martedì 29 maggio 2012

L'ordine delle cose del mondo

Care amiche e amici, mi fa piacere offrirvi una sintesi di un racconto su cui eventualmente riflettere e meditare. (c'è stata da poco una ulteriore e forte scossa):

Nel 1908 il filosofo ebreo tedesco Martin Buber, scrive uno straordinario testo narrativo in cui racconta la leggenda mitica di Israel ben Eliezer (1698-1760), vissuto nei Carpazi ukraini, fondatore di un movimento mistico ebraico, detto dei khassidìm, cioè dei pii. L'opera si intitola "La leggenda del Baal-Shem" poiché quel personaggio è noto con il soprannome di "Maestro del Buon Nome", Baal Shem Tov, abbreviato anche in BeShT, alludendo all'ineffabile nome di Dio. Tra i 21 racconti ve n'è uno intitolato "rivelazione", in cui si cerca di comunicare al lettore cosa comporti perdere la cognizione dell'ordine delle cose.
 Martin Buber

Quando il Baal Shem aveva circa trent'anni, faceva il taverniere, l'oste, ma si ritirava spesso in una vicina grotta a meditare, e quando giungeva un nuovo cliente, la moglie usciva dalla porta e urlava il suo nome, e subito egli si presentava. Un giorno il reverendo rabbino Naftalì si fermò in quella taverna isolata a riposare nel suo viaggio di ritorno a casa. Rimase molto colpito dai suoi occhi, dal sorriso, dal bel garbo, dai dolci movimenti che trasmettevano grande serenità.

Restò un po' a riflettere su varie cose. Poi quando gli chiese di preparargli la carrozza perché voleva ripartire, l'oste gli rispose: mancano solo sei giorni al sabato, perché non rimanete a fare shabbat qui con me? Il rabbi lo rimbrottò e si rimise in viaggio, ma continuò a ripensare a quella frase. E così "non gli riuscì di riprendere il colloquio nel suo spirito; gli sembrò che fosse come un tessuto lacerato" non ricomponibile. Rimase turbato, e inoltre essendosi sforzato  di ricomporre il filo del pensiero, "gli avvenne che tutte le cose si confusero dinanzi ai suoi occhi, ed un vortice lo travolse, sicché egli proseguì il suo viaggio nel vortice, fra mezzo ad una confusione di cose, come lanciate in un giro vertiginoso." Si rese conto che sino ad allora non aveva mai veramente prestato attenzione ad osservare le cose come stanno, ma "gli era bastato di sapere che esistevano e di sopportare la loro presenza." Ora egli "vedeva le cose del mondo, ma cacciate lontane dai loro posti e sperdute nella confusione." Sognò che un uomo con una pelliccia di pecora venisse a far svoltare con le redini i cavalli, e dopo poco si ritrovò presso quella osteria di campagna. E in quel momento "scomparvero, insieme con la confusione, la paura e l'affanno di Rabbi Naftalì, come se non fossero mai stati." Ma "la sua mente non riusciva ad articolare nessuna domanda". Quando però vide intorno a sè "le cose nel modo consueto" ricominciò a cercare di riflettere, e "i pensieri eran di nuovo obbedienti alla sua volontà".  L'oste era intento a servire i clienti e ad abbeverare i loro cavalli, e la donna lo salutò con volto calmo.  Decise dunque di pernottare nella locanda.
"Per lungo tempo sull'anima del Rabbi stette l'incanto dell'incomprensibile."
Ma poi tutto riprese il ritmo della quotidianità.

