giovedì 15 ottobre 2015

l'interazione tra le religiosità e spiritualità del mondo

Appena nominata, il 3 maggio 2013, l'onorevole Cecile Kyenge disse: «sono ministra dell'integrazione e spero di includere anche l'interazione (senza la g)". Perché forse è di questo che abbiamo paura». Come è noto in luglio '13 il vicepresidente del Senato Calderoli ha dichiarato che la Kyenge gli sembrava un po' "un orango" (per le sue origini congolesi); tra le molte risposte che Calderoli ha avuto (dalle massime autorità dello Stato, e da esponenti del Consiglio d'Europa e dell'Onu) c'è quella pacata e sorridente della figlia minore della ministra, Giulia di 17 anni che intervistata diede semplicemente questo consiglio: "Secondo me il razzismo è pura ignoranza. La persona razzista è una persona che non conosce ma che ama giudicare", [e concluse:] "vivete in pace, leggete molto, e viaggiate molto" (vedi www.yallaitalia.it/2013/07/ alla fine dell'intervista del 16 luglio)

L'anno scorso un giorno ad un convegno, incontrai il direttore di "Voci di Pace" G. Gasperoni che mi disse: "sarebbe interessante una tua riflessione sui punti di contatto che si possono trovare tra le varie culture. Viaggiare per culture come hai chiamato il tuo Blog, può offrire l'opportunità di trovare dei punti o valori condivisi?"

E' molto importante mettersi in cammino e intraprendere un viaggio di conoscenza, il viaggio ha anche un forte significato metaforico. Oggi viaggiare è più facile, ci sono milioni di turisti ogni anno in giro per il mondo, consiglio di cogliere l'occasione di una vacanza per andare anche a cercare di conoscere popoli e paesi nella loro realtà. Viaggiando con quello spirito si potranno osservare civiltà differenti, culture, usi, costumi, mentalità, tradizioni molto interessanti che ci possono dare un aiuto concreto per farci sentire meno superbi, meno egocentrici nel nostro sguardo sull'altrove, per farci avvertire anche quanto la nostra stessa cultura e le nostre inveterate abitudini siano in effetti relative, limitate al nostro specifico contesto spazio-temporale e quindi storico-geografico. Allora questi viaggi verso l'alterità ci aiuteranno ad allargare i nostri orizzonti mentali. 
Ma una volta compresa e apprezzata la bellezza della varietà di culture come ricchezza di colori di cui si compone il quadro dell'Umano, di di ciò esprime "l'umano", allora potremo chiederci: come possiamo interagire ? come possiamo comunicare in modo da intenderci reciprocamente? E' possibile mettere a frutto l'abbondanza della biodiversità, e delle espressioni della storia delle varie civiltà, per aprire un dialogo proficuo, intessere relazioni, intraprendere transazioni. Potremo ciè chiederci: al di là delle differenze che cosa ci unisce? cosa ci definisce tutti esseri umani? e potremo riconoscere quel minimo comune denominatore che è basilare, fondamentale per la reciproca conoscenza come uomini e donne di questo unico pianeta. potremo vedere chiaramente cosa ci può rivelare sull'Uomo uno sguardo aperto e lucido sull' "altro", pur con le sue specifiche identità e diversità. e dunque aiutarci ad ampliare la nostra visione, a capire che non ci sono "razze" umane contrapposte né superiori né inferiori, né migliori né minori o peggiori, ma che facciamo tutti allo stesso buon titolo parte del genere umano al di là di certe "piccole" differenze (di colore, o di lingua o di storia) perché le pecche che possiamo individuare negli "altri" le ritroviamo tutte anche a casa nostra, e quindi è così che ci rispecchiamo nell' "altro" e riusciamo a riconoscerci, per conoscere dunque meglio noi stessi. Ci potremo intendere nell'apertura e nel dialogo, negli interscambi, nell'arricchimento reciproco che ne deriva. Nel partire dalla semplice constatazione (oggi già resa più visibile ed evidente dalla mondializzazione e dal processo di globalizzazione economica in atto) che abbiamo molti interessi in comune dato che abbiamo bisogno degli altri per trovare le soluzioni ai problemi globali. Il premio nobel per la pace Nelson Mandela, cristiano metodista, che è stato tanto celebrato e apprezzato dopo la morte (un anno e mezzo fa), "semplicemente" capì che ci sarebbe stato un Sudafrica più giusto e migliore solo con la cooperazione tra neri, bianchi, meticci e tutti gli altri abitanti del suo paese, e promosse il "percorso per la verità e la riconciliazione".

Anche nei nostri paesi, si è dovuti passare nella storia culturale, attraverso varie visioni, dall'amore biblico e cristiano, poi dall'antischiavismo, e dal cosmopolitismo, dalla teosofia all'antroposofia, all' esperantismo, alla pacifica coesistenza, all' internazionalismo, poi al liberalismo e all'europeismo, ecc., per giungere nella attuale realtà della globalizzazione, a capire che per poter avere una vita di migliore qualità su questo nostro ormai piccolo pianeta ci può aiutare solo la libertà e la parità tra tutti i popoli, il riconoscimento del diritto di ognuno alla dignità, e poi che i popoli hanno dei diritti e doveri reciproci, la solidarietà, e quindi la fratellanza, e l'ecumenismo sul piano spirituale, e la cooperazione economica ai fini del progresso civile e di una maggiore prosperità condivisa, infine il rispetto e la cura per la  nostra Madre Natura che ci nutre, e dunque anche una più equa redistribuzione dei beni che ci fornisce.

Quando Zeus, nella parabola del "Protagora" platonico mandava Hermes a provvedere gli uomini del senso del pudore e della giustizia, non lo inviava solo agli elleni ma a tutto il genere umano. Ed egualmente ritroviamo in Seneca e in Epitteto e poi in Apollonio di Tiana il concetto della unità sostanziale di tutto il genere umano.
In uno dei suoi editti scolpiti sulla roccia l'Imperatore indiano Ashoka nel III secolo a.C. dichiarò: 
"Uno non dovrebbe onorare solo la propria religione e condannare quelle degli altri, ma dovrebbe onorare altrettanto le religioni altrui. Così facendo aiuterebbe la sua propria a crescere e a rendere servizio anche alle religioni degli altri."

E' in breve la base del divino messaggio di Siddhartha Gautama il Buddha in Oriente, e di Gesù nel Mediterraneo, e di tutti i grandi saggi dell'umanità di ogni latitudine e di ogni epoca. Pensiamo a Bahaullah ("siete frutti di un unico albero e foglie di un unico ramo"), o più vicini al nostro tempo pensiamo ai messaggi etici di grandi personalità come quella di Albert Schweitzer, di Rabindranath Tagore, o di Mohandas  Gandhi, di Albert Einstein … con un orientamento che in generale influenzò anche personalità come E. Schuré, Th.Mann, H.G.Wells, A.Huxley. C.Kerényi, C.G.Jung, H.Hesse, R.Rolland,  o R.Guénon, M.Eliade, F. Jesi e altri. 
Ma è anche il messaggio di uomini e donne d'azione e di pensiero come Albert J. Lutuli, Martin Luther King, di René Cassin, come di Maria Zambrano, o di Hannah Arendt, Edith Stein, Elie Wiesel, e del Dalai Lama Tentzin Gyatso, di Desmond Tutu, di André Chouraqui, di personalità eccezionali della politica come Aung San Suu Kyi (che proprio in questi giorni predica più che mai la coesistenza tra buddisti e mussulmani), o Shimon Peres, Kofi Annan, Vàclav Havel, Simone Veil, … eccetera, e naturalmente di tutti coloro che hanno meritato il premio Nobel per la pace (di cui riporto qui alcune foto e nomi ad memoriam, con un occhio di riguardo alle donne), ecco ad es. alcune benemerite dell'Umanità:


 Bertha von Suttner
 Jane Addams
 Emily Greene Balch
Agnese Gonxhe Bojaxhiu =madre Teresa di Calcutta
 Betty Williams
 Aung San Suu Kyi
 Rigoberta Menchù Tum
 Shirin Ebadi
 Wangari Maathai

Purtroppo i messaggi di queste coraggiose, vere eroine del nostro tempo, è stato spesso presto accantonato e dimenticato
Molte varie personalità hanno diffuso un messaggio fondamentale di valore universale, si pensi a quello di Maria Montessori ("il bambino è padre dell’umanità e della civilizzazione", "l’umanità che si rivela in tutto il suo splendore intellettuale durante la dolce e tenera età dell’infanzia dovrebbe essere rispettata con una sorta di venerazione religiosa"), o di Virginia Woolf ("il saper comunicare è felicità", inoltre il suo è un messaggio a tutto il genere femminile perché aspiri alla propria più piena realizzazione), o a quello di Ludwik Lejzer Zamenhof (un messaggio di speranza, di pace, di fratellanza e di unione tra le nazioni), o agli appelli contro la guerra di Vera Brittain.

