mercoledì 29 febbraio 2012

"corso" sulla cultura tradizionale andina quechua (10)

In questo caso non ho scritto kichwa perché non riguarda più persone che come Pintag e come Pumaquero, sono delle Ande dell'Ecuador, ma una persona delle Ande del sud del Perù, dove quindi la grafia e la pronuncia sono un po' diverse, per cui in questo caso si dice Quechua.
Ma non starò qui a tradurre testi, in quanto si tratta di alcuni video che -se vi interessano- vi consiglio di vedere su YouTube, dove hanno già o una traduzione accanto o sotto l'immagine, oppure dove l'autore si esprime direttamente in italiano. Si tratta di un personaggio della città di Arequipa, cioé di Hernàn Huaràche Mamani, di cui forse avrete già letto i suoi libri-romanzi: "La profezia della curandera", "La donna della Luce", "Inkariy - la profezia del Sole", "La donna dalla coda d'argento", e "Negli occhi dello sciamano".  Comunque guardate il sito sui suoi libri: www.hhmamani.com    Ma anche:
 www.mamani-inca.net/Home/Approfondimenti/tabid/475/language/it-IT/Default.aspx


che è il sito del suo Istituto culturale.

Mamani è un indio andino, ed è stato il primo ad essere chiamato all'università di Arequipa ad insegnare lingua quechua, ed organizza ad Arequipa degli interessanti corsi di cultura e spiritualità incaica, in cui insegna anche il massaggio Qhaqoy, ed organizza pure tours di visite a luoghi sacri ed energetici della tradizione andina, che illustra e commenta, ad es. al magico Cañyon del Colta, e viaggi di piccoli gruppi o anche individuali. Ad Arequipa ha fondato per i bimbi della sua regione una "scuola di vita e di pace" a cui vanno i soldi che lui prende con le sue attività.
I link dei video sulle attività educative sono:
www.youtube.com/watch?v=zS3Y-HpQ8FI
www.youtube.com/watch?v=U6C6H2JQ-mc
www.youtube.com/watch?v=AL30WmUNhHg
www.youtube.com/watch?v=8O0iahzZQcE

      Ma vorrei soprattutto qui segnalarvi alcuni video di una intervista data alla webTv www.nonsoloanima.tv  in cui illustra in breve e in modo semplice la sua visione delle cose, dal titolo "Entrare nel cambiamento":
http://www.youtube.com/watch?v=URaO4HTyDbY&feature=related
http://www.youtube.com/watch?v=8Kz5KwF0LdE&feature=relmfu
cui fanno seguito altre varie puntate
A lato vedrete alcuni link ad altri video di Mamani, che pure vi consiglio, su vari argomenti, come ad es. sulle specificità della spiritualità femminile, oppure sulla armonia della coppia.

lunedì 20 febbraio 2012

lo specchio del Tempo, visioni cosmologiche

Volevo dirvi che credo nella luce come messaggera divina. Vi spiego, e chissà se questa mia esternazione possa dare qualche suggestione a qualche lettore per scrivere un qualche racconto

Credo che ciò che è stato, rimarrà per sempre nella memoria del cosmo, per lo meno come fantasma, simulacro, immagine proiettata, tipo quelle della "macchina inventata da Morel" ...(non so se avete visto quel bel film del '74, o letto il racconto di Bioy Casares che lo ha ispirato).


Cioè: se guardando al nostro sole, noi possiamo vedere perfettamente, ad esempio, quel che avveniva sulla superfice solare 8 minuti fa, oppure -se disponessimo di fantastici strumenti ottici- potremmo vedere quel che avveniva millenni or sono su altri corpi celesti più lontani, anche in qualche angolino il più remoto,… (cioè guardando ad es. un pianeta distante mille anni luce, vedremmo il suo passato di mille anni fa). Beh allora per converso, anche ciò che sta accadendo qui ora, ad es. io che sto scrivendo, lo si potrà vedere anche fra millenni guardando verso la terra da un pianeta altrettanto lontano. Mi sono spiegato? Potendo teoricamente andare lontanissimo e guardare verso la Terra vedremmo cosa succedeva qua tanto tempo fa… (dico teoricamente… perché dovremmo allontanarci a velocità superiore a quella della luce, il che è impossibile).
Quindi non noi stessi in carne e ossa, ma l'immagine del qui ora, dell' hic et nunc, da questo istante inizia il suo infinito viaggio in ogni direzione a raggiera come una bolla, e percorre instancabile migliaia di anni luce di distanza, portandosi dietro per sempre questo filmino di me che Vi scrivo. Cioè, è tendenzialmente presente ovunque, man mano che procede come l'onda che se ne va d'attorno dopo che abbiamo gettato un sassolino in uno stagno. Ma in questo caso espandendosi all'infinito poichè l'energia luminosa non si consuma, nè esaurisce mai! e dunque tutt'intorno a noi, senza mai raggiungere i "bordi dello stagno"...



Così come ora quelli tra noi che vogliono studiare gli inizi del nostro attuale universo, possono scrutare ai margini estremi del cosmo con lo Hubble spaziale, o con i "telescopi" radar (vedi l'immagine qui sotto, che riproduce quel che Hubble ha fotografato ingrandendo quel che si vede dei limiti estremi del cosmo, cioè là dove non c'è oltre).




Ecco che arrivo al dunque: allora ciò significa che tutto attorno a noi c'è lo specchio del tempo che fu, che si riproduce, e ci riproduce, a sfera concentrica indefinitamente. Ecco come io mi figuro la volta celeste di cui parlavano i filosofi antichi. (e, avuta questa visione, subito dopo sorge l'interrogativo ancestrale sull'Altrove iper-uranio…).
Se le immagini sono eterne, come lo è la luce, non necessitano più di spazio reale, quindi nell'immenso specchio cosmico non c'è coincidenza spazio-tempo poichè in effetti si tratta del solo riflesso dei contenuti del tempo...
Insomma se non è possibile, nè mai sarà possibile, vedere il futuro, però è teoricamente possibile vedere il nostro passato guardando verso il nostro mondo da laggiù là fuori…. così come noi 
possiamo vedere il passato degli altri mondi ….



domenica 19 febbraio 2012

la leggenda della trasformazione




Una leggenda narra che Matsyendra venisse gettato a mare da piccolo perché la sua nascita non era stata accettata. Finì ingoiato da un pesce gigantesco e visse e crebbe nel suo ventre. Il pesce nuotando nelle acque dell'oceano indiano, si trovò a passare nei pressi di una caverna, da cui si sentirono venire dei suoni suadenti e melodiosi. Era il dio Shiva che era intento ad illustrare alla sua adorata sposa Pàrvati le magiche posizioni (asana) dello yoga, da lui stesso create.
Matsyendra, ascoltando questi insegnamenti, affascinato dalla musicale e magnetica voce divina, subì una radicale trasformazione interiore, e da un essere dipendente dal pesce divenne un essere umano. Passò i successivi dodici anni a praticare lo yoga in tutte le sue forme e a sondarne le profondità.






Matsyendra che in sanscrito significa appunto "pesce fatto uomo", ne divenne dunque un grande esperto, e mentre girava per i mari assieme al suo veicolo (il pesce), cominciò a trasmettere e ad insegnare le tecniche divine, divenendo così il primo yoghi. Diede dunque inizio a una continuità che va da maestro (guru) a discepolo (chela) e che perpetuò questi saperi per generazioni dopo generazioni. 
Secondo questa tradizione dunque, il grande Disfacitore-Trasformatore, il dio Shiva, è anche il Signore, il gran Maestro dello Yoga, inteso come strumento di rigenerazione e rinascita anche a livello della vita individuale.



La posizione della torsione è assurta a simbolica rappresentazione dell'essenza dell'insegnamento di Matsyendra, riproducendo la forma di una spirale e rappresentando l'atto del rivolgersi verso ciò che altrimenti non si vede.





poesia - "mancanza e pervasività"


Il percepire acuto
di momentanea mancanza 
d' odori,
mi fa avvertire la loro permanenza
nel corso del tempo,
e sentirne ora palpabilmente
l'assenza.
Testimonia così della loro vaporosa
pervasività
dentro ai miei ricordi, 
vivi,
che mi riportano
infra i cespugli secchi
di lavanda
tra le rocce,
nella luce prismatica
e calura avvolgente
al Sole d'estate,
accanto alla marina
salinità
che si spande 
all'infrangersi d'onda,
nel mezzo del cicaleccio incessante
delle cicale.




mercoledì 15 febbraio 2012

un'altra mia poesiola "sans titre"

E' bello il blu profondo...mi ricorda il film omonimo, appunto "Profondo Blu". Là ci sono le nostre origini, l'acqua con tutti i suoi sali marini e minerali ecc. che compongono il brodo primordiale, è il melting pot da cui scaturirono tutti i viventi!!! la Grande Madre Thalassa. 
Un po' più tenue l'azzurro, cui anch'io penso quando faccio meditazione. Mentre quasi mai in verità il mio pensiero va a un pesciolino che vive nell'acqua, dell'acqua, essendo attraversato, fatto, d'acqua, e ora mi viene da pensare a questo pesciolino colorato immerso nell'azzurro perchè penso che noi (nel caso specifico quelli che sono lì a fare meditazione) stiamo immersi nell'aria, viviamo dell'aria, e siamo attraversati d'aria, e dunque facendo respirazione ci respiriamo l'uno l'aria espirata dall'altro, e nella stanza tutto diventa come se fossimo pesci d'acqua, anche noi parte integrante di quell'ecosistema. così penso.

per cui ora posto questa mia poesiola senza titolo:


Se io son pesce
Tutto è acqua,
se son quello che sono
il Tutto mi fluisce attraverso...
è la mia stessa acqua...
dato che l'acqua non è solo
accadue-o, ma è composta-composita
è fluido vivo, è vita fluida,
è ricchissima di ingredienti...
è quello che è
non solo perché c'è il sale,
anche perché ci sono tutti i pesci dentro.
E' viva, è vita.
E quello straterello di zolle di terra, erba, 
piante, fiori, vegetali, minerali, animali, aria,
attraversato da luce e calore,
dove c'è tutto quel che è il "nostro mondo",
dove tutto respira i respiri di tutti,
non è fatto solo di quello,
è quel che è
anche perché ci siamo tutti noi dentro
in continua Metamorfosi,
fintanto che il gran bouillon, 
il gran minestrone spalmato sopra,
che è lo straterello vivo di questo fremente pianeta,
fermenta....e ribolle 
come un brodo multicolore
d’acqua, terra, aria e fuoco.
Questo pianeta non è "solo" pieno di forme di vita...
Ma è vivo !

martedì 14 febbraio 2012

"corso" sulla cultura tradizionale andina kichwa (9)

Riporto alcune annotazioni dal mio diario del viaggio nell'area andina dell'Ecuador (diario che, avendolo postato già il 26 luglio, si può leggere integralmente qua più sotto in questo blog). 
Il nostro primo incontro con Pumaquero a Quito:

 Pumaquero è persona modesta ed è sempre pronto ad ascoltare a ad imparare qualcosa dagli altri. Chi non sa imparare, ci dice, non sa insegnare, mentre chi ha qualcosa da insegnare, vuole e sa anche imparare. 
Ora, così abbigliato, assume un aria un po' particolare: porta una camiciona blu scuro, con un poncho leggero dal vivace colore rosso, a righe bianche con decori, pantaloni leggeri bianchi come il cappello. Questo  suo sombrero (di panno o di lana cruda pressata) ha in cima dei rilievi, che lo dividono in sei parti, e da un lato gli pendono due nastrini che con l'aria producono vicino all'orecchio un fruscio leggero che ricorda il vento, l'elemento aria, mentre dall'altro lato gli pendono due pon-pon (il tutto ha un significato simbolico). Porta una borsettina tradizionale in cui tiene accuratamente certe sue cose; tra l'altro ad un certo punto ha tirato fuori da una piega all'altezza della vita, che stava tra i calzoni e la camicia, una ocarina.
Chiediamo che ci portino qualcosa da bere, e vediamo che ci rimane male per il fatto che avendo chiesto una aranciata gli avessero portato una bibita, quindi diciamo alla signorina che intendevamo dei succhi di frutta naturali, ma lui a questo punto chiede di portagli intanto subito un bel bicchiere di acqua fresca.
Prendendo spunto dall'acqua del bicchiere, ci parla della sacralità della Natura e di tutte le sue manifestazioni, le montagne, i laghi, i ruscelli, la pioggia, l'aria, la vegetazione, le varie forme di vita che si sono sviluppate, ... A questa si aggiungano la sacralità del sole, cioé della fonte inesauribile di luce e di calore, che danno rilievo e colore al mondo, e della luna per tutti gli influssi che essa ha sulla terra e su tutti i viventi. Se dunque recuperassimo il sentimento di questa sacralità, e partissimo da lì per sviluppare la spiritualità e i nostri valori di riferimento, nei nostri comportamenti come esseri viventi, come figli di madre natura, forse non saremmo giunti a questo punto di grave crisi del nostro ecosistema, tanto danneggiato dall'inquinamento da mettere a repentaglio la sopravvivenza di varie specie...
A un certo punto si è interrotto perché dice che in quell'ambiente chiuso gli mancava un po' l'aria, ed ha fatto aprire una delle grandi porte-finestre che danno sull'esterno. Poi si concentra sul bicchiere d'acqua che tiene con entrambe le mani, e beve alcuni sorsi.
Quindi ci dice dei suoi impegni con l'istituto che dirige, denominato "Jatun Yachay Wasi", in kichwa, o Hatun yachana huasi, letteralmente casa del grande sapere  cioè istituto di studi superiori, una istituzione culturale e di insegnamento, chiamata  in spagnolo anche "Universitas de sabidurìa ancestral", che lui e altri hanno fondato alcuni anni fa.
E' molto entusiasta del successo di questa iniziativa, che è diretta ad una operazione di recupero culturale e di valorizzazione di quanto di orginale c'è nella tradizione dei popoli aborigeni, e poi vi si promuovono gli studi e le ricerche sulle concezioni specificamente andine, cioè peculiari della cultura degli "indigeni" (oggi non si usa più dire indios). Inoltre in questo modo si diffondono e si coltivano le tradizioni più antiche che altrimenti stavano per essere dimenticate. Ad esempio ci accenna alla festa per il solstizio di giugno, che nel calendario lunare incaico ( o come dicono qui: incasico) è una giornata "libera" dai 13 mesi dell'anno; lungo tutta la cordigliera andina, dalla Colombia sino al nord del Cile, gli indigeni danzano per festeggiare e ringraziare che l'asse terrestre abbia questa inclinazione di 23° gradi e 27', poiché è da questo fatto che nasce la vita così come la conosciamo. 
 Ghila gli chiede esattamente che corsi ci sono in quell'istituto, e lui ci dice che si tratta innanzitutto di far conoscere e praticare la Medicina tradizionale. Quindi uno studio dei vegetali, delle loro proprietà, dell'influsso lunare , dei principi attivi presenti in ogni pianta, di come lavorarle per trarne beneficio. Ed egualmente per i minerali, e gli animali. Ma poi anche si tratta della cucina, del modo e delle motivazioni per cucinare i cibi in una certa maniera. Per cui è importante raccogliere tutta la sapienza medica locale, sia a fini curativi che di tipo preventivo. Pertanto in questo settore vi sono anche corsi per saper fare promozione della salute, svolgere una attività di consultorio a indirizzo individuale e famigliare, ma anche spiegare i campi nei quali i rimedi tradizionali non possono rispondere alle esigenze di salute di tutti. Alla fine si da un diploma di tecnologo terapeuta, ma sempre con una preparazione specifica relativa ai concetti di equilibrio e di squilibrio energetico, a livello individuale, famigliare, comunitario o ambientale, basati sulle concezioni e sui principi della medicina tradizionale delle Ande. 
In secondo luogo ci sono corsi di Agropecuaria, relativi all'agricoltura, orticultura, allevamento, che si basano anch'essi sulle concezioni tramandate dall'epoca incaica. I saperi relativi alla Madre Terra (Pachamama) e ai frutti che da, e alle necessità di curare e mantenere un equilibrio a livello ecologico e ambientale, in modo da operare in maniera e misura sostenibile per lo sviluppo e l'ottimizzazione del settore primario dell'economia andina. Quindi tenere sotto controllo l'erosione dei suoli, non praticare in modo indiscriminato la deforestazione dei territori, o lo sviluppo abnorme delle strutture industriali e urbane, ecc. Ma anche favorire  pratiche di coltivazione, semina, raccolto, e allevamento che si rifacciano ai principi della cosmobiologia andina. La cura del chaqra, del luogo di crescita, fa sì che quando il seme muore rinasca come pianta, o che il cucciolo sviluppi pienamente le sue capacità da adulto.
Poi c'è un area dedicata ai saperi relativi all' habitat, quindi rispettosi dell'ambiente, delle tradizioni e stili architettonici e artistici di costruzione peculiari del contesto ambientale e culturale, e anche delle motivazioni relative al loro orientamento, all'arredo, ai materiali utilizzati (naturali e biodegradabili, ma anche dello stesso territorio, in modo da essere partecipe delle stesse vibrazioni energetiche), così da poter poi "ritornare" a madre natura, perchè una abitazione prima o poi deve reintegrarsi con la terra, eccetera.
Infine un settore dedicato alla promozione e alla difesa in campo sociale delle comunità indigene, quindi in questa area si compiono studi di carattere sociologico, economico, giuridico, politico-amministrativo, basati sui principi di giustizia, e sull'etica specifica delle culture andine. E anche per dare le capacità di ideare e realizzare progetti di sviluppo ecosostenibili e fondati sullo scambio equo e solidale. In una comunità è fondamentale il tema della giustizia. Ogni persona è interdipendente e sociale. Cruciale è saper gestire la mediazione comunitaria. Per raggiungere una conciliazione dopo un episodio dirompente, è imprescindibile lo stare faccia a faccia, ma è difficile da gestire, ci vogliono persone qualificate, preparate, e che si siano sapute conquistare rispetto e autorità nella comunità per poter mediare. Perciò sin da ragazzi (sopra i dodici anni) il percorso di iniziazione deve condurre all'esercizio della governabilità. Attraverso la pratica ognuno deve imparare a prendersi cura di sè e autogestirsi, facendo esperienze.
Queste dunque in breve le quattro branche, o rami dell'istituto, che quindi è dedito al recupero, alla conservazione, e diffusione dei saperi tradizionali affinché la cultura (e quindi in primo luogo la lingua, o meglio le lingue aborigene) non vadano disperdendosi, ma anche affinché siano rinvigorite, rinnovate e poste in grado di prendere parte al mondo moderno, per dare un impulso allo sviluppo di una nuova coscienza tra gli indigeni, di un nuovo atteggiamento di rispetto da parte della società attuale nei loro confronti, e di predisporre ad una visione più olistica delle problematiche di sviluppo che si armonizzi con il rispetto di madre natura.