Il giorno dopo la stessa scena: parte con la carrozza rasserenato ma quando solleva lo sguardo al firmamento, la cui distesa gli era "familiare per la consuetudine indifferente con cui la vedeva" da sempre, si spaventò perché non lo riconobbe. Allora si sentì come "prigioniero, relegato in un carcere inesorabile" e piombò in grande tristezza. A quel punto "si sentì avvinto dal mistero, voltò la carrozza sferzando i cavalli" e ritornò alla casetta isolata della taverna. Chiese all'uomo: "Israel ma cosa mai accade?" Quello "levò lo sguardo e sorrise, e non era un sorriso alla maniera degli uomini, ma come quello di un lago che riposa tra le rupi; quel sorriso doloroso e indulgente che sale dalle sue profondità quando il sole vespertino lo accarezza". E il Rabbi nuovamente si acquietò.
La mattina seguente, uscito sulla soglia, "gli parve di vedere le cose non dalla lontananza del suo corpo, ma dal loro interno, come la cosa vede sè stessa"... e ne fu lieto a constatare che "ognuno adempie volentieri al suo ruolo nel mondo, e trova gioia nelle sue azioni". E chiuse gli occhi sereno, ma quando li riaprì vide aprirsi come un abisso e vide "lo sfasciarsi di un immenso velo", vide la sofferenza e il dolore del mondo: "il disco solare in muto, lento travaglio, e una quantità di alberi ed erbe che uscivano (dalla terra) in un eterno parto doloroso, e numerosi animali correvano e volavano in un affaccendamento assurdo." Al Rabbi "pareva di aver passato tutta la vita in un inganno", e di vedere soltanto ora "la verità e la vita". E a quel punto "il suo cuore vacillò, spinto per metà a ribellarsi contro Dio, e per metà a soffrire assieme con Dio".
Ma in quel momento rivide l'oste (Baal-Shem Tov) con la sua pelliccia di pecora, che parlava col sole e con gli alberi e con gli animali. "Grate le cose erano ricongiunte e si vedevano e si conoscevano, e si capivano l'un l'altra." ...ora non vi era più fra di loro e in loro alcun abisso, "si vedevano scambievolmente attraverso il suo occhio". E in questo abbraccio egli percepì "un profondo flutto di senso e di mèta".
Seguirono così altri tre giorni, e per Rabbi Naftalì "il suo mondo era come una oscillazione di pendolo ed il miracolo della lontananza ed il miracolo della vicinanza si alternavano in un'eterna vicenda". La notte che annunciava l'entrata del sabato constatò che "gli piaceva il fatto che in quel luogo e in quel preciso momento si determinava il miracolo per cui lontananza e vicinanza dovessero insieme confluire."
 
danza di Chassidim
da http://elenalea.webnode.it/


libero compendio tratto da: Martin Buber, Die Legende des Baal-Shem, 1908, trad.it. La Leggenda del Baal-Shem, P.Gribaudi editore,  pref. di Enzo Bianchi, Milano, 1995, pp. 54-61.

lunedì 28 maggio 2012

il moto della terra

Il moto, il movimento, del terreno (terrae motus) che abbiamo sotto i piedi, è dovuto a un gran scossa (seismòs, scossa, colpo) che una potenza sovrumana gli imprime con una energia davvero prodigiosa, e ci fa "mancare la terra da sotto ai piedi", togliendoci la principale certezza che abbiamo, cioè quella di stare ben piantati su solido suolo, su una base stabile, cioè su terra-ferma.
Per spiegarsi questo fatto, e per rendere conto della gerarchia che vedeva negli dèi la potenza suprema, superiore persino a quella dei fortissimi Giganti, gli antichi raccontavano il mito della Gigantomachìa, cioè della battaglia tra dèi e giganti in cui questi ultimi furono sconfitti, e caddero al suolo dove rimasero sepolti. E' così spiegata anche la causa dei terremoti, immaginando i Giganti sprofondati nelle viscere della terra, schiacciati da montagne e isole, per cui i loro tentativi di liberarsi, ovvero i loro movimenti, sarebbero la causa dei terremoti.
Narra Ovidio nelle "Metamorfosi" (V. 346-358):
"(...) la vasta isola della Trinacria si accumula su membra gigantesche, e preme, schiacciando con la sua mole Tifeo (detto anche Tifone), che osò sperare una dimora celeste. Spesso, invero, egli si sforza e lotta per rialzarsi, ma la sua mano destra è tenuta ferma dall'Ausonio Peloro, la sinistra da te, oh Pachino; i piedi sono schiacciati dal (Capo) Lilibeo, l'Etna gli grava sul capo.
Giacendo qui sotto, l' inferocito Tifeo getta rena dalla bocca e vomita fiamme. Spesso si affatica per scuotersi di dosso il peso della terra, e per rovesciare con il suo corpo le città e le grandi montagne. Perciò trema la terra, e lo stesso Re del mondo del silenzio (gli ìnferi)teme che il suolo si apra e si squarci con larghe voragini."




