domenica 1 ottobre 2017

Viaggio in Etiopia - foto 20 (a Bishoftu-Debrezeyt)

sabato 2 settembre, Addis Abeba

Al breakfast ci sono un favoloso miele, e dei veri pancakes. Viene a prenderci Messay, è bello rivederlo, ci salutiamo coi colpetti di spalla.

Ci si mette un sacco di tempo per uscire dalla città, e intanto ci dice che ce l'ha su con i costruttori cinesi che corrompono le ditte locali di riferimento (cioè quelle a cui la ditta edile si rivolgerebbe per l'acquisto e la posa dei materiali o per i lavori di finitura) per rendere più facile ottenere gli appalti. E critica la casse politica al potere.
C'è molto traffico intasato, e dice che è dovuto ad una riunione di leaders della organizzazione per l' unità africana (ex-OUA) per commentare il vertice di Parigi del 28 agosto scorso, quindi ci sono strade bloccate, deviazioni, ecc. per ragioni di sicurezza, che stanno incasinando tutta la capitale.
Intanto Messay ci racconta che anche qui c'è da aspettare anni per avere assegnata una "casa popolare", si devono depositare dei soldi e restare in attesa (lui attende da 12 anni) e poi dopo si finirà di pagare a rate, per cui lui (che non è giovane) già sa che dovrà pagare per tutta la vita, ma lo fa per suo figlio di 14 anni. Ci sono interi enormi quartieri in costruzione per quelle centinaia di migliaia che già sono stati registrati, è veramente impressionante.

Eccoci a Debrezeyt (in amhara), in orominya Bishoftu (che è già nella Regione-Stato autonomo di Oròmiya), dove si parla una lingua oromonica-wollo del nord, con influssi amhara. Siamo nella parte orientale dello Scioa =East Shewa zone. Sono solo una settantina di km. da Addis. E' una città moderna di 120 mila ab. Ci sono negozi moderni, ristoranti, macellerie moderne (anche se il bovini squartato viene esposto su un piano inclinato e fa un po' senso). Negozi di arredamento, per chi prende una casa di vacanza qui sui laghi. Alberghi, pensioni, bar, e molti vivai. Taxi, drogherie, negozi di sanitari o di fotografie, pub, c'è un sacco di gente essendo weekend, e traffico intricatissimo.
Si tratta sopratutto di famiglie, grandi famiglie, che vengono per darsi delle abboffate o per riunioni della parentela, e prenotano il tavolo da pranzo e la gita organizzata sui laghi vulcanici di Debrezeyt. Ci sono anche varie feste di laurea, per cui si vedono ragazze eleganti, fiori, toghe e tocchi, ... Si ritrovano anche gli uomini d'affari cinesi... Qui anche gli autobus e i pullman sono di marche cinesi.
Anche lungo il vialone alberato centrale ci sono molte opere in corso di costruzione, o di ammodernamento, come sempre a Addis e aree limitrofe.
Mi fanno tornare alla mente gli anni Sessanta da noi a Milano, con la gita domenicale ai laghi prealpini ...
Al bordo del cratere ci fermiamo e scendiamo a vedere il piccolo lago Hora, è gradevole, anche se nel frattempo va via il sole.


 blue bird
il lago vulcanico Hora

Gran parte del terreno che da su un altro bel laghetto è di proprietà di un grande multimiliardario etiope-yemenita musulmano, che è anche il padrone dello Sheraton, della fabbrica locale della Pepsi, di acciaierie, di fattorie agricole e di varie industrie alimentari, in ben 23 diversi settori economici.
Qui viene a riposarsi la nuova borghesia che si è creata dopo la caduta del regime dei militari filosovietici, e che ha sostituito la vecchia nobiltà dei tempi della monarchia. Ora ci sono alcune famiglie di Addis e delle altre poche città minori moderne, che nel ventennio di governo di Meles Zenawi (durato dal 1991 al 2012) hanno preso nelle loro mani praticamente tutto. E è dai loro ranghi che esce anche la classe politica. In questi giorni su tutta la stampa e la tv si commemorava il quinto anniversario della morte di Zenawi, parlandone come del fondatore della democrazia, il padre della patria.
Mi rendo conto che la politica è appunto ciò che si pratica nelle città, nelle poleis, cioè di occuparsi dei problemi dell'insieme complessivo della società, quindi appare evidente che siamo in un altra dimensione rispetto al mondo dei villaggi semi-isolati della valle dell'Omo, è un altro universo, altri contesti, altri modi di vivere, e altri contenuti mentali. Due mondi incomparabili, l'uno fatica a comprendere l'altro, e mettersi nei panni dell'altro, sono agli antipodi, lontani millenni.