Molto interessanti da studiare, per capire come si potrebbe cooperare per giungere persino a stilare una lista di principi generali che possano essere riconosciuti come riferimento universale per tutti, sono i dibattiti che si ebbero nel periodo della fondazione della Société des Nations / League of Nations nel 1919 a Ginevra, e poi della Organizzazione delle nazioni unite, U.N.O./ ONU nel 1946, e delle diverse dichiarazioni dei diritti di tutti gli esseri umani, e dei principi fondativi dei vari organismi internazionali (Unesco, Unicef, ILO l'org. internaz. del lavoro, e OMS-WHO della sanità, la FAO, eccetera). Tanto più interessanti se consideriamo che non era ancora molto diffusa in quegli anni l'abitudine a tenere in eguale conto le varie visioni culturali e le diverse concezioni dell'uomo e del mondo, che caratterizzano civiltà e spiritualità diverse.
Quando poi hanno iniziato anche a tenersi congressi mondiali e grandi conferenze internazionali e conventions planetarie su vari temi di interesse globale, (di carattere economico, commerciale, ma anche sul piano ecologico, sul clima, sui problemi delle fonti di energia, della salvaguardia degli ambienti naturali, sulle questioni dell'inquinamento, della fame nel mondo, e della produzione e distribuzione alimentare, delle epidemie, della distribuzione e accessibilità dei farmaci, oppure delle nuove risorse tecnologiche,  le conferenze mondiali sui diritti umani, sulla donna, sull'infanzia, eccetera, svoltesi a Durban, Porto Alegre, Pechino, Ginevra, Rio de J., Parigi, Johannesburg, ecc.ecc.), per cui si è individuato di volta in volta un tema e una idea di fondo, adottata in comune come avvio dei dibattiti, riunendo rappresentanti di tutta l'umanità ad occuparsene e avanzare proposte costruttive. Al termine si è quasi sempre giunti ad un testo minimo di intese e di impegni per i firmatari. Ci siamo forse abituati a questi grandi convegni mondiali, ma sono delle novità dal punto di vista storico di grandissimo valore positivo. E da tutte queste iniziative è emerso uno stretto collegamento e intreccio tra tutti quei temi.

Al di là del dato politico relativamente a cosa e quanto si è perso nei compromessi raggiunti e a cosa e quanto non è stato poi attuato negli anni successivi ai vari accordi presi, come dicevo mi pare che sarebbe di grande interesse vedere negli Atti relativi, come si sono svolti quei dibattiti, le loro modalità e tematiche, per vedere come si è giunti ad una comprensione reciproca fra linguaggi, mentalità, culture e forme diverse di intendere alcuni concetti, e di formulare certe idee, per giungere a testi finali concordati. Il che significa che con uno sforzo di tipo unitario si è in grado di identificare punti in comune ed enfatizzarli, e anche di produrre miglioramenti nella qualità della comunicazione interculturale e sopratutto nella qualità della apertura all'Altro.

Quand'anche l'ipotesi formulata da A. Norenzayan che ai tempi ancestrali in cui l'umanità intera era al livello di organismi sociali basati sulle attività di raccoglitori e cacciatori-pescatori, le concezioni che si avevano delle divinità non attribuivano loro qualità morali, resta il fatto che già da prima della diffusione dell'orticoltura, della pastorizia, e dell'allevamento di animali, ci si rivolgeva alle divinità per implorare un intervento moralizzatore e di giustizia.
Ci sono alcuni elementi di carattere etico che possono configurare una morale di base con fondamenta simili tra le pur varie tradizioni esistenti. Bisogna cercare di andare al di là degli specifici termini presenti nei diversi gruppi linguistici, a cui si danno varie diverse sfumature di significato, ma che se non ci si ferma ad una esegesi sulla pura forma letterale, l'esistenza di determinati vocaboli o forme verbali ci svela la presenza in tutte le culture e civiltà di un anelito verso ciò che è bene, che è buono, e che è giusto, che nei suoi contenuti presenta molti aspetti di similitudine  (tra i molteplici si potrebbero citare per es. i tre antichi comandamenti incaici andini: Onore, Lavoro, Verità, ovvero in modo esteso: non sottrarre le cose, non astenerti dal dare il tuo contributo, non occultare la verità). 

Certo a rigore nessun lemma di una lingua è strettamente e facilmente traducibile e sovrapponibile e combaciante con quello di un'altra, ma già solo il fatto di prenderne reciproca conoscenza, è una ricchezza culturale, apporta un arricchimento del nostro "bagaglio" culturale, mentale e spirituale.

Le culture sono sempre evolute e vissute grazie a contatti, influenze, e scambi reciproci. Spesso le identità culturali sono venute costruendo delle maschere che ci caratterizzano ma che ci coprono, e non si riesce a riconoscere la somiglianza dei volti e delle espressioni perché celate da quella facciata. Bisogna guardarci in faccia a volto scoperto, per capire che siamo parenti, e che l'osservare e cercare di capire il nostro prossimo, è un guardarci grazie a lui nello specchio e riconoscere così in modo più reale e profondo noi stessi (cfr. a questo proposito il mio libro "Le maschere e gli specchi", F.Angeli editore, su singolarità e comunanze nell'ambito della formazione dell'identità delle persone).

Occorre viaggiare per assaporare e godere della biodiversità e della ricca varietà di culture, ma anche per constatare come in molte situazioni l'Umano si riveli essere sempre quello a tutte le latitudini e climi. Un antico adagio suonava: "tutto il mondo è paese", non è proprio del tutto così, e ovviamente tutto dipende dal nostro atteggiamento verso la comprensione degli altri paesi…, ma tuttavia anche quell'adagio per certi versi comprendeva in sé alcune verità parziali. 
La relazione dialettica tra simile e dissimile è complessa e non sempre facile da districare e anche da  affrontare. Ma l'orizzonte deve essere visto come il lontano punto di convergenza delle linee parallele che ci accompagnano e ci stanno al fianco (come accade nel disegno prospettico). 
L'obiettivo mira a quel punto focale se sappiamo essere più obbiettivi nel guardarci attorno senza preconcetti e pregiudizi.

Se c'è possibilità di intendersi ciò significa che è vero che c'è comunque una sola "razza umana" (oggi si preferisce esprimersi in termini di "specie umana" o di "genere umano") alla base delle svariate società e culture che essa ha prodotto e che la compongono. 

[prosegue]

domenica 11 ottobre 2015

Il disprezzo verso la cultura (e il concetto di civiltà) 4

Con l'avvicinarsi dell'anno 2000 su cui da almeno un secolo si era vagheggiato tanto che era divenuta una data simbolo, si scrissero innumerevoli considerazioni e previsioni su quella che veniva considerata una eccezionale occasione di svolta per la storia umana (saremmo entrati nell'era della realizzazione delle utopie?, in un generico "Duemila" e qualcosa, si situavano di solito i racconti fantascientifici).
Tra l'altro la fine del secolo coincideva con il collasso dei regimi dell'est europeo, per cui A. von Hayek parlò di "Presunzione fatale", e ci fu la fine dei blocchi ideologici contrapposti. E poi poco dopo F. Fukuyama parlò di "fine della storia" come sino ad allora (1989) l'avevamo conosciuta. Negli anni Novanta la Yugoslavia si dissolse in una guerra tra le nazionalità, e l'URSS cessò di esistere. Nel '96 Samuel Huntington scrisse "Lo scontro delle Civiltà" in cui sosteneva che "sotto la spinta della mondializzazione la politica planetaria si sta ristrutturando secondo linee di demarcazione culturali. Le vecchie alleanze determinate da motivi ideologici o dai rapporti tra le superpotenze lasciano il campo ad alleanze definite dalle diverse culture e civiltà". Nel '99 Fukuyama pubblicò un altro suo studio su "The Great Disruption" cioè la gran disgregazione, interrogandosi su come e da dove potesse affermarsi un nuovo ordine sociale dopo che quello vigente aveva cominciato a franare, a disfarsi… e vide nello sviluppo rapidissimo delle nuove tecnologie informatiche di comunicazione una via per la creazione di inedite reti di aggregazione sociale, di scambio e osmosi interpersonali e anche di nuove opportunità economiche e finanziarie.