Secondo la tradizione latina, ripresa anche da Virgilio, Tifeo fu condannato a giacere sotto la superficie dell’isola d’Ischia. Con le sue contorsioni il gigante provocava terremoti modificando lo stato dei luoghi, espellendo liquidi caldi, che secondo alcuni poeti rinascimentali fertilizzavano la terra, e produceva acque medicamentose

In vari miti si riteneva che alcuni animali avessero l’oneroso compito di portare il pianeta Terra sul dorso; si trattava tra gli altri di una tartaruga acquatica, o addirittura di un enorme pesce-gatto che viveva insabbiato nei fondali marini da dove ogni tanto agitandosi produceva un sussulto della terra sovrastante. Tra le numerose leggende che popolavano le mitologie ce n'era anche una di natura erotica: 
si riteneva che un focoso gigante, che viveva nelle viscere della terra, quando decideva di accoppiarsi con la sua amata generava un terremoto, tanto era forte ed incontrollabile il suo desiderio.
Tra i  primi studiosi rigorosi che cercarono di fornire del fenomeno una spiegazione razionale e in qualche modo "dimostrabile" in base a leggi di natura, vi è Aristotele il quale affermava che gli improvvisi movimenti della terra erano provocati da esalazioni secche racchiuse all' interno della Terra, sotto il terreno nelle profondità, che cercavano in maniera violenta e repentina una via d’uscita.

Con l'era del cristianesimo, a livello popolare il terremoto veniva esorcizzato ed affrontato con la preghiera, il digiuno, l’elemosina e qualsiasi altra rinuncia di carattere personale. 
L' evento veniva comunque interpretato non quale fenomeno naturale, ma bensì come una terribile forza distruttrice creata da Dio per punire gli uomini dei loro peccati. E quindi i peccati dell'umanità, o di un certo particolare paese, erano additati come causa, e dunque era per colpa dei peccatori, che le popolazioni venivano punite come monito a non ripercorrere certe modalità di vita.
Il clero raccomandava al popolo di cantare le Litanie dei Santi per scongiurare il terremoto. 



Mi diceva un amico siciliano (che è un saggio filosofo pratico come ce ne furono tanti nel passato siculo, prossimo e remoto, sin dai tempi delle prime popolazioni autoctone, e dei fenici, e dei greci), che il terremoto è parte della cultura dell'isola. Ad es. in val di Noto si ricorda il grande terremoto della Sicilia orientale del 1693, di magnitudine altamente distruttiva, che rase totalmente al suolo vari paesi, tanto che ancor oggi nella ricorrenza di quell' 11 gennaio, la gente sosta un attimo e rivolgendosi in direzione del crollato campanile pronuncia una preghiera. 
Il che non si può dire di Ferrara, in cui ci fu un terribile terremoto nel 1570, ma dove l'evento, pur essendo noto, non è entrato a incidere, a formare parte della cultura della sua popolazione.

domenica 27 maggio 2012

confusione

confusione,  disordine,  caos,  rimescolamento,  perdita di senso,  tensione,  smarrimento,  rifiuto,  indifferenza,  stanchezza.
questi sono i sentimenti che mi possiedono attualmente.
altro che un trasloco mal organizzato, ...è piuttosto un tornado, un ciclone.
Una mia amica mi ricorda il famoso verso del poeta Giuseppe Ungaretti:
"si sta come d'autunno sugli alberi le foglie ..."

per fortuna ho conservato nella memoria e nell'animo i riflessi del bell'incontro tra liberi viaggiatori su a Cervarezza sull'appennino reggiano. Da là mi giungono consolatorie le immagini di persone gradevoli e interessanti, di storie, di racconti, di foto, di desideri, di apertura, di coinvolgimento, di stimoli.
un contesto di amicizia spontanea e immediata, di vicinanza, di ascolto.
Che bel contesto! tutto grazie al dolce michele s. e a tutti i partecipanti con cui ho avuto un contatto.

lunedì 21 maggio 2012

un viaggio strano e complesso RE -> FE

Alludo al viaggio di domenica 20 dall' appennino reggiano alla pianura ferrarese.
Entro in casa poco dopo la seconda scossa. 
Vedendo le cose rotte, e perdute, oppure assurdamente rimescolate ad altre come in un frullatore, mi sto facendo un viaggio in altre dimensioni, ma non è gradevole, mi sono arrivati vari ricordi, che portavano malinconia,  ... e anche pensieri di nuove prospettive, che mi facevano immaginare realtà diverse... ma sotto forma di immagini disturbanti.
certo che Madre Terra a volte è anche una mater terribilis, e si prova un sacro timore...