Comunque il secondo laghetto è un luogo molto gradevole e facciamo due passi lungo la riva.


andare in barca è a proprio rischio



una enorme macro-libellula

Andiamo agli altri due laghi, Adulala e Babogaya. Entriamo a vedere il Viewpoint Lodge, lussuoso, merita un giro. Avremmo dovuto andare a pranzare all'Adulala Resort, anche questo un hotel di lusso,  della catena Dreamland, dove c'è una gran coda per entrare, e alla fine ci chiedono una cifra assurda, e allora telefoniamo subito a Messay che era andato a mangiare per conto suo, di venire a riprenderci.

lago Adulala

verso la terrazza panoramica del Resort


 nel Resort ci sono cammelli e cavalli, e battelli,  per fare dei giri nel bel bosco
 Dalla terrazza panoramica si possono vedere i molti uccelli che abitano nel bosco adiacente




Così torniamo al primo posto che avevamo visto appena arrivati, sul lago Hora, che è un albergo con ristorante semplice e abbordabile.

§. l'incontro con ebrei etiopi
Qui tra l'altro abbiamo occasione di dire due parole con una grande famiglia africana del tavolo accanto, e scopriamo che sono degli ebrei-neri, del popolo dei "Falascià" (o meglio della comunità   Bet Israel, casa d'Israele) in visita turistica...! Scambiamo due chiacchiere. Loro vengono da Israele per visitare il loro Paese d'origine dopo molti anni.



Proprio appena prima di partire da casa Annalisa aveva letto il libro dell'ebreo romeno Mihaileanu (in fr. "Va, vis, et deviens", trad.it. "Vai e vivrai", Feltrinelli, 2005) sulla apocalittica fuga degli ebrei etiopi dal regime militare di Menghistu Maryam, portati in salvo con la cosiddetta "operazione Mosè" durante la carestia del 1984 prelevandoli con degli aerei (le loro antiche leggende dicevano di una profezia secondo cui un giorno sarebbero andati nella Terra Promessa volando via su enormi uccelli).



 (cfr. l'articolo di A.Rosselli  http://web.archive.org/web/20130108000020/http://www.storiain.net/arret/num109/artic7.asp  o anche solohttp://www.storiain.net/arret/num109/artic7.asp ).  
E noi avevamo anche visto qualche ebreo-etiope in novembre scorso durante un nostro viaggetto in Israele (non mi riferisco a Gerusalemme dove ci sono preti cristiani etiopi). E' stata una coincidenza veramente straordinaria incontrarli. E anche avevamo visto a Ferrara il film "Vai e vivrai", ormai una dozzina di anni fa, ma che ricordavamo ancora molto bene (mentre non abbiamo visto il film "Code Name Silence" (parola d'ordine: silenzio) di Y.Kedar, 2005). Inoltre Annalisa conosce personalmente la Trevisan-Semi, che è una studiosa dei Falasha. Un incontro incredibile!










.........................................

Poi ritorniamo indietro attraversando la campagna e paesi di contadini oromo, e alcuni mercatini di strada.



 calesse

la popolazione qui è un po' mista, ci sono oromo e amhara





Come si vede anche qua un conto è la cittadina di villeggiatura e turistica, un conto le viuzze del retro  e della periferia, e un altro conto è il vicinissimo contesto delle campagne e dei piccoli paesini. Il che vale per gli adulti come per i bambini, vivono fianco a fianco e intrecciate realtà differenti. Lo sviluppo turistico (sopratutto del turismo "interno") oltre ad aver modificato l'aspetto della cittadina, modernizzandolo, ha creato scompiglio e sconvolgimenti nel tessuto sociale della circostante campagna. Nardos Chuta, dell'università di Addis A., ha compiuto uno studio sui bambini/e e ragazzi/e di Bishoftu e dintorni, e di Tula, molto interessante (vedi cap. V in: Eva Poluha, The World of Girls and Boys in Rural and Urban Ethiopia, Forum of Social Studies, 2007, pagg. 211). 



Di nuovo si rivedono nella estrema periferia della capitale, quartieroni di maxi caseggiati popolari, mezzi fatti ma ancora lì fermi al grezzo. Altri finiti ma ancora del tutto vuoti. Un quartiere si chiama in uno storpiato italiano: Casincis, che viene da un ex istituto di case per impiegati dello Stato =INCIS (che però erano dei privilegiati, e non dei senza-tetto). Mi sovvengono ricordi di periferie romane pasoliniane.

