martedì 26 luglio 2011

Diario di viaggio in Australia 2002

AUSTRALIA sud-est
Sidney – Brisbane - Bundaberg – Musgrave Island e Town-“Seventeen seventy”,
cioè New South Wales est, e Queensland sud, 
nel giugno 2002

Sto andando in città in macchina e giro la manopola della radio per cambiare trasmissione, e dove mi attardo sento un annuncio pubblicitario che proprio in quel momento sta dicendo che, visto il drastico calo del turismo europeo che era durato ancora per un anno dopo le olimpiadi del 2000, il governo australiano mette a disposizione per il mese di giugno un numero limitato di posti sulla compagnia aerea nazionale a 800 €uro a/r. Giro subito e vado alla nostra agenzia viaggi, dove dopo mia insistenza trovano un biglietto aereo Apex scontato, tariffa agevolata per voli non-diretti, e prezzi da bassa stagione, su cui c'è questa promozione. Ne approfitto subito, ci sono ancora solo pochi posti disponibili, prendo le date che rimangono. Partenza fra pochi giorni, vado in banca per i soldi, poi bisogna fare il visto all'Ambasciata di Roma. Mi compro la guida delle edizioni DeAgostini appena uscita.


martedì 4 giugno 2002
Volo dunque con la Quantas; in aereo guardo dei film: "The shallow Huddy" e "The X Pack", così mi distraggo un po' perché il viaggio dura tutto sommato 24 ore ed è un tempo che sembra infinito, è il viaggio in aereo più lungo che abbia mai fatto, ben più lungo che andare in Thailandia o in Sudamerica, non sai più che fare, se dormire ancora o meno, non si capisce che ora potrebbe essere, e poi hai già dormito e sei sempre lì seduto... non viene nemmeno fame. Unico break è la non breve sosta di scalo a Singapore. E poi c'è ancora il secondo volo Singapore-Sidney...  ...
Ma quand'è che arriveremo? arriveremo mai? ci vuole pazienza (ma molta) e fiducia. Mi lavo un po' e mi cambio prima dell'arrivo.
A Sidney è mattina presto (siamo 9 ore avanti), cambio i soldi in dollari AU$, e vado subito in centro con il treno in 15 minuti (l’ostello è proprio vicinissimo alla stazione centrale), al Back Packers Hostel mi accettano con il tesserino internazionale degli ostelli, ma mi dicono che è troppo presto per poter andare in camera, e di aspettare l'ora del check-out di chi è dentro. Chiacchiero con Xavier, un colombiano. Poi lasciata lì la mia roba, gironzolo per Darling Harbour, dove c'è il Convention Centre e lo Exibition Centre, modernissimi, il cinema Imax e il Visitors Centre. In un negozio di telefonìa prendo una schedina ricaricabile Telstra per il cellulare, poi mi incontro con una tizia ferrarese che è venuta qua a cercare lavoro, e mangiamo in un self-service asiatico vicino al Garden of Friendship ma stando sui tavolini fuori perché il tempo è proprio bello (nonostante siamo all'inizio dell'inverno), ci saranno 18-20° gradi circa e si sta benissimo. Poi stiamo ad ascoltare uno che suona il deedjeridoo molto bene in una sala del padiglione dell' A.N.T. (il territorio del Nord), gestito dagli aborigeni. Camminiamo e mi guardo intorno in questa città moderna con la sua monorotaia sospesa molto scenografica. Poi prendiamo un ottimo cappuccino in centro, e attraversiamo il parco ed entriamo nella cattedrale cattolica di saint Mary. Qui "per fortuna" mi viene sangue da naso, e così saluto e me ne vado verso l'ostello.  Dopo aver lasciato Ada, torno in effetti in BKPK a riposarmi nella mia superspartana cameretta con due letti a castello che mi hanno assegnato; per fortuna ho con me anche un adattatore per le prese elettriche e finalmente mi faccio la barba. La città ha il nome del ministro degli interni Lord Sidney che nel 1786 decretò di fare di questo territorio un luogo di esilio in cui deportare i carcerati che affollavano le prigioni inglesi. Ma ben poco resta di quei tempi, e tutto è estremamente moderno.
Ma, oltre a begli edifici moderni, c'è qualcosa di particolare qui che esercita un suo fascino… Che cos’è? c'è l'aria tersa e pulita, c'è il cielo altissimo e di un azzurro-blu tutto suo, e anche il sole mi sembra abbia una luminosità un po' diversa, è forte un po' come in alta montagna. E poi c'è la visibilità, fino all'orizzonte, tutto è nitido e brillante, i colori sono accentuati... (o è tutta una mia impressione, ovvero una pura fantasia?). Comunque ci sono piante che non conosco, uccelli e animaletti anche loro un po' strani. E pur essendo in una moderna metropoli di stampo europeo, proprio ti senti in un altrove.
Alla sera vado a casa di Mariangela Marcello, una barese che vive qui da anni e insegna all'università. Fa per cena degli spaghetti, e chiacchieriamo di come si vive in Australia. Infine torno all'ostello, e mi accorgo che il cielo stellato, oltre ad essere nitidissimo, è tutto diverso dal solito....!  stelle e costellazioni mai viste prima.  E' incredibile come questa composizione di costellazioni che ci sta sulla testa la diamo del tutto per scontata, cioè anche se non guardi verso il cielo, comunque percepisci con la coda dell'occhio che tutto è come deve essere, e qui invece a un certo punto mi metto a guardare in alto perché percepisco qualcosa che non è al suo posto, che non è come è sempre stata, ma così solo a livello di sensazione, e allora alzo gli occhi e naturalmente vedo quel che so benissimo, e cioè che qui c'è il cielo australe con tutt'altre costellazioni, e solo ora lo guardo e lo scruto per bene e constato che non ne riconosco una. E' una sensazione davvero curiosa, di stupore, che mi ritornerà tutte le notti.
Arrivo in camera e crollo addormentato subito subito, all'istante.

