venerdì 29 settembre 2017

Viaggio in Etiopia - foto 19 (da Yirgalem, al lago Awasa coi suoi marabù) 330 km

(continua venerdì 1° settembre)



scimmietta Combus



nidi di marabù su un grande sicomoro
relax
pescatori Sidamo






 io e lui









io e Izack stanchi

Poi attraversiamo la moderna città di Hawassa, di più di 250 mila ab, in via di rapido e grande sviluppo. Una realtà urbana che è un'isola, e a questo punto una "sorpresa" dato che è proprio un altro mondo di cui in quest'ultima dozzina di giorni ci eravamo un po' dimenticati. Il grande tour africano dunque è finito, in un certo senso. Anche se Hawassa è il capoluogo della Regione del Sud (SNNPR),  quindi il centro amministrativo e politico dove si decidono le norme e gli interventi del governo regionale riguardanti le nazionalità e i vari popoli tribali del sud-ovest. Ma è antropologicamente una dimensione altra, estranea, vi è un abisso rispetto anche alle varie cittadine-mercati che avevamo attraversato.
Vedo un bar moderno che si chiama "Roma 1960 café", evidentemente a ricordo delle olimpiadi di quell'anno, in cui vinse il grande maratoneta "a piedi scalzi" Abebe Bikila (poi morto a quarant'anni). Ricordo ancora l'emozione provata guardando il piccolo schermo in bianco e nero, quando ero alle Medie, e mi cominciai ad appassionare all'atletica e ai giochi olimpici. Per gli etiopi era un po' una questione di orgoglio nazionale che proprio a Roma vincesse un loro atleta, segnando il record mondiale nella disciplina più emblematica di quelle gare. 
C'è pure il "Café Dolce Vita", che mi fa pensare che nelle realtà urbane di questo multiforme Paese forse si trovano in una fase di sviluppo simile a quella che da noi è stata vissuta col cosiddetto "boom" dei primi anni '60.
Poi passiamo accanto al grande Sidama Memorial, monumento -non solo al popolo Sidamo- ma alla africanità e uno dei simboli del risorgere dei popoli e delle culture del continente nero, che è tutto illustrato con opere d'arte, con un grande viale che dà sulla cattedrale di san Gabriele.
(foto scaricata da google images)

Lasciamo la città moderna e riprendiamo il viaggio attraverso le campagne (che contrasti...!)






vediamo le ultime capanne, e un piccolo mercatino rurale sulla riva di una esondazione


dal finestrino dell'auto




 pali per costruzioni, in vendita


Ripartiamo, lasciamo gli Oromo e attraversiamo territori che sono già popolati dagli Amhara, e ci approssimiamo alla capitale.


donna amhara

Infine arriviamo trionfalmente con l'autostrada!... E prima di tutto Izack vuole passare a salutare la sua bimba di due anni. Loro abitano alla periferia estrema, quindi vicino all'uscita dall'autostrada che finisce ad Akaki. Vive in una casettina modesta e dentro è tutto un po' arrangiato, e modesto, ma ordinato e pulito. Poi di fronte ci sono la sua matrigna e i fratellastri, e un cortile attorno su cui danno cinque altre famiglie che sono in affitto. Una piccola comunità di mutuo soccorso in caso di bisogno.
Poi segue una pioggiona scrosciante e torrenziale, che dura sino a che arriviamo al "nostro" albergo, quello dove eravamo stati all'arrivo (lo "Azzeman"). Rivediamo con grande piacere Feven.
Fuori è tutto pozzanghere, o laghetti, e ruscelletti, e fango.

Ceniamo con un pasto finalmente di nostra piena soddisfazione.
Abbiamo un bel programmino per questi prossimi tre giorni nei dintorni di Addis.

(continua)

viaggio in Etiopia - foto 18 (dal mercato di Yabello a Yirgalem, e l'incontro con delle iene) 300 km

giovedì 31 agosto

 Oggi è una festa per i musulmani, cioè la importante ricorrenza di Idh, per questo c'è confusione e tanta gente.
Izack va con un suo amico in città a prendere qualcosa che gli serve, allora ci facciamo dare uno strappo sull'auto dell'amico e ci diamo appuntamento ad un angolo di strada, e andiamo a vedere il mercato di Yabello-alta.
 qui all'angolo ci lasciano e qui ci dovremo far ritrovare per il ritorno




ci incamminiamo verso la parte più interna rispetto alla strada statale

 c'è un pastore che è venuto con la sua lancia



la tipica carriola pesante



 sta preparando qualche buon mangiarino


ha dimenticato qualcosa...



