'amore per la lettura è assai antico, e inizialmente rispondeva al desiderio di udire l'inaudito. I libri infatti tradizionalmente venivano letti a voce alta per un uditorio. Solo in età moderna si è diffusa la pratica della lettura a mente. Nelle scuole si insegnava a compitare le lettere e poi le parole, e così si sarebbe proseguito in seguito, pronunciando ciò che era scritto, magari con un brontolio cadenzato, o un bisbiglìo solitario, ma sempre facendo uso della voce, traducendo cioè in emissione di fiato il significato dei segni.
Solitamente si afferma che l'inizio della lettura mentale, o meglio di quello che sarà un lungo processo culturale che porterà lentamente all' affermarsi di tale pratica, sia possibile identificarlo in una ormai famosa scena madre. Si tratta della descrizione che sant'Agostino ci ha lasciato di questa eccentrica abitudine osservata in sant'Ambrogio. L'immagine della scena fondatrice della moderna attività di lettura ci viene data nelle Confessioni (VI, 3,3), e la preoccupazione di Agostino che, a differenza degli altri sconcertati chierici, coglie subito il valore intellettuale di tale pratica e cerca nel suo testo di giustificarla e spiegarne il senso, è anch'essa sintomatica. A volte i discepoli ambrosiani lo avevano creduto addormentato sulle carte, mentre invece egli leggeva. 

Questa sua abitudine infatti aveva sconcertato, poiché a quei tempi era vista come un atto, incomprensibile in un leader esemplare come Ambrogio, di sospensione della parola e della comunicazione e relazione sociale, e quindi di temporanea uscita dalla communio ecclesiae o addirittura dalla civitas (e civilitas). Il leggere in privata sede e restando muti sembrava voler celare qualcosa, riservarsi pensieri inconfessabili. Essa dunque fece scandalo e fece così parlar molto di sè diffondendo l'idea. Con ciò aprendo dunque definitivamente la divaricazione tra comunicazione pubblica, con dialogo o disputa, e comunicazione mediata, con riflessione ed eventuale confutazione interiore.
Non bisogna infatti scordarsi che la storia della lettura si compone di due modalità. Nel francese medievale roman o romance, era un racconto cortese in versi che veniva letto durante banchetti o ritrovi collettivi. Con esso si cercava di divertire e istruire il pubblico. Mentre con il romanzo moderno si ha presto la prevalenza dell' altro tipo di lettura, e così vediamo signorine di buona famiglia che si appartano a leggere racconti (forse di di storie d'amore), 
J-H. Fragonard, La liseuse, 1776

o signore divorate dal malheur de vivre, che anelavano altre realtà, altre vite possibili…., divorando un libricino dopo l'altro, con un incontenibile amore della lettura che nasceva in loro dalla necessità di riempire una grande solitudine, o dal tentativo di superare le frustrazioni di quella vita ritirata cui la morale pubblica le costringeva



Robert James Gordon, la liseuse, 1877

(e il leggere a mente per proprio conto, come sappiamo, consente di viaggiare col pensiero in un altrove… che ci fa sognare).

Ma ancor oggi, dopo secoli di lettura per proprio conto, in piena epoca di individualismo imperante, quanto ci affascina un bravo lettore che "recita" magistralmente un racconto ! Si pensi al successo televisivo che ebbero anni fa le straordinarie letture di Gassman dalla divina Commedia, o alla trasmissione a cura di Gabriele Vacis, o a quella a c. di Davico Bonino su Rai-Educational. Ci fu un bellissimo articolo di Antonio Tabucchi sul Corriere della Sera: "Ascoltare Sermonti alla radio. L'eterno incanto della voce che legge". Gli anziani ricordano ancora la funzione culturale svolta dalle letture alla radio con emissioni che contavano milioni di affezionati e fedelissimi ascoltatori che non erano certo solo intellettuali, ma semplici casalinghe e persone poco istruite, o "letterate". Ma il piacere della voce  narrante può creare una atmosfera in grado di ammaliare persino gli animali come nel mito di Orfeo...


sabato 18 gennaio 2014

merde alors! holy shit!