Pumaquero ne è da qualche tempo il Rettore, e questo impegno lo ha fatto conoscere e apprezzare, per cui ora è un punto di riferimento non solo per le comunità andine, ma anche per gli "altri", per il mondo della cultura, della amministrazione pubblica, e della politica a livello nazionale ecuadoriano. E' stato autorizzato dal consiglio della sua comunità indigena Puruhà (che vive nelle aree centrali della valle tra le due cordigliere quella Reale e quella occidentale) a conferire il bastone simbolo di saggezza e quello simbolo di comando. Ad esempio lo ha dato all'attuale presidente della repubblica ecuadoriana... Tuttavia come dicevo prima è persona semplice e alla mano.
Ci dice che nella concezione ancestrale del tempo, esso era visto come una successione di epoche, o fasi, detti Pachakutin, che significa rifacimento, ritorno, ricorrenza, e da poco è terminato il periodo oscuro, per cui ora sta iniziando (ritornando) un periodo (il decimo) di luce e di rinascita.
Tanto ha parlato e si è intrattenuto con noi a rispondere alle nostre domande e a spiegarci tante cose con pazienza, sorriso, e passione e impegno, che si è scordato di un appuntamento di carattere politico che aveva e per cui era venuto a Quito... Ci dispiace moltissimo, ma a questo punto gli chiediamo se vuole pranzare con noi da qualche parte. Gli fa molto piacere, anche se ci pare di capire che il suo particolare vegetarianesimo gli potrebbe porre dei limiti.
Andiamo dunque a pranzo. Anche qui notiamo che prima di bere un bicchiere d'acqua lo tiene tra le due mani e si concentra un attimo, ci dice che l'acqua è yucumama, è un elemento sacro, e che quindi lui fa un ringraziamento di accoglienza delle sue proprietà benefiche prima di assumerla. Ordina un brodo di verdure, e poi della frutta, ma fa alcune raccomandazioni al cameriere. Parliamo del vegetarianesimo, e Ghila gli fa notare come una contraddizione il fatto che lui ci abbia detto che nelle sue pratiche di cura (aveva appena ricevuto una chiamata al cellulare da una sua paziente e amica) fa uso di quegli animalini tipo porcellini d'india che qui si chiamano cuy, perchè dicono che il loro corpo è molto sensibile a certe infermità o malattie, e che dalla loro reazione, passando un cuy scuoiato lungo tutto il corpo del paziente, si può diagnosticare il male e il suo grado di gravità. Ma lui non aveva mai considerato la questione di incongruenze con la scelta vegetariana, e dice che ci rifletterà, ma che crede che in quel caso il cuy stia offrendo il suo corpo per aiutarci, e che questa è una sua destinazione positiva nel mondo. 
Poi pranzando ci dice che oggi è il giorno in cui Correa (che lui nomina come Rafael) assume il suo secondo mandato presidenziale e che anche lui era invitato alla celebrazione di investitura nello stadio olimpico, come rappresentante della sua comunità. Restiamo esterefatti e ci sentiamo un po' in colpa per averlo distratto così tanto, ma lui è molto sereno al riguardo. Ha molto apprezzato le numerose e schiette domande e perplessità di Ghila, e le nostre riflessioni, mie e di Annalisa sul rapporto tra particolarità e universalità di un messaggio, e sulla educazione. 

Secondo incontro, a Latacunga:
Alcuni giorni più tardi andiamo a Latacunga, dove in una trattoria ci fermiamo a chiacchierare con dei giovani. Uno di loro accennava a questa fase di "recupero" della identità aborigena andina attraverso la scuola elementare, ma anche i corsi per adulti, e i risvolti culturali delle attività sociali e sindacali. Mi fa tornare in mente alcune pagine che leggevo l'altro giorno in un libro preso alla Libreria "Abya Yala", sugli "equivoci" della "pretesa" di "insegnare la cultura". L' autore, José Sanchez Parga, trattando della educazione interculturale di base bilingue (EIB) che da ormai molti anni si è introdotta nelle aree a maggioranza indigena, esponeva i suoi "dubbi pedagogici"  relativamente alla sperimentazione sino ad allora svolta (tra il '91 e il 2005) nelle zone rurali della Provincia del Cotopaxi, diceva che l'insegnamento in kichwa era stato subordinato e condizionato ad un supposto "rafforzamento" dell'identità culturale, inteso semplicemente come una incorporazione di certi contenuti culturali nell'istruzione, cosa che è a suo parere ben lungi dal garantire "effetti di interculturalità". Come se il solo fornire nozioni culturali -scrive- fosse sufficiente per "fomentare" l'interculturalità, o darle impulso, perché si possa in tal modo "produrre equità ed eguaglianza" tra le diverse culture del Paese (le virgolette si riferivano al testo della precedente Costituzione di dodici anni fa). Mentre, dice Sanchez, le culture sono effetto della società e non dell'istruzione, e le culture sono qualcosa che esiste solo interculturalmente in quanto l'interculturalità, ovvero le relazioni tra culture, sono la forma di essere, di esistere e vivere di ogni cultura. Pertanto saranno gli attuali sviluppi sociali, le attuali linee di tendenza della società moderna ciò che produrrà i cambiamenti culturali, e darà impulso alla perenne trasformazione dei contesti culturali. La cultura è un prodotto e non qualcosa a sé stante che possa essere insegnato e impartito. Se ci si limitasse a questo allora si ignorerebbe la forza dei processi culturali, che sovrasta qualsiasi iniziativa conservativa per frenare i cambiamenti. Già questi primi pochi cenni ci possono dare un'idea del grande dibattito in corso sulla operazione di recupero e salvaguardia, ma soprattutto di rivitalizzazione, della cultura andina, che forse è stata riferita piuttosto alla cultura materiale, e a quello che fu il patrimonio culturale originario del mondo indigeno della sierra (?).
Ci re-incontriamo con Pumaquero, ma delle sue conversazioni ho già riferito in un altro post (oltre che nel diario).



Terzo incontro a Riobamba:

partiamo e facciamo un percorso su strade minori, le carreteras interparroquiales, attraversando Qero, e arriviamo infine a Riobamba (2750m). Ci reincontriamo con Manuel Pumaquero, che ci porta dopo Cajabamba, verso la Laguna di Colta (3180m). Intanto si schiarisce il cielo e vediamo Taita Chimborazo, vulcano di 6310 m. largo 20 km. il cui nome significa "re della morte" (certo tra quei ghiacciai, e a quelle altezze...). Andiamo a visitare la chiesetta di Balbanera, prima chiesa cristiana in Ecuador, costruita sopra quella che era stata una fonte sacra di acqua. In paese ci sono anche un monumento a Condorazo ultimo re dei Puruhà, e uno alla principessa Paccha. E poi ci mostra certi resti antichi inglobati in case, chiese, muri di Colta; ci fa anche notare una piramide di terra a gradoni sulla cima di un monte (ora costellata da antenne-ripetitori!!) e varie collinette naturali o artificiali (che si chiamano pukara) usate anticamente per cerimonie o come centri di studio e insegnamento da parte di maestri.
 C'è anche un paesino dove vivono i discendenti degli sciamani di un tempo. E infine visitiamo il suo istituto Jatun Yachay Wasi, con le sue coltivazioni, il suo laboratorio, le serre, le aule, gli animali. Vari studiosi delle antiche conoscenze andine, tra cui anche universitari, hanno contribuito alla fondazione. C'è stato anche l'avvallo e il supporto dell' Orden Andina de la Sabidurìa. Qui in vari punti del vasto prato circostante compiono atti rituali, commemorazioni, cerimonie, dibattiti, premiazioni, consegne di titoli,  meditazioni, accendono un falò e si radunano attorno per canti, eccetera. Nel suo ufficio di direttore, c'è uno strano quadro molto simbolista, è di una pittrice tedesca, ora defunta, che era una autorità nel campo degli studi sulle culture andine. Poi ci fa vedere che tiene un tamburo particolare per eventi ritualistici, con un timbro profondo e produce una sonorità molto intensa, con vibrazioni prolungate. Ha un bastone rituale con penne di condor e di kuriqingui (un uccello andino più piccolo), che viene consegnato in certe occasioni accompagnate da offerte ad es di frutta, come un simbolo che conferisce la facoltà di dirigere, amministrare, ordinare, controllare, aiutare, accompagnare la propria gente. In una speciale borsa fatta come un tascapane, tiene una grande conchiglia che si può suonare col fiato, e produce un suono potente ad un notevole volume, per cui si fa udire in un vasto raggio e sovrasta altri suoni e rumori. Bisogna però prima "riscaldarla" con dei rintocchi che la facciano vibrare. Il grande Pachakamaq ha fatto tutto con questo suono e con la luce; questo è il suono primigenio. E ce lo fa sentire, poi la mette nel borsello e la riappende al chiodo che intanto era venuto un po' fuori dal muro, e quindi col peso si stacca e la conchigliona cade finendo con un rumore secco sul pavimento ! lui subito si scusa con la conchiglia, la carezza e le parla. Anche noi ci siamo rimasti male, e ci sentiamo dispiaciuti per l'accaduto.
Poi ci mostra lo stendardo andino con i colori dell'arcobaleno (arco Iris) a quadretti diagonali; il rosso è nella diagonale centrale, mentre in Bolivia lo è il bianco, e in altre zone altrove, in quanto le diagonali scorrono e cambiano posizione turnandosi al centro. Esso è presente in tutte le cerimonie e occasioni pubbliche. Quindi ci mostra un sasso molto antico proveniente dal Lago Titicaca, il paese di origine delle culture aymarà e quechua-kichwa. Dice che quando è necessario "lavorare" col suono, e le vibrazioni, per sanare le persone (non per curarle), la si percuote ritmicamente con una certa altra pietra della stessa origine. Poi ci mostra un grande quarzo con un bellissimo interno, e dice che il quarzo è come l'ovulo, il seme, della Terra, quindi quando lo rompono, PachaMama ne risente. Anche questo è un potente sanatore. Poi mostra vari bastoni che si scuotono e si fanno battere tra loro, e che provengono da arbusti differenti, sia maschili che femminili. questi infilati in anelli di metalli vari lavorati, producono vibrazioni che vanno accompagnate con cantici, e anche di questi ce ne si serve per sanare, durante atti e cerimoniali di sanazione. 
Usciamo all'esterno, nel cortiletto in mezzo c'è un leggìo di pietra che fa come da pulpito per prolusioni, proclamazioni, discorsi pubblici. C'è scolpito come un gran librone aperto con incise delle iscrizioni, ma va prima bagnata la superficie del lastrone e strofinata con il palmo della mano, per poter poi vedere e leggere la scritta. Lui è molto orgoglioso del fatto che nelle Ande sia nata e abbia fiorito la cultura umana, e che proprio qui in vista di taita Chimborazo, e della sacra laguna di Colta sia sorto per la prima volta in Ecuador questo istituto per studiarla. Quindi ci porta a vedere l'aula grande, che porta su una parete la raffigurazione affrescata della Sabidurìa, del sapere, della sapienza, ed è interessante notare che tutte le culture l'hanno sempre rappresentata come una donna. Sopra c'è la figura di un alpaca con il Runa (l'essere umano) andino che va verso la presa di coscienza, di consapevolezza. Sulla parete di fronte c'è una raffigurazione del simbolo e sigillo dell'istituto, con la prima sua denominazione, Hatun Yachana Huasi, che è racchiuso in una corona con due fiori chuguirawa (una pianta amara curativa), un alberello kishwar che è già cresciuto abbastanza per essere considerato un "vecchio saggio", poi ci sono due serpenti piumati (Amaru, anch'essi rappresentano l'antica sapienza), e un condor che attende di venire nutrito dai due serpenti, e più oltre Inti, il Sole, e attorno l'uovo che è come il seme della Umanità. Il tutto forma una corona Maskapaycha con i simboli dei due uccelli andini kuriqingui e pettirosso, cioè sapienza e coraggio, che è la corona che veniva conferita ai grandi sapienti. L'insieme in pratica è come una sorta di mandala andino.