Ma fortunatamente nel weekend ero a un bell' incontro di viaggiatori indipendenti, fatti convergere là grazie al sorridente michele s., e ho potuto sognare,  come entrando in certe foto che ritraevano una natura meravigliosa e prorompente, o in mondi alternativi sorprendenti, di grande bellezza e fascino. E mi figuravo in quelle realtà lontane affascinanti. Questo era gradevole e apriva prospettive allettanti ... mi dava una carica positiva, mi imprimeva nella mente e nello spirito uno sprint dinamico.

Nella giornata di domenica dunque hanno convissuto in me queste due fantastiche estremità ... la mattina (come alba di nuovi orizzonti) e la sera (come tramonto).

lunedì 14 maggio 2012

un diario di viaggio cos'è? (41)


La domanda iniziale è: che cos'è un diario di viaggio? Con i precedenti Post, vi ho fornito un diario di un viaggio, corredato da foto.

Non volevo fare un diario che fosse tutto intessuto dei pensieri miei, né ovviamente solo fare la cronaca di quel che ho fatto, ma l'ho proposto con obiettivi diversi.
Un obiettivo è dare un resoconto di come vivono, cosa mangiano, come si comportano in quel tal paese, l'altro obiettivo è di fare da tramite per riferire modi di pensare, idee, credenze, .... e quindi non raccontare solo del clima, dei paesaggi, della natura, della storia, dei monumenti, dell'architettura ecc. Ma con modestia, senza trinciar giudizi e confronti, o percorrere vie di questo genere con l'ambizione di arrivare ad esprimersi sui massimi sistemi, cercare invece di limitarsi a comunicare per tramite dei piccoli accadimenti, delle piccole cose quotidiane, dare un quadro di un contesto. Attenendosi a ciò che è accaduto e si è incontrato, e si è visto fare e sentito riferire, volevo fornire degli indizi, degli spunti per cercare di far conoscere e forse capire un mondo, una società, delle usanze, una cultura che ci sono apparse diverse dalla nostra. Quindi non volevo spiegare alcunché, ma al contrario offrire motivi di riflessione autonoma. Anche se ovviamente il diario è scritto dal mio soggettivo modo di vedere e di far esperienza degli ambienti e degli eventi. Certe volte in effetti ho anche voluto contrastare certe idee preconfezionate, consolidate, e dare una versione che possa dare il senso della complessità di situazioni e di contesti, e quindi fare un po' da contraltare a preconcetti. O almeno dar da pensare che ci possono essere anche altre componenti, varie altre visioni, delle stesse cose.
Non sono affatto certo di esserne stato capace. Ma spero che ci possiate trovare qualcosa di vostro interesse (oltre a indicazioni utili per un vostro eventuale viaggio), se solo avessi dato a qualcuno un buono spunto per per dire: ah però è intrigante, mi piacerebbe andare a vedere ... , già ne sarei più che contento. 
Poi debbo dire che alla fine mi pare che su quel popolo ora ne so un po' di più, ma anche che da questa base (insufficiente) non saprei trarre delle conclusioni.
E poi la domanda finale, essendomi trovato proprio bene in quei 22 giorni, è: per quale ragione sono ritornato? e questa la trovo difficilissima, ed è una domanda a cui proprio non saprei rispondere con sicurezza. Ma è una domanda che riguarda soprattutto me, ovvero che riguarda in primo luogo ciascuno di noi singolarmente, è una domanda che di fatto si può porre solo a sè stessi. 
Per questo il viaggiare è poi in poche parole un pretesto, una occasione che ci creiamo per poterci interrogare e conoscere un po' meglio.

