giovedì 9 agosto 2012

La fedeltà come "valore"


Patrizia mi scrive:
"Ciao Carlo, dove sei? Cosa stai facendo?
Volevo chiederti: cosa pensi della fedeltà? Cosa vuol dire essere fedeli? A chi si deve esserlo? Esiste o è la solita invenzione dell'uomo?
Màh...."
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Complesso il tema della fedeltà!... se riguardi sul mio libro ("le maschere e gli specchi") ci sono delle parti sulla coerenza intesa come "valore", che per certi aspetti potrebbero essere accostate al tema della fedeltà, almeno per quanto riguarda la fedeltà intesa in una relazione sentimentale, e in certi contesti relazionali. 
Intanto ti posso dire che ad es. io e la mia compagna ci siamo conosciuti sui banchi del liceo, poi ci siamo re-incontrati appena iscritti all'università e ci siamo messi assieme. E così siamo rimasti per tutto questo tempo. Quattro anni fa per festeggiare l'inizio del nostro 40° esimo anno, ci siamo sposati in Comune, e i nostri figli ci hanno fatto da testimoni (chi meglio di loro?). Quindi per quanto riguarda quel tipo di fedeltà, di fatto ci ha mantenuti assieme pur senza avere tra noi obblighi di tipo legale e istituzionale.
Però in generale io penso che la fedeltà nelle relazioni di coppia intesa come un "valore" o come un principio assoluto, abbia anche un qualcosa di astratto e quindi "pericoloso" perché rischia di trasformarsi in un Mito, un feticcio, o in un vincolo avulso dalla vita e rigido, che ci potrebbe tiranneggiare, e forzare a comportamenti innaturali. Ciò che più conta invece è l'intesa e il desiderio reciproco l'uno dell'altro, e questo non deve essere dimenticato in nome di un principio astratto assoluto...  Perché un rapporto intimo e intenso si basa solo sulla comprensione, la amicizia/amore, la confidenza totale e lo scambio continuo nella condivisione. Il resto è un retaggio di una morale retriva e avulsa dalla realtà e dalla spontaneità, che nel passato anche recente è stata spesso generatrice di falsità, menzogne, ipocrisie, nascondimenti, e doppiezza morale. Il che ha generato molte più assurdità e sofferenze di quante -nonostante tutto- non ne avrebbe comportate la sincerità, l'apertura, e la stima. La realtà va sempre affrontata per quel che è, senza volerla ignorare o forzare. Il valore più grande è quello dell'amore e quindi della amicizia nella confidenza: quale miglior amico del compagno di vita? chi più ti potrebbe aiutare, e comprendere, se non chi ti conosce intimamente e ti apprezza? Pensa al rapporto tra genitori e figli: si potrebbe non comprendere e amare i propri figli persino in casi di situazioni estreme e di comportamenti  inaspettati da parte loro?? 

Ciò dovrebbe essere di stimolo a una migliore qualità del rapporto, cioè a una più profonda condivisione e conoscenza, ma questa si può avere solo nella fiducia; non basta il principio di fedeltà... è più importante la conoscenza e la comprensione. Cioè quello che voglio dire è che mi pare un falso problema, e che comunque non sia cosa da porre al centro, mentre una relazione affettuosa dovrebbe basarsi su altri valori di riferimento, altre prospettive, tra cui la confidenza, la sincerità, la condivisione, la conoscenza e la comprensione. Ma in definitiva ogni coppia intesa come una unità di due che si sono scelti reciprocamente, dovrebbe cercare, e imparare ad autogestirsi e affrontare congiuntamente i propri problemi. E lo si impara soltanto nella pratica del dare.
Il che è ovvio non fa sì che come per magia non ci siano dispiaceri, problemi, sofferenze. Ma quel che volevo dire è che è importante che queste non siano causa di risentimenti, odi, vendette, e non portino a dimenticare l'amore provato. Quindi meglio non irrigidirsi sul tema di una categoria astratta come il principio di fedeltà. La vita va affrontata quanto meno riducendo al massimo i motivi autolesionisti.