mercoledì 5

Vado a piedi verso la baia. Attraverso i bei giardini botanici (Royal Gardens), ci sono anche tanti uccelli ibis, resto affascinato dalla varietà e stranezza di piante e fiori; e leggo le targhe sulle panchine e i cartelli sparsi qua e là con la storia degli aborigeni di Sidney e i nomi delle persone o delle famiglie di cui si era a suo tempo trascritto il nominativo. E' certamente un bel po' impressionante il fatto che quel popolo sia del tutto scomparso!, travolto dalla invasione europea (e dalle epidemie che essa ha portato, e da un altezzoso e becero colonialismo). La gente del posto è stata subito schiavizzata e trattata con disprezzo dai nuovi arrivati, come se fossero per definizione esseri inferiori, mentre in realtà erano gli invasori ad essere dei razzisti inflessibili, con un uso del cervello molto limitato e pensieri piccoli piccoli nella loro mente chiusa e rigida, con tutte le gravissime implicazioni e conseguenze del fatto che essi avevano tutto il potere nelle loro mani. E quindi purtroppo ci furono anche casi aberranti di deliberato genocidio di alcune popolazioni (ad es. lo sterminio totale dei nativi della Tasmania, che si estinsero) da parte di persone ignoranti e amorali che poterono sfogare il loro bisogno di fare violenze e gustare l’ebrezza del potere assoluto su altre persone inermi, dato che dalle autorità era stata assicurata impunità a delinquenti folli. Se non altro, almeno c'è ora questo minimo riconoscimento simbolico, che sta come a chiedere loro scusa a posteriori e con enorme ritardo… Ma probabilmente potrebbe essere anche vero che in fondo è sempre meglio tardi che mai…

I giardini sono molto vasti e belli, e con vista sull’oceano e sono ricchi di vegetazione meravigliosa…




C'è anche un cartellone che illustra una leggenda locale: " All'inizio, molto tempo prima che ci fosse qualsiasi tipo di gente, pianta, o animale su questa terra, Baiame, lo spirito del nostro essere ancestrale, viveva su in cielo. Egli scese giù e forgiò e diede forme alla terra. Creò i fiumi, le montagne, le mangrovie, i ruscelli, la costa, le scogliere e altri luoghi di grande significato e sacralità. E' lui che diede alla gente le leggi della vita, le tradizioni, le danze, l'arte, e i canti. Quando l'opera della creazione fu completata, Baiame ritornò in cielo. Il popolo lo chiamò "l'Eroe del Cielo", o "Padre universale". ( Cadigal)"

Cammino e arrivo alla Opera House, che è veramente un'opera fantastica, e inoltre posta in un punto straordinario, a Bennelong point, che entra nel mare del cosiddetto Port Jackson, tra Sidney cove e Farm cove, e resto affascinato dalle sue linee e da come è stata realizzata, e mi accoccolo su un muretto e sto ad ammirarla un bel po'. Realizzata nel 1973, fu però progettata nel 1959, e anche se ora ha ispirato molti architetti, allora era una impresa eccezionalmente originale e anche adesso non ci si stanca mai di guardarla con meraviglia. Sembrano delle vele bianche sul mare blu. Senza associarmi ad alcun tour sgaiattolo dentro a dare una rapida occhiata, ma è dall'esterno che si ha la visione più attaente che ti conquista. C'è un'aria stupenda che viene dall'oceano, gironzolo per il lungomare tra le sedie e i tavolini all'aperto dei bar, e i negozi. Mi compero due belle camice australiane per il prossimo autunno, ora in svendita a prezzi di saldo. E poi dunque mangio all'aperto ai Docks dei ferry-boats, e mi godo il vasto panorama. Poi gironzolo per il bel quartiere The Rocks, il primo insediamento dei coloni, dove c'è anche l'ufficio turistico cittadino (Sidney Visitors Centre), e vari negozietti di souvenirs, ma anche negozi molto belli in cui si entra per il gusto di ammirare prodotti che poi non si compreranno ma che meritano il nostro sguardo.