Nel contempo in altri campi il direttore generale dell'Unesco interpellò una persona di sua fiducia, Vincenzo Fazzino, per affidargli il compito di preparare documenti su un modello di sviluppo "sostenibile" da presentare come dossier al Summit sulla Terra di Rio de Janeiro del 1992 (in occasione del cinquecentenario del viaggio di C.Colombo nelle Americhe) che fu la prima riunione a livello mondiale di capi di Stato e/o di governo, essa verteva sui temi della protezione dell'ambiente e del rapporto tra essa e lo sviluppo economico e produttivo.
In seguito ad un dibattito avuto tra Fazzino e il collaboratore Philippe Gilleron (ed altri colleghi all'Unesco), Enzo Fazzino e sua moglie Antonella Verdiani diedero vita nel '93 al progetto "Planet Society", con lo scopo di sensibilizzare vari premi Nobel a cooperare ad un documento che propugnasse il passaggio da una cultura bellicista che riteneva scontata la risoluzione violenta dei contrasti internazionali, ad una cultura della pace e della non-violenza da diffondere in occasione del passaggio di millennio.
Inoltre nel 1998 si tenne a Stoccolma un convegno del settore cultura dell'Unesco con l'obiettivo di riflettere sul tema della "Nostra diversità creativa", nella consapevolezza che accanto alla straordinaria biodiversità dell'ambiente, vi sono da tenere in conto le implicazioni della diversità culturale, e le sfide che il pluralismo culturale pone alla politica. La principale raccomandazione fu di "(...) rinnovare la tradizionale definizione di retaggio culturale, che oggi deve essere inteso come l'insieme di tutti gli elementi, naturali e culturali, concreti e ideati. Tramite tali elementi i gruppi sociali riconoscono la propria identità e si impegnano a passarla alle future generazioni in una forma migliorata e arricchita".

Manifesto2000

Nel frattempo sempre nel '98 si giunse ad avere un testo concordato sulla base del progetto Fazzino che è stato fatto circolare per il 50° anniversario della dichiarazione universale dei diritti umani del '48, e questo fu formalmente presentato alla conferenza stampa dell'Unesco dal suo direttore generale Federico Mayor tenutasi alla Torre Eiffel di Parigi nel marzo 1999 assieme ad alcuni dei premi Nobel coinvolti (Pierre Marchand, Mairead Corrigan Macguire, Rigoberta Menchu Tum, A. Perez Esquivel,  Josef Rotblat, René Cassin ).  Nobel firmatari furono anche Nelson Mandela, Desmond Tutu, Shimon Peres, Elie Wiesel, Norman Borlaug, José Ramos Horata, David Trimble, Carlos F. Ximenez Belo, il Dalai Lama, e altri.

Il Manifesto fu al centro delle consultazioni dell'Unesco e dell'ONU durante l'anno internazionale della cultura di pace, il 2000; e fu approvato all'unanimità da tutti gli stati membri. Dal maggio 2001 fu disponibile sulla rete Internet, tradotto nelle principali 44 lingue del mondo, al fine di raccogliere adesioni di impegno. Si contarono più di 75 milioni di firme di uomini e donne e di associazioni che si rendevano disponibili a diffondere il testo, leggerlo pubblicamente e commentarlo, nelle scuole, nei luoghi di lavoro, e in ogni possibile occasione di carattere sociale e associativo, allo scopo di divulgare capillarmente l'educazione alla pace tra i popoli del mondo come segno della svolta del nuovo secolo e millennio.
Tra l'altro è interessante osservare che le firme in quella occasione furono per esempio, tra i paesi dell' Asia: in India ci furono 37 milioni e mezzo di adesioni, nella Corea del Sud 1 milione 600mila,  in Giappone 1 milione 200 mila, più di 1 milione in Nepal; nell'America Latina: in Brasile furono 15 milioni e mezzo, in Colombia 11 milioni 800mila, in Messico 277 mila; per l'Africa: in Kenya più di 1 milione, in Algeria 790 mila, in Marocco 362 mila, in Tunisia 190 mila; in Medio Oriente: in Azerbaijan 413 mila, in Turchia 131 mila; per l'Europa: in Italia 490 mila, nella Confederazione Russa 144 mila, in Francia 136 mila, in Spagna 110 mila; eccetera... (poi nel corso del decennio successivo il totale mondiale  giunse a superare i cento milioni).
In Italia si approvò che dall'anno acc. 2001/02 si istituisse un corso di laurea specifico in scienze per la pace presso l'Università di Pisa.

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Il Manifesto2000 dell'UNESCO si riassume in sei chiari incitamenti:
"Rispettare la vita e la dignità di ciascuno. Rifuggire dalla violenza. Liberare la propria generosità. Ascoltare al fine di comprendere. Preservare il Pianeta. Reinventare forme di solidarietà".
Nello specifico vi si dice: 
«L'anno 2000 deve essere un nuovo inizio per noi tutti. Insieme possiamo trasformare la cultura della guerra e della violenza in una cultura di pace e nonviolenza. A questo scopo è necessaria la partecipazione di ognuno. Questo può dare ai giovani e alle future generazioni dei valori che possono ispirarli a dare forma ad un mondo di dignità ed armonia, un mondo di giustizia, solidarietà, libertà e prosperità. - La cultura della pace rende possibile uno sviluppo sostenibile, la tutela dell'ambiente e la valorizzazione personale di ogni essere umano.


Rinconoscendo la mia parte di responsabilità per il futuro dell'Umanità, in particolare per i bambini di oggi e per i giovani, mi impegno nella mia vita quotidiana, in famiglia, sul lavoro, nella mia comunità, nel mio Paese e nella mia regione a:



1. Rispettare la vita e la dignità di ogni persona, senza discriminazioni o pregiudizi;


2. Rifiutare la violenza: praticare la Nonviolenza attiva, rifiutando la violenza in tutte le sue forme: fisica, sessuale, psicologica, economica e sociale, in particolare nei confronti di chi è più deprivato e vulnerabile, e più debole, come i bambini e gli adolescenti;


3. Dare libera espressione alla generosità: mettere a disposizione parte del mio tempo e delle mie risorse materiali coltivando la generosità per porre fine all'esclusione, all'ingiustizia e all'oppressione politica ed economica;


4. Ascoltare per comprendere: difendere la libertà di espressione e la diversità culturale, scegliendo sempre il dialogo e l'ascolto senza concedere il fanatismo, la diffamazione e il rifiuto dell' Altro;


5. Preservare il Pianeta: promuovere una fruizione responsabile da parte dei consumatori, e delle pratiche di sviluppo che rispettino tutte le forme di vita e preservino l'equilibrio delle risorse naturali del pianeta;


6. Reinventare la solidarietà: contribuire allo sviluppo della mia comunità, con la piena partecipazione delle donne e nel rispetto dei principi democratici, con l'obiettivo di creare assieme nuove forme di solidarietà.


In ogni Paese firmatario si terranno delle attività per la divulgazione del Manifesto2000. L'argomento principale di queste iniziative sarà "la ricchezza della nostra diversità culturale".
In tutto il mondo, l'annuncio dell'Anno Internazionale per la Cultura della Pace sarà dato in luoghi simbolici, che, per la loro storia, hanno conquistato notorietà universale. Questi luoghi prestigiosi, che serviranno da piattaforme per la promozione della cultura della pace anche ad un pubblico televisivo mondiale, simboleggiano:  - la speranza e il progresso, - la vittoria sulla violenza, - il dialogo tra culture, civiltà e religioni diverse.»