 bancarelle con tettoia

 capretti in vendita
 calesse





sulla strada statale c'è pure un negozio di informatica

I


Vediamo una lunga carovana di dromedari, e anche un' oryx (orice), proprio quello che c'è nella banconota da 5 birr (= quasi 0,18 €uro cents)
banconote da 5 e da 10 Birr  (= 15 e 30 €urocents)


e poi degli uccelli, ...  quindi l'attraversamento della strada da parte di un gruppone di babbuini. Stiamo costeggiando la grande riserva Wildlife Sanctuary di Yabello.


verdi pascoli per cavalli





 Fino a Surupa, è una bumpy road, come la chiama Izack, cioè con tanti bump (cordoli frangi-velocità, dossi o buche). Siamo sulla grande arteria internazionale, la statale n.6 dal confine col  Kenya (è la cosiddetta Hosaina road). Sono 100 km fino a Finchawa.
capanne sparse di argilla dipinta

la strada statale n.6


un villaggio dei Sidamo

 volti tipici di Sidamo da una foto storica (R.Biasutti v. III, cap.VI)

le tradizionali capanne grandi, tutte in paglia intrecciata
(oggi non più presenti)




imbottigliamenti negli attraversamenti di paesi e paesini

baracche/casupole

 chiesa ortodossa tradizionalmente ottagonale

 contadino
taniche di plastica gialla, contenitori di acqua potabile

Su questa popolazione resta in parte ancora valido uno studio di Enrico Cerulli, del 1936: Studi etiopici. Vol. II: La lingua e la storia dei Sidamo. Roma: Istituto per l'Oriente.

Attraversiamo Agere Mariam (o Agre Mariyam), cittadina commerciale, si passa un altro sbarramento dei Customs, della dogana, e continuiamo per altri 110 km fino a Yirga Chefe. In alcuni tratti asfaltati i camion vengono fatti passare sulla pista di terra laterale perché i costruttori cinesi non avevano ben calcolato l'impatto sul bitume delle calde temperature in certe ore del giorno e periodi dell'anno, e il peso dei grossi truck, dei grandi camion, magari con rimorchio ...

Le donne Sidamo portano altri àbiti, rispetto a quelle delle tribù del Sud...







 giocano a carte di fianco a una drogheria
 negozio di vestiti
ombrello parasole

Risaliamo in auto, già un po' stanchini perché questo viaggio di oggi di trecento chilometri è piuttosto lungo nonostante sia asfaltato. Così Izack si era distratto e ha saltato il bivio prima di Wenago per andare a visitare il sito archeologico di Tu-titi (o Tutu Titi), che avremmo dovuto vedere prima di pranzo, ma eravamo in ritardo sulla tabella di marcia. E se ne accorge almeno 35 km dopo, per cui ritornare indietro vorrebbe dire fare cento km in più di questa strada scassata trafficatissima e con camion e grossi trucks, e anche noi concordiamo perché siamo proprio stanchi di queste strade. Forse abbiamo equivocato quando ha chiesto "do they want to visit that village?" credendo alludesse ad un'altra visita ad un villaggio indigeno Sidamo. Peccato... si tratta di trecento steli falliche e 1500 pietroni graffiti con  simboli del Sole, datate dal' XI al XIII sec. d.C., e ci tenevamo molto.
(foto di L.Cipriani, da R.Biasutti, vol. III, cap.VI)

Lo abbiamo frainteso... Vabbé, vorrà dire che "in compenso" uno dei tre giorni ad AddisAbeba lo impiegheremo per una escursione alla vicina Tiya per visitare almeno quel sito archeologico (v. la puntata n.21).

 lungo la strada ci sono moltissimi cespuglioni con fiori di un bel giallo intenso
e piante piene di fiori rossi

§. a Yirgalem presso la famiglia Missailidis

Finalmente arriviamo a YIRGALEM ( o Yrga Alem cioè "terra ferma"). Una cittadina di 50 mila ab. Ci rechiamo subito un po' fuori città (8,5 km) al "Aregash Lodge", molto verde e bello, dove ci danno per benvenuto un frullato di banana e mango molto buono, che ci scoliamo immediatamente. Il Lodge è immerso nella foresta (e quindi c'è molta umidità dato che siamo a quasi 1800m. slm). E' composto tutto di bei tucul in stile etnico sparsi qua e là. Personale gentilissimo e efficiente. (cfr. www.aregashlodge.com)

 i tucul-camere

 la Ricezione (reception)




il tucul ristorante, con riparazioni in corso al tetto

Ci dicono subito che stasera qui sul prato che c'è un po' più in giù, ci sarà la dimostrazione della cerimonia del caffè (qui intorno ci sono coltivazioni di caffè, tra cui una è loro). Poi aggiungono che verso le cinque e mezza c'è l'occasione di assistere al feeding (dare cibo) ad una iena (!). Per associazione di idee penso alla autobiografia dello scrittore Nega Mezlekia che sto leggendo (vedi: N.M., Notes from the Hyena's Belly, 2000, tr.it. Dal ventre della iena - ricordi della mia giovinezza in Etiopia, Mondadori, 2002). 