Sul pavimento di parquet ci sono dei tappetini e stuoie di paglia che servono per sedersi o sdraiarsi a fare gli esercizi psicofisici del cuyuri (il cosiddetto yoga andino). Sono anch'essi di una paglia locale perchè altrimenti le vibrazioni delle loro energie non sarebbero in armonia, dato che anche le stuoie partecipano alle vibrazioni generali. In un angolo vediamo un alto braciere (di bronzo?) che si usa per accendere il focolare sacro durante certi atti rituali. 
Usciamo fuori, dove c'è una copia in piccolo della piramide ellittica tronca di terra, che c'è sul monte Puñay, una semiovale a gradini di terra ricoperta di prato, con una radice di legno tagliata per poter far sedere in centro chi parla o gestisce l'evento. Un orto circolare suddiviso in settori da pietre bianche, a disposizione come laboratorio perchè gli studenti sia di agropecuaria, che di medicina possano apprendere a seminare e accudire le piante curative, e a fertilizzarle in modo naturale (ma ciò implica anche una serie di conoscenze di carattere generale della concezione del mondo e dell'uomo basata su una rete energetica). Ci sono spazi vuoti per consentire alla terra di riposare a cicli. Prima di dedicarsi all'orticultura si pronuncia o si pensa una orazione per chiedere il permesso alla terra di lavorarla e coltivarla. In queste occasioni bisogna che le parole dette a voce o mentalmente siano dette col cuore (per la medicina andina nei mammiferi ci sono quattro cuori, i due più importanti sono quello rosso, e il rognone, o rene, che è il primo eventuale sostituto del cuore rosso, ad esempio durante gli infarti). 
E infine dall'altra parte del campo c'è una sorta di "labirinto" o percorso a spirale, o vortice, o a sezione di conchiglia caracol, costituito da alberi, piante, arbusti autoctoni coltivati e curati da loro (si inizia con l'albero "della carta" che si squama, il pachamanka), che porta ad uno spiazzo (dove c'è anche una struttura di bastoni a forma di piramide con sopra dei teloni, dentro cui potersi isolare e raccogliere momentaneamente), dove ci fermiamo a meditare con una bella falce di luna splendente proprio dinnanzi al prato a gradoni dove ci si può sedere a semicerchio. Oramai sopraggiunge rapidamente il buio, che qui in campagna è totale. Restiamo a lungo in silenzio ad occhi aperti ad ammirare le silhuettes degli alberi e il riflesso d'argento sugli specchi d'acqua. Ci rimarrà una bella sensazione e un forte ricordo di questa serata. 

Il nostro incontro programmato di nuovo a Riobamba al nostro ritorno dal Sud, non riesce, quindi il quarto incontro sarà di nuovo a Quito prima della nostra partenza:
ci incontriamo di nuovo con Manuel Pumaquero, che era a Quito all' Instituto Intercultural Amautay Wasi. Lo aspettiamo, ci sediamo sul prato del parco di fronte, c'è molto vento, (...).
Manuel Pumaquero ci racconta che quando lo cercavamo a Riobamba, lui era stato via alcuni giorni con tre amiche, dormendo in tenda in una foresta sacra durante i tre giorni e notti di luna piena ! Un bosco di arrayanas, ce ne sono ancora solo altri due nel mondo. Dice che hanno fatto delle cerimonie presso dei resti antichi, e che lo spirito della montagna gli ha parlato. Gli diciamo che noi poi eravamo andati al Pasochoa, dove c'è il colibrì dal becco lunghissimo, ma che ovviamente non abbiamo visto. E allora lui dice che Tulcàn el kindi, cioè quel colibrì col becco più lungo, è un animale sacro ed è per loro un simbolo culturale, è rappresentato in quel famoso disegno gigantesco che si trova nella pampa presso Nazca. Gli diciamo anche di quando eravamo al mercato del bestiame fuori Otavalo, e si vedeva taita Imbabura con delle nuvole sulla cima, tutte rosse per il sole che sorgeva dietro, uno spettacolo affascinante, e lui dice che si chiama uruchungar quel "fuoco" delle cime dei monti, che appunto segnala la presenza dell'Apu, dello spirito della montagna. E che secondo le leggende in quelle occasioni i monti a volte si scambiano espressioni di vita (cioè mandrie, greggi, uccelli...!). 
Vede che giriamo con una sportina di plastica e gli dico che ci portiamo dietro dei giocattolini da regalare ai bambini poveri, e che a volte persino dei ragazzi grandicelli che fanno i lustrascarpe li hanno presi ed erano tutti contenti come fossero dei bambini. Ci dice che lo può ben capire perché anche lui da ragazzino ha fatto quella vita per più di un anno gironzolando da mattina a sera come un vagabondo per le strade, con la sua cassetta di legno per lustrare le scarpe, ma era così che si guadagnava da vivere...Penso allora a quanti sacrifici ha evidentemente dovuto fare per studiare e per conquistarsi la sua professionalità.
Poi lo accompagnamo in una allucinante corsa in taxi fino al Terminal Sur che sta fuori città, modernissimo, enorme, sperando che questa volta non perda un appuntamento importante che ha a Riobamba. Ci saluta con grandi abbracci e ci da sul palmo della mano sinistra alcune foglioline di "coca madre" da lui stesso raccolte, che tiene in un piccolo sacchettino apposito, la chuspa. Ciao Manuel, yupaichani! grazie. Speriamo di rivederci! 

carlo_pancera@libero.it

Sul nostro viaggio in Ecuador e sugli incontri avuti con Pumaquero, ora si veda il libro "Il viandante e lo sciamano", pubblicato dalla Este-Edition di Ferrara, con una prefazione e con note di commento al testo (e con tre raccontini di Ghila).

Un racconto per ragazzi, liberamente ispirato al soggiorno di Manuel a casa nostra è stato scritto da Ghila, e pubblicato col titolo "Uno strano ospite straniero" edizioni del gruppo Albatros - Il Filo, di Roma.

lunedì 13 febbraio 2012

"corso" sulla cultura tradizionale andina kichwa (8)


alla sera di venerdì 4 dic. Pumaquero è a Bologna con Natalia Castaldini Zanni della Associazione "Aestene", che lo ha invitato al Centro Yoga "Om" di Marisa Giorgini, a mostrare esercizi di respirazione, posizioni, pratiche di meditazione e massaggi andini, dal titolo:
SPIRITUALITA'  ANDINA: COSMOVISIONE E PRATICA
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Andiamo a Bologna, pranziamo e alla fine gli chiedo se vuole un dolce, ma dice che solo per cena prende un po' di dolce, mentre a pranzo no, e mangia cose poco salate, mentre alla prima colazione allora sì prende un dolce e cose del tutto senza sale. Questa è una sua dieta. La dieta è importante, così come il cosiddetto "yoga andino" che lui pratica regolarmente, e di cui è venuto a parlare. 
Giunti alla sede del Centro, dove è atteso da circa una trentina di persone, Pumaquero ci dice che questo tipo di pratica è composto da tre fasi, la prima si chiama uyari ed è una pratica di meditazione basata sul controllo del respiro, la seconda cuyuri, e consiste nell'assumere e mantenere certe posture, proprio simili a quelle yoga e forse altrettanto antiche, la terza è lo Inti cuyuri, che è una disciplina di meditazione molto avanzata che si compie di fronte al Sole. Racconta che in Bolivia aveva visto un noto monolito con la figura di un puma con il ventre molto all'indentro, e quello è un modello da seguire, il puma è simbolo dell'azione, del saper fare corretto. Pumaquero dice che quando lavoriamo principalmente col diaframma si dice che noi "solarizamos", poiché ci si concentra proprio sul plesso solare, e si è rivolti verso padre Sole. Al mattino presto ci si apre, per espellere l'ossigeno notturno, e si assume energia morbida, cioé aria pura. I cosiddetti movimenti solari mirano a connettersi, bruciare e assorbire. Si tratta effettivamente di esercizi che risalgono a prima degli Incas (e io mi ricordo che abbiamo visto al museo di Quito un'antica statuetta pre-incaica in cui una figura umana era seduta a terra a gambe incrociate, con la schiena e la testa ben dritta, e gli occhi chiusi). Le vibrazioni di energia morbida passano ad esempio anche attraverso il cucinare, se no non si riesce ad entrare nel cuyuri