giovedì 6
Per andare alla University of Sidney, al dipartimento di studi italiani, Nicoletta mi dice al telefono di prendere il bus n.4 per Newtown, che va per City Road. Prendo il bus sbagliato perché ci sono vari 4 a, b, c ecc., quando me ne accorgo scendo e poi arrivo a piedi con una lunga camminata, e attraverso un parco. Mangio lì al self-service per gli studenti. Poi incontro Paola, e poi anche Nicoletta Zanardi, e vado con loro al Mills Building ad ascoltare una conferenza di Nerida Newbigin, la loro direttrice di dipartimento, sui significati simbolici delle immagini presenti su una croce bizantina d'Italia, interessante. La lingua italiana viene ora insegnata in quelle scuole di ogni ordine e grado che ne facciano richiesta. Poi conosco anche un Paolo, e altri, e Gloria, anche lei di Bari. Andiamo con loro e con Nico e Paola M. a magiare per cena in un bel posto semplice e simpatico (ed economico). Dopo, Paola gentilissima e molto ospitale mi fa fare un bellissimo giro in auto a Rose Bay, che è molto bella, Bondi, i quartieri di Coogee, di Botany, e altri posti (vedo un parco enorme, credo sia quello del Bicentenario, e poi  zone eleganti, ...ecc). La metropoli è veramente grande, non solo perché sono 4 milioni e 200 mila abitanti, ma perché è estesa, prevalgono le case basse e le villette monofamigliari, e poi ognuno ha parcheggi, prati, orti, ecc.
Però col fatto che sono da solo, poi al rientro in ostello non so con chi commentare quel che ho visto, osservato, e pensato... e questo un po' mi spiazza, mi sconcerta, sento una mancanza, un vuoto, certo che già lo sapevo che sarei stato da solo (nessuno dei miei e dei miei amici avrebbe potuto venire in quel periodo), ma avverto e capisco meglio la necessità della comunicazione, la grande importanza del condividere; è l’esternare che in fondo dà senso alle esperienze che abbiamo fatto. Ero già stato in giro per conto mio, ma questa volta si trattava dell’Australia, l’essere dall’altra parte del mondo, up side down, come si dice qui, cioè nel paese di quelli a testa in giù… fa senz’altro una differenza nell’ immaginario.

venerdì 7
Torno a piedi nella zona nuova di Cockle Bay, e del Darling harbour (dal nome di uno dei primi governatori), e vado all' ANT(sigla che assomiglia a ant =formica, e mi fa tornare in mente il film di Werner Herzog del 1984 proprio sull’Australia) e compero una bella T shirt che mi era piaciuta. Vedo una esposizione di opere d’arte aborigene molto belle. Poi mi avvio verso l'Opera House per Mac Quarie street con "antichi" edifici di ex deportati, vedo l'ex "ospedale", lo spaccio del rhum, l'ex palazzo del Governatore Generale, e il Parlamento del New South Wales (NSW) e la biblioteca statale. 
Qui arrivò il grande esploratore marittimo James Cook nel 1770. I suoi diari di bordo furono una delle mie prime e preferite letture quando ero un ragazzino (una antologia curata da N. Bianchi, con Introduzione di Ettore Fabietti, ed.Paravia, 1925, che fu regalata da mio nonno a mio padre quando aveva 10/12 anni, e lui poi la passò a me), e mi hanno contagiato, mi appassionai al tema del viaggio e alle emozioni dello scoprire posti nuovi e gente dai costumi completamente diversi dai nostri. Cook mi ha affascinato in modo indelebile, e io gli resto affezionato. Ed è qui che il 20 gennaio del 1788 (io sono nato il 20 gennaio del 1948, e già al liceo mi appassionai allo studio del Settecento) giunsero i primi coloni venuti per restarci a vivere, salendo sulla stessa nave con il primo nutrito gruppo di ergastolani destinati a questa lontanissima colonia penale. Allora questo grande Paese  era denominato il Continente Nuovissimo, o anche il 5° continente, o ancora Terra australe.
Manly
Invece di restare catturato dalle varie proposte turistiche per giri nella baia, torno al Terminal in Sidney Cove e prendo il servizio pubblico del ferry per Manly, che costa poco ($5.30) e arriva in solo mezz'ora. E' stupendo attraversare tutta la baia, e vedere l'Opera House dal mare, e il ponte... è una prospettiva straordinaria. Poi usciamo dal Sidney Harbour e ci sono tante barche a vela intorno, e quindi arriviamo al piccolo borgo; è stato un percorso molto panoramico. Visito la zona della spiaggia, percorro the Corso, prendo cibo a un Take-away cinese (non mi vanno i posti di fish-'n-chips) e mi porto i miei pacchetti in un bel punto panoramico all'inizio della Scenic Walkway, dove mangio insieme a tanti gabbiani che svolazzano e camminano qui e là. Un paesino molto gradevole.
Torno col ferry, e contatto l'aborigeno con tanti puntini sul viso che è qui che suona il deedjeridoo in strada, è un tipo espansivo e  simpatico (che poi re-incontrerò …). 




Mi fa impressione, perché lo guardo come fosse l'ultimo di una umanità preistorica originaria, sopravvissuto da solo dopo un cataclisma (come in certi film di fantascienza sul dopo-bomba, la terza guerra mondiale). Se penso che ancora nel 1925 in quel racconto di viaggio che citavo, in un libro dunque per ragazzi, Natale Bianchi nella Presentazione, riferendosi agli indigeni d'Australia, li chiama così: "Gli abitanti primitivi, fra i più feroci e i più stupidi della Terra, erano parecchie centinaia di migliaia all'epoca della scoperta (si calcola almeno circa 700 mila), e sono ora ridotti a poche decine di migliaia, e van sempre più scemando di numero..." (p.13n.). In effetti erano considerati “popolazioni primitive ostili”, e paragonati ai mitici Cafri, immaginati come crudeli barbari neri. Da tempi purtroppo solo relativamente recenti, la considerazione che mediamente qui si ha degli abitanti originari è ora molto diversa dal passato, e il loro numero che nel 1954 era stimato in circa 55 mila (erano esclusi dal censimento), nel 1986 aveva raggiunto i 227 mila, e nello scorso anno 2001 ha superato i 415 mila (=2,2% degli australiani), ed è in costante crescita [nel 2016 era già  2,5%]. Cfr.: A. Del Fabro, Atlante dell'Uomo - Popoli tribali, Demetra, Verona, 1999, pp. 46-50.

