domenica 21 ottobre 2012

Washington- Maryland- Boston nel 1988

7 giugno 1988   Milano
Lascio mia madre abbastanza rassegnata all'idea che io mi assenti e vada lontano; e Annalisa un po' dispiaciuta mi dice: vai-vai; trovo mio padre in forma, dopo una crisi che lo aveva deciso a non muoversi di casa.
Dunque vado col pretesto di partecipare a un convegno (che mi interessa) e poi mi fermo e comunque già che sarò là, faccio un po' un giro.
Dopo aver giurato a me stesso che non avrei riempito la valigia, ma avrei caso mai acquistato lì il necessario, parto con un macigno a rotelle....(?). Sono un po' incerto per questo viaggio. L'esperienza a Barcellona a marzo mi aveva convinto che viaggiare da solo non è gran cosa. Cerco una guida della East coast ma non la trovo, strano, mi sorprende: quattro anni fa quando andammo a Nuova York subito trovai una guida della SugarCo edizioni, e una di Moizzi editore, ma ora invece per Washington e Boston, trovo da comprarne solo una in francese "New York et le Nord-Est amaricain", TGC Jika, 1988, appena uscita in febbraio, dove ci sono dei capitoli su Boston, Washington, e sul Maryland. Bene.
Faccio una assicurazione con la CEA, compagnia europea d'assicurazione, di Milano. Trovo che a Milano c'è la agenzia Thema, dove mi danno il n. Usa di tel 800 (cioè gratuito) per info sulla catena alberghiera Radisson, non si sa mai. E c'è una agenzia tour operator di Roma, Outgoing - Master consulting, che da info sui treni Amtrak Regional Services della linea Washington-NY-Boston. Ottimo. Parto con 940 mila lire, vedremo quante ne riporto indietro...

8 giugno   Milano-New York-Washington
Naturalmente Alitalia oggi è in sciopero, e per mia fortuna io ho un biglietto PanAm. Il viaggio è lungo e noioso, non riesco a rilassarmi e così non digerisco il pranzo a bordo. Da Milano partiamo alle 11:45, arrivo a NY  alle 14:30 locali (cioè -6 ore di differenza per il fuso orario).
Ecco New York! tutto è più semplice e veloce rispetto a quattro anni fa. Ci sono addirittura spiegazioni multilingui, tra cui in italiano...; e c'è personale disponibile in abbondanza. Comunque prudentemente l'altro volo è abbastanza in là come orario; l'attesa dunque è lunga.
Quindi intanto ne approfitto per telefonare a Oscar, a Eric, e alla Gail, ma non trovo nessuno ... Poi riprovo e con Gail facciamo una lunga chiacchierata. Ha un maschietto di 3 mesi! il terzo..., e Hosrow poverino non ha trovato di meglio che fare l'operaio ... sono sempre là a Long Island.
C'è gente di tutto il mondo qui in questo grande aereoporto internazionale, di tutte le fogge, e colori, è uno spettacolo vivente stare a guardare.
Poi si parte da NY alle 16:45 e arrivo alle 18.
Altro noioso viaggio ma breve, e infine l'arrivo, al National Airport, questa volta in un aereoporto per voli "domestici", alla buona, senza alcuna burocrazia di alcun tipo, e dunque subito esco, il ritiro valigie è quasi alla porta... I taxi non hanno tassametro, ma si paga per zone, la cui mappa è esposta.
Una limousine mi prende su, l'autista è iraniano, e gli dico del nostro amico, intanto mi fa attraversare questa città immersa nel verde, così la incomincio a vedere. La limousine dall'aereoporto costa come qualsiasi altra auto, e alla fine il tragitto non è costoso. Arrivo, distrutto, all' albergo/foresteria universitaria, e trovo una buona accoglienza da parte di studenti simpatici e volenterosi.  Mi accascio sul letto. Purtroppo mi tocca cambiare camera quasi subito, ma alla fine mi sistemano nel modo migliore, con bagno, doccia, aria condizionata (che spengo), e subito dormo.

9 giugno   Washington D.C.
Gli alberghi in generale qui sono piuttosto cari, anche quelli economici, e quindi questa soluzione è ottima perché con l'inizio di giugno sono finiti i corsi universitari e le case per gli studenti si svuotano e vengono date le stanze anche ad esterni. In effetti qui l'edificio è quasi deserto. Very cheap.
Colazionona all'americana, e poi via nel Metrobus guidato da una negretta vigorosa e decisa. La città mi pare immensa, estesa nel verde, anzi nella natura, nei boschi... A Dupont Circle dove scendo, prendo il metro, Metrorail, scendendo per una scala mobile lunghissima e ripidissima che porta giù giù sin nell'antro degli inferi, e sotto trovi questa magnifica, elegante, superba Metro.



Qui moltissimi vengono in città da fuori, sono pendolari, sono impiegati e funzionari federali (350 mila), o che lavorano presso ambasciate, o in prestigiosi uffici della sede centrale di grandi ditte, insomma in giro qua c'è eleganza nel vestire. Tantissimi abitanti sono negri (450 mila sui 635 mila residenti ufficiali), tanti di lingua spagnola, e pure tanti di origine asiatica; e poi gente di tutto il mondo che per vari motivi è venuta nella capitale Usa, dirigenti, quadri aziendali, turisti, uomini d'affari, commercianti, politici, amministratori e altro. La Metro è in uno stile particolare, neoclassico, in sintonia con lo stile architettonico di L'Enfant che pianificò la città. Molto interessante da stare a guardare è la intersection di Metro Center, è impressionante, su vari livelli, è un commuter place. Pulita e silenziosa è proprio il contrario o meglio l'opposto, di quella di New York. Sulle carrozze una voce ti da le informazioni sulle fermate e sui tempi (questo, ricordo che c'era anche nel metro a Praga). 
Esco, riemergo, su the Mall, immenso spaccato orizzontale di almeno tre km nel mezzo di questa metropoli. Cammino sino al Washington Monument, un obelisco di 170 m, da cui si vede tutta la parte monumentale.
E' la città dove dicono che si incontrino lo spirito yankee del nord e quello dixie del sud. Nel 1785 si decise di creare una capitale federale ex-novo per non far torto a nessuno, ma ci vollero anni per stabilire dove, sinché il generale Washington, e primo presidente, decise che si facesse a poche miglia dalla sua grande tenuta, vicino all'estuario del fiume Potomac in modo che ci si potesse giungere dal mare, facendo concedere dal Maryland e dalla Virginia un pezzetto di sovranità per costituire un distretto federale (il quadrato del District of Columbia) che non fosse parte di nessuno stato, e che fosse a metà strada tra Nord e Sud del Paese. Il piano urbanistico della città da erigere in quella che allora era una sterminata foresta, fu affidato a L'Enfant, un architetto emigrato nel Nuovo Mondo, di origine francese. Nel frattempo per dieci anni (tutti gli anni 90) la sede del governo federale fu a Philadelphia. Nell'anno 1800 il governo si insediò qui dove c'erano solo il campidoglio, la residenza presidenziale, la biblioteca del Congresso, e 372 case con tremila abitanti (tra cui seicento schiavi), e la denominò col nome di chi vinse la guerra per l'indipendenza, morto da poco. Solo 14 anni dopo, quando nella  vecchia Europa era caduto Napoleone, la Gran Bretagna sembrò volerla far finita anche con la rivoluzione americana, e dal Canada l'esercito del re avanzò fino al suo simbolo stesso, la città di Washington, la conquistò e la incendiò, sembrava davvero la fine. Poco dopo la fortuna mutò direzione e la residenza presidenziale fu la prima ad essere restaurata e la villa presidenziale annerita dal fuoco, fu tutta dipinta di bianco...
Questa progettata da L'Enfant è dunque la città ideale dei Lumi, o dell' Enlightenment, edificata da zero con edifici marmorei, monumenti, colonnati, e con tanto verde e natura attorno. Grandi prospettive, e architettura classicheggiante. Le utopie urbanistiche della rivoluzione francese, qui le hanno realizzate. E in effetti la prima fase della rivoluzione francese, cioè quella della monarchia costituzionale dell'89-91, era una ripresa dei temi fondanti della rivoluzione americana. Quindi L'Enfant, La Fayette, poi Dupont ... fecero da tramite, da ponte, come anche l'americano Thomas Paine in Francia (e Jefferson stesso, eccetera), e l'effetto fu reciproco, di scambio culturale e politico, tra i due nuovi stati, Francia rivoluzionaria e gli USA, avversari della vecchia Inghilterra da una sponda all'altra dell'Atlantico.
Naturalmente nel piano urbanistico a dominare è il Campidoglio, e non la "casa bianca", residenza del presidente, è il potere dei rappresentanti, dei delegati dal popolo, ad essere esaltato. Non più il cosiddetto plurale majestatis di "We His Majesty the King of England", bensì "We the People" è l'espressione che marca la nuova fonte della sovranità.
Ma oltre ai bianchi monumenti neoclassici "alla Winckelmann", e ai grandi edifici federali, spicca più in là l' Old Red Castle della Smithsonian Institution, vera cattedrale della cultura, a fianco del tempio del potere elettivo e legislativo.