(da facebook)

 la pura Verità a seconda della religione:

Taoismo - capita che c'è della merda
Buddhismo - se capita della merda, essa non è realmente merda
Islam - se capita della merda, è volere di Allah
Cattolicesimo - se capita della merda te la sei meritata
Protestantesimo - datti da fare duramente o capiterà della merda
materialismo - chi muore col massimo di merda vince!
ateismo - non posso credere a questa merda!
ebraismo - perché questa merda capita sempre a noi?
Rastafari - e fumiamoci 'sta merda!


Spesso si ricorre a ciò che è più deprecabile utilizzandolo come interiezione; così si espresse per stizza il generale Cambronne quando dovette arrendersi. Un tempo in francese merde si pronunciava a volte per evitare di nominare il nome di Dio invano in una espressione che avrebbe dovuto essere "Mère de Dieu" (pure in italiano si usa "Madonna!" quale interiezione), e quindi ci si fermava prima omettendo il Dieu. In italiano si intende riferirsi a una situazione deprecabile = trovarsi in una situazione di merda… oppure dicendo: una persona di merda, un luogo di merda, eccetera.
Ed è così pure in altre lingue come appunto con l'inglese shit. Si ricorre a shit per riferirsi a una schifezza, a qualcosa di sporco, maleodorante, abietto, deprecabile, ributtante, intollerabile…. a tutto ciò che è orrendo, nauseabondo…. Il massimo del negativo.
L''espressione forte corrispondente a Holy shit cioè letteralmente "santa merda", in italiano corrente potrebbe equivalere a rovescio alla dissimulata bestemmia "porco zio"...

giovedì 16 gennaio 2014

plenilunio d'inverno

Gente! amici e lettori, oggi è il plenilunio d'inverno, e merita uscire a guardare in su, per vedere nel cielo stellato notturno troneggiare una bella Luna splendente.
Quando la luna è piena vuol dire che siamo in un momento di passaggio. Inizia ora la transizione dal segno del capricorno a quello dell'acquario, il quale partirà dal giorno 20. Intanto le ore di luce si allungano e il nuovo anno incomincia davvero, ... già si può intravedere all'orizzonte persino qualche piccolo segnale della rinascita della natura che presto avverrà… Come si diceva un tempo: "gennaio ingenera, febbraio intenera, e marzo imboccia" ….
Forse bisognerà patire ancora un pochino di freddo, ma la trottola dell'asse terrestre oramai inizia inesorabilmente a spostarsi per poi inclinare l'emisfero nord un poco di più verso l'astro del Sole.
Un altro detto era: "un gennaio bello, bel anno reca"….. e a quanto sembra quest'anno il novilunio del 2 gennaio ha aperto un periodo di belle giornate (almeno qui dove mi trovo ora io) che potrebbero far ben sperare… (dicono: "gennaio=ovaio").


Invio un saluto a mia nonna materna, morta settant'anni fa, che fu allieva del grande astronomo Camille Flammarion, e per più di dodici anni (dal 1931 alla sua morte) instancabile conferenziera al Civico Planetario di Milano, aperto l'anno prima, chiamata  dal suo amico Ulrico Hoepli.
Notti come questa hanno una loro aura di sacralità. Vi invito a leggere la poesia che ho riportato nel novembre del '12 su questo stesso mio Blog.
Fatevi attrarre dalla luna piena, oggi non fa quel gelo che le ha affibbiato il nomignolo di "luna dei lupi", ci si può soffermare tranquillamente a guardare in alto e prendere la pallida "tintarella di luna" lasciandosi investire dal suo fascio di luce. 
Stasera guardatevi film 'lunari' come "Le notti della luna piena" (Les nuits de la pleine lune), o "Stregata dalla Luna" (Moonstruck), e dormendo lasciatevi trasportare da dolci sogni, lasciatevi condurre per dolci viaggi sotto la guida di Morfeo.

Salvatore Di Giacomo scriveva di fronte a un incanto come questo:

Nu pianefforte 'e notte
sona luntanamente,
e 'a museca se sente
pe ll'aria suspirà.

È ll'una: dorme 'o vico
ncopp' a nonna nonna
'e nu mutivo antico
'e tanto tiempo fa.