Me ne sto un bel po' seduto o sdraiato sul prato sotto il grande e imponente Harbour Bridge nel Dawes Point Park davanti a Campbells Cove
E' un'opera di grande impatto, costruita nel 1932, è un ponte in ferro, e ci si rende conto della sua enormità solo giungendogli vicino, e magari salendo su uno dei piloni. Il  contesto  del grandioso e vasto panorama attorno fa sì che visto da lontano non sembri così imponente. Ora passa sotto al ponte un grande transatlantico commerciale, passano lentamente sopra al ponte vari treni, passano nel canale vari battelli... Il cielo è pieno di uccelli che fanno risuonare i loro gridi.
Torno per ricaricare già la SIM card. Giro da Australia Square in George street, vado nei pressi della Sidney Tower, alta più di trecento metri, guardo i grattacieli, gli impiegati. Ammiro la Monorail, la monorotaia sopraelevata, alla cui vista mi sono già un po' abituato, ma che è sempre uno spettacolo lo stesso quando la vedi passare nel suo giro tra la City e Darling harbour. Poi vado al grande e stupendo Aquarium, uno dei più grandi e spettacolari acquari del mondo.
Mi informo telefonicamente su come attraversare le campagne della regione chiamata New England che mi piacerebbe confrontare con quella d'oltre Atlantico, ma in breve capisco che sono distanze molto notevoli e che ci vorrebbe molto più tempo a disposizione per fare il giro che ho in mente. A guardare le cartine geografiche non ci si rende conto delle immense distanze che ci sono in questo paese, che è proprio un continente intero. Già mi ero accorto di questo in America, e poi ci si ricasca ad interpretare male perché siamo abituati alle nostre dimensioni e alle nostre infrastrutture di comunicazione. Noi viviamo proprio in un piccolo paese in cui stiamo tutti stretti stretti, vicini vicini.
Vicino al BKPK, di fianco alla stazione ferroviaria entro in una agenzia e prendo un biglietto aereo della "Virgin Blue" per la famosa Gold Coast. Ceno in un ristorante catalano che è proprio buono e autentico.

sabato 8
Vado su per Elizabeth street dopo aver fatto la solita colazione al BKPK con pane e marmellata. Lascio la mia valigia al locker dei Greyhound. Vado lungo Hyde Park per vedere la  grande sinagoga che però non trovo, e vedo invece una interessante "scuola di filosofia", aperta dal 1967. Entro in un bel negozio dell'Australian Museum dove ci sono tanti stupendi libri che comprerei tutti… e poi attratto, visito il bel museo. Oltre alle parti di storia naturale molto belle, e ai cristalli, quella che più mi colpisce è la sezione sugli aborigeni e la loro cultura, e quella sulla storia delle vicende del popolamento europeo. Si capisce bene quel che si vede chiaramente dal finestrino dell'aereo, e cioè che il continente è abitato e "civilizzato" solamente in una ristretta fascia  di perimetro lungo le coste dell'oceano per uno "spessore" di duecento, duecentocinquanta kilometri (la cosiddetta useful land, ovvero la parte utilizzabile). Con una densità complessiva di 2,3 abitanti per kmq, considerndo che l' 85,5% è classificata come popolazione urbana, per cui l' 1% del territorio australiano contiene l' 84% della popolazione totale, per cui è ancora in corso il processo di rilevazione, acquisizione e sfruttamento delle risorse naturali, e di strutturazione di una società moderna diffusa. Per tutta la sua recente storia dalla colonizzazione ad oggi, ha sempre  sofferto di carenza di risorse umane, intese sia come competenze, che semplicemente come quantità numerica sufficiente per elevare il livello di sviluppo raggiunto. Per es. questo Stato, il NSW il nuovo Galles del Sud, che è quasi il triplo dell'Italia, non raggiunge i sette milioni di abitanti... E già c’è chi emigra in America. Ma ora fanno ponti d’oro soprattutto per facilitare e attrarre una immigrazione più qualificata che nel passato, perché di muratori e di contadini ne hanno già, mentre mancano i quadri specializzati. 
Comunque nell’anno scorso 2001 sono immigrate 93mila persone ma al contempo si sono stabiliti all’estero circa 50mila australiani.

Mi piacerebbe andare a vedere altri musei, oppure andare fuori Sidney a vedere il tempio Bahaì, uno dei soli sette nel mondo, o il museo ebraico, o China Town, ma non ho più tempo a disposizione purtroppo… (a proposito, stando alle statistiche oramai il 18,2% degli australiani sono di religioni non-cristiane, e il 15,3% si dichiarano non-religiosi).