Per questo l'arte culinaria è tra le arti sacre, ci vuole molto tempo per imparare a cucinare in modo spirituale,  e per apprendere che il cibo e il fuoco ti sorridono. Nel momento in cui si preparano e si manipolano e si cuociono i cibi, si sta comunicando con la dimensione spirituale. Queste sono cose che vengono spiegate da un Taita Yacha, da un saggio, un hambi yacha, uno che ha le conoscenze del prendersi cura, o da un hambi Runa, un uomo (o donna) di medicina. Ma ad esempio nelle arti della salute e della cura andine, chi veramente è il soggetto, chi si cura, è il malato stesso; l'altro (ad es. il medico) è un accompagnatore. Ma -ci raccomanda- non date credito ai vari curanderos o chamanes popolari, sono quasi tutti ignoranti.
Ci parla di tante cose. Per esempio ci dice che la trinità andina è composta da Amaru il serpente, dal puma, stupendo e temibile, e da Kuntur, il condor, che non ha mai ucciso nessuno, e che è il volatile che ha la più grande apertura alare di tutti, e vola a grandi altezze su in cielo. Il puma rappresenta l’energia; il sepente la conoscenza, e l’intelligenza; il condor la pace. Questo era anche il Totem antico in cui questi animali erano raffigurati uno sopra l’altro. La loro trinità rappresenta l'armonia. 
Così come ci sono tre mondi di vita, o Pacha, donde estamos subsistiendo: quello sotto di noi (urin), il mondo degli elementi primordiali (simbolo: il serpente), che è Uju o Uku Pacha (ovvero l'oltre il mondo, o oltre la vita, dove si trovano gli spiriti); poi Kay Pacha (questo mondo, o questa vita), che è la superficie terrestre, il mondo dei vegetali, e degli animali tra cui l'uomo (simbolo della vitalità: il puma); e infine sopra c'è il mondo celestiale e cosmico, Hanan Pacha (ciò che c'è prima del mondo, o della vita), in cui nel nostro mondo e nella nostra vita primeggiano il Sole e la Luna (che quando sono allineati producono le cosiddette "maree equinoziali"), ma vi sono anche le nuvole, e l'arcobaleno, e le stelle lucenti come la stella "sentinella del mattino", chaska lucero (che noi chiamiamo Venere), e quella della sera (che per noi è Marte), e le costellazioni. Simbolo del mondo alto: il condor.

 La corrisponenza e la complementarietà tra questi mondi di vita è un dato essenziale. Questi elementi si ritrovano in tutti i popoli della cordigliera andina da nord a sud, come ad esempio i tre comandamenti (citati già in una "puntata" precedente), o la chakana, la cosiddetta "croce a scala andina", che si basa sulla osservazione della costellazione della "Croce del Sud", cioè sul calcolo del rapporto sacro tra lato minore e maggiore, ovvero considerando l'uno il lato di un quadrato e l'altro la sua diagonale, che è pari alla radice quadrata di due, la cosiddetta costante pitagorica (ma già calcolata nell'antica India vedica e dai Babilonesi). Essa è in effetti la rappresentazione di un ponte con tre gradini replicato sui quattro lati di un quadrato, da qui il nome completo, tawa chakana, dato che tawa significa quattro (il cui disegno nella sua interezza ha una certa somiglianza con alcuni antichi mandala vedici); i quadrati rappresentanti gli scalini lungo le diagonali avevano i tre loro lati "esterni" di quasi 4,5 cm. per lato, determinando così l'unità "aurea" di misura andina, Kumbe mayo, usata dagli agrimensori e dagli architetti e ingegneri (per saperne di più si veda C. Milla Villena, Genesis de la cultura andina, Quito,1980,2008).

Gli dico che avevo già visto la chakana in Perù, e mi avevano detto che questo ponte a scala è il simbolo della razionalità del tutto. Pumaquero risponde che rappresenta la complementarietà, la corrispondenza, il mutuo soccorso, la trasparenza, il ponte, il passaggio, la comunicazione e/o connessione tra esseri umani e tra l'uomo e il resto della natura, come tra l'uomo e il cosmo. In questo senso è un ponte (chaka significa "ciò che si deve attraversare", e hanan, "in alto"), costituito da gradini; ed è spesso seminterrata in quanto la metà superiore si riferisce al ponte tra i mondi di superficie e cosmico (Kay e Hanan), mentre quella nascosta si riferisce al contatto tra il mondo di superficie e quello interno o interiore più profondo (Kay e Uku).
La croce del sud con le sue quattro stelle raffigurava anche la complementarietà per un verso tra sopra e sotto (Hanan-Uku), cielo-terra, uomo-donna, ecc., così come col discrimine in verticale, quella tra destra e sinistra, luce-ombra, giorno-notte, sole-luna, maschile-femminile, ecc., e infine quella tra le quattro parti del mondo, il Tawantinsuyo, che era il nome dell'impero incaico, simboleggiate nei quattro lati della chakana. Perciò si segna un centro con un cerchietto o un quadratino, verso cui eventualmente convergono quattro semirette. Manuel segna su una lavagna da un lato la volontà e dall'altro l'azione, in alto il sapere e alla base il saper essere. 
Tutta questa simbologia era raffigurata nel grande tempio del Sole (Qoricancha) a Cuzco. E i saggi (yachak) dicevano che "nel mondo nulla è di per sè buono e nulla è cattivo, semplicemente ciò che c'è, c'è perché deve esserci", insegnando così a rispettare le polarità, come complementarietà.
Qualcuno dei presenti dice che gli sembra incredibile che tali concetti si siano mantenuti all'interno del contesto indio solo per tramite orale per cinque secoli, e Manuel risponde che una cultura comune si potè mantenere grazie ai quipùs, cioè ai promemoria fatti di cordicelle, e anche alla rete viaria incaica che era efficiente e molto estesa, percorsa da chasky, messaggeri molto allenati che portavano, correndo per molti kilometri a notevoli altitudini, messaggi di ogni genere da una parte all'altra dell'impero, e così si è costruita una unità culturale comune al di là delle differenze tra i vari popoli dell'Impero Incaico. Questi simboli sono poi la base di partenza per sviluppare una serie di insegnamenti. L'anno passato ci fu una marcia sia dal nord del Chile sino a Panamà, sia nell'altro senso, seguendo il tracciato della grande arteria centrale incaica che percorre tutte le Ande, la strada reale, che è anche il Qhapaq ñan, il sentiero della Luce, che va in diagonale come l'inclinazione dell'asse terrestre, che è anche un simbolo di un cammino di conoscenza e di spiritualità. L'incontro tra quelli provenienti dal nord e quelli dal sud, simboleggia l'auspicato incontro tra l'aquila e il condor, cioè il ricongiungimento tra "indiani" pellerosse, indios "pueblos", toltechi, nahuatl, e altri uomini di spiritualità del Nord e Centro America, da un lato, e gli indios delle Ande, dell'Amazzonia e tutti i popoli oppressi del Sudamerica dall'altro. Quando l'aquila e il condor incroceranno negli alti cieli d'America i loro voli, si aprirà una Nuova Era per i popoli indigeni e per tutto il continente. Si procedeva con i bastoni sacri sopra al capo, e si intonavano cantici e ogni tanto si compivano corse come quelle dei chasky. La marcia, o corteo, si ripete ogni quattro anni. Fu in quell'occasione che lui incontrò un quindicina di anni fa una straordinaria donna tedesca molto vecchia che lo volle fare anche se si camminava sopra i 4000 metri, e che era una grande studiosa e ricercatrice delle culture dell'area andina (forse alludeva a Maria Reiche?).
                                 
da sin. a destra: la seconda è Natalia Castaldini, poi Manuel Pumaquero, Annalisa Pinter, Marisa Giorgini, Carlo Pancera