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Dall' 11/9/2001  altre guerre

Come è arcinoto quattro mesi dopo la raccolta delle firme, il giorno 11 di settembre del 2001, tutto cambiò di un sol colpo con l'attacco a New York alle torri gemelle del centro del commercio mondiale (World Trade Center) da parte di una organizzazione terroristica del fondamentalismo islamista (facendo 2752 vittime), e con il conseguente invio di truppe Usa e internazionali in Afghanistan (dal 2001) e in Iraq (dal 2003) iniziò una guerra che ancora oggi non è finita... (quindi già molto più lunga di quel che fu da noi l'ultima guerra mondiale, dal 10 giugno '40 al 25 aprile '45). Vi sono le più divergenti stime sul numero di vittime, per es. in Iraq dal 2003 al 2008 vi sarebbero stati 4400 morti tra i militari Usa, e 315 del Regno Unito, e circa altrettanti degli altri Paesi della coalizione internazionale (italiani: 36 soldati), e tra i "corpi armati" privati di mercenari che hanno sostituito i militari degli eserciti stranieri via via ritirati dal Paese, vi sarebbero circa 13mila invalidi di guerra; mentre per gli iracheni si danno cifre che oscillano tra i centomila e i settecentomila…(soprattutto vittime civili). I costi per il Pentagono Usa (=per i contribuenti) nei primi 5 anni sarebbero stati  di circa 500 miliardi di dollari, mentre in generale i costi complessivi (diciamo con … l'indotto) per tutto il primo decennio si dice che sfiorino i 3000 miliardi di dollari inoltre vi sono stati episodi molto discussi e controversi di rapimenti, e anche di torture a prigionieri e carcerati (ad Abu Ghraïb, e nella base di Guantanamo, o nelle stesse prigioni irachene), e anche di villaggi e cittadine rase al suolo con i loro abitanti ...
In Afghanistan invece i morti della nostra coalizione (Nato e alleati) sarebbero 2210 (italiani: 53 soldati su un contingente di 750), feriti e invalidi 13 mila, e nei corpi militari mercenari (i cosiddetti contractors) i morti sarebbero 1800 e i feriti e invalidi circa 60mila. Tra i civili afghani i morti si stimano in cifre oscillanti tra 140mila e 340mila...
Per quanto riguarda la Siria, il conflitto iniziato nel 2011 ha provocato secondo l'Osservatorio sui diritti umani in Siria (SOHR) 250mila morti (di cui un terzo civili), 2 milioni di feriti e invalidi, e 12 milioni di sfollati (di cui 8 all'interno e 4 all'estero).
C'è bisogno di ricordare come sono messe oggi le città siriane? e come mai a centinaia di migliaia i fuggiaschi premono ai nostri confini europei?  voi e le vostre famiglie che fareste?




Insomma si tratta proprio di sporche guerre in cui ci siamo andati ad infognare… Se si pensa a quante  altre guerre sono in corso nel mondo, e a quante ve ne sono state negli ultimi tempi nei quattro continenti (provate a contarle: dalla Somalia del 1991-2006, alla guerra civile in Colombia, alla distruzione della Cecenia, e la Liberia, il Darfur, l'Iraq, l'Ossezia, l'Abkhasia, alla Libia nel 2011, e poi Mali, Sud-Sudan, Costa d'avorio, Centrafrica, Libia 2014, e ora Ukraina-est, Kurdistan, Siria, ecc...), e a tutto ciò che esse comportano e che è implicito in una situazione di conflitto armato…quindi come si diceva più sopra: massacri, abusi e torture, violazioni dei diritti umani, scandali, commerci illegali (armi, pezzi di ricambio, proiettili, ecc.) ma anche droga, ed altro (e in termini anche di distruttività e di spregio nei confronti delle espressioni della cultura umana) non solo il pensiero ritorna al contenuto del primo di questi miei quattro post che ho caricato sul blog, ma chiaramente ritorna anche al titolo, perché sono tematiche tutte collegate tra loro.

foto dell'ormai distrutto ospedale gratuito di "Medici Senza Frontiere" a Kunduz in Afghanistan ripetutamente bombardato -sembra "per errore"-  il 3 ottobre 2015 da un aereo da combattimento usa  (22 morti tra pazienti e personale, 40 feriti)

E quando si va a cercare di avere qualche informazione in proposito, si è portati a credere che guerre "pulite" non ne esistano proprio, da nessuna delle parti confliggenti, non si "salva" nessuno, anche se certe sono state mascherate come "interventi umanitari", o semplicemente come necessaria "lotta contro il terrorismo"… il che può anche essere vero, come per es. nel caso della guerra contro l' Isis, ma viene poi comunque da pensare che cosa ci sia dietro, che cosa muove a lanciare l'appello a fare guerre, chi ci lucra, quali interessi sono in ballo, cui prodest ?... eccetera.
A parte le guerre, per non dire poi per es. delle porcherie di certe industrie alimentari, o dei traffici di organi…, o i regni assoluti dei grandi latifondisti e delle multinazionali in Argentina o in Brasile, in Centroamerica ….  eccetera.
Mala tempora currunt ! che schifo… ma in che mondo viviamo…!??
è nota l'affermazione di Goya: "il sonno della ragione genera mostri".
Che follia…. che follia, non è forse la guerra la più terribile delle follie? vedere quelle foto di quelle città, o pensare che sono di nuovo in corso esodi biblici, composti da uomini, donne, vecchi, bambini, con valigie o grandi sacchi, che vagano per i Balcani, che marciano lenti verso le frontiere del benessere, che bussano alle porte delle case, o premono alle porte dei treni per scappare e salvarsi, o che pagano cifre assurde a delinquenti scafisti che li mollano su barconi in sfascio, pieni zeppi di gente, e che a migliaia poi annegano congelati dal freddo, …..  pazzesco! e noi qui a guardarli e a pensare solo a come fermarli o rimandarli indietro…
e chi è il più temibile nemico dell'uomo se non l'uomo stesso?
c'è chi costruisce con pazienza nel corso delle generazioni una cultura, una civiltà, un prodotto intangibile ma fragile, prezioso, e c'è chi rischia la morte pur di distruggere e bearsi di uno spettacolo di morti e rovine …

Sognando una umanità in pace

Per fortuna che c'è ancora chi gode a gustarsi una bella musica, un panorama naturale stupendo, gode a cogliere il sorriso di un bimbo, ad osservare i buffi giochi di un piccolo cagnetto, o si incanta di fronte ad una danza perfetta o alla vista della luna piena o del cielo stellato in una notte limpida … ecco dove sta la salvezza.
Il Bene, il Bello, il Buono, il Vero, il Giusto … si dice che siano immagini ideali, platoniche, di un altro mondo al di fuori di quello reale in cui viviamo, ma non è così. Come notò Oscar Wilde: Stiamo tutti nel fango, eppure qualcuno di noi guarda le stelle… (frase che ho citato spesso nei miei scritti e nelle mie lezioni)


… tanto per ritornare così al racconto che avevo caricato il 2 ottobre, "viaggio all'Alba del Mondo" … dedicato all'aurora dell'anelito alla conoscenza

Nel dicembre 2000 è stata costruita la Stazione Spaziale Internazionale permanente che orbita intorno alla Terra, da lì gli astronauti in servizio, possono tranquillamente osservare il nostro pianeta abbracciandolo con uno sguardo dall'esterno (come faceva qualche mese fa la nostra "AstroSamantha"). 

Il nostro habitat è uno:
bisogna che noi tutti si cominci a guardare ai nostri problemi con una prospettiva molto più ampia !





La famosa poesia di Leopardi sulla Luna in "Canto notturno",
oggi può dunque essere parafrasata e rovesciata (come fece già Joseph Campbell), 
e noi potremmo leopardianamente chiederle… e chiederci: "Che fai tu Terra, in ciel? dimmi, che fai ?"...

Anche mia nonna fin da ragazzina fantasticava pensando di essere sulla Luna e"immaginando d'esser lassù, in uno di quei valloni desolati e muti, di guardare sospesa in cielo invece della luna, la Terra, sentii come un brivido …". Ma più oltre poi da adulta -divenuta astronoma- scrisse in uno dei suoi libri : "L'Uomo oggi sa che vive nel cielo, ne sente l'infinito e l'eternità…", e aggiunse che ammirato dall'esterno: "l'umile piccolo pianeta che noi abitiamo, ci appare come una coppa traboccante di vita!… Dovunque è vita!… Ascoltiamone la musica sublime!".