quadernino rilegato in pelle,  per annotazioni di viaggio

domenica 13 maggio 2012

pre-fazione ( 0 ) al diario di Cuba



la preparazione al viaggio era stata basata sulle letture che ho indicate in Postfazione nella mia bibliografia, sulla visione dei siti, e sulla visione di film in streaming.
in ordine: Ho guardato un sacco di siti sui viaggi, tipo  Viaggiatori.net, Ci piace viaggiare (di Alessandra e Marco), Trip it easy (di Francesco), robertoburacchini.blogspot.it, Turisti-per-caso, Lovely Cuba, Viaja por Cuba, Cuba-individual.com, ...ecc...e tanti altri che ho elencato in fondo nella postfazione.
Per questa fase pre-viaggio devo innanzitutto ringraziare Michele Spiriticchio di "ViaggiareLiberi" (www.viaggiareliberi.it/Cuba.html) e non solo per le info contenute nel suo blog e per tutti i numerosi diari di viaggio (oltre al suo) che ho letto con grande profitto sul suo sito, ma anche perché mi ha messo in contatto con Niki, l' "italocubano" (vedi http://cubareale.webnote.it) grazie a cui ho combinato per l'alloggio in alcune case private (tipo alaide@infomed.sld.cu), e per avermi messo in contatto anche con Patty di Rimini, che è stata fonte di preziose informazioni, e con cui ho intessuto uno scambio fitto di mail che ci ha fatti divenire pen-friends, sulla base di una certa comune "cubanite". 
Poi per menzionare altri "contagiati dalla "cubanite", devo ringraziare moltissimo Maria Giulia Alemanno per le straordinarie ammalianti immagini di ispirazione cubana da lei dipinte, nonché per avermi messo a contatto con Alberto Granado, con Andres e altre preziose persone, con la quale pure abbiamo fatto amicizia a distanza. E Alessandra Riccio (condirettrice con Gianni Minà della rivista "LatinoAmerica") che pure mi ha dato indicazioni e di cui ho letto con grande interesse e piacere i suoi "Racconti di Cuba". E Alessandra Ciattini, che mi ha elargito numeri di telefono di interessanti personaggi.
Tra quanti non ho "conosciuto" direttamente ringrazio:  Irina Bajini per il suo libro sugli Orisha. Davide Barilli (che mi ha consigliato Niki) per le sue affascinanti "Carte d'Avana" e per altri suoi testi narrativi. Danilo Manera per il suo "A Cuba" e per le sue raccolte di autori di narrativa. 
Importanti sono stati i numerosi diari di viaggio, che sono molti e non potrei citarli tutti (e si trovano nei siti di viaggi cit. sopra), ma oltre a quello di Michele S., menzionerei almeno quello di Roby (http://gabyenviajecuba.blogspot.it/). 
Devo molto ai vari film che ho visto tramite siti cubani (nonostante la morte di Megavideo non è del tutto vero che sia finita l'era della visione in streaming). E infine ringrazio gli autori di libri, studi, romanzi, racconti... che ho letto in queste settimane. E le recenti trasmissioni tv su Cuba di Philippe Daverio. Ma anche i vari blogueros  (delle varie posizioni) che mi hanno permesso di vedere sotto una nuova luce frammenti, spezzoni di vita vissuta (li ho trovati tramite twitter). Mi è servito pure ascoltare in streaming le radio cubane e vedere le trasmissioni televisive satellitari. 
Infine ringrazio l'amica farmacista Lorenza che mi ha dato prodotti da banco da regalare, e soprattutto a una mia richiesta mi ha passato vari regalini da portare ai bambini. 