Dopo aver mostrato e spiegato molti diversi esercizi iniziali del cuyuri, e aver risposto a varie domande, la serata termina. 
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"corso" sulla cultura tradizionale andina kichwa (7)


lunedì 30 nov. Pumaquero è stato alla facoltà di Farmacia, presso il chiostro di Santa Maria delle Grazie, in via fossato di Mortara, in aula F3 dalle ore 15, invitato dalla prof. Anna Siniscalchi, presidente della associazione "Farmacie senza frontiere" e docente di Farmacologia, e dal prof.Gianni Sacchetti, docente di Risorse agrotecnologiche e farmaceutiche, dove ha tenuto una lezione-seminario di due ore sull'erbario e le pratiche di cura tradizionali delle Ande dell'Ecuador:
"Medicina tradizionale andina", 
in cui tratterà delle cure con farmaci naturali in collegamento con aspetti della spiritualita”


innanzitutto Pumaquero arrivando si ferma nel cortile e raccoglie alcune erbe dal prato, poi una volta entrato chiede che uno studente esca e gli porti qualche erba tipica di questo territorio. Quindi le dispone sulla cattedra e compie una meditazione e un rito di ringraziamento alle erbe lì disposte. Solo a questo punto si presenta e poi al suono del suo tamburo intona un breve canto.
Gli esseri animali sono sempre dipesi dalle piante e dagli altri esseri viventi vegetali, sin dall'inizio stesso della loro esistenza. Gli esseri umani hanno da sempre raccolto frutti, foglie, erbe, bacche, radici, per alimentazione e poi per curarsi; quindi hanno iniziato a coltivarle per proprio uso. Ne appresero l'uso osservando gli altri animali i quali istintivamente sanno distinguere per la loro alimentazione i vegetali venefici e quelli benefici, come d'altronde l'uomo stesso. Poi l'essere umano apprese a trattarli, lavorarli, e infine cucinarli. L'essere umano sviluppò e affinò diverse tecniche di trattamento sia dei vegetali commestibili che di quelli "innocui" e di quelli venefici. La tecnica che gli è più specifica è quella dell'utilizzo dell'energia del fuoco, poi combinata con quella dell'acqua e di vari succhi. Giunse dunque a cucinare gli alimenti, e anche a condensare, concentrare, estrarre ciò che ora chiamiamo i principi attivi, mediante infusioni, o facendo bollire foglie, o decotti, con l'obiettivo di raggiungere una maggiore concentrazione e una più lunga conservazione delle qualità curative di ciascuno dei vegetali che sottoponeva a trattamento. Quindi sottolinea che è sempre importante ricordarci della storia dei nostri predecessori e antenati da cui deriva tutta la nostra cultura sia materiale che intellettuale e spirituale.

Poi Pumaquero ci tiene a chiarire che lui non è né uno sciamano, né un curandero, ma uno studioso di erboristeria e un naturalista, per cui segue a volte anche delle persone che hanno dei disagi o delle infermità, consigliando loro di prepararsi certi infusi, o creme, o decotti, per alleviare i disagi e favorire un miglior decorso della malattia. Quindi il suo è un approccio di "sananzione" più che di guarigione dal punto di vista medico. Ma anche segue da vicino le persone con consigli relativi alla dieta, agli orari corretti e alle modalità in cui assumere quei prodotti naturali trattati, e indicando canti, musiche, ritmi, fumenti, pensieri che potrebbero aiutare chi ne ha bisogno. Quindi conclude dicendo che lui è uno che aiuta le persone a gestire i propri disagi, e si prende amorevolmente cura di loro, ma che il soggetto del percorso di guarigione è sempre l'interessato, e che lui solo lo assiste nel consigliare come comportarsi, e con che animo affrontare i problemi.
Certo a monte di questa attività sta un sapere, che va sempre verificato e approfondito, relativo all'erbario ma anche ai principi attivi, ad aspetti chimici, fisici, botanici, e ad aspetti specifici della cultura tradizionale, della medicina popolare tramandata oralmente, e della spiritualità andina con le sue credenze e ritualità. Ma a questo va affiancata appunto anche una conoscenza e un aggiornamento sul piano scientifico della farmacopea e delle ricerche condotte nel mondo sulle proprietà dei prodotti naturali del suo paese e dei paesi andini.
Quindi espone sommariamente le tradizioni della medicina tradizionale andina e della farmacopea indigena dell'area del Chimborazo. Questi saperi sono insegnati presso l'istituto superiore di conoscenze autoctone Jatun Yachay Wasi, da lui diretto, soprattutto nei corsi di Agropecuaria, di Gastronomia andina,  e di Medicina tradizionale andina.  In questi corsi si apprendono i consigli tradizionali per quanto riguarda ad es. la semina e la crescita di varie piante, per cui vi è un grande orto sperimentale fatto a cerchio, con i vari "spicchi" dedicati a piante differenti con modalità di cura e tempi di crescita differenziati, oppure a proposito della raccolta delle varie piante, se vada fatta prima, durante o dopo il plenilunio, o in corrispondenza di quali fasi lunari. Come si dovrebbero raccogliere e poi trattare diversamente i vari fiori, foglie, frutti, cortecce, o radici, oppure si studiano quali sono le proprietà delle loro differenti parti, e come conservarle, tramite essicazione o altro. Inoltre se farne con il nostro corpo un uso interno, esterno, o particolare. Come si preparino decotti, bolliti, infusioni, tisane, succhi o sughi, come si faccia la macerazione, o si usi per tintura, o come rendere il prodotto polverizzato. Quali funghi o radici o bacche o muffe o escrescenze ecc. siano commestibili  no, o come renderli tali, quale il loro uso per la gastronomia, eccetera

Inoltre c'è anche tutta una parte di studi sociali che coinvolge le piante e le piantagioni. Si studia la storia delle produzioni e la storia delle abitudini alimentari originarie del paese, prima che venissero introdotte piante e vegetali estranei, e abitudini alimentari spagnole. Nella storia più recente si esamina come la produzione prevalentemente impostata per l'esportazione costituisca una minaccia per le colture locali di sussistenza. E anche altri modi per "fabbricare miseria", ad esempio tramite dighe e sbarramenti, che poi portano a una ristrutturazione delle produzioni agricole a valle dello sbarramento d'acqua. Oppure introducendo metodi di produzione di massa, in luoghi inadatti a questo fine, O con il problema gravissimo e dilagante della deforestazione o disboscamento del territorio. Quinsi si insegna a calcolare quanto terreno e con quali produzioni dovrebbe esserci nei dintorni di un abitato, perché questo possa soddisfare il minimo necessario per alimentare la popolazione e il bestiame che ci abita, con particolare cura per ciò che necessita per l'alimentazione dei neonati, dei piccoli, dei vecchi e dei malati.
In seguito tratta il tema del potere delle piante per migliorare la salute umana e dei mammiferi. Espone anche alcune ritualità della medicina indigena e il loro significato nel contesto della loro cultura.

Infine chiede a chi vuole di avvicinarsi e porre i palmi delle mani a breve distanza sulle differenti erbe che vi sono sulla scrivania, e provare a sentire se giunge qualche sensazione. Dopo aver compiuto nuovamente un rito in cui ringrazia ciascuna pianta per l'aiuto che potrà darci, richiama a verificare se ora qualcuno avverte qualche vibrazione o sensazione. E in effetti in diversi dicono di aver provato una sensazione di freschezza salire ai palmi delle mani. In effetti loro distinguono piante e erbe con energia calda o con energia fresca.
Per cui invita a non dimenticare mai che si tratta di esseri viventi che hanno non solo loro proprietà chimiche ma anche loro vibrazioni energetiche specifiche e che in qualche modo si può entrare in contatto con esse. Quindi chiede agli studenti di farmacia che gli stanno di fronte numerosi, che il loro trattamento sia sempre rispettoso e consapevole di ciò che le piante e le erbe ci danno, mostrando loro gratitudine, ma almeno rispettandole. Ci vorrebbe un clima culturale di maggiore armonia con le altre specie diverse dalla nostra.
Seguono molte domande.
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La sera di martedì 1° dicembre si reca al Café de la paix, in piazzetta Corelli, per una serata organizzata da Ghila Pancera per conto della cooperativa Camelot, in collaborazione con le associazioni "il germoglio" e "gli Irregolari", e sotto l'egida del "Centro Amiche/ci della Nonviolenza", diretto da Daniele Lugli,
a parlare del diritto consuetudinario andino, e della propria attività come camachi, cioè mediatore di pace, o juez de paz, per la soluzione di conflitti interni. Dopodiché passa a trattare dei temi della lotta pacifica per la rivendicazione dei diritti delle minoranze, e dell’educazione interculturale, nell’ esperienza dei popoli nativi dell’Ecuador.
Anche in questa occasione mostra dei filmati e delle foto relative ad alcune attività  svolte recentemente in questi campi fornendo esempi di varie situazioni problematiche. 
Seguono molte domande da parte del numeroso pubblico. La serata continua con un aperitivo e cena.
Si veda un resoconto dell'interessante conferenza-dibattito, ad es. in
http://gruppoamarelo.wordpress.com/page/6/?pages-list

"corso" sulla cultura tradizionale andina kichwa (6)


MARTEDI'  1° dicembre mattina a casa nostra, conversazione-dimostrazione di Pumaquero (ci siamo io, e le studentesse Valentina, Michela e Elena), in cui fa compiere, e illustra, esercizi corporei andini.

Pumaquero per iniziare ci chiede che ciascuno dica come ci sentiamo, come stiamo, se siamo soddisfatti di noi stessi, come ci confrontiamo con i nostri problemi. Ognuno espone brevemente.