Costituita nel 1846 "per l'accrescimento e la diffusione delle conoscenze fra tutti gli uomini". Ci sono pure adiacenti tre musei di dimensioni minori rispetto agli altri grandi allineati sui due lati della grande avenue del Mall.
Un altro aspetto della sacralità conferita ai simboli della società civile lo ritrovo appunto proprio in un museo.  Anch'io faccio pazientemente la fila per entrare al grandioso "Museo dell'Aria e dello Spazio", a vedere una scheggia di pietra nera riportata dalla Luna dai primi eroi spaziali, gli astronauti. La gente osserva la sacra reliquia che ancora desta meraviglia, con rispettoso stupore, e poi impone le mani sulla pietra nera,  tocca e si sofferma nel contatto.  Siamo dentro al nuovo american dream; questo museo è anche l'apoteosi della potenza tecnologica raggiunta dal Grande Paese. Siamo all'interno di "2001 Space Odyssey" di Arthur Clarke, anzi al film di Kubrick di vent'anni fa.
E' tutto magnificamente esposto con grandiosità, e commentato e illustrato, e l'aspetto didattico e educativo è molto curato.
A vedere la capsula spaziale Mercury e poi Gemini, gli astronauti degli anni sessanta erano dei pazzi temerari, amanti del rischio per il piacere dell'avventura più estrema e pericolosa. E poi forse potrebbero anche venire visti come eroi...
Nell'enorme museo c'è di tutto, dal primo biplano dei fratelli Wright del 1903, all'aereino con cui per primo Lindbergh ha trasvolato l'oceano atlantico, all'Apollo 11, eccetera sino ai pezzi più recenti.
I films che proiettano sono documenti eccezionali. Anche il planetario è eccezionale. La divulgazione scientifica e tecnica è ottima veramente. Nel negozio del museo, molto del materiale in vendita è per bambini e ragazzi, e/o per le scuole e i colleges. Tutto è previsto anche per handicappati motori (così come negli autobus urbani).
Tutti i numerosi musei federali (e non solo) di Washington sono gratuiti! In tutti c'è un Educational Center per seguire i bambini in visita e i ragazzi delle scuole, facendoli partecipare a dei laboratori, mettendo a disposizione materiali didattici, e dando assistenza.
Scroscia a dirotto! riesco a fatica a telefonare in Italia e a capire.
Mi faccio socio dello Smithsonian, sia per la bella rivista (anche altre riviste e pubblicazioni che ci sono qui meriterebbero attenzione), sia perché costa poco ed è una associazione culturale e di ricerca veramente stupenda. Chi contribuisce può scalare la cifra dalle tasse, e a volte arrivano contribuzioni favolose, pur di abbassare il livello imponibile, ma anche perché fa piacere sentirsi benemeriti e filantropi. E poi anche perché quattro anni fa a New York mi ero fatto socio della NY Academy of Sciences al museo di storia naturale dove mi ero abbonato alla loro interessantissima rivista, e mi era servita quella tessera di socio in qualche occasione come presentazione (tipo biglietto da visita).
Torno al campus con una lunga passeggiata per la verde Nebraska Avenue, e così faccio a meno di comprare il ticket del bus.
Il ritrovo degli psychohistorians è al primo piano; gente di vario genere, trasandati ed espansivi.
Una grassa signora radical con la sua vecchia auto scassata (tipo quella del tenente Colombo), con dentro sui sedili dietro un suo strano quadro, mi accompagna al party nella villa di Mary Coleman. Là c'è Lloyd De Mause (che avevo conosciuto l'altra volta a NY ed eravamo stati ospiti a casa sua, e poi mi ero abbonato alla sua rivista), e Peter Petschauer, e Harry Lawton, e altri ...Chiacchiero amabilmente con la gradevole Miryam Caroline, moglie di un famoso presentatore televisivo, che conosce bene l'Italia. E poi nel parco con Jacqueline Paulson di New York che è veramente di una affabilità stupenda.

 Però qui a questo party tutti sembrano parlare con il prossimo più che altro per parlare di sè, e poi se non li interrompi, oppure se non sei deciso nell'iniziare a parlare tu, ti abbandonano. Si fa così. E si assaggia un po' qua e un po' là, come accade con il buffet offerto dagli ospitanti. Jacqueline mi presenta all'anziano neighbour dei Colemans, che vengo poi a sapere che è niente meno che il senatore J.W. Fulbright in persona, il fondatore tra l'altro nel 1948 (quando sono nato io) della commissione per gli scambi culturali fra l'Italia e gli Usa. Avrà circa 85 anni, ed è davvero in gamba e cordiale, molto alla mano. Mi racconta del suo primo viaggio in Italia. Esperienza interessante.

10 giugno
In tutti i bar c'è saccarina di due tipi, in tutti i marciapiedi e in tutti i luoghi a lato delle scale c'è una rampa per handicappati, ora stanno attrezzando tutti gli autobus (e già ce ne sono moltissimi) con una pedana elevatrice alla porta. Ovunque gli anziani hanno facilitazioni e sconti. Nei musei, che sono gratuiti, c'è sempre qualche addetto che ti spiega con competenza. Ovunque si può trovare un posto fast food dove mangiare a poco prezzo (e male).
Al mattino partecipo al convegno di psicostoria, subito dopo pranzo (e dopo Jacqueline) tengo la mia relazione nel mio inglese... applausi e cordiali complimenti da parte di alcuni che si sono particolarmente interessati all'argomento. Poi dopo avremo tempo e modo di chiacchierare e di commentare; sono tutti molto informali, vanno subito al sodo, al dunque,  for me the main point is... the focus of the question is ... Non sono così accademici come da noi, vogliono chiarire qual'è la tua tesi personale, e quindi in un certo senso preferiscono la presentazione di works in progress. Ti apprezzano per l'originalità, per quello che puoi apportare, per gli stimoli che sai dare. Hanno una cultura più internazionale di noi.

Nel pomeriggio parto deciso verso Georgetown. Cammino anch'io come un grande podista attraverso questa cittadina di fine Settecento/primo Ottocento, molto graziosa tra il british e l'olandese. Tutta nel verde, con ville e villini in mattoni oppure di legno.


La più vecchia è la stupenda Old Stone House. Questa vecchia cittadina che ora di fatto è come un quartiere storico, e residenziale,

è divenuta luogo prescelto dai ricchi e dagli intellettuali, vedo anche la casa di Jacqueline Kennedy, che ogni buon americano in visita qui va certamente a guardare, e che forse era già di suo nonno Michel Bouvier. Ma qui ci sono le case anche ad es. di H.Kissinger, o di Elizabeth Taylor, ecc.


Addocchio una bella casetta tutta in legno, in affitto: che voglia!...  Ma per es. questa grande casa potrebbe costare 4  o 5 milioni di dollari.

Do una occhiatina alla bella Georgetown University, la più antica università cattolica del nordAmerica.
Vita e animazione crescono con il calare della sera. Mangio al Georgetown Park, elegante ma al contempo con una clientela popolare. L'ara diventa fresca, mentre la luce dura a lungo e si vedono nuvole correre in cielo. Si ha la sensazione di grandi spazi, e allora anche il cielo sembra più grande.
Qui non ci sono certo grattacieli, ma non ci sono neanche in città a Washington (dato che non si può superare per altezza la cima della cupola del Campidoglio).

Al negozio di apparecchiature ginniche a Georgetown Park, c'erano tante cose che mi hanno molto  incuriosito, come un televisorino  di formato "tascabile", un televisore con il lettore do videocassette incorporato, bici leggerissime pieghevoli e smontabili, videotelefoni, walkman per compact disks, strani puzzle tridimensionali, oggetti optical fluorescenti, olografie, sedie e lettini anatomici e modificabili, insomma tutto quel che vuoi a tutti i prezzi. C'era anche una TV in cui si possono vedere contemporaneamente due canali....
 Sono anche stato al Northington harbour, splendido. Si passa dal vecchio canale del Chesapeack con le chiuse, si va verso il vecchio battello, poi c'è il camminamento lungo i filari degli alberoni dove una volta passavano i muli tirando le chiatte,


è uno dei posti più meravigliosi di tutta l'area di Washington e del dist. di Columbia,
e si arriva a un luogo ultramoderno con fontane e sculture.

Mi siedo lì lungo il fiume Potomac a prendere il sole, con dietro il Kennedy Center, a guardare i motoscafi che vanno, e quelli che che in bici oppure di corsa fanno il percorso lungofiume.
Infine sfinito, torno al campus.