Mangio dentro un hotel. Volo con la "Virgin", è tutto assai semplice e immediato, come salire su un autobus, arrivato cerco un' auto a un rent-a-car. Viaggio in motorway, ma viene buio pesto, cade fittissima e fortissima una pioggia a dirotto, non si vede né capisce più niente, sbaglio strada, telefono col cell. per due volte all'albergo. Per fortuna mi risponde  una gentilissima e molto paziente ragazza scozzese, che è molto brava a capire dove sono e a dirmi "dritto, destra, sinistra", poiché non c'è assolutamente nessuno-nessuno in giro, e con questa tormenta, gli scrosci d'acqua, e il buio pesto, non si riescono nemmeno a leggere i cartelli e i nomi delle vie. Così pilotato a distanza riesco ad arrivare senza riperdermi, accolto poi festosamente al front desk dalla graziosa Denise la mia salvatrice. Mangio benissimo nel bellissimo grande salone.
Poi esco a fare un girettino a piedi perché ora non è più nemmeno nuvolo. C'è un'aria piena di ossigeno. Allora vado in auto sulla costa verso le famose località di Surfers Paradise e Broadbeach  (c'è anche un paese vicino che si chiama Carrara, e allora ripenso a mio nonno scultore e alle sue statue, e alle vacanze che facevo in Versilia da ragazzo), e intanto mi confondo di nuovo un po', con le strade che sembrano tutte uguali, perché ci sono dei lavori in corso, e delle deviazioni e dei sensi unici... E inoltre il Nerang River sfocia nelle Broadwaters che staccano la striscia della costa dal resto  del continente, e appunto si chiamano Great Divide. E quindi si passa un ponte. Comunque tutto ciò non vale la pena, perché là non è altro che una delle solite assurde coste-lunapark, tutta negozi, ristoranti, bar e locali notturni di cui è oramai pieno il mondo, potresti essere da qualunque altra parte, in Florida o in California, sulla costa romagnola, ad Alicante o a Malaga o a Gran Canaria, eccetera. Non ci ritorno più da queste parti! Rientro e vado a letto.

domenica 9
Siccome oggi e domani si festeggia il compleanno della regina, c'è parecchia più gente del solito in giro. Prendo l'auto e vado verso l'interno, a Spring Brook in poco più di un'ora e mezza. Ci sono dei gran panorami, territori immensi disabitati a perdita d'occhio. 

Un italiano di qui mi da dei consigli, e vado ad un punto di osservazione da cui si può vedere una spettacolare cascata in un burrone con arcobaleno (Purlingbrook Falls). 

Girando per i sentierini incontro il mio primo tacchino selvatico (d'ora in poi mi capiterà di incontrarne molti altri...). Esco dal Parco nazionale e torno giù, verso la spiaggia di Palm Beach, poi invece giro verso il capo, dove sfocia il fiume Currumbin. Lì mi fermo a mangiare un hot-dog sulla spiaggia, è un posto stupendo. 

Dopo vado in direzione Coolangatta, verso il Parco Wildlife Sanctuary, e lì prendo il "trenino" che fa il giro della riserva naturale, quando scendo incontro canguri (che qui dentro sono semiliberi). 




Che bello, è emozionante avvicinarsi a questi animali, e anche stare lì a poca distanza ad osservarli. I canguri (che sono di tantissime specie differenti, e di altezza e corporatura differenti) mi piacciono molto, e mi avvicino abbastanza a questi che ci sono qui e che forse sono dei wallabies, un po' più minuti, ma c'è sempre l'eventualità che si indispettiscano per qualcosa e che ti mollino un pugno o una pedata! 


Poi vedo dei koala, e incontro un emu. Anche qui mi trovo sempre in luoghi proprio vicini al "confine" tra il New South Wales e il Queensland. Infine stanco ma soddisfatto ritorno al mio albergo dalle parti di Carrara, e ceno al buffet di seafood.

lunedì 10
Con l'auto vado al mattino presto al bivio di Canungra a fare una buona colazione ad un bel bar. Poi quando riparto sbaglio strada e così mi ritrovo a girare tra fattorie, con mandrie, cavalli, pecore... (bellissima occasione per vedere anche questa importante realtà).  Ognuno ha la propria dimora di solito su un rialzo, o una collinetta, ed è molto distanziato dai propri vicini, dato che i terreni delle proprietà sono molto vasti. 



Ritorno indietro e riprendo la mia giusta direzione e mi inerpico per una stradettina su per le Green Mountains. Giunto a mille metri di altitudine dopo un totale di due ore e mezzo di guida arrivo all'ingresso del grande Lamington Rainforest National Park, dove c'è già non poca gente. Si può proseguire in macchina sino al Binna Burra Lodge (bello) dove parcheggio.  Qui ci sono dei bellissimi percorsi da fare camminando.
Faccio il Tree Top walk, che è un ponticello-passerella con le traversine di legno posto a 16 metri di altezza (!) per poter vedere la foresta pluviale al livello dei nidi degli uccelli. 




A un certo punto si può fare una salita con dei gradini appositi su un alberone e stare a 30 metri (!), è stupendo non si vorrebbe mai tornare giù. . . Il parco visto da quassù è grandissimo, e in effetti è nientemeno che di 20 mila ettari...!
A questo punto della camminata sul border track sono arrivato al Gran O'Reilly’s Rainforest Guest House (“rustico” molto bello) che sta nel bel mezzo del grande parco. 