"Sì, per alcuni di voi l'albero è cresciuto, sappiate che potete trovare aiuto dalle forze interiori, l'albero è maturato quando sapete che le cose bisogna anche lasciarle andare, e danzare col vento.
Molte volte è il nostro corpo che sente come vanno le cose, il nostro corpo è molto saggio e sapiente (=sabio), è saggia la pelle, lo sono gli occhi, le narici con l'olfatto, tutto il nostro corpo è molto saggio, c'è una sapienza corporea, sa quando non sta bene e ci dice dentro: così non va bene. E se dentro non va bene, è forse anche perché ciò che sta attorno a noi, il contesto in cui siamo (=el entorno) non va bene, perché le cose, i componenti, non si armonizzano bene, perché in generale il cuore delle cose non sta bene, il nostro corpo non sta bene perché la terra non sta bene, l'aria non sta bene, tutta la natura non sta bene, gli uccelli non stanno bene, cioè è tutto un insieme complesso (=un conjunto) di cose interconnesse, le cose sono tutte ingranate tra loro, il che fa sì che ci sentiamo bene o male, perché siamo un punto di congiunzione, e proprio questo è il punto focale della questione.
Pertanto quando diciamo ad es. che il mio corpo sta bene e tuttavia dentro di me mi sento male, mi sento a disagio (rif. a una delle ragazze), questa non è una contraddizione. Ma se non siamo coscienti delle cause, ne siamo inconsapevoli, non pensiamo al fatto che ci sono delle relazioni, delle connessioni, che sono importanti, allora questo non ci fa comprendere che il nostro malessere interiore condiziona molto il nostro benessere fisico, intellettuale, della mente, ecc. Tutto è intrecciato, se qualche parte del tutto non sta bene, ne sono influenzate anche le altre componenti, ad es. per il singolo: la parte del corpo fisico ti parla nella sua maniera, siccome c'è una saggezza corporea, dato il suo sapere, la sua esperienza, e questa  è relazionata con la parte della coscienza, e con la parte mentale, e con tutte le altre, tutte devono stare in armonia. Anche se non ne sei cosciente, il corpo fisico ti sta dando a suo modo degli avvisi perché tu ne prenda coscienza di questo squilibrio, di questa disarmonia."
Interviene Michela: "e tu come stai?"
P.: "Io sono più contento da quando il nostro popolo ha cominciato a risvegliarsi, ha ripreso la sua propria cultura, e una volta che ha acconsentito a una nuova forma di rallegrarsi per la recuperata libertà, per aver ricominciato a sentirsi in connessione con la natura, e con la propria natura, a relazionarsi con le piante, la terra, gli uccelli, l'ambiente, le montagne, i fiumi, e anche con sè stessi, e col proprio stesso corpo, eccetera. Tutti noi ci sentiamo un po' meglio.
Fondamentalmente abbiamo tutti necessità di star bene, e di sentirci felici. La felicità è una energia che se si va espandendo al nostro interno, può aiutarci veramente molto.
Ho pertanto vari progetti che desidero condividere con altri. Prima di partire ho chiesto ai nostri anziani, ai nostri superiori (= mayores) come comportarmi, e mi hanno dato il loro consenso, mi hanno detto che se vedo che posso seminare con la parola in un terreno fecondo -e mi è parso che sia così qui- mi davano il loro consenso a farlo, pertanto ora qui sono contento di comunicare con tutti voi, all'università, in circoli, in centri, in riunioni come questa. Penso che le cose che ci diciamo potranno dare frutti, e questo mi anima. 
Il mio corpo fisico sta bene perché si sta abituando al nuovo clima, alla nuova alimentazione, deve prendersi il suo tempo per questo, per imparare a conoscere e a relazionarsi con i nuovi alimenti. Quando il corpo fisico sta bene, questa è già una buona base, ma ci sono altri "corpi" o dimensioni interiori, che fanno sì che questa condizione di vita sia compresa e che noi si impari a relazionarci con la realtà circostante. Ora vedo (ad esempio con Michele, il figlio di Carlo) che riesco oramai a comunicare abbastanza bene i nostri codici corporei, vorrei pertanto cominciare a condividerli anche con voi, ad es. certi movimenti fisici di importanza spirituale, che possano aiutarvi a stare meglio fisicamente e in armonia con le dimensioni interiori, per rendere più facile la via al benessere, alla felicità.
Ora che sono qui da una settimana, già vedo che di notte sto dormendo e riposando bene, e questo è importante, sono importanti i sogni, le visioni che si hanno. Le prime notti ero sconcertato dalla differenza oraria che per noi è di sei ore. E' stato complicato che il mio organismo, la mia pancia, il mio sangue, le mie ossa, gli occhi, si abituassero ai nuovi ritmi.  E in più il tempo qui da voi  davvero vola molto rapido. 
Il sole qui ha altri luoghi dove sorge e tramonta, e compie altri percorsi, più bassi... e non lo riconosco, perché è sempre molto basso sull'orizzonte  (ride). 
Comunque sto bene, sono riuscito a compiere i miei esercizi, e a bagnarmi...noi ci bagniamo tre volte al giorno, e qui non è facile ad es. a metà giornata. Da noi questi esercizi fisici (e fra poco ve ne mostrerò alcuni) si fanno insieme ad altri, anziani, giovani, anche cantando, e danzando, e suonando. Queste cose mi mancano. Io di solito faccio esercizi per varie ore ogni giorno. Ma ho trovato qui altre cose e mi sono interessate, mi sono piaciute.
C'è un unico linguaggio che ci accomuna tutti, il linguaggio dell'amicizia, e il linguaggio della saggezza ad esempio, che ci possono facilmente unire. Queste considerazioni che faccio da quando sono qui, mi sembrano riaffermare una legge che è una Legge Cosmica, che si chiama la Legge dell' Affinità. C'è qualcosa anche tra culture lontane che è affine e che ci unisce e ci permette di comunicare. Per esempio anche qui adesso tra di noi, c'è qualcosa che è un linguaggio di amicizia, del cuore, di amore, per cui si arriva ad intendersi anche se ci sono tante e grandi differenze nei modi di vita, come dicevo prima. Comunque ci sentiamo in relazione, non è vero? possiamo continuare la nostra conversazione. 
Lei ad es. prima accennava al rapporto complesso con sua madre. Io ho una relazione molto stretta con i miei genitori, mi da gioia il loro abbraccio, mi fa piacere che mi seguano, che mi chiedano, si preoccupino per me, mi consola sapere di poter dire loro certe cose, e che loro si interessino. L'esprimermi mi aiuta a divenire più consapevole di tante cose di cui non ero ben cosciente. Quando conosco e frequento qualcuno, lo racconto e ne parlo. Certo nel mio caso sento che posso con loro volare tranquillo; però è anche importante avere, come si dice, tagliato il cordone ombelicale al suo debito momento. Molte volte ho visto che chi non ha potuto farlo continua a vivere con questo cordone, questa catena d'argento, e si determinano problemi a volte molto seri. 

Per una legge naturale gli uomini sono come tutti gli altri, ad esempio come gli uccelli che tengono con sè i loro piccoli sino a che questi possono volare sicuri per proprio conto. Anche l'aquila o il condor li spingono a volare e a lasciarsi andare, così li fanno maturare e crescere. Gli dicono: sù vai, vola, sii libero. E' una legge di natura che va osservata, e poi si continuerà uniti dall'amore.
Il mio essere, il mio modo di essere, il mio mondo -perché ciascuno di noi ha il suo "mondo"-, è una rappresentazione cosmica. Perché l'essere umano è la rappresentazione del Cosmo qui sulla Terra. Il Cosmo ha anch'esso occhi e orecchie, in quanto ci vede e ci ascolta, e ci manda messaggi, e la Terra ugualmente è un Essere anch'essa, cosciente, che parla, ci parla nel suo linguaggio, ha le sue reazioni, le sue soluzioni, i suoi cicli, ugualmente come noi umani, è fatta di ciò di cui siamo fatti anche noi che ne siamo figli, siamo fatti ed è fatta degli stessi elementi costitutivi.
Ci sono domande?"
Elena: "io credo che l'energia sia cosmica. Se ad esempio io vivo un certo tipo di energia, vedo che incontro persone simili a me, o comunque che sono in sintonia con me, che vogliono le stesse cose che desidero anch'io. Niente accade per caso"
P.: "Sì. Quando accadono questi incontri bisogna rafforzarli, bisogna saper raccogliere le idee e riflettere. La riflessione è sommamente importante per considerare cosa ci ha posto in relazione, cosa ha originato certe esperienze concrete. Tutte le esperienze ci forniscono indicazioni sui passi da compiere, ci fanno creare progetti di vita, per diventare più consapevoli su da dove vengo e verso dove vado, come devo relazionarmi con altre entità viventi, con altri esseri, con le cose, come posso farmi ponte, divenire un ponte perché si prenda maggiore cognizione della realtà. L'essere umano e in particolare la donna, va vista come un laccio (=un lazo), un ponte (conoscete gli antichi ponti di corde andini?), tutti abbiamo una aspirazione all'incontro.  Per esempio qui Carlo è stato un ponte perché voi possiate apprendere a conoscere la cultura andina, per potere ascoltare e guardare nell'anima di questa cultura, e come le varie culture in questo nostro tempo possano e debbano porsi in relazione, divenire più unite, fare in modo che si intendano anche coloro che come noi stanno in due diversi continenti, e voi al nord e noi al sud."
Michela: " volevo sapere se la tua, la vostra, è una cultura orale?"
P.: "Sì, è orale, però è stata codificata in simboli ideogrammatici, per esempio questa decorazione geometrica sul mio maglione sono codici, anche questi sulla mia cintura sono codici. Sono stati impressi in codice per lasciare, per trasmettere dei messaggi culturali alle future generazioni.
In primo luogo ora nella nostra cultura stiamo cercando di consolidare certe tecniche che sono specifiche nostre, quindi da far sì che ad esempio i ragazzi raccolgano la lana dell'alpaca o del lama, o della pecora, o del montone, ecc., e poi che imparino come si fa ad intrecciare questo filo, a unire i colori, e imparare a fare dei tappeti, o altre cose della nostra produzione. Da noi nelle scuole di comunità non inizi l'esame per il diploma se non ti presenti con un abito fatto tutto solo da te stesso, e bisogna che ogni ragazzo sappia tutto quel che occorre per consentirci di sopravvivere. Comunque in questo modo i ragazzini vanno sviluppando, affinando la manualità, le destrezze, i movimenti corporei, e abituandosi a sentire, a percepire i materiali e ad entrare nella medesima vibrazione con la lana di quel certo animale, con le fibre di quei vegetali. Vorremmo che tutto fosse fatto di fibre naturali in modo che il nostro corpo possa entrare in relazione con la loro vibrazione. Cose sintetiche o fatte di materiali strani, derivati da procedimenti chimici, causano anche allergie, cioè rifiuti da parte del corpo, poiché il corpo ci dice in questo modo, non sto bene, non mi sento bene con questo, mi disturba. E se noi continuiamo a indossare certi abiti con certi materiali, il corpo dice no, per favore no."
Elena: "in effetti qui da noi non ci sono quasi più cose fatte solo di cotone o lana, ed è così anche nell'alimentazione, noi quasi non mangiamo più cibi naturali. Ne parlavo con Roberta, una amica che ha una erboristeria e molta esperienza in merito, e mi ha parlato molto di questi problemi. Come mai da noi non si riprende a fare i nostri abiti e i nostri cibi in modo naturale?". Carlo: "Abbiamo anche perso la memoria di certe tecniche, di certe pratiche, di certe professionalità, che sono scomparse, e ora non sappiamo più come si fa, come si dovrebbe agire, procedere, e poi mancano i contesti, oltre che i mezzi."
Pumaquero: "In tutto il mondo, in tutti i paesi, ci sono gli animali, le piante, in tutte le culture originarie, gli antichi abitanti di qualsiasi luogo si vestirono e alimentarono in modo naturale utilizzando le risorse locali. Questo è proprio ciò che ora noi stiamo tentando di recuperare. Dobbiamo ritornare alla natura perché noi stessi siamo parte della natura. Per questo ci addestriamo a sapere fare cose con le fibre, con certi vegetali, o anche con certe piume di uccelli, col legno, eccetera.
Inoltre bisogna dare importanza all'alimentazione, e all'atto della preparazione dei cibi. Anche questo fa parte di un percorso spirituale, di meditazione e di orazione, eccetera, perché è tutto connesso e intrecciato. E' importante che pensiate sulla alimentazione, e sullo stile di vita. Cosa pensate di quel che si fa in generale in Occidente?".
Elena: "sostanzialmente si tratta di un abuso, è un po' tutto un non prendere in considerazione il valore di ciò che si ha davanti a sè. C'è molta confusione. Per esempio io lavoro in un ristorante, e vedo delle cose sia riguardo alla ristorazione che all'ambiente, senza senso. Le persone vogliono, ordinano, delle cose che poi lasciano, e quindi le gettano, perché non attribuiscono valore alle cose, sono superficiali nella loro visone della alimentazione". Michela: "Siccome anche abbiamo poco tempo, nessuna si dedica più a preparare più niente, c'è il microonde... Sia la preparazione del cibo che il consumo è veloce. Si prendono cibi già pronti, o scatolame. Non si dà più nessuna importanza al preparare, al cucinare". Elena: "sì, magari si vogliono le verdure per essere vegetariani o per la dieta, però non si comprano le verdure, si prendono le buste con tutto già preparato". 
 Michela: "Al mio paese in Cadore, per esempio quelli di una certa generazione, mia nonna per esempio, hanno tutti l'orto dove si riforniscono. Mia nonna mi dice sempre che mangiare quello che tu stesso hai fatto crescere e che ha un suo determinato percorso, è bello, è una soddisfazione, che comunque ti da più valore alle cose".