11 giugno
Che barba... mi sveglio sempre prima delle 6... Oggi c'è un sole stupendo!
il Mall con i grandi musei a destra e sin., e a dest il castello dello Smithsonian

C'è gente vestita in tutti i modi sul Mall, molti sono in calzoncini corti e a torso nudo, alcune ragazze con il top del costume da bagno. Alcuni punk, ma soprattutto gente di media e americana facies. Sono quasi tutti ordinati e rispettosi.
La Libray of Congress è di una immensità che spaventa, è la più grande al mondo (18 milioni di libri e altri 83 milioni di documenti). Anche qui all'ingresso filmino didascalico e spiegazioni per il popolo sovrano ("questa è la vostra biblioteca, trattatela bene") con inno finale all'America. In tutti gli edifici pubblici si dice sempre che sono "del popolo" e non per es. dello stato federale o del governo. Agli Archivi Nazionali c'è pure l'altare della Costituzione e tutti fanno la fila per vedere l'originale della carta fondamentale vergata a mano. Fuori un policeman spiega di essere riguardosi, silenziosi e rispettosi, nel tempio civico in cui si custodisce l'eredità della Nazione e le sue sacre scritture.
La retorica umanistica dell'American Enlightenment, la si può trovare qui ancora oggigiorno ai suoi massimi livelli d'espressione. Non solo dunque in occasione delle grandi celebrazioni che ci furono per il Bicentenario della dichiarazione di indipendenza il 4 luglio del '76, ma ancora attualmente.
Mangio il lunch al bel ristorante riservato ai soci smithsoniani al "Museo Nazionale dell'Uomo e di Storia Naturale" che poi visiterò. E' anche questo un enorme edificio (come pure gli altri 14 che costituiscono la Smithsonian Institution, il più vasto complesso museale del mondo) con una cupola all'atrio di ingresso, sullo stile delle basiliche dell'impero romano, aperto nel 1910. Qui si conservano le collezioni raccolte dall'inizio dell'indipendenza. "Queste sono le vostre collezioni" fa sapere in un Avviso il direttore al pubblico in visita. E poi aggiunge: "in fact we hold them in trust for all the world's peoples", bello!...
Dunque esibendo la tesserina smithsonian card, vengo fatto accomodare ad un tavolo, e pur essendo questo un buffet, si sforzano di accoglierti come se fosse entrato un importante ospite. Tutto è a buon prezzo e di ottima qualità. Andrò anche altre volte ai buffet riservati. Come già dicevo più sopra nei negozi dei musei, grandi, fornitissimi e belli, c'è molto per bambini e io comprerei quasi tutto!, e non solo pensando ai nostri bimbi ...  Anche questo è un museo immenso dove ci si potrebbe passare non una giornata intera ma più giorni. Ci sono reperti fossili eccezionali, e anche qui la parte a fini didattici è molto ben curata, danno in mano ai ragazzi copie degli originali in modo che possano toccarli, manipolarli; e insegnano come lavora un antropologo o un archeologo o un naturalista. Anche qui dunque ci sono opportunità nei laboratori di esperimentare e di imparare provando. Se un ragazzo si appassiona potrebbe venire qui ogni giorno e passarci appunto l'intera giornata con tutti questi materiali.
C'è anche qui una sala per lezioni per adulti di buona divulgazione di alto livello. E anche questo museo è pure un centro di ricerche e di studi, anzi nel suo campo è certamente uno dei più grandi del mondo, le sue collezioni riguardano sia la storia naturale, la botanica, la zoologia e la geologia, che anche l'antropologia e la paleontologia, possiede 118 milioni di pezzi...
Sul Mall c'è il mondo intero che cammina e con cui ti puoi incontrare. Ora sono quasi tutti stravaccati sull'erga oppure a passeggio per la siesta. C'è un furgoncino dell'ufficio turistico che va su e giù per il grande viale alberato per dare informazioni.
Torno al campus, giusto in tempo per cambiarmi e andare a cena con gli altri del convegno. Sul metro c'è una ressa pazzesca a quest'ora, tanto che c'è la polizia per aiutare a regolare il flusso dei pedoni utenti su e giù per il marciapiede.
Chiacchiero ancora a cena con l'amico giapponese della Università di Uppsala in Svezia, Mityo Kitahara, e poi con Petschauer che sta per fare il giro del mondo come premio per la sua promozione a distinguished professor della sua università (così realizzo che o qui siamo su Marte, oppure il posto dove vivo io è su Marte e dunque non fa parte di questa Terra...). Saliamo in auto con il professor Herberto Barry III, che pare sia una vera Autorità; persona distinta e squisita.
Grand gourmet cinese, ottimo e abbondante, per 20$. Faccio conoscenza con uno studente canadese, e al ritorno con uno austriaco. Anche in questa occasione vedo bella gente: ci sono stupende ragazze e belle donne in forma perfetta, curano molto il loro corpo con esercizi fisici e sportivi, e il loro aspetto. Ci sono ovviamente anche bei ragazzi e uomini. Li si vedono al mattino o alla sera che corrono, fanno jogging, o ginnastica all'aperto. Di conseguenza tutto è veramente fitting! Mentre posso dire che al confronto I don't fit... Ma in verità qui in generale si vedono pure anche molti obesi, very huge persons, sono così tanti che costituiscono una percentuale della popolazione, che si nota.

12 giugno
Gli americani si parlano l'un l'altro, molto più che da noi in nord Italia o in molti paesi europei. Sul metro una signora distinta si toglie e si rimette con gran disinvoltura i suoi calzini, e nessuno la guarda. Qui poi i turisti sono talmente tanti che con le libertà che si prendono non essendo a casa propria, certe cose un po' strane forse sono all'ordine del giorno.
Vado fino all'aereoporto per sbrigare una cosa, e passando vedo il Pentagono! All'areoporto "chiudo" il mio biglietto, e tutto si arrangia, si aggiusta, rapidamente e facilmente (e penso alla nostra gran quantità di regole e norme, e non solo di burocrazia, ma dovute al fatto che le nostre istituzioni sono rigide, e così pure lo sono i regolamenti di aziende private o di istituti bancari). Mangio un munchie (una cosina come uno spuntino), e poi vado a provare a visitare Alexandria, ma arrivato là con questo caldo mi rendo conto di quanto avrei dovuto camminare al sole per visitarla, che torno indietro... Vado invece a vedere la sede centrale del "National Geographic", che non è solo una bella rivista a cui sono abbonato e che compravo già da tanti anni, ma è pure un istituto di ricerche e studi in ambito geografico. Enorme edificio... Bellissima esposizione alla Explorer's Hall, e bellissimi films documentari, e le "solite"cose che si possono toccare o con cui fare qualche "esperimento", come per esempio la teca che mostra come si forma un tornado, oppure gli apparecchi scientifici che si possono utilizzare tanto per provare. Vado al front desk e dico che io sono abbonato da vari anni, e siccome ancora non c'era una versione in italiano della rivista, nel gennaio dell'anno scorso mi avevano mandato un attestato in riconoscimento per il mio supporto dall'estero. Così mi fanno la tesserina di socio, chissà che anche questa non possa servirmi a qualcosa una volta o un'altra...

Poi di là vedo nelle vicinanze un museino dello "Bnei Brith", e entro a vedere.
Quindi per ritornare sbaglio bus e così per rimediare inizio un interminabile viaggio verso varie direzioni, e alla fine arrivo alle 4pm a New Canalton senza neanche avere telefonato a Greta Fein, e senza essermi cambiato... Da un telefono pubblico la chiamo, provo almeno per tre quarti d'ora ed è sempre occupato... Sono a terra. A quello che decido che è l'ultimo tentativo dopo ripetute prove risponde, e dice che viene lei a prendermi, to pick me up, perché continuava a dirmi di chiedere a un taxista di portarmi alla vicina turnpicke che lei sarebbe stata là all'ingresso ad aspettarmi, ma purtroppo io non conosco quel vocabolo (= si intende la barriera di una autostrada a pedaggio, mentre se sono autostrade gratutite si chiama diversamente). Così intanto imparo vocaboli americani.
Deliziosa anziana signora, chiacchieriamo amabilmente mentre mi porta a un "All-you-can-eat", cioè un tipo di self-service che pure non sapevo, non esistono in Europa, che in questo caso si chiama "Eat-all-you-want Restaurant" (il che rende in modo più chiaro a cosa si riferisca); insomma sono dei locali in cui paghi una tariffa fissa e mangi tutto quel che vuoi quanto vuoi... molto popolare soprattutto tra la popolazione negra. Qui mangio enormi crabs oceanici cotti a vapore, ottimi e abbondanti, con l'ausilio di una tenaglia e di uno "schiaccianoci" grandi.
Mi riaccompagna alla mia foresteria della American University, mi cambio, e subito corro per non far tardi attraversando un bellissimo quartiere di ville nel bosco, per raggiungere il "vicino" cocktail Party cui sono invitato da Mrs Rovenal. Non c'è quasi più nessuno. Strano, saluto e ritorno al mio dormitory. Passando Greta mi aveva mostrato il quartiere di Chavy Chase, il più elegante di Washington...




Piccola annotazione: vedo che spesso piantano il loro giornale o le riviste lì dove sono al momento in cui hanno finito di leggerli o di interessarsene, oppure semplicemente quando non hanno più voglia di portarsele appresso, o che so io... Allora altri tranquillamente le prendono, o chiedono il permesso di prenderle se il tizio è ancora lì e le ha semplicemente appoggiate accanto a sè. Si vede che è un uso diffuso...