diario di Cuba, (39) rientro a verona

Verona, Martedì 1° maggio
Al ritiro bagagli e all'uscita dall' areoporto di Verona-Villafranca, ascolto i racconti reciproci e le domande e curiosità al ritorno da Cuba, e  mi rendo ancor più conto di quanto possa essere distante l'esperienza di chi viaggia per conoscere, e di chi lo fa per fare le proprie sacrosante ferie, o per turismo. E devo dire che mi dispiace la sensazione di essere una minoranza, anzi ancor meno, di esser parte di una ridotta e piccola nicchia ...
I primi racconti ancora "a caldo" (letteralmente), di cui riferiscono dei quarantenni ad amici della loro età, o a più anziani, gli uni veneti e gli altri emiliani, riguarda innanzi tutto il tema: come era il tempo? e la cosa interessante è che su quello si dilungano molto, con una precisione e dettagli che rivelano una formidabile memoria dei giorni trascorsi (e quindi sono il riflesso di una attenzione particolare), con poi uno slittamento sul tema della abbronzatura.
Poi come era la spiaggia, che fa subito seguito a come era il vostro albergo, e anche qui i dettagli sono minuziosi con la descrizione dell'atrio, della sala da pranzo, del bar, e delle camere, ecc. 
A questo punto si arriva al dunque: come avete mangiato? e se non fosse che i bagagli non arrivavano mai al nastro di distribuzione dell'areoporto, non so come e quando sarebbero passati al successivo argomento che in questa forzata attesa è: come erano organizzate le escursioni? bene o male? Anche in questo caso il giudizio era generalmente: "accettabile", ma con una serie di critiche e di appunti sulla proverbiale disorganizzazione o sui modi criticabili della gestione del giro, e del tempo di chi non era interessato a fare l'escursione ...
Finalmente i bagagli, molto lentamente, incominciano ad arrivare, e i capannelli, i gruppetti informali delle chiacchiere (che poi colgo ancora in uscita, quando vengono accolti da chi li stava aspettando fuori)  si sciolgono e ognuno si dirige verso la propria casa.
Almeno in quei casi cui mi riferivo ora, nessuno di fatto ha parlato in realtà del viaggio, del paese, della popolazione, delle osservazioni compiute (chissà poi su che basi?), e delle riflessioni, nell'essersi trovati altrove (ma forse non lo erano poi tanto).
Alla fine verrebbe voglia di chiedere un chiarimento: ma dove eravate andati, a Cuba? oppure a Santo Domingo, o ad Aruba, o in Florida, o alle Bahamas, o altrove?
Che peccato ... (e che gran presunzione la mia ...).
Comunque non è una prerogativa nostra per cui ho citato questi veneti e emiliani, ma è assai diffusa, vedi ad es. i commenti della coppia di olandesi che riferivo nella puntata n.21 su lunedì 23 aprile a Varadero (Post dell'8 maggio)...

A Verona oggi ci accoglie un temporale eccezionale, pioggiona fitta fitta a dirotto, e fredda, che sbalzo!

AUTORE DI QUESTO DIARIO DI VIAGGIO :
carlo_pancera@libero.it

questo diario di viaggio è presente anche su  http://viaggiculturali.wordpress.com/

e (limitatamente ai giorni passati inizialmente all'Avana) anche sul blog "Cubareale":
http://cubareale.webnode.it/products/cuba-bella-il-viaggio-di-carlo-pancera/

Cuba bella, L'Avana II (n.38)

Lunes 30 de avril,  E' L'ULTIMO GIORNO........
Due chiacchiere mattutine, poi usciamo con Joan che ci lascia all'Hotel "Habana Libre", l'ex Hilton dove si stabilì il primo governo rivoluzionario all'inizio di gennaio 1959, ci sono le foto ricordo in una bacheca su una parete dell'hotel. Siamo qui per cambiare gli ultimi soldi per la giornata di oggi e per poter pagare la signora e Joan. 
Poi decidiamo di rimanere nella zona centrale moderna, dato che ieri ce ne eravamo andati via a causa della pioggia.

 Attraversiamo la strada ed entriamo in un negozio di cd, dvd, ecc. di musica dove comperiamo un disco dei "Buena Fé", che abbiamo ascoltato più volte in macchina con Joan, l'ultimo dei "Van Van", e uno di Benny Moré, "el barbaro del ritmo", ritenuto il più grande interprete della musica cubana, morto nel '63.
Passeggiamo lungo la 23 e guardiamo dei negozietti privati allestiti all'entrata delle case. Vediamo anche uno spaccio medicinali, le lunghe code per l'autobus, le lunghissime code per entrare in un internet-point.
per l'autobus

per entrare in una piccola cabina che è un punto internet
distribuzione medicinali

 Ma anche oggi fa molto caldo, per cui a un certo punto, avevamo pensato di andare a visitare qualcosa in calle 17, ma il sole ci dissuade. Ritorniamo indietro, dove c'è un po' di ombra, e chiediamo a una govane signora con il suo figlio ragazzino, dove ci consiglia di andare per starcene seduti all'ombra. Ma lei non è habanera e non sa, dice che l'unico posto sarebbe stato "Coppelia", ma oggi è chiuso. Scambiamo due parole, è graziosa e gentile. Dopo un po' che ci eravamo salutati, la vediamo che torna indietro per dirci che nel parque c'è un piccolo chiosco di "Coppelia" all'ombra che è aperto. La ringraziamo e diamo dei regalini al ragazzino. Ci ristoriamo sedendoci all'ombra, respirando l'aria di mare, bevendo un succo di frutta rinfrescante. 
"Coppelia"