Commistione con la campagna che vive di lavoro della terra, mandrie, greggi , cavalli e asini. C'è un "cocktail" di pastorizia, agricoltura, industrie, e uffici.
In prossimità dell'autostrada ci sono posteggiati decine e decine di camion rossi pieni di sabbia per costruzioni, in attesa di venderla.
Qui in periferia c'è anche una sorgente di acqua calda (in lingua oromo: Finfinne, nome dell'attuale quartiere), che a fine Ottocento fu una delle "attrazioni" per venire qui a fondare una nuova città, il "nuovo fiore" (in amharico: addis abeba).
 torna il sole e si apre subito l'ombrello
trattative per prendere un bajaj (=tuktuk)

Oggi è la "giornata della madre", per cui ci sono capannoni, e tendoni tipo festival con bancarelle che vendono prodotti per la casa e la cucina, o alimentari. Andiamo in uno per vedere se troviamo delle spezie da regalare al rientro, o del miele, ma ci sono solo in confezioni da grosse quantità.

Ci facciamo portare da Messay in un mercatino di negozietti di abbigliamento, vicino a piazza Meskal (piazza della croce), sempre pensando a regalini da fare.






Lì in uno di questi bugigattoli incontriamo due signore armene-etiopi, cioè della chiesa ortodossa armena, che parlano amharico ma anche sanno bene sia il francese che l'italiano (oltre che l'armeno). Anche loro ci accennano a travagliate storie di famiglia avendo attraversato e sperimentato persecuzioni e emigrazioni. Con esodi dalla regione del Caucaso, e dalla Turchia, attraverso il Libano francese, la Palestina britannica, e poi in Etiopia all'inizio degli anni Trenta. Il loro racconto delle vicende famigliari è stato commuovente e molto interessante.

§. alle danze etniche
Dopo un riposino, stasera andremo al Centro Culturale presso l'hotel "Yod Abissinia". C'è un traffico da sabato sera, con intasamenti pazzeschi, si va a passo d'uomo (anziano), forse se fossimo andati in bicicletta saremmo già arrivati da un pezzo, e poi comunque c'è il problema insolubile del parcheggio. Entriamo e subito incontriamo Feven che ci aspettava già da un po'. Il grandissimo salone è strapieno, sono quasi tutti o locali, o comunque africani, poi c'è un gruppone di cinesi, che però andranno via presto. Pochissimi europeo-americani, cioè turisti. Forse solo coloro che avevano prenotato con largo anticipo. Il mangiare è buono, prendiamo injera con spezzatino wat di carne, e salsa shiro, cioè di ceci ed altro, molto buona.

brocca e catino per lavarsi le mani

 injera con spezzatino e salsa shiro

Inizia la serata, viene sul palco il direttore dell'hotel che saluta in ahmarico tutti i presenti, tra i quali nomina diplomatici e rappresentanti... e lo ripete in swahili, inglese, francese, "italiano", e arabo. Per cui ci è chiaro che ci sono quelli della riunione panafricana di stamattina, con le loro famiglie, e poi saranno loro che si fanno sentire e animano la serata. Ecco perchè c'erano tante macchine e non si riusciva a posteggiare.
Per un primo tempo, all'inizio almeno, con canti, musica e strumenti tradizionali interessanti ma tutto un po' lento o comunque non ci pare nulla di speciale, ma era solamente una sorta di introduzione, o di rodaggio. Certo in generale, anche quando i ritmi sono stretti, è tutto un po' ripetitivo e si ricomincia più e più volte a lungo. Sono musiche che in realtà vanno intese come accompagnamento a danze di gruppo durante cerimonie e festività.
(si veda p.es.: https://www.youtube.com/watch?v=ZXIQPbQZORM   ma sono danze del Nord, 
oppure cfr. https://www.youtube.com/watch?v=Y-kbNuzhZio  (dal minuto 20:20) .

Poi lo spettacolo diviene straordinario, incalzante, travolgente... alcune donne delle famiglie della riunione panafricana di stamattina, si mettono a danzare, e certe vanno addirittura sul palco. C'è un entusiasmo coinvolgente, contagioso, eccitante. Tutti quanti nel pubblico sono presi, rapiti, e in particolare le africane si muovono, non riescono a trattenersi e restare calme e ferme ad ascoltare. Dopo poco siamo tutti parte dello spettacolo, non si sa dove girarsi, se continuare a guardare il palcoscenico, o voltarsi a guardare il pubblico che è molto partecipe.