13 giugno
Ultimo giorno a Washington. Impacchettata la valigia (viene dall'americano packing up the bag) reincontro il canadese che si offre di cercarmi dei documenti di M.-A. Jullien (il personaggio storico che sto ricostruendo) a Philadelphia dove sta andando. E poi incontro di nuovo il simpatico austriaco Josef Berghold, amico di Lloyd De Mause, e che sa l' italiano e mi invita ad andare a trovarlo a Salisburgo. Chissà...
Poi vado gironzolando qui e là downtown, una capatina al Museo di Storia americana, una a quello di Tecnologie, sempre molto interessanti e ricchi, entro un attimo in quello di Arti orientali, e così passo la mattina bighellonando.  Pranzo in una Members' Dining Room per soci smithsoniani, e prendo un bel volume sulla storia dell'ebraismo. Quel che faccio in realtà è di girare per gli edifici dello Smithsonian con un caldo torrido, per vedere di raccogliere informazioni su come eventualmente venire un giorno per fare delle ricerche sulla educazione pubblica nel periodo della rivoluzione americana, magari con l'aiuto di un finanziamento dello Smithsonian... Alla fine c'è un italoamericano originario di Sperlonga che mi aiuta (forse perché gli ho raccontato di Tommaso La Rocca un collega e amico anche lui di Sperlonga?). Intanto mi porto a casa i vari formulari da compilare (application forms) e poi si vedrà.
Quindi con il mio valigione di piombo (si sono aggiunti dei libri) vado fino a New Canalton dove Greta mi viene a prendere alla fermata. Cosa molto carina. E lei è ospitalissima. Greta è una amica di Egle Becchi e così parliamo un po' di lei, e dell'Italia, che Greta adora. Mi porta in piscina con un suo amico, perché intanto lei ha un impegno, va a giocare a tennis per tenersi in forma.
Tutti qui sono persone molto semplici, abbordabili, dai modi alla buona. Chiacchiero con varia gente.
Le finestre dei piani terra (che loro chiamano primo piano) sarebbero facili da rompere, le porte sono facilmente apribili (e di solito vedo che non le chiudono a chiave), non hanno reti o inferriate per segnare le divisioni di proprietà tra le casette, anche nei negozi vedo che tutti poi pagano alla cassa proprio tutto quel che avevano preso (diversamente che a Milano per es.). Certo qui non è né New York né una gran metropoli, siamo in un sobborgo residenziale.  Anche il traffico però in generale mi pare più regolare e rispettoso pure in città.
Gli scoiattoli sono ovunque, è bello osservarli. L'altro giorno ho lungamente "conversato" con uno di loro su una panchina vicino al Campidoglio.
Mi sembra che gli americani si muovano spesso e volentieri in gruppo, gli anziani con altri anziani, i grassoni con altri grassoni, i sordomuti con altri sordomuti, quelli di una scuola ...., quelli del circolo dei pluridivorziati, quelli che hanno avuto un infarto, quelli che ....
Quando racconto dei miei tentativi allo Smithsonian, Debbie (la figlia di Greta) si offre molto gentilmente di chiedere per me all' istituto del Fulbright Program, dove lei è impiegata. Si tratta di un ente che si occupa di educazione internazionale e di scambi di studenti e ricercatori, fondato appunto dal vecchio Fulbright che avevo conosciuto l'altro giorno, e che è finanziato dall'ufficio del dipartimento governativo per l'educazione e la cultura (=ministero), e che da delle borse.
Dormo a casa di Greta.

14 giugno:  una giornata intera in Maryland
Dormo malissimo sia per l'aria condizionata che gli americani tengono sempre esageratissimamente troppissimo forte (tanto che è un vero problema entrare sudati ad es. in un ristorante), sia per il rumore del condizionatore (Greta è un po' sordastra), sia per il cuscino mollissimo, ...
Chiacchieriamo amabilmente sul terrazzo in legno dietro casa. Mi racconta degli Usa (come dicono qua gli States) e della loro storia recente, e poi del suo marito Saul Wellman e della avventurosa e complessa storia della sua vita. Di come lui fondò il primo sindacato dei camionisti dei grandi trucks, e della sua militanza nel PC degli Stati Uniti, e poi della sua partecipazione alla guerra civile spagnola, eccetera. Mi racconta anche di un loro viaggio per partecipare al congresso del Pci (proprio quello dove Annalisa faceva l'interprete dall'inglese). Ora lui non c'è perché è andato dal suo dentista a Chicago (!...).
Poi dopo una faticosissima ricerca di un albergo per me a Boston, usciamo dalla metropoli. Immensità del verde e dei vasti spazi fuori città. Mi porta in macchina nel vicino Maryland, che è lo stato più cattolico (da qui il nome), a visitare una fattoria sperimentale del Dipartimento dell'Agricoltura. E' di una estensione enorme. Qui si compiono ad es. esperimenti biologici, sugli insetti, sulla inseminazione, sulla germinazione, sugli incroci animali, si producono nuove specie... Nonostante la delicatezza e anche la segretezza che riguarda quel che si fa in questi laboratori super attrezzatissimi, tutto è aperto, percorribile, tutto quel che è pubblicizzabile viene mostrato e lasciato visitare e spiegato. O forse solo perché lei è di una università... Ci fermiamo vicino a una fattoria per l'allevamento di maialini con poco grasso, e poi andiamo al Visitors' Center (che c'è sempre in qualsiasi parco o istituto), che è un edificio tutto di legno con un bel documentario in video. Ci regalano anche delle stupende fotografie murali, insomma dei manifesti. L'aspetto didascalico come al solito è tenuto in gran considerazione. Un cartello dice: "la gente deve sapere dove e come vengono impiegati i loro soldi".
Andiamo anche in un Centro NASA, e anche lì giriamo in qua e in là, e si potrebbero facilmente fare fotografie a volontà, pur essendoci scritto che non si può fotografare. Purtroppo qui il Visitors' Center è chiuso per turno settimanale.
Anche qui scrivono sempre: i vostri parchi nazionali, o questa fattoria è del popolo americano, oppure questo terreno appartiene al popolo, usufruitene, godetene ... ecc.
Greta mi spiega che il Dipartimento dell'Agricoltura (=ministero) è il più vecchio degli Usa, e che ai tempi in cui l'America era solo una immensa distesa di fattorie, era il ministero più importante e quindi il più potente nel governo, i farmers pagavano e premevano perché dagli uffici federali venissero istruzioni su come far rendere al meglio i loro soldi e col minor investimento e impiego di dollari. Perciò ora l'agricoltura Usa è avanzatissima, e l'eccedenza di produzione rispetto al mercato del consumo interno è enorme.

Dopo aver gironzolato ancora un po' per boschi e crops, torniamo a mangiare un crocque-monsieur che lei prepara al momento, e quello è tutto il nostro lunch. Quindi volo al National Airport con il Metrorail.
Imbarco semplicissimo, quasi come prendere un bus, e con un' ora e mezzo di volo, vado a Boston. Rivedo dall'alto Cape Cod che è molto bella.
Il mio albergo risulta che è molto imbucato, praticamente ai confini settentrionali del Massachussetts ! prendo un bus. Solita camera impersonale con TV e AC. Vado a mangiare in una tavola calda che avevo visto lungo la strada principale di questo paesone fuori dalla periferia estrema della città. La barista è molto gentile e carina, così mi tiro un pochino su di morale, ma non tanto.

15 giugno  Massachussetts - Boston
Al mattino voglio subito andarmene da questo luogo insulso. Scendo a quella tavola calda e la barista mi saluta molto calorosamente e vorrebbe chiacchierare, mi chiede da dove vengo e dove vado. Le dico che ieri sera ero appena arrivato ma che io vorrei andare a Boston in città. Allora mi dice che il caffé anche col latte, è gratuito (sempre negli alberghi e nei bar il caffé è complementary), e che dall' apparecchio pubblico al muro le telefonate se sono entro l'area urbana sono gratuite (anche questo accade spesso), così vado subito al telefono intanto che lei mi porta il bicchierone di caffelatte al tavolo. Riesco subito a trovare una camera singola all'ostello dello YMCA che è proprio downtown, prenoto con la carta di credito. Quando torno intanto lei aveva portato via il caffelatte credendo che non lo volessi più. Prendo anche una ciambella, faccio colazione, pago e chiedo di chiamarmi un taxi dato che lei mi dice che la corriera per downtown è appena passata. E' sempre sorridente e gentile, sembra restarci un po' male che me ne vada così di fretta, ma io pago e la saluto perché non vedo l'ora di essere a Boston.
Poi dopo mi accorgerò che ero alla periferia di Salem, la famosa cittadina che fu la prima colonia puritana (così chiamata dall'ebraico biblico Shalom, pace) e la sede del primo processo alle streghe che si tenne in America.
Eccomi arrivato molto in fretta (sono meno di 30 km da là al centro di Boston). Il "Boston Y" (così lo chiamano) è proprio un vecchio edificio, e in questo non c'è nulla di male, ma quando entro mi da l'aria di un posto grande, incasinatissimo (c'è un gran vociare e tutto rimbomba, ci sono ben 300 stanze tutte attorno a una corte centrale) e malodorante dato che dentro fa caldissimo. La stanza è francamente un "cesso" con una branda, ovvero un cubicolo con una branda e un cesso al lato. Pazienza, probabilmente non c'è altra alternativa, vista l'esperienza di ieri, e poi è in pieno centro (in Huntington Av. a poca distanza dalla circolare della Massachussetts Turnpike) e io qui non ci sto a passar la giornata, ci vengo esclusivamente a dormire. Poi quando andrò in giro per la città vedrò se trovo di meglio per domani. Fuori ci sono 35 gradi (= 95° Faranheit), il sole picchia duro e bollente. Quasi tutti i clienti sono studenti e oggi quasi tutti se ne vanno e tornano a casa, perciò ho trovato una stanza libera, ed ecco il perché del gran vociare e del casino di stamane. Delle grosse auto, o dei furgoncini pick-up, accostano sul marciapiede e i ragazzi vengono fuori con le loro cose tutte messe in scatoloni con i manici, fatti di cartone spesso o di compensato, e dei sacchi "alla marinara" con gli abiti.
Esco, prendo il vecchio e scassato tram elettrico col trolley, che dopo un poco va giù sotto il manto stradale (l' asfalto in superficie è proprio il "tetto" della galleria sotterranea della vecchia subway, un metro di altri tempi, nel 1897 fu il primo trasporto sotto il traffico urbano d'America, e uno dei primi al mondo), in centro c'è come una piazza sotterranea da dove partono e arrivano tutti i tram del sistema "T", transit line, è anche curioso e divertente vedere tutte queste carrozze sferraglianti là sotto. Fa poco l'aboliranno per fare un metro moderno (come le altre linee del MBTA che già ci sono). Quando viaggia sotto costa 60 cents (praticamente quando è nel tratto inbound), quando è in superficie, 75 c. (cioè quando è outbound), e funziona con i tokens, cioè si inserisce un gettone per entrare.
 Vagolo per il bel parco Common, e seguo il percorso del Freedom Trail che fa fare il giro dei luoghi della rivoluzione di indipendenza. Compero delle vecchie banconote da collezione (mi piace). Ma in realtà vorrei comprare moltissime cose che vedo in giro ... Al Faneuil Hall market place ci sono cose nei negozi, di gran gusto, originali (almeno per noi europei), di artigianato del New England; bellissimo poi il negozio di Nature Community. Vedo una agenzia viaggi con foto sui grandi Parchi del New England, e gironzolo ancora, I go wandering around, oppure strolling, tra grattacieli modernissimi e architetture avveniristiche, e vecchi edifici dell'epoca coloniale.