Ma infine chiuderei con un'altro famoso brano che pure ho già citato spesso nei miei scritti e nelle lezioni, tratto dal poeta John Donne, "meditazione n.17" (del 1624), che dimostra uno sguardo globale:


«Nessun uomo è un'isola, completo in se stesso;/ ogni uomo è un pezzo del continente, una parte del tutto./ Se anche solo una zolla venisse lavata via dal mare,/ l'Europa ne sarebbe diminuita, come se le mancasse un promontorio,/ come se venisse a mancare una dimora di amici tuoi, o la tua stessa casa./ La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce,/ perché io sono parte dell'Umanità./ E dunque non chiedere mai per chi suona la campana: /suona per te!»

[come è noto un passo fu usato come titolo di un romanzo di Ernest Hemingway, "Per chi suona la campana" del 1940 sulla guerra civile spagnola, e un altro passo fu anche il titolo di un famoso libro di riflessioni da Bangkok del monaco trappista Thomas Merton, "Nessun uomo è un'isola" del 1955]

sabato 10 ottobre 2015

il disprezzo verso la cultura (e l'etica) 3

Come prevenire il disprezzo per  la storia e la cultura (o anche solo per le culture diverse dalla propria) ?
Facciamo un salto indietro di qualche millennio rispetto al re Hammurabi (o Hammu Rapi), e anche rispetto al profeta Mosé (Moshéh) con le tavole dei comandamenti, al padre Abraham, e a Gesù nazareno (Jéshuà ha-Notzrì). Ritorniamo alla radice, alle leggendarie origini: prendiamo il primo libro della Bibbia, detto Bereshìt cioè "all'inizio", in cui si tratta -oltre che della genesi dell'Universo (di cui vi ho accennato in un post del febbraio '14) e della prima coppia umana, che dotata di libero arbìtrio scelse la via della conoscenza-, anche della formazione dell' umanità attuale, cioè successiva al Grande Diluvio (che fu già raccontato anche dal mitico re Gilgamesh dopo il suo incontro con Utnapishtim, il Grande Vecchio, il Noè dei Sumeri), e al § 9 troviamo il racconto di un Patto che, una volta riemerse le terre, il Signore  (Adonài Elohìm) stipula con Noé (NoahNoach(perché "Noah era un giusto -tzaddiq- per i tempi che correvano") rivolgendosi ai suoi figli (perché da loro fu ripopolata tutta la Terra).

In effetti dopo la fine dell'ultima glaciazione e l'immane scioglimento dei ghiacci, si sarebbe verificato un innalzamento del livello marino, circa novemila anni a.C. che sommerse moltissime terre abitate (tra cui forse la mitica isola Atlantide). E questo evento apocalittico avrebbe fatto estinguere moltissime specie tra cui anche gli uomini antidiluviani (questa allegoria potremmo leggerla come una allusione alle varie stirpi del genere Homo che col tempo si sono estinte lasciando solo il cosiddetto homo sapiens).  Al termine

Noé fece una offerta di ringraziamento, e il Signore assicurò i pochissimi superstiti (Noah, sua moglie, i loro figli, e le mogli dei loro figli) che non vi sarebbero più stati altri eventi catastrofici tanto gravi, e che d'ora innanzi gli uomini avrebbero dovuto impegnarsi a costituire una nuova, rinnovata umanità, di livello superiore.
 Di tanto in tanto lo avrebbe ricordato mostrando un arcobaleno (qéshet), che prese a simbolo del patto tra il Dio dei cieli e gli abitanti della terra (pongo il mio arco nella nuvola e servirà di segno del patto fra Me e ogni carne che è sulla Terra).

Promise agli uomini che d'ora in poi avrebbero regnato su tutti gli animali (son dati nelle vostre mani), ma che da parte loro non avrebbero più dovuto cibarsi di carne cruda ancora sanguinante (non mangerete carne con la vita sua, col suo sangue dentro), e parimenti non avrebbero dovuto mai spargere sangue umano -e disse che avrebbe chiesto agli uomini di render conto della vita dei loro simili (chiederò conto della vita dell'uomo alla mano d'ogni suo fratello)- ed anzi prescriveva loro di diffondersi per ogni dove e di crescere di numero (spandetevi sulla terra e moltiplicate in essa).
A partire da qui nella tradizione ebraica si venne elaborando un conciso codice di leggi tramandate oralmente di valore universale che avrebbero potuto e dovuto essere seguite da tutti (anche da chi non si riconosce nella tradizione religiosa ebraica).

Nel Talmud babilonese (Sanhedrin, 56-60) infatti si precisarono poi questi primi comandamenti dati a Noé per i suoi figli Shém, Ham e Jèphèt (i sette precetti dei figli di Noé, le sefer mizvoth bené Noach).


Essi riguardano l'obbligo di istituire tribunali di giustizia; e fanno divieto di bestemmia, di idolatria, di rapporti sessuali impuri (ad es. incestuosi, tra consanguinei, o con animali, stupri), di omicidio (quindi si esclude anche sia il suicidio che la guerra), di furto e rapina, e di alimentarsi di carne ancora sanguinante.

Tutto qui e forse è già quanto basterebbe per prevenire il dilagare del disprezzo verso la cultura e per costruire un assetto sociale basato sul rispetto reciproco, che assicuri il prevalere della giustizia piuttosto che della sopraffazione, e che garantisca la pace.
Di questo patto noachide si parla anche nel Midrash (testo che riferisce degli studi, dei commenti, della esegesi, e delle leggende consolidatesi nella tradizione orale), nel quale a proposito dei 7 precetti si dice che si tratta di una sorta di statuto etico a cui non solo gli ebrei ma tutte le genti (i "gentili") dovrebbero fare riferimento come base per dar luogo a una società civile (stabilisco il mio Patto con voi e con la vostra semenza dopo di voi).


E' un primo passo verso una cultura universale del vivere associato, che può articolare una sorta di costituzione etica per l'umanità rinnovata.
Elio Toaff (morto sei mesi fa all'età di cent'anni) scriveva che il patto noachide era inteso come un invito a tutti gli uomini a ricominciare "la loro vita basandola sul diritto e sulla mitezza dei costumi. Nessun dogma è imposto, né alcun sistema di vita o di pensiero. Per questo sui principi noachidi si può fondare qualunque filosofia, qualunque teologia, qualunque diritto. Penso che sia importante accertare come i nostri maestri abbiano saputo da quelle pagine attingere i princìpi della più grande tolleranza." Ogni popolo del pianeta è discendente da Noé, il novello Adamo, senza riguardo ai suoi usi, costumi, e credenze.
L'aver elaborato questi princìpi già in un'epoca protostorica risalente al tardo neolitico, o all'inizio dell'orticoltura e della rivoluzione agricola, è segno di un grande sviluppo qualitativo della produzione culturale, si tratta del periodo riferibile anche all'età mitopoietica, da cui si comprende l'importanza fondamentale della creatività spirituale e intellettuale nell'evoluzione del genere umano.
Queste acquisizioni della cultura umana hanno la loro origine nella valle dell'Indo, nell'Iran, nel paese degli Hittiti, e nei paesi della "mezzaluna fertile" Mesopotamia-Fenicia-Israele-valle del Nilo, cioè tra i Sumeri, poi in Assiria e a Babilonia, e tra gli antichi Egizi; cultura passata a Cipro, a Creta, nel mar Egeo, tra gli Elleni, e giunta sino nel Tirreno.
Questa base etica poi germinò e costituì il sottofondo di molte legislazioni.
Scriveva nel 1905 Leo Baeck (autore de "Il vangelo: un documento ebraico") che "la concezione noachide fissava legalmente l'indipendenza della legge morale e dell'uguaglianza etica da qualsiasi limitazione nazionale e confessionale." (L.B., L'essenza dell'ebraismo, 1905, 1925). E' considerato noachide chiunque, aderendo a qualunque religione e appartenendo a qualunque gruppo etnico, si attenga a una condotta morale onesta,  non segua idoli, ed  adempia ai più elementari doveri di umanità e civismo.
Alcuni studiosi si soffermarono su questi temi, tra gli italiani si vedano il livornese Elia Benamozegh nell'ottocento, e Dante Lattes di Pitigliano nel novecento. Ernest Renan nell'ottocento mise in luce come la gran parte degli ellenizzanti che avevano adottato le regole di vita e la religiosità ebraiche sono poi divenuti i primi cristiani; uno studio importante del Noachismo nel novecento è quello di H. Aharon Lichtenstein (morto pochi mesi fa).