Dio, quanta stelle 'n cielo!
Che luna! e c'aria doce!
Quanto na bella voce
vurria sentì cantà! 

(… )
Ll'anema mia surtanto
rummane a sta fenesta.
Aspetta ancora. E resta,
ncantannese, a pensà.

Un pianoforte di notte/ suona di lontano,/ e una musica si sente/ per l'aria sospirar./ E' l'una: dorme il vicolo/ su questa ninna-nanna/ di un motivo antico/ di tanto tempo fa./ Dio! quante stelle in cielo!/ Che luna! e c'è aria dolce!/ Quanto una bella voce/ vorrei sentir cantare.../ (…) L'anima mia soltanto/ rimane a questa finestra./ Indugia ancora. E resta,/ incantandosi, a pensare.

mercoledì 15 gennaio 2014

…ma chi è "strano"? e per chi?…. l'ospite? per l'ospitante?

E' stato stampato il secondo romanzo per ragazzi di Ghila. 
Pubblicato dalla casa editrice Gruppo Albatros - Il Filo, di Roma. Si intitola "Lo strano ospite straniero", e ha una Postfazione scritta da Anita Gramigna  professoressa di pedagogia all'università di Ferrara (corso di laurea in scienze filosofiche e dell'educazione).
A fine febbraio verrà messo in vendita nelle maggiori librerie (distribuito dalla PDE s.p.a.), ma lo si può già ordinare o prenotare (anche direttamente alla casa editrice, dal bookstore del sito: www.gruppoalbatrosilfilo.it oppure via mail a  ordini@ilfiloonline.it).


Si tratta di un simpatico invito a riflettere su concetti quali: identità e diversità, o alterità, o differenza, intesi sopratutto sul piano culturale. Per cui vi sono una serie di vicende narrate in modo leggero e scherzoso, che ci provocano, spingendoci come lettori ad assumere uno sguardo nuovo e più accogliente verso ciò che ci può risultare ad un primo approccio come "strano" e inconsueto. E pure per farci compiere, non solo una modifica di alcuni schemi precostituiti e di alcuni pregiudizi nei confronti di chi proviene da contesti sociali e culturali diversi da quelli cui siamo fin troppo abituati, ma anche un ripensamento e una riconsiderazione di non poche rigidità da cui noi stessi siamo pervasi, e che si innescano quando qualcuno infrange moduli e comportamenti dati per "normali" ...
Il romanzo stimola il lettore a compiere una autoanalisi critica e spassionata di tutto ciò che in un contesto conformistico viene dato per ovvio e scontato, e che è invece culturalmente caratterizzato. Lo shock provocato dal trovarsi a condividere le giornate con persone che non si comportano "come si deve", e non agiscono né pensano seguendo paradigmi acquisiti come quelli che consideriamo "giusti" (solamente perché ci è stato detto da sempre che "si fa così" e non diversamente, e che solo in un certo modo "si fa bene"), senza pensare che semplicemente si tratta di mentalità differenti che ci portano a vedere il mondo e il sistema di relazioni sociali entro gli schemi culturali vigenti nel contesto in cui ciascuno si trova ad essere inserito.

E' il diario di una bambina che comprende che tutto ciò che non è fatto o detto con cattive intenzioni, può venire tranquillamente accettato, e che anzi lo scoprire modalità di pensiero e di comportamento differenti ci può essere di aiuto per allargare i nostri orizzonti, smussare le rigidità dei richiami ad una supposta "normalità" di valore universale, e per maturare una più articolata comprensione della varietà di questo mondo in cui viviamo, senza che vi siano i "giusti" da un lato e gli "sbagliati" da un altro, o i "superiori" e gli "inferiori", ma con semplicità e buon umore cercare di essere più aperti e badare ai valori essenziali anziché a formalismi fuori tempo.
Il testo è corredato da gradevoli illustrazioni dovute a Simone Pinter e a Daria Rosi.
La storia si ricollega per alcuni versi a certi temi svolti nei tre racconti che Ghila aveva inserito all' interno del volume "Il viandante e lo sciamano", un diario di un viaggio sulle Ande dell' Ecuador da poco pubblicato dalla Este-edition di Ferrara (libri@este-edition.com).
In questo caso però non si tratta né di un viaggio in paesi lontani, né di un viaggio nel tempo (cfr. il primo romanzo di Ghila per le edizioni Edicolors, Genova. Vedi notizia nei post più sotto 16 nov. 2013), ma di un "viaggio" che questa volta si svolge tutto a casa della ragazzina protagonista…