Mi riposo vicino al porticciolo da diporto, e mi mangio un buon guacamole con panna acida e insalata, in un locale fresco e tranquillo. Riprendo poi il trolley sotterraneo; la stazione di incrocio tra le linee dei tram è un vero antro infernale di scricchiolii e scampanellii e sferragliamenti, sembra la fantascienza di fine Ottocento.
Il cesso della mia stanza è meno bollente di quel che mi aspettassi. Faccio una doccia e telefono alla sorella di Ruey che mi pare molto incerta e che sembra sentirsi come un po' obbligata a ricevermi... ma forse è solo una impressione telefonica. Di Alice e Russell invece nulla...peccato.
Vado al Museo di Belle Arti verso outbound; finalmente prendo questa grande decisione per una destinazione classica europea da turista, ...ma è chiuso oggi. Seduto su una panchina a prendere quel po' di arietta che spira alla sera, mi viene da pensare a Milano, forse perché sta passando un tram. Chissà magari anche da noi fra venticinque anni sarà un po' così come è qua adesso...
Torno in camera per mettermi delle scarpe e vado a piedi al Prudential Center, e al Copley square Center. Merita.

L'eleganza di questo che sarebbe banalmente un centro commerciale (cioè supermarket + negozietti) è davvero gradevole e squisita direi. Dentro è come passeggiare in un quartiere al chiuso, la fontana, e la cascatella d'acqua, e i giardinetti, le lampadine a fili dorati cascanti dal soffitto, e i negozi, le vie pedonali con le panchine e gli alberetti, mi pare tutto chic. E in effetti è un lusso poter avere nei rigidi inverni di qui, con tanta neve e vento, una porzione di città al coperto (ci sono anche passaggi sopraelevati per andare negli edifici adiacenti senza uscire. Da noi un posto così non esiste proprio.

Mangio ad un ristorante che è in uno spiazzo come fosse all'aperto, gustandomi l'AC al giusto volume, e l'ambiente che c'è attorno, tanto non costa gran ché. Quanto è cara l'Italia a volte al confronto! (un posto così te lo farebbero pagare salato), e quanto è indietro, e quanto è moralista (in certi ambienti provinciali lo è più dei puritani!), e quanto è piccolo-borghese, e ....
Mi pare che i negri possano avere qualcosa in comune con i napoletani: sono simpatici anche se a volte un po' invadenti. Mi piace guardarmi intorno in un ambiente diverso e che non conosco, mi sto godendo questo relax.

Ma nel frattempo mentre osservo la gente attorno e scrivo queste righe, intanto dall'altra parte della gran balconata di tre piani c'è uno che suona il pianoforte splendidamente; ... il tempo passa e io sono sempre qui seduto, e non arriva mai quel che avevo ordinato ... la cameriera mi dice che fra un paio di minuti (just a couple of minutes) è pronto... ma poi passa un altro quarto d'ora abbondante... Lascio sul tavolo due dollari per il piccolo panino imburrato che avevo mangiucchiato, e me ne vado, ...proprio quando arriva lei col piatto... Allora torno indietro e mi risiedo, e questo filetto di tonno appena scottato è eccezionale, freschissimo, certo pescato stamattina, e ben cucinato! Poi più tardi, al momento in cui mi alzo per pagare e andarmene, la cameriera mi dice che per scusarsi del ritardo nel servizio, la cena mi viene offerta gratis dalla casa ...!

Al ritorno passo lungo la cattedrale della Chiesa della Scienza Cristiana, una corrente del protestantesimo, fondata da Mary B. Eddy qui a Boston nel 1876, e che ora è una parte importante della società americana. Sostiene uno studio scientifico e rigoroso delle fonti e una mentalità moderna adatta ai nostri tempi di società industriali avanzate, quindi una riflessione aperta sulle acquisizioni delle conoscenze scientifiche. Il loro giornale Christian Science Monitor, e le loro riviste, sono molto lette e diffuse in tutti gli Usa. L'edificio della casa editrice è un avveniristico prodotto dell'architetto I.M.Pei, da vedere.

16 giugno
Dopo una notte non poi così terribile come mi ero figurato, prendo il breakfast incluso nel prezzo: scrambled eggs, 2 toasts imburrati caldi, boiled potatos, e one cup of caffelatte. Poi col trolley vado a Longwood a visitare il tempio ebraico dei "riformati", dove sono tutti gentilissimi e dove una simpatica  impiegata napoletana mi mostra e mi spiega tutto di questa branca dell'ebraismo (che in Italia non esiste): qui c'è una moderata fresca AC, mentre fuori c'è afa e calura estiva.
Quindi torno al Commoner Park e seduto all'ombra su una panchina guardo il laghetto con le barchette piene di bambini, le paperette, gli anatroccoli, ... E la solita gente con i loro scatolini col manico per conservare il lunch di sandwiches da consumare sul prato. Prendo una fresca limonata appena spremuta da una specie di Alice di Carrol con il suo carrettino (questi rivenditori sembrano essere sempre studenti che si mantengono con questi lavoretti). Anche gli impiegati eleganti e per bene che escono dagli uffici delle ditte per il noon break hanno i loro sacchettini di carta da pacco col mangiare e i loro bicchieri con il coperchio in borsa.
City Hall plaza (la piazza del municipio) è bella e certamente scenografica, ma col solleone non ci si può certamente soffermare troppo. Poi c'è tutta una grande area di lavori in corso: Rebuilding Boston. Una grande operazione di rinnovamento urbano iniziata per volere di Kennedy e ancora in atto.
Continuo a seguire la "linea rossa" del trail. Così arrivo al vecchio molo dove c'è la Tea Party Ship, ricostruita come museo dell'indipendenza, con ovviamente dei grossi imballaggi di thé che si possono buttare davvero in acqua (restano legati con una corda e vengono regolarmente recuperati...).
Prendo da mangiare al banchetto sotto al grande bottiglione di latte del Diary (l'azienda del latte bostoniana): poi prendo un cono di yogurth, e una pittà con tonno fresco e crema al latte.
Il Childrens' Museum è qualcosa di unico. La difficoltà se entri con un bambino è di riuscire a venire via dopo una intera giornata ... Si può provare, toccare, tagliare, incollare, disegnare, colorare, giocare ecc... Ci sono stanze di scienza naturale, di chimica, di anatomia, di computer, o con la ricostruzione di stanze di vecchie case, o di vecchi stili di vita, o per la conoscenza dei colori, o dei suoni, dei pesi, del movimento corporeo, si può provare a comporre un disegno animato, c'è materiale di recupero, un grande gabbione con dentro percorsi su sali-scendi, una stanza dove puoi usare gli attrezzi da officina, e quant'altro mai.
Di fianco l'interessantissimo, e pure questo unico, museo del computer e dell'informatica. E' anche divertente. La sezione sulla grafica è eccezionale.
Sfinito, vado al Faneuil Hall Market Place, dove cè dentro una infilata lunghissima di ristorantini, take-away, fast food, ecc. di tutte le cucine delle Americhe e del mondo intero, una cosa mai vista se entri qui non puoi uscire dicendo che non hai visto nulla da mangiare che ti piaccia, cè assolutamente di tutto. E poi è comunque un grande spettacolo di colori, e di odori. Vicino c'è la torre dell'orologio, che ora è un albergo, dove al piano terra chiunque può venire a fare ottime prime colazioni.