Ma poi con il passare dei secoli la concezione noachide non venne più ricordata, cadde nell'oblio, e oggi si potrebbe riproporla, in versione aggiornata. Riconsideriamo ad es. il diluvio come una metafora, che riflessioni ne potremmo dedurre?
Già la bandiera coi colori dell'arcobaleno è oggi quella dei movimenti internazionali per la pace, la riconciliazione e la giustizia.
Raduniamoci tutti noi benintenzionati sull'Arca della salvezza! non potrebbe essere una bella utopia da perseguire? farebbe bene a tutti di fronte a questa deriva generale a cui assistiamo e che sta impregnando tutto… (mi auguro che la attuali guerre in un epoca in cui disponiamo del potere distruttivo della deflagrazione degli atomi… non portino a una sorta di suicidio dell'umanità… e all'estinzione dell' homo "sapiens" e forse di tutta la vita incarnata …).
Solo la bellezza dell'arcobaleno e lo stupore e la meraviglia che gli spettacoli di Madre Natura possono suscitare in noi potranno risvegliare una coscienza spiritualmente più profonda di quella dell'attuale homo oeconomicus, un uomo ad una sola dimensione...
Forse è vero che occorre che vi sia qualcosa universalmente ritenuto sacro per frenare gli uomini dal commettere violenza, dal nuocere al prossimo, dal mostrare disprezzo per la cultura e per i valori di umanità e della coesistenza.
Si potrebbe proporre una seconda navigazione questa volta viaggiando incontro alle culture del Mondo, per accrescere la conoscenza della differenza da parte di ciascuno, portando ovunque il naviglio del dialogo, prestando sempre la maggiore attenzione al lato umano nel rapporto con il prossimo. Ricordando che tutti gli uomini e le donne, e tutti i viventi sono figli della sacra Arca, siamo portatori di quello stesso dna dei nostri antichi (o mitici) progenitori. Tutti stiamo di volta in volta e contestualmente al centro e sul perimetro della sfera magica. Interroghiamoci sul passato e interessiamoci alla storia di ognuno per vedere se dallo scambio culturale potremmo imparare qualcosa di importante gli uni dagli altri. La ricchezza delle espressioni culturali e delle esperienze storiche di ogni popolo è in sintonia con la ricchezza e l'estrema diversità e complessità della biosfera, di questo Eden che è la nostra comune Grande Madre: basta saperlo vedere...



N.B.: sull'etica universale vedi anche nel prossimo post la proposta del Manifesto2000 dell' Unesco

[ prosegue ]

venerdì 9 ottobre 2015

Il disprezzo verso la cultura 2


C'è qualcosa di storto nelle società umane?, o forse nella stessa "natura" dell'uomo?, che va corretta. Continue sono le azioni che vanno contro ogni rispetto della dignità altrui, in dispregio del cosiddetto diritto consuetudinario tramandato oralmente da una generazione all'altra e dei valori che ogni tradizione culturale riconosce come superiori alle contingenze del quotidiano, e che permettono la convivenza sociale. Un primo intervento fu quello di istituire dei magistrati di giustizia, che ritroviamo per es. nel corpo di leggi Assire, e in quello Hittita. Né mancarono sacerdoti e sovrani che stabilirono regole per gestire l'amministrazione della giustizia secondo criteri generali.
Ma per evitare l'arbìtrio di tiranni e anche di magistrati onnipotenti e incostanti, e preda di avversioni e  di simpatie, che perseguitavano i loro avversari così come favorivano oltre misura chi era loro fedele, Hammurabi stabilì un codice che dovesse essere rispettato anche dai potenti (e dagli stessi sovrani!). Hammu-Rapi fu un re babilonese che governò per ben quarant'anni a partire dal 1792 a.C. Come accennavo, già altri prima di lui stabilirono regole valide per tutti, ma non sono così onnicomprensive e coerenti, tanto da poterle considerare un vero e proprio Codice.
Una stele che riporta tutto il Codice di Hammu Rapi, è stata ritrovata in ottimo stato di conservazione a Susa (oggi nel Khuzestan iraniano) nel 1901.

La sua particolarità è il tentativo di dare una base oggettiva alla equivalenza tra la violazione della legge e la corrispondente pena (anche se si distinguono tre classi di sudditi). Dunque se qualcuno ha rotto il naso del querelante, al violento per punizione verrà rotto il naso; se con un colpo contundente è stato rovinato l'occhio destro e la vittima ha perso la vista, si accecherà l'occhio destro del violento; se con un pugno è stato rotto un dente a qualcuno, si romperà un dente a chi ha dato il pugno…. eccetera. Senza possibilità di eccezione per nessuno.
Quindi questo è un -oserei dire- "rivoluzionario" tentativo di imporre una giustizia equa e proporzionata basata su fondamenta "oggettive". Perciò il codice di Hammu-Rapi è passato alla storia. Lo scopo era anche di far capire al violento la gravità delle sue azioni, e delle loro conseguenze, facendogli provare ciò che esse implicano in termini di sofferenza per l'aggredito.

Poi vennero nel XIV sec. a.C. i concisi, e lapidari dieci comandamenti mosaici a ribadire i concetti più basilari.

Ciò non toglie che  in quella lontana epoca diverso dal nostro era il significato che si dava alle parole e il contesto in cui queste assumevano un senso, e poi non toglie il fatto che in realtà non si risolse definitivamente il problema. Tanto che per ancora molti e molti secoli, si continuò a violare le norme di convivenza, e continuò non solo nei secoli di sovrani finalmente cristiani, quindi non solo nell'Alto Medioevo e poi anche nel Basso Medioevo, ma anche nei secoli "moderni" quando comunque ancora imperversava ad es. la Santa Inquisizione con le torture per chi si sospettava avesse pensieri eretici … l'equanimità e il sentimento di umanità non erano le priorità nelle menti di chi deteneva un potere assoluto.




Ma è stato così ancora ai tempi del nostro Cesare Beccaria che si lamentava nel suo famoso opuscolo di protesta del 1764 (nel Secolo dei Lumi...) della sproporzione tuttavia esistente tra i delitti e le loro pene. E si interrogava sulla legittimità di chi fosse preposto a decidere che certi atti fossero da considerarsi violazioni delle norme vigenti. Non solo ma dissertava sulla arbitrarietà usuale nel comminarle e sulla disparità dei modi in cui queste venivano fatte scontare, tanto che infine definiva le prigioni come luoghi infernali anziché luoghi di giusta correzione e punizione per i rei, e quindi dei focolai di rivolta antisociale, e in particolare come sappiamo si soffermava sull'abuso di potere da parte della patria potestà all'interno stesso dell'ambito domestico e famigliare (vigeva ancora la famiglia come organizzazione di ruoli gerarchica e patriarcale).
Qualcuno ricorderà per es. il film di M.Forman (del 2006) con J.Bardem e la N.Portman, "L'ultimo inquisitore" ("Goya's Ghosts" = i fantasmi di Goya).