Si veda il libro nel sito della Casa Editrice: http://www.ilfiloonline.it/index.php?page=shop.product_details&flypage=flypage.tpl&product_id=274457694&category_id=7&option=com_virtuemart&Itemid=239&vmcchk=1
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Ghila è stata venerdì 14 marzo a Roma presso la sede del gruppo Albatros, dove l'avevano convocata per registrare una intervista radiofonica e una per un canale televisivo.
La prima sarà trasmessa giovedì 1° maggio prossimo a Radio Galileo (www.radiogalileo.it) nel corso della rubrica "La luna e i falò", alle ore 19,30 e 21.30, e replicata poi domenica 4 maggio mattina alle 10.20.
Le altre si potranno vedere sul canale "Viva l'Italia Channel", sul numero 879 della piattaforma di SKY, nella trasmissione "Se scrivendo…", nei giorni 11, 16, e 23 luglio.

lunedì 13 gennaio 2014

Route Sixty-six


Sto continuando nel mio viaggio personale, che forse a tratti rivela quasi un bisogno di compiere più che viaggi di distrazione, piuttosto pellegrinaggi in luoghi e tra gente da cui poter imparare, apprendere nuovi o diversi modelli di vita. In un certo senso sono ancora On the Road, anche se non ho una precisa Road Map che mi accompagni. 
Sì, a suo tempo ho letto "Pellegrinaggio alle sorgenti" di Lanza del Vasto, come ho letto pure Kerouac, e Pirsig, e Terzani, e mi riprometto di leggere nelle prossime settimane l'ultimo libro del ghanese Caesar Alimsinya Atuire (cfr. http://www.luomoconlavaligia.it/il-viaggio-della-vita.html), e tanti tanti altri sul tema, ma non credo che ci sarà mai alcun punto finale, nel senso di conclusivo, e se anche mi dovessi fermare, continuerei a viaggiare nella mia stanza.
E' come per la "mitica" US Route 66, che anche se di fatto non esiste ufficialmente più, non è propriamente più una strada che va da Chicago a Los Angeles, è comunque presente con i cartelli che indicano il vecchio storico tracciato, poiché è divenuta un simbolo. Come lo è in altro modo il "camino de Santiago", o il leggendario Hippie Trail ...
Così pure il mio carattere errabondo, la mia propensione all'erranza, al gironzolare, o flâner, o wandering, è un moto senza meta, in cui ogni luogo e momento, in virtù della serendipity può divenire inaspettatamente l'obiettivo del pellegrinaggio e assumere un suo significato importante per me, ma forse anche comunicabile, per cui può meritare renderne compartecipi altri amici anch'essi in viaggio.

P.S.: sì effettivamente fra una settimana, esattamente il 20, compirò 66 anni… ed è per questo che ho messo questo post.