Passo vicino alla grande costruzione della Federal Reserve Bank, dove c'è il deposito dei lingotti d'oro, che sembra una fortezza medievale-fantascientifica senza finestre né aperture all'esterno salvo una porta blindata, già solo a passargli accanto incute un certo timore; poi passo vicino all'Exchange Palace, con un atrio immenso, al Tempio Massone, alla Gouvernement Center Plaza, e a vari buildings di vetro-cemento, di stile neo post-moderno..., sotto cui passeggiano impiegati impeccabili nei loro abiti leggeri eleganti. Sto a guardare passare la fiumana umana, si vedono tante ragazze in shorts e camicetta, scarpe da footing, che con passo deciso si avviano verso interminabili camminate nel verde, magari con uno zainetto per la merendina e per cambiarsi. Anche ragazzoni con fisici da ginnasti, di cui molti in bici da corsa, che è la moda del momento, essendo un po' passata quella degli skate-boards. Oppure elegantissime orientali, o distinte signore della borghesia nera, o poveri cristi irlandesi o iraniani.
Poi nella via centrale ci sono vari grandi magazzini e mi dicono che nel seminterrato (basement) ci sono gli articoli avanzati, in sconto. Vado subito giù a vedere, e così mi rendo conto che puoi trovare di tutto, dalle cose di taglie strane, a quelle di tipo popolare, a quelle proprio eleganti, ma a prezzi ridotti. Ovviamente di pende dal giorno e dal momento. in certi casi ci sono interi stock di un articolo, di cui la ditta vuole disfarsi, quindi tutti i colori e tutte le misure. Altre volte (torno anche nei gg seguenti) non c'è nulla di particolare, o non c'è quel che stai cercando. Allora però mi chiedo: ma non si fa "autoconcorrenza" rispetto ai piani superiori? che convenienza ha il grande magazzino ad avere queste svendite permanenti? e poi però mi chiedo, come mai non sono tutti solo qui sotto? perché la gente per spendere meno o poco va nei negozietti di minor livello di qualità? basta venire qua.... Ma evidentemente nella realtà le cose non funzionano così. Comunque osservando bene vedo che per es. sulle rastrelliere con gli appendiabiti, ci sono prezzi differenziati a tempo. Cioè se lo compri oggi (che magari è il primo giorno che è stato messo quaggiù in svendita) ha questo prezzo, se resta qui ancora la settimana prossima avrà quest'ulteriore riduzione, se ci resta solo questo capo e son passate tre settimane te lo tiriamo dietro. Quindi o ogni articolo ha un cartellino prezzi lungo con le date, oppure la rastrelliera è già suddivisa per "anzianità". Interessante. Allora se una cosa ti interessa molto stai ad aspettare fino all'ultimo momento sperando che uno non te la porti via un attimo prima ....
Compero un bellissimo golf (sweater) in cotone misto lino, di un negozio di qualità di Cambridge, a pochissimo. Imparo da un convertitore di misure, che con le scarpe sono alto 5 feet, 5  e 3/4 inches. Di taglia per i vestiti sono tra la 16 e 18, mentre per le scarpe sono tra la misura 11 e 12. Ho già un po' imparato la corrispondenza per la temperatura tra i gradi faranheit e i nostri, che chiamano celsius. E anche per le misure di lunghezza tipo miglio e yarda, mentre per i liquidi ci sono i galloni (circa 4 litri), e la pinta che è mezzo litro, e invece quelli di volume sono più difficili.
Torno in camera a fare una doccia e a cambiarmi per la sera. Adesso c'è vento.

( Cambridge Mass. )
Vado a Cambridge che è semplicemente dall'altra parte dello Charles River. Prendo il moderno metro e scendo che sono le 7 pm proprio davanti all'ingresso della Harvard University, la più antica università del nord America.
All'edicola ci sono tutti i giornali di tutti gli Usa e di tutto il mondo. E pure tutti i principali giornali italiani, così sbircio qualche notizia dopo vari giorni di black-out di informazioni d'attualità. (come si vive bene senza...)
Passeggio per le strade animatissime quasi solo di giovani. Qui si possono incontrare per strada gente nota di tutto il mondo, attori, musicisti, e anche famosi professori e intellettuali. Mi fermo lungo un muretto ad ammirare una coppia che suona: Jeffrey Warschauer e Ilene Stahl, lui al mandolino e lei al clarino. Favolosi! suonano musica tradizionale ashkenazita in versione jazz. Lei soprattutto è proprio molto brava, piena di vita e di gioia, una vera ragazza ebrea americana. E' musica klezmer che da noi in Italia non la conosce quasi nessuno... ma jezzata con gran maestria.
Poi ascolto un piano automatico che suona canzoni tradizionali del vecchio West e la gente le sa tutte e canta. "I'm just wild enough Harry", "Deep in the heart of Texas", "Inka Dinka Doo", ma anche "Watever will be, will be", ecc......
Quindi guardo un prestigiatore. Poi più in là ci sono sei ragazze che cantano in coro, molto bene, canzoni religiose, inni da chiesa, canti battisti, che sono familiari a tutti gli americani. Si esercitano, e intanto guadagnano qualcosa. Anche loro forse sono studenti o dottorandi. Chissà mai che qui qualcuno del settore li ascolti e li apprezzi... E' molto difficile che un giovane o una ragazza americana si vergogni di far vedere quel che sa fare. Quindi nessun problema, anzi è una palestra all'aperto per mirare anche al proprio successo.  Questi spettacoli per strada di buon livello, li avevo già visti a Parigi al quartiere latino, oppure ad Amsterdam. Sarebbe bello che venissero anche da noi.
Una ragazza ora riesce a far allontanare le sei del coro, dicendo che lei e dei suoi amici si mettono sempre lì vicino a suonare del blues. Passeggio ancora per le strade di Cambridge che alla sera sono tutte illuminate e piene di vita (diversamente da Boston o da Washington). Più in là c'è uno che suona magnificamente uno stupendo sitar indiano.
Gironzolo, anche qui ci sono bellissime case in legno, e stupende ville in mattoni, con patio, e courtyard col giardino. Circolano persone evidentemente molti facoltose anche se vestite casual o sportive, e altri invece studenti con vecchie macchinone scassate che evidentemente qui si trovano a poco prezzo. ma, è impossibile girare tutta Cambridge a piedi di sera, mi era sembrata un villaggione più iccolo di quel che è. ci rinuncio. Qui ci sono come sede o come rappresentanza, gli istituti più famosi e prestigiosi. Ci sono anche importanti e note scuole teologiche. Ora sono davanti ad un bel cimitero puritano, del 1635. Bella anche la mansion che fu il quartier generale di George Washington.
I cimiteri sono o nell'aia di fronte o di lato alla chiesa (churchyard) oppure in un giardinetto alberato in mezzo alle strade (graveyard o burial ground), e questi del Seicento puritano meritano una visita, tra l'altro a loro piace fare sosta in un cimitero e stare lì a meditare o a scrivere, non è come da noi.
flickr.com
mother goose?

Mi sono un po' perso: Next one down on the left, poi vai oltre per un block, un isolato. Infatti arrivo in centro. Mi soffermo ad una bella caffetteria sotto gli alberi, mentre un gruppetto suona, e sto a guardare quelli che giocano a scacchi sui tavoli di granito predisposti per questo. Poi entro nel perimetro di un campus e me ne resto lì a guardare in mezz ad un bel prato ben tenuto, con grandi alberoni, il cielo ancora un po' chiaro, e le finestre dei vecchi edifici in mattoni rossi, che via via si illuminano dall'interno di una tenue ma calda luce giallognola. Scrivo queste righe ora vicino all'edificio della immensa biblioteca di Harvard. C'è silenzio; qui dentro al perimetro ci sono solo pedoni e biciclette.
La Harvard University fu fondata nel 1636, la maggior parte degli edifici sono o del Seicento o del Settecento. Qualcuno mi ha ricordato che se gli Stati Uniti ora hanno duecento anni, il periodo coloniale  è durato abbastanza più a lungo.
Riprendo la mia camminata: ci sono fornitissime e interessantissime Librerie (come anche downtown a Boston, d'altronde). Entro a curiosare in una grande, e non uscirei più...
La "Cambridge Booksmith" (smith vuol dire fabbro ma in senso lato artigiano, perciò non chiama il suo negozio semplicemente bookshop, per far rilevare la qualità e la cura dei suoi servizi) che è dedita all'arte sopraffina dello sfogliare, del sleggiucchiare (letteralmente browser è colui che passa in rassegna, che scorre un elenco) dell'assaggiare. In tutte le librerie veramente è permesso prendere i libri e analizzarli bene, tanto che certi se ne stanno in libreria proprio a leggere più che per comprare. Questa è la differenza rispetto a noi, qui c'è l'angolino del caffé (complementary) con un tavolo su cui appoggiarsi, e si viene anche a far due chiacchiere sottovoce, parlando di libri, oppure ci sono ogni tanto sedie a dondolo, o sgabelli. I frequentatori sono spesso dei bibliofili, se non addirittura dei bibliomani... In un'altra libreria così, ma molto grande, mi attacca bottone un distinto signore che mi aveva chiesto se sono italiano, John Page, che insegna matematica all' MIT, ma che è appassionato di commedia dell'Arte, e che mi parla dei parallelismi tra le due discipline.
Nelle librerie spessissimo ci sono incontri, conferenze, presentazioni. Sempre c'è una ampia sezione dell'usato, e ci sono molte librerie solo di usato. Anche nelle biblioteche, soprattutto quelle diffusissime di quartiere, che danno molto i libri a domicilio, all'ingresso c'è un tavolo o uno scaffale dei libri lasciati lì da qualcuno, per chiunque voglia prenderli, e di solito il costume è di fare alla pari, prendi uno e ne lasci tu uno. Anche qui mi chiedo perché visto il vasto mercato di offerte, uno dovrebbe comprare un libro nuovo?