Quindi forse lo spirito equanime che motivò il codice di quel lontano sovrano di giustizia babilonese  -una volta prese le debite distanze storiche- andrebbe ripensato e in buona parte rivalutato (si pensi solo alle leggi che ancora nel nostro civile Novecento appena trascorso, discriminavano nel nostro paese gli ebrei per la sola colpa di esser nati tali, e usavano diversi pesi e misure per giudicare e condannare i critici del sistema politico vigente… quand'anche non avessero commesso alcun reato nei fatti, ma che erano condannabili sia pur solo per delitto d'opinione).
rogo di libri da parte dei nazisti in Germania negli anni Trenta

Tuttavia l'esperienza storica ci dice che non è mai accaduto che con l'aggravare e inasprire la minaccia e l'esecuzione di pene severissime, siano diminuite le infrazioni, o per lo meno pur essendo sempre stata l'autorità per millenni assai dura nel punire, non si sono comunque mai estinti i reati... (insomma la historia magistra vitae ci insegna che  non c'è "bisogno" di mozzare la mano ai ladri, come si faceva nel medioevo, per assicurarsi che non si rubi più… o credere che quella condanna sia così esemplare da scoraggiare  i furti….).
Anzi la pace sociale e la diminuzione dei furti, dei crimini e dei reati, si è avuta sempre e solo in misura proporzionale alla equanimità esistente nel contesto sociale, e al grado di benessere della popolazione (cioè diminuendo la drammaticità del bisogno di sopravvivere, diminuiscono anche i furti…). Ma in effetti non è tutto poi così semplice, entrano in campo anche molti diversi fattori, non solo sociali ma anche psicologici, e non ultimo quello del tipo di educazione ricevuta in famiglia, e il fatto di esser stato cresciuto e formato al rispetto di valori etici universali, e infine in parte anche al livello medio di istruzione e di cultura delle persone (sperando che basti per prevenire pregiudizi e ostilità).
Ma questi ultimi elementi su che base si possono sviluppare? Come si possono prevenire violenze e guerre (come quelle a cui mi riferivo nello scorso Post)?
Sul rispetto del prossimo, e sulla accettazione del fatto che c'è chi è diverso da "noi", e sul dialogo con l'estraneo (nelle società antiche vigeva il culto dell'ospitalità). Sulla considerazione che siamo tutti esseri umani, sul significato che si conferisce all'aggettivo qualificativo di "umano" (e quindi anche "umanitario"), che vada al di là delle specifiche determinazioni di culture, tradizioni, e credenze le più varie. Comportarsi in modo umano verso gli altri,  e prestare sempre attenzione al lato umano delle questioni. Di fatto i contrasti potranno non sfociare in violenze se ci si baserà sulla costante ricerca di dialogare con "l'altro" e sul ricercare un patto (compromesso) di convivenza con "gli altri". E' anche il principio su cui si è fondata la stessa ONU come organizzazione per il confronto pacifico tra le nazioni, e sede in cui dirimere le conflittualità. Sostanzialmente al posto del processo di demonizzazione del diverso visto come potenziale nemico di cui aver paura, si dovrebbe cercare di radicare il rigetto verso la guerra e l'autoritarismo come soluzioni.

Anche in ambito privato ognuno sostenga e difenda quel che ritiene di poter qualificare come "giusto", purché lasci lo stesso diritto anche a chi è d'altra opinione. Cerchiamo il modo e la misura in cui ognuno possa pensare, comportarsi, atteggiarsi ed esprimersi come crede meglio.
In sostanza la regola aurea è: fai pure quel che ti pare nella misura in cui non rechi danno ad alcun altro, nel rispetto reciproco. Cioè in definitiva: non imporre alcunché a nessuno, tanto meno con violenza.


La storia è piena di eventi tragici causati da chi ha voluto imporre a tutti di credere e di fare ciò che si riteneva fosse "giusto" (inteso come inverso di "sbagliato").
Il che è oggetto di meditazione  particolarmente importante e urgente oggi che viviamo in società in rapida trasformazione, società sempre più articolate al loro interno e complesse, in un contesto di sempre crescente tendenza alla mondializzazione per cui tutti i problemi sono divenuti di tipo planetario e vanno dunque affrontati e risolti in modo concordato.

Questo volevo dire soprattutto per quanto riguarda il pericolo che rappresenta il disprezzo verso le culture diverse dalla propria, e il suo potenziale altamente infiammabile.
Ma nello scorso Post parlavo in particolare di chi dimostra di provare disprezzo nei confronti della cultura intesa in senso generale, la cultura umana, ciò che l'uomo ha creato come propria espressione creativa culturale nel corso della storia dei popoli e delle società.

[ prosegue ]

giovedì 8 ottobre 2015

L'esibizione del disprezzo verso la cultura, 1


Permettetemi di attirare la vs attenzione su questioni di conservazione del patrimonio culturale.
Come tutti, anch'io sono rimasto molto impressionato dalle stragi e dalle distruzioni deliberate che compie il cosiddetto califfato di Iraq e Siria (Iraq & Syria Islamic State, ISIS). Quanto alle seconde come sapete (dopo quelle compiute inizialmente in Iraq, in particolare nelle città sumeriche di Nimrod e di Hatra, a Ninive, e le distruzioni attuate nel museo di arte mesopotamica di Mosul), negli ultimi mesi si sono concentrate sull'antica città di Palmyra, che venne soprannominata la Sposa del Deserto, fu la fiorente capitale della regina Zenobia, e infine poi venne inclusa nell'impero romano d'oriente.
Qui il furore distruttivo si è abbattuto sul tempio del II sec. di Baal Shamin, il Signore del Cielo, che fu fatto saltare in aria il 23 agosto,

e qui cinque gg. prima Khaled elAsaad -che era stato per quarant'anni il direttore dell'area archeologica e del suo museo- era stato decapitato all'età di 83 anni e il suo corpo appeso ad una antica colonna.
Poi oltre ad aver distrutto varie opere antiche, hanno utilizzato l'anfiteatro romano come palcoscenico per macabri spettacoli, come l'uccisione di 25 soldati dell'esercito regolare siriano, fatti prigionieri di guerra, che lì sono stati falciati da un colpo alla nuca da altrettanti ragazzi adolescenti, di fronte alle telecamere (che ci fanno ricordare gli studi di Stanley Milgram).



Per non parlare ovviamente dell'aspetto più tragico relativo all'eliminazione delle minoranze etnico-religiose, alle stragi di civili, e alla cacciata forzata di molte decine di migliaia di persone che popolavano i territori ora soggiogati.
Ma oltre a questo, resta anche il fatto che la Syria (come pure l'Iraq) è un paese di antica civiltà, ed è ricchissimo di beni culturali rari e preziosi, per cui non si contano le collezioni di preziosi libri e manoscritti, o le chiese bizantine, o i templi di altre religioni, che sono andati distrutti.
In guerra può accadere che eventi "accidentali" o occasionali, oppure incendi, o bombardamenti a tappeto, portino, nel caos di un conflitto, a coinvolgere e travolgere edifici storici o beni di valore culturale, oltre che civili innocenti.

Ma purtroppo non solo vi è la distruzione "incidentale", o la dispersione del patrimonio culturale siriano e iracheno, che è in atto oramai da anni, ma si assiste ad una spettacolarizzazione della distruttività. Leggendo dei fatti di Palmyra a tutti sarà ritornato in mente il famoso episodio della guerra in Afghanistan quando nel 2001 i talebani si esibirono di fronte a giornalisti della stampa mondiale nella distruzione di una enorme statua di Buddha di 1800 anni fa, risalente al periodo storico in cui i territori lungo la antica Via della Seta adottarono quella religione (almeno fino al IX secolo).

Volevo dunque far concentrare l'attenzione su questi atti frequenti, di distruzioni non dovute agli scontri tra fazioni armate e agli orrori di guerra per cui là dove passa o si arresta la linea del fronte avvengono bombardamenti e azioni belliche che portano, oltre alle distruzioni del tessuto civile, anche a coinvolgere beni artistici o storici (si pensi al saccheggio del museo sumero-babilonese di Baghdad nei cinque giorni precedenti l'invasione USA della città nel 2003, al saccheggio del Museo egizio del Cairo durante la "rivoluzione" della primavera araba nel 2011, o alle tragiche conseguenze sui resti storici e archeologici della recente guerra in Libia), ma su azioni deliberate compiute specificamente allo scopo di mostrare disprezzo verso la cultura.

( E' accaduta la stessa cosa anche in Europa: si pensi alla exYugoslavia nei territori al di là dell' Adriatico in cui si scatenò il feroce scontro tra serbi, croati, e bosniaci negli scorsi anni '90, che fece strage oltre che della popolazione "nemica", anche di chiese, monasteri, moschee, musei, biblioteche e pure scuole, ospedali ecc. consapevolmente rase al suolo per una manifestazione di odio, che porta a voler cancellare i simboli della cultura dell' Altro, e ciò che all' Altro è più caro e sacro ).