Carlo: "E' tutto collegato, noi non facciamo quel che pur sappiamo che dovremmo fare, non lo vogliamo fare, non ce ne occupiamo nemmeno, perché siamo condizionati, se non obbligati, a fare certe cose in una maniera che magari non ci piace del tutto, in certi contesti, e in certi tempi."
Elena: "il fatto è questo, cioè che quello che senti che sarebbe giusto non riesci a farlo. Volevo anche chiederti se da voi si usa il riso?"
P. :" Se è integrale va bene, vuol dire che non è passato attraverso certi processi, ed è rimasto ricco di fibre così com'è. Allora va bene, però un piatto deve essere composto per tre quarti di verdure e di condimenti, e il riso essere al massimo un quarto del piatto."
Carlo: "noi di solito facciamo la proporzione inversa: la base del piatto è il riso, e il suo condimento e il contorno è pari a un quarto del totale."
P. : "bisogna anche diminuire la quantità di sale. E poi è importante assumere regolarmente certe abitudini di vita, fare esercizi fisici, e di meditazione.
Un'altra cosa importante è abituarsi al sole, prendere, assorbire le energie solari, nella stagione secca noi ci copriamo il basso ventre e la testa e prendiamo bagni di sole, prendiamo i suoi raggi. 
Adesso che ore sono?" tutti: "E' mezzogiorno e mezza". Michela: "come si dice nella vostra lingua?"  "Mezzogiorno si dice Chawpy pungia";  "e buongiorno?" "Pakari oppure Tutamanta.

Ora dunque passiamo a fare alcuni esercizi del corpo e esercizi di respirazione. La respirazione è massimamente importante. Dobbiamo fare in modo che la circolazione del sangue e la respirazione alimentino meglio il nostro cervello e tutto il corpo. Ma dobbiamo procedere sempre con attenzione. Ecco per esempio facciamo così: (... ...)
Con la respirazione incontriamo nell'atmosfera tutti gli elementi che ci servono per la vita, che sono nell'aria, essa è per noi come "oro" atmosferico, aiuta a bruciare tutte le scorie e a purificarci dentro. L'organismo ne trae il massimo beneficio, quindi va curata bene. Dunque ora passiamo a questo esercizio: (... ...). Attiviamo i processi di trasformazione nel sangue di tutti gli alimenti che abbiamo ingerito, e di ossigenazione del sangue". (... ...) (mostra vari esercizi), eccetera.
Elena: "quando si inspira la pancia deve sempre rientrare così tanto?". "sì"
(altri esercizi). "come vi sentite ora?". Valentina: "sento che devo elaborare un qualche piano mentale per superare certi problemi che mi assillano riguardo alla accettazione piena del mio corpo. Facendo questi esercizi ho sentito di prendere maggiore consapevolezza delle varie parti del mio corpo, e così mi sono un po' dimenticata del mio problema di stamattina ".
P.: "Durante gli esercizi si può pervenire a comprendere molte cose, e a trovare la propria direzione. La prima cosa importante è cercare di trovare da dove hanno origine i blocchi, gli intoppi nella comunicazione. Quali sono le radici proprio di certi problemi. E' chiaro ad es. che forse i tuoi genitori dovrebbero prestarti più ascolto,... ma anche tu ascoltare di più loro, cioè creare un ponte per entrambi."
Elena: "quando faccio certi esercizi ho problemi al plesso solare e a volte mi pare che mi manchi l'ossigeno".
P.: "quando si fanno esercizi fisici l'ossigeno circola più rapidamente e comincia a raggiungere temperature maggiori, perciò bisogna stare attenti a fare quegli esercizi che aiutano a lavorare bene con la circolazione, se no l'ossigeno non si distribuisce in modo equanime e si accumula troppo nella parte superiore. Se senti quel tipo di problemi fai dei saltìni, e molléggiati sulle punte dei piedi in modo da far riabbassare la distribuzione dell'ossigeno.
Vi mostro ora l'esercizio del condor". Carlo: "è quello che hai mostrato già l'altro giorno nelle lezioni in classe?". P.: "sì. E' una tecnica che favorisce l'ampliamento della coscienza. (mostra l'esercizio, e insegna come farlo, tutti provano)(... ...). Bene, abbiamo terminato. 
Ora mi preme che vi impegnate a restare uniti come gruppo, e con la volontà di mantenere e rafforzare questo legame. Il ventre e la terra sono in comunicazione, aiutano a collegarci col cosmo. Continuate con il gruppo e imparate a coltivare le connessioni con la natura. Prestate attenzione alla respirazione, e alla alimentazione, a rispettare il vostro corpo. Tutto ciò che stamane abbiamo detto è molto importante ricordàrlo e praticarlo. Anch'io quando ero un ragazzo fumavo, e poi ho capito che dovevo smettere: è una violenza verso sè stessi. Bisogna smettere in generale con la violenza esternata in tutti gli atti della vita. La vita deve essere necessariamente spirituale, non per fini religiosi, ma perché il nostro corpo sta imprestando una casa al nostro spirito perché viva. La forza spirituale che è in noi deve vivere nella sua pienezza. Così pure il nostro "corpo" animico: ci deve essere armonia nel complesso psicosomatico. Perciò l'alimentazione è importante, e così il fisico, e il modo di vita in generale è importante. Regolatevi con una dieta che non causi alcuno shock nei ritmi e negli equilibri interni. Per esempio gli alcoolici, i troppi dolci elaborati, possono compromettere il fegato. Non mescolate alimenti che abbiano energie differenti. Attenetevi a una alimentazione naturale. Poi è importante fare esercizi fisici anche per espellere tossine. 
L'occidente ha creato molte nuove tecnologie, ma ha fatto dimenticare saggezze  e saperi secolari, millenari. Vi vorrei stimolare in questa direzione. Solo così saremo integri e purificati per poter condurre una vita spirituale. 
Ci sono vari cosiddetti campi energetici, l'intelligenza, la coscienza, il campo amoroso, l'animico (l'animo), l'astrale (lo spirito). L'amore è il campo energetico più forte, creativo, e positivo se collegato a una intenzione pura e quindi bella. Per attuarla bene però l'essere umano necessita sapere, sapere come fare, come orientarsi. Necessita forza sia spirituale che fisica, ma anche necessita volontà, che è una grande energia. L'essere umano ha anche una facoltà superiore, che è quella che gli permette di poter convertire la creatività -intellettuale e della volontà- in atti consapevoli, coscienti, volti a cose buone e belle.
Yupaichani