Una ragazza canta proprio come Joan Baez da giovane, un giocoliere tira molto in alto varie palle bianche, riprendo a farmi attrarre dalla animazione della strada.
Ci sono in giro indiani, cinesi, russi, africani, latinoamericani .... Ripasso davanti alla Stahl e a Warschauer, ci sono signore con tutti i capelli bianchi che sono entusiaste e battono le mani e accennano a danzare, e alla fine dicono ripetutamente grazie al duetto.
Ora sono le 9 pm e devo andare a cena, se no non me la servono più. Comincia a far freschino.
Vado al centro di Charles Plaza, dove ciò che crea l'atmosfera sono gli alberi con i festoni luminosi, una decorazione discreta, che da tono al tutto. Ci sono bar e café eleganti all'aperto, ma io entro nell'Hotel in Bennet street (negli Usa si può entrare liberamente in qualsiasi Hotel), perché ho letto che al terzo piano (e cioè per noi al secondo) c'è il famoso Regatta Bar, dove dicono che si suoni il miglior jazz di tutto il New England. Solo 9$ e 75c l'ingresso, ambiente da intenditori, da amatori del genere; molta atmosfera. Prendo un caffé (mangiare a quest'ora qui, niente) perché è l'unico cosa non fredda che servono, e l'aria condizionata è purtroppo piuttosto alta.
In effetti il complesso negro che suona, suona divinamente: il trombettista è J.J.Johnson, e il pianista Stanley Cowell, e Ralph Moore è al sax.
il Regatta bar
J.J. Johnson

All'ingresso prima di me c'erano due ragazze che volevano entrare dicendo che aspettavano lì i loro genitori. Come garanzia han chiesto loro le carte di credito. Qui tutto funziona con la credit card, se prenoti una stanza in un albergo qualsiasi, e pensi di arrivare dopo le 6 p.m., devi dare il numero di una c.c. altrimenti non ti danno la stanza (Greta ha dovuto "imprestarmi" il suo numero altrimenti non avrei ottenuto nulla). Anche qui, come ad es nei grandi magazzini, i prezzi sono differenziati: per il quintetto di J.J.J. ieri si pagava 8.75 mentre oggi 9.75, e domani 10.75, e dopodomani 12.75 + 6.25.
Comunque dopo il caffé prendo una vodka con gin e in totale pago 6$ e qualcosa. Non è per nulla caro. Uscendo incontro proprio J.J.Johnson che sta facendo un intervallo e allora gli chiedo un autografo, che mi concede subito con un sorriso e una battuta.
Vado al caffè dove si gioca a scacchi, e lì finalmente posso avere qualcosa da mangiare: due croissants con spinaci e formaggio, e un succo di mela.
Poi vado a prendere il metro per rientrare. Purtroppo la green Line ad un certo punto è interrotta, quindi salgo su un bus che fa da shuttle di collegamento, ma sbaglio (oppure c'è in realtà solo quello sostitutivo della linea D che è la linea principale...), e così mi tocca scendere a Copley square, e farmi il resto a piedi anche se sono proprio stanco oramai ...

17 giugno
Mi alzo alle 6 e mi faccio una bella lunga doccia.
Gli studenti continuano ad andarsene da qui. Certi portano fuori un grandissimo canestro a rotelle strapieno di qualsiasi cosa, dal ferro da stiro a scaffalini appendibili al muro, a mille carabattole.
Dopo il breakfast, di cui sentivo impellente necessità, con semolino e il solito, poi esco per andare verso outbound al museo di Belle Arti. Il museo è immenso. C'è di tutto da Duccio di Buoninsegna al Giambolgna, a Gauguin, a Velasquez, a Murillo eccetera eccetera eccetera. Sono tutte donazioni di pezzi comprati da privati. Grande e fornitissima la Libreria, grandissimo il negozio, molto bello il bar e anche il ristorante.
Interessante anche l'esposizione temporanea sui "costumi di Hollywood", molto apprezzata dalle signore venute in visita appositamente, per i magnifici abiti delle varie decadi. C'è anche una retrospettiva di spezzoni di film di fantascienza dal cinema muto ad oggi, da Flash Gordon a Barbarella ad oggi, che mi gusto moltissimo. In un'altra sala trasmettono anche un film di Woody Allen, "The sleeper", che non conoscevo. Qui dietro c'è un bel giardino alla giapponese, oltre al parco.
Spuntino, e poi riprendo la visita. Ci sono delle stupende stampe del Seicento, di Salvator Rosa, e i mobili d'epoca, e poi  ci sono favolosi vasi in vetro o in cristallo di vari colori, della Francia medievale; e bassorilievi in legno; e sculture e .......
Basta, per ritornare alla cafeteria mi perdo un po', e così passo per i pittori americani dall' epoca coloniale fino all'800, ci sono artisti veramente pregevoli, si capisce lo stupore di fronte alla grandiosità della natura allo stato selvaggio, e poi però c'è la sezione precolmbiana, e di là quella dell'arte islamica...! aiuto! Finalmente mi siedo un po' a bere una bibita fresca guardando i bel giardino dalla grande vetrata. Come si dice: quel che è troppo stroppia. Sono le 12 e un quarto. Forse mi converrebbe andare a mangiare qui per non stare poi a cercare, qui è sicuramente di buona qualità (se no la cucina americana non è che sia un granché, in generale).
Al Museum shop al solito ci sono cose per bambini e ragazzi attinenti al tema del museo, e in questo caso all'arte. Nei gabinetti, come sempre, c'è un bagno anche per gli handicappati. Anche qui c'è un Workshop Studio, e un Department of Education. Sparso ovunque c'è sempre un distributore di acqua pura. E come sempre c'è purtroppo l'AC che è a volte troppo fredda.
Per entrare a mangiare si deve sempre (a meno che non sia un locale dozzinale) non entrare ma attendere pazientemente all'ingresso che venga ad accoglierti una cameriera e ti assegni lei il tavolo (anche se a volte sarebbe superfluo), e questo anche in molti bar, non solo ai ristoranti dei vari livelli. Anche ai self service quando arrivi alla cassa (non è detto che si debba rispettare la fila!) ti chiedono sempre se vuoi il vassoio per consumare qui, o la confezione pacchetto da asporto. Quando hai finito, ognuno deve sparecchiare e buttare i resti nel trash box. Come sempre ovunque c'è la parte fumatori e quella per non-fumatori. Qui si può anche andare fuori a mangiare ai tavolini in giardino, non ci avevo fatto caso.
Che fare ora? alla una devo chiamare la PanAm per confermare il biglietto di ritorno (che è per domani sera... sigh). Pensavo di andare magari al Computer Museum, ma da qui è troppo lontano; oppure andare a vedere le viette e le case di Beacon hill, ma è troppo stancante; a vedere Chinatown, ma ne ho già viste altre; allora al museo della scienza, ma ora sono stufo di musei...; e allora? l'Aquario! ...boh...;
potrei telefonare a quell'amico di Greta... ma non ne ho voglia.

A proposito ieri avevo visto passando l'edificio mastodontico della Boston Public Library, una delle maggiori biblioteche degli Stati Uniti. Magari potrei andare a dare un'occhiatina...  Qui tutti ti dicono "hi!" (ciao), o "how-dee?" (come va) , questo anche nei posti più formali dei bostoniani doc.


Torno in camera. L' YMCA oramai si sta letteralmente svuotando del tutto; qui proprio di fianco c'è la Notheastern University ecco spiegato il perché della scelta di questo ostello... e poi non lontano, non so dove, c'è anche la Taft University. E inoltre, sempre qui vicinissimo, ci sono la Symphony Hall e il Conservatorio.  Ma a Boston ce n'è una infinità di colleges e high schools ecc., c'è l'Università del Massachussetts, la Kennedy Library, la Boston University...; e a pochi minuti di metro, ci sono il MIT, la Harvard, Cambridge .... ecc. per forza qui è strapieno e sempre tutto occupato, inoltre costa poco...
In fondo questo YMCA ora che non fa più tanto caldo, non è poi malaccio, ti rifanno la stanza e il letto ogni giorno (cosa che negli ostelli di solito non avviene), c'è un vero breakfast incluso, c'è la TV a colori in camera, e se solo avessi una camera dall'altro lato, non ci sarebbe nemmeno il fastidioso rumore di quella turbina di là dalla finestra...
Guardo il canale culturale che c'è 24 ore su 24, ora c'è uno che insegna a dipingere, ieri c'era tutta la storia della scoperta del Polo Sud, e poi su che cosa fanno quelli delle basi scientifiche che ci sono laggiù... Così mi passo i tempi morti, e mi addormento meglio...
Ieri attraversando il fiume Charles con il metrorail, si sono viste tutte le barche a vela che erano in giro approfittando dell'arietta, era bellissimo da vedere.
Ora sto gironzolando per il quartiere di Beacon Hill, quartiere di gente su, belle viuzze fine Settecento,