La direttrice dell'Unesco la bulgara Irina Bokova aveva definito queste esibizioni "crimini" perché si rivolgono contro beni che non a caso sono stati  dichiarati patrimonio culturale dell'Umanità intera.
E' notizia dell'altro giorno che l'arco romano di Palmyra è stato fatto saltare con la dinamite, e

la stessa direttrice dell'Unesco ha dichiarato: "Questa nuova distruzione mostra a che punto gli estremisti sono terrorizzati dalla storia e dalla cultura". E il direttore nazionale delle antichità siriane ha definito l'atto come una "vendetta contro la civiltà".

Queste mi sembrano le definizioni più appropriate. E' più che ignoranza e indifferenza verso la cultura, è disprezzo, anzi ancor peggio: ci si compiace della esibizione del disprezzo. Nell'aggressività si unisce alla violenza fisica, materiale, anche la sottile e tagliente violenza psicologica
…………………...
Bisognerebbe tornare a leggere e meditare gli studi e le analisi di autori ormai ritenuti "classici" come Ruth Benedict, e Margaret Mead; e poi J.Dollard con "Frustrazione e aggressività" (1939); quindi rivedere il famoso dibattito fra Roger Caillois e Claude Lévi-Strauss sulla "Nouvelle Revue Française" del 1954 (trad.it. in "Diogene coricato") sul confine tra civiltà e barbarie. 
Poi per gli anni successivi, su questi temi si vedano tra i molti: Ashley Montagu, "Uomo e aggressività" (1957, 1976); Konrad Lorenz, "Il cosiddetto male: l'aggressività" (1963); o Iraneus Eibl-Eibesfeldt; e anche Franco Fornari, "Psicoanalisi della guerra" (1964); Anthony Storr, "La distruttività" (1968-1972); o Desmond Morris; Hannah Arendt, "Sulla violenza" (1970); o René Girard, "Il capro espiatorio", e "La violenza e il Sacro"(1972); o Erich Fromm, "Anatomia della distruttività umana" (1973); Robert Hinde, "Basi biologiche del comportamento sociale umano" (1974); S. Milgram,"Obbedienza all'Autorità", 1974; Umberto Melotti, "Sulle origini dell'aggressività umana"(1977); Carlos Diaz, "Contro Prometeo" (1980); Henri Laborit, "La colomba assassina" (1983);  Pierre Karli, "L'uomo aggressivo" (1987);  e tanti altri degli anni più recenti  tra cui si vedano il volume "2008 Eranos Conference Perspectives on Violence and Aggression" a cura di John van Praag,  e quello di M. Terestchenko (2005). 



……………………

Perché parlare di queste cose e mostrare anche foto di uccisioni?
Nella edizione italiana della raccolta di riproduzioni delle incisioni di Francisco Goya, Los desastres de la guerra, a cura di A.Terenzi, con Introduzione di R. Guttuso, edizioni Vie Nuove, Milano, 1967, il curatore riporta che il domestico di Goya, vedendo le sue incisioni su rame gli chiese: "Perché … dipingete simili orrori?", e Goya rispose: "Per chiedere eternamente agli uomini di non essere Barbari!".

Mi fa piacere venire a sapere che il 31 luglio scorso c'è stata una riunione all'Expo internazionale di Milano, di ben 80 Ministri della Cultura del mondo, sotto il titolo "Culture as Instrument of Dialogue among Peoples", che si è occupata anche della tutela del patrimonio culturale dell'Umanità (materiale e immateriale), per cui certi atti sono d'ora in poi definiti "crimini contro l'Umanità".
Silvia Costa, presidentessa della Commissione Cultura del Parlamento Europeo ricorda che è già stata  approvata una risoluzione in aprile di 10 punti, che tra l'altro chiede alla comunità internazionale di prestare attenzione urgente a 
1° ricostituire le basi per il dialogo interculturale e interreligioso, [ne scriverò in un paio di prossimi post],
2° ricordarsi che la distruzione e dispersione dei beni culturali è ad es. un metodo per poter utilizzare reperti archeologici come strumento di traffico illecito a fini di lucro per autofinanziarsi (dunque va ricordato che c'è una Convenzione Unesco contro tale traffico), e si chiede di promulgare una direttiva UE più chiara e dura dell'attuale contro tale commercio con misure concrete atte a bloccare ai confini i passaggi di beni di valore storico culturale e perseguire penalmente gli organizzatori appunto con l'imputazione di aver commesso un "crimine contro l'Umanità".
Era ora…!

P.S.: come è noto lo scorso venerdì 16 ottobre la cosiddetta Tomba del patriarca Giuseppe (Yosseph), costruzione storica a Shechem vicino a Nablus nei Territori palestinesi occupati in Cisgiordania, ritenuta luogo sacro da ebrei, cristiani, mussulmani, e samaritani, è stata incendiata da estremisti islamisti di Hamas (come già avvenne quindici anni fa) semplicemente perché una volta al mese viene consentito (in base a un accordo dell'Autorità Nazionale Palestinese con l'esercito israeliano) l'ingresso a quel luogo di culto anche agli ebrei provenienti da Israele.

Ma si aggiungano le sparatorie a marzo scorso nel museo d'arte di Tunisi contro i visitatori europei, o gli assassinii in gennaio a Parigi di quasi tutti i redattori della rivista satirica "Charlie hebdo", i vari accoltellamenti di chi sta passando per strada in varie città, e ora venerdì 13 novembre le bombe gettate contro la gente, sempre a Parigi, nella sala concerti al teatro Bataclan, e in altri luoghi pubblici, come ristoranti o stazioni, per darci la dimensione di quel che sta accadendo, e farci riflettere sul tipo di "cultura", o meglio di ideologia e anche di mentalità, di chi compie certe azioni ritenendole "giustificabili" (!).


[prosegue]

venerdì 2 ottobre 2015

nonna Fede Paronelli in viaggio all'Alba del Mondo

Dopo aver visitato il grande museo dell'evoluzione umana di Burgos con gli incredibili reperti di Atapuerca, e le grotte affrescate di Altamira, e quelle del monte Castillo in Cantabria, ed essere tornato a casa proprio nei giorni in cui si annunciava la straordinaria scoperta in Sudafrica di un "nuovo" nostro  lontano antenato del genere Homo, l' Homo di Naledi (dal nome in lingua locale di una grotta chiamata Rising Star, questo il significato del termine, quindi "stella che sorge"…) i cui resti potrebbero risalire addirittura fino a 2,5 milioni di anni fa, dalle profondità del terreno dunque è riemerso un predecessore che ora ci giunge dai più profondi abissi del tempo… (cfr.  http://www.focus.it/scienza/scienze/homo-naledi-una-nuova-specie-umana-che-fara-molto-discutere ),

foto del National Geographic di una ricostruzione del volto di Naledi

vorrei oggi proporvi alla lettura un racconto che scrisse mia nonna materna, Fede Paronelli, che era una astronoma, conferenziera al civico Planetario "Hoepli" di Milano, (morta nel 1944) in un suo libro divulgativo intitolato "Urania nei secoli - la storia dell'astronomia romanzata" (pubblicato nel 1945 dall'editore S. Giovene di Milano)
Si intitola "All' Alba del Mondo", in cui cerca di rendere la nascita dello stupore, della meraviglia, che stanno all'origine della cultura umana, e del suo interrogarsi. Nello specifico dipinge quello che poté essere "il primo sguardo" incantato verso il cielo stellato, la "prima" manifestazione della commozione.



Trasportati sulle ali dell'immaginazione, assistiamo qui ad una scena che può essersi svolta, che certo si sarà svolta, nei lontanissimi tempi in cui, all'alba del mondo, sul giovane nostro pianeta sconvolto ancora dalla violenza delle forze primordiali, apparve l'Uomo, che sotto la potenza creatrice del Pensiero Divino, sciogliendosi dalla ganga animale, iniziò attraverso la contemplazione dei fenomeni naturali ed in particolar modo celesti, la sua lenta ma continua scesa alla conquista della verità, al riconoscimento del Padre attraverso cosmiche, armoniose immensità.