fantasmi dal passato

Ci sarebbero ancora tante altre cose da scrivere sulla storia di Mandela, per es. su quanto la libertà dei sudafricani neri sia in effetti debitrice ai cubani (con la tremenda ma decisiva guerra d'Angola...), eccetera, ma vedo che sono cose troppo "vecchie" che non hanno interessato molto i miei lettori.    
Quindi ora per commentare la morte di Sharon otto anni dopo il suo ictus che troncò il suo operato per addivenire ad un accordo tra israeliani e palestinesi, e quindi per far sgombrare un buon numero di insediamenti israeliani dai territori palestinesi, non mi soffermerò di nuovo su vecchi fatti. Riporto solo un post da un Blog in cui si precisavano alcuni dati relativi all'evento per il quale Sharon è rimasto un personaggio noto anche tra chi poco si interessa di quei luoghi lontani, cioè dati relativi alle stragi di Sabra e Chatila in Libano nel 1982 in seguito alla locale guerra civile e al successivo intervento israeliano… Collochiamo mentalmente il periodo, e pensiamo a cosa era politicamente il mondo arabo, e a cosa è stato negli anni successivi (dall'Algeria, alla Libia, al Sudan, al povero Libano, o all'Iraq, ecc.). Oramai, dopo le insurrezioni della cosiddetta "primavera araba" del 2011, finalmente abbiamo appreso quel che erano in realtà certi regimi di certi paesi, e non abbiamo più gli occhiali colorati davanti agli occhi che ci fanno vedere le cose del colore che vogliono, e quindi penso che potremo procedere ad una certa revisione di immagine, e a ciò si aggiungano a conferma le realtà politiche odierne di quella regione geografica, che hanno gravemente travisato le iniziali aspirazioni popolari…(senza dimenticare l'odierna tragedia apocalittica del popolo siriano...).
Comunque sia, sia ben chiaro che a me Sharon non piaceva proprio (forse avrei preferito piuttosto che continuasse a vivere Rabin …), né mi piace il "neoliberista" Netanyahu e il suo governo di destra. Ma, come sappiamo molto bene, la democrazia elettorale in regimi multipartitici ha alcuni possibili inconvenienti, tra cui che la gente si lasci imbambolare da certi "ducetti"…