Quindi decidiamo di non andare a visitare un villaggio dei Sidamo, come forse sarebbe stato possibile, perché siamo stanchi (ma anche perché la sterrata in questo periodo era tutta fango e melma).
tessuto Sidamo

Molti Siamo sono pastori, ma hanno delle limitate coltivazioni di caffè (da cui la qualità "sidamo") che viene chiamato anche "il caffè dell'orto" e viene poi raccolto dai grossisti, che lo immettono nel mercato e lo commercializzano. Il maggiore proprietario delle aziende di lavorazione è Bagersh un discendente di terza generazione di commercianti yemeniti (vediamo passando in auto una sua grande fabbrica =washing station). Ci sono anche ditte italiane (per es. caffè Meschini - Arcaffé, o anche cooperative e imprese legate alla cooperazione solidale internazionale) tra quelle che poi lo esportano in Europa.




...................

Nel frattempo due belle giovani in abito tradizionale procedono con la cerimonia del caffè, allestendo il luogo, e accendendo un fuoco, mostrandoci i chicchi rossi e facendoci annusare il forte aroma, poi con l'abbrustolire i chicchi (il che fa un gran fumo e libera ulteriore aroma), quindi macinarli e metterli nella pot panciuta di ceramica, che fa da caffettiera. E infine servendoci in  tazzine senza manico del buonissimo caffè caldo.





Nel mentre degli operai stanno facendo gli ultimi ritocchi a dei lavori di riparazione sul tetto in legno, frasche e paglia che copre il grande tucul ristorante. E' molto interessante vedere com'è la struttura  architettonica tradizionale e come si fa a sostituirne un pezzo. 






Poi dopo averlo tostato e macinato, viene versato assieme ad acqua nella tradizionale brocca di ceramica o terracotta, lo jebena, dove eventualmente si aggiunge dello zenzero (ginger) grattugiato fine fine.

Infine ci viene dato nelle tipiche tazzine senza manico (si tengono con pollice e mignolo sui bordi), cioè gli spini o anche fingiàn (sulla preparazione tipica vedi: blog.caffevergnano.com/ricette/si-prepara-caffe-etiope/ ). Generalmente lo si serve fino a tre volte.

§. l'incontro con le iene

Col tempo, oramai verso l'imbrunire (il che crea una atmosfera un po' magica e surreale) cominciano ad arrivare vari avvoltoi, poi varie scimmie Colobus, e infine timidamente si affaccia tra i cespugli una iena guardinga e cauta.  
degli inservienti portano del cibo e lo posizionano

 prima gli avvoltoi che ispezionano ma si tengono a distanza

 poi le scimmie Colobus curiosissime


infine eccola si è decisa


a questo punto arrivano le altre


Ci soffermiamo a commentare emozionati le scene di cui siamo stati spettatori in prima fila a pochi metri di distanza.

Scambiamo due parole con il cuoco Andreas che è il figlio del proprietario e sa varie lingue, oltre all'amharico, l'inglese, e l'italiano e il greco...
il grande tucul-ristorante

Cena buonissima, anche se non mangiamo l'insalata cruda per precauzione. Con questo pretesto viene a salutarci il padre Gregory Missailidis che è un greco, e ha sposato una italiana di Chieti (ora purtroppo morta da poco),


Questa giornata di oggi -ci dice- è un po' particolare perché in città, che è per un terzo abitata da musulmani, molti negozi sono chiusi. La festività di Idh-al-adha, o festa del sacrificio, prevede non solo il sacrificio di un montone, ma anche grandi banchetti.


venerdì 1° settembre
Al mattino presto ri-sentiamo quel versaccio tipo rutto, di quell'uccellaccio che pare fare il verso di un grosso rospo. Al risveglio c'è una umidità che sembra superare il cento %...!



 quadretti

Raccomando questo albergo-Lodge (scrivere a: info@aregashlodge.com chiedendo di qualcuno della famiglia Missailidis).







(continua)