o primi Ottocento, con giardinetto, la piazzetta, tutto in briks rossi e anche l'uso di un po' di legno, ringhiere di metallo. tutte le case hanno delle finestre anche a piano terra, e molte hanno una parte delle porte di ingresso pure in vetro ... Molte non hanno le tende, così posso vedere un po' di interiors.
Vado per caso fino a dove c'è la sede del governo dello Stato del Massachussetts, e vedo che nella parking area c'è il posto riservato per il Governatore, quello per lo speaker della Camera, quello per il capogruppo di maggioranza e quello per il c.g. dell'opposizione ...  Ora sta passando una limousine lunga come due auto normali.
Dopo aver fatto acquisti a una bancarella di una signora nera, e aver comprato una copia di "The Militant" da un grosso e grasso barbuto, ritorno in camera a cambiarmi, perché è venuto proprio freschino e minaccia anche di piovere. Se penso che avevamo sfiorato i 100F, cioè i 37/38° gradi ....!
Mi metto canottiera, camicia a maniche lunghe, calze, scarpe, e prendo con me un golfino. Ma poi nel tram si suda. Scendo a Baconfield, mi aggiro un po' nella bella zona, e alla fine trovo la casa Mayers che sono proprio le 6 in punto. La porta è aperta (mi ricorda un po' la casa di De Mause), chiamo, non risponde nessuno, giro un poco per casa, e poi sento una voce proprio uguale a quella di Ruey venire dalla cucina. In effetti sua sorella Sara è lì al telefono (tutti hanno un telefono in cucina, e tutti gli apparecchi hanno sempre un filo molto lungo), mentre la TV va e per cui non mi aveva sentito.
In cucina è un caos totale, con la lavatrice in mezzo, e la lavapiatti quasi, con tutto per aria, e i tre gatti che girano ovunque. Una è una vecchia gattona nera, l'altro è cieco, e il terzo è ciccione (questo si chiama Great Lips, cioè le grandi labbra, l'altro who ever, chi è mai, o qualcosa di simile, ...). Lei è un tipo assolutamente scombinato, e simpatica. Poi compare il figlio ciondolante, e dopo un po' anche la ragazza del figlio, che vengono a dire che loro escono. A questo punto scende dalle scale Ted, un simpaticissimo tipo hemingwayano con un forte sense of humor.
Simpatizziamo subito, lei racconta in modo buffo storie assurde ed esagerate, poi chiacchiero con lui dicendogli della serata jazz. Lui è un gran esperto di tecnologie delle comunicazioni, mentre lei insegna a bambini handicappati. Mi offrono per apertitivo dei crackers con formaggio, e del buonissimo humus con pezzetti di pità. Dopo tre ore si va a tavola, con un piatto di scallop, ottimo, e del corn, contorno di chow mein e insalata. Alla fine sorbet con biscottini. Intanto lui continua a metter su dischi di jazz per il suo e il mio piacere. A mezzanotte mi riaccompagna all'ostello.
Passiamo per la zona degli ospedali, uno è per soli bambini, rinomato, molto grande, accanto alla School of Medicine della Università di Harvard. Un'altro è stato aperto da una cooperativa di donne.  A questo proposito mi viene in mente che spesso nei musei c'è una sezione dedicata alle donne, o comunque il contributo femminile viene evidenziato o segnalato, come pure quasi sempre lo è quello del cosiddetto black heritage.
Sono sfinito e infreddolito, a casa loro a un certo punto avevano deciso di accendere la stufetta elettrica.
Distinguono tra city (città) e town (borgo o zona) dal punto di vista amministrativo, anche la town elegge i suoi rappresentanti. A proposito solo da pochi anni i residenti a Washington eleggono il loro consiglio municipale, sino a poco fa era amministrato direttamente dal governo Usa, o da suoi delegati...
Buona notte.

18 giugno  (ultimo giorno...)
Al sabato mattina la città è semideserta! sono tutti fuori per una scampagnata o per andare sull'oceano a passare il weekend; oppure semplicemente, al contrario dei weekdays, non vengono giù downtown a lavorare.
Il fiume vedo che è pieno di piccole meduse che lo risalgono dalla foce perché qui l'acqua è più calda. Oggi in effetti con questo tempo sarebbe stato il giorno giusto per fare una gita al bellissimo Cape Cod, ci sono appena 18 gradi (ma sono le otto e mezza) e il cielo è limpido, con una bella arietta piena di ossigeno, anziché l'afa soffocante dei giorni scorsi.
Comunque vado all'ufficio della PanAm, ma è chiuso... Allora vado al wharf per una occhiatina, sto sul molo a passeggiare, gli uccellini mi vengono molto vicini per chiedere briciole, si vede che sono abituati a non essere molestati e non hanno paura.
C'è qui un istituto di lingue, dove insegnano tutte le lingue del mondo, dallo shwahili al coreano, non devono avere difficoltà a trovare un madrelingua come insegnante o per le esercitazioni... Naturalmente soprattutto insegnano l'inglese come seconda lingua, l'inglese per uomini d'affari, o lo spagnolo per addetti alla sanità, ...
Si vedono a passeggio o nei prati dei giardini molte famiglie assai numerose, e famiglie con bimbi adottati, magari in aggiunta ai loro naturali. Sara mi parlava delle famiglie miste con stepsons, cioè con figli di un genitore ma che non è figlio del coniuge, per cui a volte sorgono problemi. Lei si è specializzata in questo settore. E' importante soprattutto in un contesto così multiculturale. Sono situazioni cui da noi non siamo abituati.
Un annuncio qui offre: assistenza legale per divorzi e per bancarotta: 375$, per altre richieste: 75$, per divorzio entro le 24 ore: 599$.
Ci sono tanti gabbiani!

Ahimé eccomi all'Aereoporto Logan alle 12 e 1/4. ci sono dei telefoni per carte di credito computerizzati, e poi ci sono anche dei computer per informazioni turistiche con tanto di filmetto... Vari bankomat (che qui si dice ATM) per la American Express, e per altre carte.
E' tutto un gran via-vai di gente, certi partono solo con quelle "borse" per abiti completi piegati per nn stropicciarsi, alcuni solo con il loro cestino per il lunch. C'è uno shuttle (=navetta, che fa la spola) per NY, come l'avevo visto anche a Washington, che va e viene continuamente e si prende subito all'ingresso dell'aereoporto, senza andare a fare il check-in o a un gate. Lo prendono anche di corsa come fosse un bus.
Ci sono dei piccoli chioschi che distribuiscono dei giornali che sono gratuiti perché contengono moltissimi annunci (AD che sta per advertisements) su compra-vendita case, o auto nuove o usate, o con offerte e richieste di lavoro. Per questi non si deve andare all'edicola (news stand), e anche qui allora non capisco perché uno dovrebbe comprare il giornale. Comunque anche per i giornali non c'è bisogno di andare all'edicola, ci sono tantissimi scatoloni (newspaper box) ovunque per le strade, con tante copie dentro, si infila una monetina e si apre, tu prendi la tua copia (quasi nessuno ne prende più di una...), ogni testata ha la sua box.
Certi per viaggiare hanno dei bellissimi infant-sets per neonati, piccoline a culla, un po' rigide con il manico pieghevole.
Hi! gramy! dice un bimbo alla nonna, certi affidano alla hostess i bimbi o i ragazzini che vengono mandati in aereo da soli...
Avrei anche potuto lasciare i miei bagagli a mano al drop off - pick up del ground floor (o first floor). Tutto è pensato per facilitare il passeggero.
Mangio una american pie, una pizza alta, con un apple juice, perché sono arrivato troppo presto per timore di imprevisti. Allora vado al front desk e mi faccio mettere in lista stand-by per l'espresso delle 2pm, così caso mai parto prima...  E' un aereino ad elica che va più lento (circa 600 kmh) e vola basso, così si vedono bene dall'oblò le isolette della Baia e tutte le barchette a vela bianche sull'oceano azzurro-blu.
Good-bye Boston. Vedo bene Cape Cod, che è molto bello, pieno di sole, pieno di baie e baiette, insenature, spiagge, ville e villette.  Hallo NY! how-dee?
New York JFK Airport

Pensavo di fare una scappata downtown dato che sono arrivato più presto, ma i tempi sono stretti comunque perché c'è da passare la dogana, il controllo passaporti, il check-in, eccetera e c'è tantissima gente. Anche se così il tempo è molto per stare qui a ciondolare...
Lunga chiacchierata telefonica con Gail, che mi richiama lei per non farmi spendere (compare il mio numero sul suo apparecchio), e mi racconta un po' della loro vita, di sua madre, di sua sorella Alice, tutte due con un cancro al seno...
Anche qui c'è gente che viene a prendere un aereo come fosse un autobus urbano, con i calzoncini e la maglietta a maniche corte (T shirt), e i samboo (infradito), senza bagaglio ...
Qui al PanAm Terminal del JFK c'è il mondo, il mondo intero, il mondo intero ...
A New York ci sono tanti tanti russi, un po' sono dei fortunati che, per motivi commerciali o diplomatici, vanno avanti e indietro, un po' sono russi in gran parte ebrei che hanno potuto emigrare e sono venuti a vivere qui.
Mi siedo al bar e prendo una lemonade cocktail e un soft prezel, solo che quella lemonade deve essere a base di vodka, e non avendo mangiato dalle 8 am ed essendo ora le 6 pm, mi fa leggermente girar la testa...
C'è una enorme folla a causa dello sciopero dell'Alitalia, e quindi l'aereo nostro sarà pieno pieno zeppo, e partirà anche in ritardo (orario scheduled sarebbe alle 7:40 pm). Infatti il take-off, il decollo, è alle 8:40  che barba, il volo durerà tutta la notte e arriveremo domattina. Sono contornato da giovani cosmeticians che vanno per affari a Vicenza.
E' fatta sono sulla via del ritorno, dieci giorni sono troppo pochi...mi è piaciuto: devo tornare
Good-bye NY and Boston, and Washington, farewell America, see you!.


Ps:
in effetti poi a Boston ritornerò dopo il 1988, nel 1991, 2000, e 2002; così come tornerò più volte a New York e a Washington e in generale negli Stati Uniti, andando anche negli Stati del Sud, e in Florida, e in California, ecc.

Mi scuso per non essere in grado di inserire le mie foto che feci allora, e che ho in forma stampata a colori; per cui qui ho dovuto far ricorso a immagini riprese da internet...

carlo_pancera@libero.it

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