Poi contrattiamo con quelli dei cocotaxi posteggiati, per farci portare a Plaza de Armas per 4 cuc, e insistiamo un po' di tempo, ma nessuno accetta. Stavamo andandocene e dopo un attimo una dice che ci porta lei, ha uno di quegli scooter un pochino più larghi dei coco, e ci si sta in tre. 
Costeggiando il Malecòn ci sono grandi spruzzi perché oggi le onde sono più forti di ieri sera. Alla fine (il percorso era effettivamente un po' lungo) le lascio 5 cuc senza volere il resto, è molto sorpresa e contenta.
gli spuzzi



La bella piazza è ombreggiata dagli alberoni e è abbastanza vicina al mare da cui giunge una bella brezza. Gironzoliamo all'ombra


 e chiacchieriamo con chi ha voglia di chiacchierare (e non mancano mai), guardo quelli che giocano a scacchi (che pure non mancano mai), do dei pesos nacionales a un poveraccio che vende i giornali camminando al sole, perché mi racconta che ha un figlio che ha una famiglia numerosa e hanno tanti problemi...
lotteria
negozietto popolare di frutta
un condominio in un edificio storico
negozio popolare di alimentari

Gironzolando faccio un po' di ultime foto, e poi pranziamo in un ristorantino turistico all'aperto della Habanaguanex, dove c'è pure un guarapo per fare la melassa. E' all'ombra tra la vegetazione. Non manca mai pure la musica.



Gironzoliamo un po' per il casco historico, e andiamo anche noi a tirare la barba ad una statua famosa... quella di un "barbone" che si aggirava per l'Avana Vecchia e che era divenuto sin dagli aa. sessanta un personaggio del quartiere. Figura bizzarra vagava per le calles fermando la gente e discutendo di filosofia, religione o politica. E' morto nel 1985 a 86 anni, dopo lunghe degenze in ospedale psichiatrico, ma era tanto simpatico in città che Eusebio Leal gli volle far costruire una statua che sta davanti al convento di San Francisco. Ed è consuetudine accarezzargli la baba per avere da lui un sorriso e buona sorte. E' noto come "el caballero de Paris" per il suo contegno da gran signore.

Poi andiamo a prenderci un paio di cafesitos al baretto un po' scassato lungo la avenida del puerto, il "Casablanca".  
Purtroppo siamo proprio di fianco alla parada dell'Habana Bustour ... ovunque nel mondo oramai con la diffusione del turismo di massa (e l'innalzarsi dell'età media dei turisti) si diffondono questi bus double-deckers in inglese che ti fanno fare il giretto, oppure i trenini con i loro circuiti, e attorno a questi ci sono quelli che ti offrono delle "straordinarie" occasioni di gite, e senti le proposte più disparate in ogni lingua (non solo inglese, ma tedesco, russo, francese, italiano eccetera, ecc.)...
Ma per fortuna in compenso qua possiamo guardare quelli che pescano, inaliamo l'aria salsa di mare, e osserviamo i gabbiani e i pellicani che si tuffano dall'alto a precipizio per poi tirare su dei pesciolini ...
Ammiriamo il Castillo del Morro, e la Cabana dall'altra parte del canale di imbocco al porto.

Intanto vediamo passeggiare uno con delle scarpe incredibili, forse gli erano state regalate da un cubano da Miami (hanno l'aria di quelle americanate pacchiane della Florida), oppure se  li è comperati a caro prezzo... Certi farebbero di tutto pur di attirare l'attenzione, poter vantarsi di qualcosa, poter essere invidiato da quelli del suo ambiente (e oltre) ...
Ma oramai è ora di andare a casa a fare le valige... Oramai non sono più così pesanti, abbiamo regalato già molte cose, e poi questa volta non abbiamo come al solito un sacco di pesanti libri da leggere durante il viaggio. Per il settore letture non c'è stato problema, abbiamo portato una intera biblioteca di romanzi, racconti, saggi, tra cui scegliere, nel nostro piccolo Kindle leggerissimo e comodo. 
Arrivati a casa con Joan, c'è anche Maira e dopo un po' arriva Lucy,