Per cui, per chi è ancora incuriosito da vecchi fatti storici, ecco il post sul Blog di una certa Barbara:
"Se dico Sabra e Chatila tutti sapete di che cosa sto parlando, vero? Magari non sapete che a perpetrarla sono stati i cristiani maroniti guidati da Ely Hobeika e credete che siano stati gli israeliani. Magari non sapete che delle tre commissioni d’inchiesta (del governo libanese, della Croce Rossa, del governo israeliano) quella israeliana è stata la più severa. Magari non sapete che 400.000 israeliani (circa il 10% dell’intera popolazione israeliana dell’epoca) sono scesi in piazza per protestare contro la sia pure indiretta responsabilità israeliana e non un solo arabo è sceso in piazza per protestare contro la diretta responsabilità dei maroniti al soldo della Siria. Forse non sapete che Sharon, a causa della strage di Sabra e Chatila, è stato allontanato dalla politica attiva e ne è rimasto fuori per quasi un ventennio mentre Ely Hobeika, per merito della strage di Sabra e Chatila, è stato premiato con un importante ministero. Forse non sapete che Robert Hatem, guardia del corpo di Hobeika, ha scritto un libro intitolato From Israel to Damascus in cui rivela tutti i retroscena sull’azione e sui mandanti e che il libro è stato bandito dai paesi arabi ed in particolare dal Libano con un’ordinanza del ministro per l’informazione Anwar El Khalil. Forse non sapete queste cose ma sapete comunque, se dico Sabra e Chatila, di che cosa stiamo parlando.
Bene. E se ora dico l’«altra» Sabra e Chatila, quanti di voi mi sanno dire di che cosa stiamo parlando? Perché c’è stata un’altra Sabra e Chatila, di cui nessuno parla mai: lo sapevate? Naturalmente non mi permetto di insinuare che il motivo per cui nessuno ne parla abbia a che fare con la circostanza che Israele questa volta non vi ha avuto niente a che fare: sarebbe stupida dietrologia; forse, anche, sarebbe disonestà intellettuale, come dice ogni tanto qualcuno da queste parti. Sta di fatto che quella volta Israele non c’entrava e che nessuno parla dell’altra Sabra e Chatila. Al punto che anche in internet le notizie sono scarsissime (e ringrazio il prof. Emanuele Ottolenghi che mi ha cortesemente aiutata a trovare alcuni dettagli che mi mancavano per costruire questo post). Informo dunque chi non lo sa e ha voglia di saperlo che le milizie sciite filosiriane di Amal hanno bombardato i campi di Sabra, Chatila e Burj el-Barajneh per tre anni, in quella che è ricordata come la guerra dei campi. Il culmine venne raggiunto nel corso di tre cruentissime battaglie: la prima il 19 maggio 1985, in cui praticamente tutte le case nei campi vennero ridotte in macerie e si riporta che alcuni abitanti si ridussero a mangiare ratti, cani e gatti. Vi furono persino richieste di permessi alle autorità religiose di mangiare i morti (e non ricordiamo, all’epoca, vignette satiriche sui responsabili della fame dei palestinesi). Scrisse il corrispondente di Pity the Nation, Robert Fisk: «La distruzione di Sabra è così grande che fra chi non viveva nel sottosuolo, ben pochi sono sopravvissuti. Il modo in cui Amal e i palestinesi hanno combattuto nei corridoi dell’ospedale per anziani mentre i pazienti erano ancora lì indica che nessuna delle due parti si preoccupa troppo per i civili presi nel fuoco incrociato. Il modo in cui i palestinesi costruiscono le loro case sopra i bunker rende inevitabile la morte di civili. [...] Se chiedete quanti combattenti hanno, rispondono che tutti i palestinesi sono combattenti, uomini, donne e bambini. Ma poi strillano se una donna o un bambino viene ucciso». Si ignora il numero esatto dei morti, ma si ritiene che sia stato molto alto. La seconda cruenta battaglia (preceduta e seguita da altri scontri di minore entità e dall’assedio di Burj el-Barajneh, che impediva agli abitanti di uscire e alle provviste di entrare) si svolse un anno esatto dopo la prima, il 19 maggio 1986 e la terza il 29 settembre 1986. Alla fine della guerra il governo libanese ha riportato che il numero totale di vittime di queste battaglie è stato di 3.781 morti e 6.787 feriti, cui vanno aggiunti circa 2.000 palestinesi uccisi nelle lotte interne fra le varie fazioni, ma si ritiene che il numero reale sia più alto perché migliaia di palestinesi non erano registrati in Libano, e nessun ufficiale poteva entrare nei campi, cosicché non tutte le vittime potevano essere contate.
Può forse valere la pena, visto che siamo in tema, di ricordare anche che cosa ne è stato dei profughi palestinesi nei campi del Libano dopo la fine della guerra civile (guerra, non dimentichiamolo, scatenata dai palestinesi, che ha provocato – si calcola – circa 160.000 morti, la cancellazione di moltissime comunità cristiane e la distruzione della più bella, ricca e civile nazione del Medio Oriente). Ce lo racconta Stefano Liberti in un reportage pubblicato sul Diario di Enrico Deaglio: «Al termine di questa guerra l’agglomerato di Sabra non esisteva più e il governo libanese decise di proibire ogni costruzione al di fuori del perimetro originario di Chatila, impedendo quindi alle migliaia di abitanti delle zone esterne di rimettere in piedi le proprie case. [...] Nel 1996 il governo libanese ha varato un’ulteriore legge che vieta l’ingresso in tutti i campi profughi di qualsiasi materiale da costruzione: mattoni, vetri, cemento. I più disperati si sono ridotti a vivere sotto le macerie o nei garage sotterranei distrutti». Quello instaurato dal governo filosiriano di Beirut nei confronti dei quattrocentomila rifugiati palestinesi è, secondo il Diario, un «regime di apartheid»: ai profughi è proibito di esercitare ben settantacinque tipi di professione («da quella di ingegnere ad altre meno qualificate come lavavetri o muratore») ed è negato il diritto di voto. Pochi mesi fa è stata approvata una legge che permette a tutti gli stranieri di avere proprietà in Libano. Tutti, tranne i palestinesi. «È nel loro interesse – sostengono le autorità di Beirut -, non vogliamo che perdano la spinta a tornare nella loro terra».
Non ricordiamo risoluzioni Onu contro la politica antipalestinese del Libano. Non ricordiamo marce di protesta contro questo regime di apartheid. Non ricordiamo bandiere libanesi bruciate. Non ricordiamo boicottaggi contro università e istituzioni libanesi. Non ricordiamo movimenti studenteschi mobilitati a impedire di parlare a diplomatici o studiosi libanesi. Non ricordiamo mobilitazioni internazionali per impedire a questi palestinesi di morire di fame.
barbara"
da: http://ilblogdibarbara.wordpress.com