Scusami sai, se mi esprimo così, ma io sono un frutto (o forse dovrei dire un "coautore") del fantastico Sessantotto, a cui partecipai, di quelli che allora erano giovani studenti entusiasti che volevano cambiare il Mondo (e che in parte hanno in effetti contribuito a svecchiare un po' la morale allora dominante). 
Quindi risento ancora dell'influsso di quella impostazione, che pur nelle mille e più sue  componenti, era essenzialmente antiautoritaria in quanto era una ribellione alla morale e alla mentalità borghese dominante, da parte dei suoi stessi figli (o figliastri). Inoltre non a caso nel suo seno esplose anche l' antimaschilismo, poi femminismo, per una revisione profonda dei rapporti tra i due generi, da porre su un piano di eguaglianza nel rispetto della diversità e delle specificità.

Ognuno dunque  (come in tutti i comportamenti) si regoli secondo la sua "natura", la sua personalità, purché ciò non vada a causar danno ad altri. Per chiedere di essere rispettati e compresi per quello che si è, occorre nel contempo dare rispetto e comprensione.

Cerchiamo dunque, almeno nello spirito,  di mantenere come riferimento quelle belle utopie...
:-)

PS: vedi anche la recensione di un libro sul tema, in Repubblica di domenica19 agosto scorsa; e il tema collegato in Repubblica di sabato 18, sulle separazioni: "condividere anche il lutto sentimentale, ci aiuta a sopportarlo"; e infine (sempre per chi di voi compra il giornale ogni giorno, o lo legge in biblioteca o su internet) vedi l'articolo sul tema della sincerità sul Corriere della sera di lunedì 20 agosto.

3 commenti:

  1. Grazie per la risposta, come sempre puntuale a articolata. Sono d'accordo con te sulla dimensione di fedeltà di coppia anche se, occorre che la coppia sia d'accordo sull'intendimento della fedeltà. Molto spesso accade che l'uno pensa una cosa e l'altro un'altra, ecco che tutto si complica... ma insomma, se alla base c'è l'amore, ci si ritrova sempre.
    La fedeltà che mi incuriosiva di più era quella verso qualcuno al di "fuori della coppia", infatti sembra che tutte le carte in tavola cambino quando si deve o si dovrebbe essere fedeli a qualcuno/qualcosa che non è il proprio compagno/a, mi riferisco anche semplicemente alla parola data a qualcuno, e che molti altri fattori entrino in gioco, talvolta, facendo di noi, tutto sommato, degli infedeli socialmente accettati solo perchè non necessariamente adulteri nell'esercizio dell'infedeltà.
    Cosa ne pensi?

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  2. Trattando dell'amicizia, che è un valore supremo, è chiaro che ci aspettiamo moltissimo nella misura in cui ci diamo pienamente. Come dicevo nel mio Post del 4 luglio scorso:
    "E' il "vantaggio" di essere oggetto di amicizia, anche se questa non si misura in vantaggi e svantaggi, né la si prova e la si pratica per questo. Singolare caratteristica di questo straordinario sentimento.
    Gli antichi greci chiamavano erastés chi provava e dava amicizia, e eròmenos colui che ne era destinatario, e fruitore (su un altro livello si riferivano con quei termini all'amante e all'amato).
    Non sempre chi ama qualcuno è corrisposto, e non sempre veniamo amati, cioè suscitiamo l'amore, proprio da parte di coloro che vorremmo che ci amassero."
    Quindi è estremamente delicato il rapporto, tanto più non essendoci eros fisico a fare da collante. E' vero che tanto frequenti sono le delusioni, forse in proporzione alla nostra capacità o meno di riconoscere una vera amicizia. E spesso son dolori... che lasciano anche brucianti cicatrici. Da qui però non dedurrei che
    "non fidarsi è male, ma fidarsi è peggio", .... anzi.
    Quindi a maggior ragione gioiamone finché è viva e ci regala belle emozioni !
    L'effimero è prezioso anche se fragile (Pindaro, Nemee).

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  3. Ieri, domenica 19 agosto, è uscita su "Repubblica" una lunga recensione dell'ultimo libro di Alain De Botton, How to think more about sex", che sarà pubblicato in traduzione italiana in ottobre da Ugo Guanda editore. L'articolo, alle pagine 52e 53, è intitolato al tema della "Infedeltà", e ci sono alcuni punti a mio parere condivisibili, ma comunque può essere di stimolo a riflettere sull'argomento.
    ciao Carlo :-)

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