La veranda offre un bellissimo panorama vastissimo. Pranzo nel Bistrò al buffet dove mi mettono al tavolone con Mark e suo figlio, di Brisbane, con cui faccio due chiacchiere. Servono dei cibi buonissimi, e a buon prezzo. 

Vado a vedere il negozietto del rifugio, e lì da un peluche capisco qual'è l' echidna, che è un animale molto carino e un po' buffo. Fuori ci sono vari pappagallini e uccelli che non conosco. Torno sui sentieri e faccio il Rainforest Circuit due volte, e poi vado sino a Python Rock da dove si vede una meravigliosa cascata (che sia la stessa che vedevo ieri? ma no, ce ne sono tante...). 

Ritorno alla Guest House e vengo a sapere che il fondatore, O'Reilly, aveva a suo tempo salvato i superstiti di un aereo che era precipitato nella foresta, una storia molto avventurosa, che rimanda ad un'epoca in cui le grandi foreste erano viste con timore e diffidenza, come degli ostacoli, dei luoghi pericolosissimi, e misteriosi, pieni di belve feroci e di selvaggi cannibali. Sino a che gente come O'Reilly che era tra i rarissimi ad essersi innamorato di questo mondo naturale e selvaggio e dei suoi panorami primordiali, non scelse la via inversa e si addentrò nella foresta per restarci a vivere, lontano dalla "civiltà". Quindi O'Reilly conosceva oramai tanto bene quest'area che li trovò e li portò in salvo e così rese famoso il luogo con tutte le interviste che gli fecero e contribuì all'affermarsi di una visione diversa della natura intatta e originaria, e pian piano incuriosì il pubblico che incominciò ad avventurarsi sino al suo rifugio per conoscere questo mondo ricchissimo di risorse, e di biodiversità.
E' un po' quel che successe da noi con le grandi montagne, prima temute poi ammirate (sinché venne la mania delle scalate, dell'alpinismo, dello sci, con gli "escursionisti" di primo Novecento). Oggi dunque è mèta di gite nel week-end.
Torno per un altro percorso più breve e attraverso una zona in cui pur andando in auto si passano tre quarti d'ora nella semioscurità da tanto fitta è la foresta di alberoni e di vegetazione di ogni tipo. Vedo un allevamento di alpaca (?!), poi mi fermo per una sosta di nuovo a Canungra, e quindi vado allo "stupido" centro commerciale sulla Gold Coast per fare un po' di spesa, ma è tutto già chiuso! (sono passate le 17…!).

Martedì 11 giugno
Torno al centro commerciale e ricarico la schedina Telstra del cell., mi soffermo a guardare alcuni negozi, come quello della ABC tv, e quello dell' Australian Geographic, che sono molto belli e interessanti. Prendo la Pacific HighWay, la Nr 1, faccio benzina, e  compero una buona carta stradale (questa volta non del Queensland, ma solo dell'area suburbana) e vado a vedere BRISBANE a poco meno di un centinaio di kilometri. In periferia passo sulla Nr 3, la South East Freeway, e a un certo punto vicino a Woollongabba, esco. E’ una città modernissima con più di 1 milione e 700 mila abitanti, visibilmente multiculturale.
Giro un bel po' per posteggiare in centro, e poi metto l'auto in un garage, e me ne vado a zonzo a vedere quel che resta della vecchia città britannica. Quindi la King George square con il vecchio City Hall (municipio), la clock tower, la Anzac sq. con il vecchio edificio del Post Office,  poi giù per Edward St.



Mangio una pizzetta a “Pizza Hut”, e poi vado al Botanic Gardens Café, un chiosco in mezzo al parco dove prendo un pudding e un decaf. Contatto per telefono qualcuno della università, sempre del dipartimento di italiano. Gironzolo, faccio foto, entro nel negozio di Starwars, e infine passo con il nuovo footbridge (ponte pedonale) nel South Bank Riverside. E' fantastico. E' un bel parco con passeggiata lungofiume, con pure una spiaggia vera e propria. Con laghetti, bar, caffe, ristoranti, e vari spazi culturali per eventi. 




Ci sono la Biblioteca statale, la Art Gallery e il Queensland Museum, il Conservatorio di musica, il Performing Arts Complex, una pagoda nepalese... un auditorium all'aperto, e in fondo il museo marittimo, ecc. Da una riva c'è il QUT, il Queensland University of Technology, e dall'altra riva lo fronteggia il Griffith University Old College of Arts. Parklands è una larga striscia verde, una zona tropicale, dove hanno fatto del lungofiume sud un'area di loisirs, per il tempo libero, e la cultura, diurno e serale. Con tutte le sue attività è sempre pieno di giovani e di gente, un luogo eccezionale che è divenuto il cuore della città, a cui da un senso, una identità. 
Entro nel Queensland Museum che è gratuito. Vado subito alle collezioni storiche e etnografiche.