poi la signora, e anche René e Lizzy, tutti per salutarci. Diamo degli abiti, e gli ultimi giochi, porta-chiavi e matite per  i ragazzi e i bambini della scuola di Lucy. Regalo la mia "guida Vallardi" (cioè la Rough Guide in italiano) a Lizzy che ne farà uso con i turisti italiani.
Poi arriva l'amico anziano del primo giorno, con la sua macchina a prenderci. Pago la signora e Joan, e lui gentilmente aiuta a portare giù le valige e sistemarle nel bagagliaio. Saluti, abbracci e baci. Promesse di ritornare e rivederci, e scambio di indirizzi, anche la cagnetta è un po' eccitata.
In poco tempo siamo già all'areoporto e siamo in grande anticipo. C'è un po' di disorganizzazione nell' indicare dove si deve fare il check-in, comunque poi, pagata la tassa di soggiorno prima di uscire dal paese, ci mettiamo in coda. I controlli in uscita sono persino più meticolosi di quelli in entrata (era stato così anche in Ecuador). Dobbiamo ancora ri-cambiare cuc e pesos m.n., ma c'è una grandissima coda, e ci dicono che lo possiamo fare anche una volta di là. Arrivati dall'altra parte invece scopriamo che lì non ricambiano i "pesos - moneda nacional" ... Allora in un negozietto dove non c'è nessuno al momento, chiedo al commesso se a lui possono interessare, e mi dice che lui non può proprio e che nella sala ci sono le telecamere, ma di andare al gabinetto e di parlarne con l'addetto delle pulizie. E infatti così risolvo. A Cuba, oramai lo abbiamo visto, molte cose de jure non si potrebbero fare, ma de facto per quasi tutte alla fine si trova come farle lo stesso ... :-)
Così comperiamo gli ultimi souvenirs per finire i cuc rimasti.

anche Don Chisciotte è in partenza all'aereoporto dell'Avana
!hasta la proxima!

per qualsiasi informazione su Cuba rivolgetevi (anche in italiano) a:
alaide@infomed.sld.cu



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Cuba bella, L'Avana II (n.37)

(segue domenica 29)
poi andiamo al Malecòn a guardare la marea di gente che sta sul muretto dalle parti del Coppelita, e dopo un po' ci spostiamo dove c'è il Riviera, prendendo un carro particular per 2 cuc. Così vediamo il tramonto sul mare (ma anche perché il mare ora è picado, un po' mosso e spruzza sul muretto). Poca musica stasera, solo gente che chiacchiera.
il Coppelita







Oramai è buio quando Joan viene a riprenderci.
Torniamo per cena al raffinato ristorante vicinissimo a casa "BellaHabana", dove scambiamo qualche chiacchiera col proprietario. Stasera ci sono due salette già piene e il servizio è superlentissimo......
al "BellaHabana"

poi io vado a vedere quelli che ballano nel locale sulla riva del fiume, attraversata la piazza-parco.
Quindi via a casa e a letto, il sole oggi ci ha stancati molto.

Cuba bella, L'Avana II (n.36)

Riposiamo un poco e poi ci facciamo portare da Joan a rivedere il parque di fronte al ristorante della Union Francesa, dove c'è il monumento a John Lennon, inaugurato alcuni anni fa da Fidel stesso, che ha ripreso alcune volte in suoi interventi la frase "si dirà che sono un sognatore, ma non sono il solo".



Poi andiamo a vedere il callejòn del Hamel, nel barrio del hueso, ancora nella municipalità di "Centro Habana", non a caso è un vicolo pedonale vicino alla calle San Lorenzo (un santo molto venerato dalla santerìa). Qui Salvador Gonzales Escalona ha decorato tutto, per farne un luogo di ritrovo nel pieno di un quartiere povero e prevalentemente nero. Non solo murales multicolori, ma anche scritte, statue e sculture moderne, creazioni originali. Diamo regalini ai bambini.













dice una scritta: "contigo la lengua duele, el alma se cansa y el corazòn se agota".