Feven






 Come dicevo diverse donne tra il pubblico si alzavano per ballare, impossibilitate a resistere ai richiami dei ritmi. O si mettevano in piccoli cerchi. Qui danza, musica, ritmo, canto sono indissolubili...
(se veda p.es. una versione modernizzata di canti e balli tradizionali: https://www.youtube.com/watch?v=TsbfQr7H5vA )



Naturalmente, anche in omaggio agli altri africani presenti, ora si suonano e cantano anche musiche africane di altri Paesi (cfr. gli esempi n. 6 e 5 in: https://www.youtube.com/watch?v=gDPdBiR5aoQ ), e infine alcune delle più popolari e famose canzoni della grande regina di "Mama Africa" e della musica nera: la stella sudafricana Miriam Makeba (morta in Italia a Castel Volturno dieci anni fa):




È' stato emozionante: è nella musica che si sente l'energia dell'Africa profonda. Una energia fisica potente, coinvolgente e trascinante. Si era creata una atmosfera di compartecipazione. Che forza! C'erano anche delle vecchie belle canzoni di Miriam Makeba che era molto nota anche da noi negli a '70/'80. E canti e balli etnici ammodernati e riadattati. Si capisce bene anche da dove abbia origine la musica caraibica e sudamericana. Ballerini e ballerine bravissimi e bellissimi. Che fascino che ha la bellezza fisica coniugata con il movimento armonico del corpo....
Ecco che cos'è la musica africana, con i suoi ritmi, le danze, i canti, e l'atmosfera che creano! A volte la musica e la danza sono ripetitive anche a lungo, ma comunque emozionanti! Che energia, che potenza ! ... e che voci, e che "acrobazie" che fanno certi !... in una parola è stato strabiliante e indimenticabile. Una vera esperienza tra quelle memorabili di questo viaggio. Che bello! Chi si aspettava una serata così intensa...?
C'erano gruppi che utilizzavano strumenti regionali particolari, ma il tamburo direi che è lo strumento cruciale come pure altri mezzi di percussione. Poi c'era il masonkwo, una sorta di lira orizzontale, che veniva utilizzata in cerimonie nuziali, o durante ricevimenti di nobili, che avevamo visto in un museo.

(Sull'argomento cfr. di Folco Quilici, Malimba, Bari, 1964/65, sul primo Festival delle arti e delle culture nere a Dakar)





   La musica, i ritmi, la danza ad essa associata (per la comunicazione col linguaggio corporeo dei gesti con anche imitazione di certi comportamenti animali), e il canto (la voce, la comunicazione orale) sono vie di conoscenza fondamentali per approcciare la specificità, la peculiarità di una cultura. Sono le prime espressioni culturali elaborate (che precedono il linguaggio stesso, con vocalizzi, e  anche imitazione di versi animali), con la produzione di rumori e suoni (spesso a imitazione della natura), e che poi portano anche alla invenzione di strumenti, dai più semplici ai più complessi. E' inoltre inestricabile l'intreccio tra riti, ritmi, e miti.

Si vedano per confronto altre danze dell'Africa orientale ad es. nel mio diario del Kenya (https://viaggiareperculture.blogspot.com/2018/09/diario-di-viaggio-in-kenya-2002.html )

Sul significato originariamente spirituale e religioso delle danze che si praticavano durante cerimonie e rituali si veda l'argomento sviscerato da più angolature in:
Gli dèi della danza e del potere, religione e società in Africa Nera, a c. di Mario Arosio, tratto da una trasmissione a puntate nella serie "Il tempo e i giorni" di RadioTre, 1980, di Aa.Vv. ( G. Calame-Griaule, G. Baladier, J. Mbiti, T. Spini, L.V. Thomas, e con un'intervista a L. Sedar Senghor), edizioni ERI della Rai, Torino, 1980



Diverse danze e canti erano collegati a riti di iniziazione, o d'amore, o per la fertilità, ...

o a scandire le stagioni e i lavori della terra, o i passaggi di fascia d'età, o per cerimonie funebri, o cerimonie propiziatorie guerresche. O collegate a riti magici, o a invocazioni, o a commemorazioni  di progenitori defunti o di personaggi eroici. Oppure canti religiosi e di preghiera (come il woreb). Le parole dei canti erano vere e proprie poesie.
Sul tema del rapporto tra danza e mitologia si veda la raccolta a cura di Nancy Allison e David Kudler, di testi di Joseph Campbell, The Ecstasy of Being, New World Library, Novato (California), novembre 2017 (ora anche in e-book Kindle). 

Torniamo all'albergo esausti, e con certi ritmi che non si levano dalla testa...   :-)


[aggiunta del 9 nove. 2018: nel decennale della sua morte, la grande Mama Africa sarà celebrata a Castel Volturno, ma non nella sua Johannesburg né nel suo amatissimo Sud Africa, per una bega legale sugli eredi dei diritti d'autore, l'attuale governo sudafricano ha deciso di annullare ogni cerimonia e concerto in memoria del decennale... che follia!]

Nessun commento:

Posta un commento