Al museo apprendo che il giorno prima che io arrivassi in Aus, era stato il Mabo Day anzi il suo decennale, in commemorazione del 3 giugno del '92, quando l'Alta Corte del Queensland ribaltando precedenti sentenze, diede ragione a un ricorso degli abitanti nativi delle isole dello stretto di Torres nell'estremo nord, avanzato da un certo Koiki Mabo, del popolo Meriam in base al decreto del 1975 che riteneva inammissibile la discriminazione in base al razzismo, per cui riconobbe il loro diritto alle terre dei propri avi. Il che produsse la recente rivoluzione nello statuto giuridico civile degli aborigeni, che ora vengono considerati a pieno titolo cittadini del Commonwealth of Australia con tutti i diritti che ne conseguono. La sentenza del '92 portò l'anno dopo ad un decreto che estendeva a tutti gli aborigeni il fatto di avere titolo legale per rimanere stanziati nelle proprie terre native e a reclamarne il possesso, in quanto erano già terre loro, e delle loro famiglie e ascendenti, sin da prima della colonizzazione. Fu una grande battaglia condotta inizialmente dallo TSIO (Torres Straits Islanders Organization) che andò a beneficio di tutti gli indigeni d'Australia. Mabo purtroppo morì qualche mese prima della sentenza definitiva. Questa data dunque fu dichiarata giornata di cui conservare pubblica memoria. 
Dopo di allora essi intentarono nel 1995 una causa presso lo Attorney General (=procuratore generale dello Stato) riguardo ai numerosissimi e frequenti episodi di furti di bambini (decine di migliaia), che erano avvenuti nel passato, tra il 1905 e il 1971 per internarli in collegi cristiani, e affidarli poi a famiglie religiose che li allevassero come dei "buoni cristiani". Il Rapporto che uscì a seguito dell’inchiesta giudiziaria diede ragione alle famiglie dei genitori nel 1997 (e si può leggere in internet nel sito della Commissione per i Diritti Umani e le Pari Opportunità del governo federale australiano, oppure si veda “L’Espresso” del 4 luglio 2002, o il romanzo-verità di D.Pilkington, “Barriera per conigli”, oppure il film “La generazione rubata” di Ph.Noyce con Kenneth Branagh).

L'altra cosa che mi colpisce molto nel museo è relativa alla storia delle donne nel processo di colonizzazione del continente, in particolare del cosiddetto Outback, cioè il mondo esterno  che c'è là dietro, dietro alla parte abitata e colonizzata e dunque civilizzata. Insomma l'entroterra del continente, che sta più all'interno della fascia del Bush, (cioè della parte con arbusti con macchia boschiva), della fascia con vegetazione addomesticabile, con coltivazioni, o con praterie per allevamento di bestiame, e che, oltrepassate anche le foreste selvagge, è la parte desolata che giunge sino al cosiddetto cuore rosso, o the Red Centre del continente. E quindi si riferisce alle aree più remote, anche semi-desertiche e desertiche, considerate "terrae nullius", terre di nessuno. Ma in genere lo si usa per voler dire semplicemente molto lontano, verso l'interno, ovvero "dietro", cioè oltre il Black stump, il paletto nero che segnava la fine dell'ultimo terreno di proprietà di qualcuno, il territorio selvatico e pericoloso dove si incontrano solo i selvaggi. 
Ancora oggi, scriveva D.Pallottelli in un suo articolo: “l’australiano è ben cosciente che tutta quella terra alle sue spalle in qualche modo gli appartiene e gli potrà servire, ma pensa che sia per così dire prematuro gettarvi troppi soldi per sfruttarla”. Si è sempre trattato di zone percorse anche da banditi che si nascondevano, fuorilegge che evitavano di essere catturati, oppure percorsa da esploratori, avventurieri, o rari pionieri un po' folli o illusi, o anche zone dove sanno muoversi soltanto guide esperte. (Non mancano alcune similitudini con il Far West dei primi tempi della espansione dei "bianchi" in Nord America). In poche parole si potrebbe dire che dopo la prima fase di deportazione qui degli ergastolani, portarono poi anche i condannati per reati minori, e poi arrivarono dei giovani avventurosi (e anche degli avventurieri) che spontaneamente si offrirono come coloni, attratti dalle donazioni di terre, e infine alcuni si addentrarono verso l’interno come pionieri. Poi dopo il 1860 (proprio quando le miniere americane del Klondike si erano esaurite) iniziò una corsa all’oro, alle pepite del nuovissimo continente e alle sue straordinarie ricchezze di pietre preziose, tra cui diamanti in quantità, che portò un notevole flusso di immigrazione di cercatori che si diressero verso i territori aridi fondando là isolate comunità e villaggi. 
Sono comunque quei territori desolati e spesso pressoché desertici che da noi si sono conosciuti grazie allo spiritoso film di Alberto Sordi con Claudia Cardinale: “Bello, onesto, emigrato Australia sposerebbe compaesana illibata”, del 1971.
Insomma per tornare al Museo, volevo riferire che tra le collezioni storiche e etnografiche ci sono alcune parti che riguardano, appunto, il contributo delle donne alla trasmissione della cultura nel processo storico del popolamento del continente, soprattutto nelle aree più lontane. Si parte da una documentazione da cui si vede che le donne sono state le principali tramiti di tradizioni, dato che gli uomini erano sempre fuori per garantire alla famiglia la sopravvivenza in queste condizioni estremamente difficili; e le donne hanno preservato il passaggio ai giovani degli usi e costumi, e dei valori di riferimento. Gli uomini (che all'inizio, come dicevo, erano prevalentemente discendenti dei galeotti esiliati qui) non erano gran ché religiosi, e in quelle lontane comunità (o abitazioni sparse) spesso non c'erano proprio  ministri del culto, per cui a molte madri dispiaceva per esempio non poter battezzare i propri figli, e che non avessero una educazione religiosa, e quindi se ne fecero carico loro spontaneamente. Erano loro che curavano e preservavano la esistenza e l’educazione delle nuove generazioni, e inoltre spesso organizzavano in casa riunioni tra “vicine”, in cui si raccontavano storie, fiabe, vicende del passato, si faceva uso di detti, motti, proverbi, si cantavano canzoni, ci si scambiavano ricette per la preparazioni dei cibi, e modalità di tipo igienico e di cura di malattie, e non ultimo anche cercavano di conservare appunto le credenze religiose. 
Quindi soprattutto nell' Outback gli uomini sì garantivano la sopravvivenza materiale, essendo sempre in giro per cacciare, per commerciare, per la difesa, ma conducevano una vita molto rude, acquisendo modalità di vita quotidiana spesso assai grezze. Mentre le donne essendo stanziali curavano gli orti, e spesso coltivavano, crescevano la prole, ma garantivano anche la sopravvivenza culturale, svolgendo una funzione chiave nel processo di civilizzazione. E a quanto pare è un po' sempre stato così in molte società, si deve alle donne un fondamentale contributo alla continuità delle civiltà, e in molti casi anche al suo progresso organizzativo (e anche relativo a tecniche di base), e allo sviluppo delle idee.
Questo naturalmente è solo un aspetto del problema, ma è molto interessante e stimolante la riflessione proposta dal museo.
Comunque anche nei villaggi e nelle cittadine attuali le donne australiane generalmente già dagli anni Trenta sanno ad es. aggiustare l’elettrodomestico (che qui già in Australia c’era quando in Italia nemmeno sapevamo che esistessero: per es. la prima lavatrice è del 1901 e la prima con motore elettrico del 1914), e anche nelle farms hanno sempre svolto un po’ tutte le mansioni.
Inoltre uomini e donne anche nelle città hanno da sempre condotto vite abbastanza separate, quando finivano di lavorare gli uomini erano soliti andare direttamente nel pub (“dove sarebbe indecoroso portare la propria moglie” e dove certamente le toilets erano “infrequentabili”) e lì si sentivano liberi di parlare in modo sboccato impensabile in famiglia, e sfogarsi della stanchezza e delle loro frustrazioni; mentre le donne hanno sempre frequentato propri locali, le Ladies’ Lounges, locali in cui potevano entrare solo donne non accompagnate (le si denominarono Female Publicans, cioè “ostesse”), oppure clubs femminili in cui si discuteva di vari argomenti, a cui le farmers o chi viveva in cottages di campagna isolati, potevano partecipare anche per corrispondenza. Si è sempre detto che le australiane avevano una certa tendenza “corporativa” più forte delle inglesi o delle europee, ed erano più libere di loro di condurre una propria vita esterna alla casa. E in effetti ad es. in Australia sin dai primi tempi le donne frequentavano palestre di ginnastica e praticavano sports come il nuoto, o la corsa. Il diritto universale di voto le suffragette australiane lo ottennero sin dal 1902 (nella colonia dell'Australia del Sud, con alcuni limiti, già nel1861) (!)
Poi nel Museo è pure illustrato tutto il problema demografico,dell'incremento della popolazione; si pensi che il Queensland è sì cresciuto dai 2 milioni e mezzo di abitanti nel 1991, a 4 milioni e 300mila (di cui quasi due a Brisbane), grazie alla forte immigrazione, ma è ancora troppo poco per un paese come il Queensland che è di ben 1 milione e 730mila km quadrati (!) (l'Italia è 300 mila kmq) con tutte le ricchezze naturali e le risorse che possiede e il ritmo di sviluppo economico che sta avendo, e quindi le potenzialità che avrebbe... e questo è il problema in generale di tutta quanta l'Australia.
Ricordo che a Ferrara un tale che stava vicino a noi, aveva aperto un bar, era tutto contento, era andato in Australia da ragazzino quando i suoi genitori decisero di emigrare laggiù, ed era cresciuto e vissuto in un villaggio dell’interno nell’Outback, dove possedeva una affermata tipografia, ma sempre sognando di ritornare  a "casa"... cioè a Ferrara, ed ora aveva venduto tutto e comperato questo bar che era sicuro sarebbe andato bene essendo su una strada di notevole passaggio, ed era felice. Due-tre anni dopo lo chiuse perché aveva nostalgia dell’aria tersa e non inquinata, e della tranquillità del suo villaggio, dove tra l’altro era una persona stimata per il suo lavoro (l’unica tipografia in un raggio di un centinaio di km), e quindi ha di nuovo venduto tutto ed è ritornato "a casa"… 
Chi è di anche lontane origini britanniche, ancora in anni recenti, quando prendeva un volo per Londra, o per fare un viaggio durante le vacanze nel regno unito, usava questa espressione: "back home"... Oggi si è affermato un nuovo concetto dell'essere australiani, che va unito con una punta di orgoglio "nazionale", per cui il proprio paese (e il centro da cui guardano al mondo) è l'Australia.
Incontro sulla passeggiata lungofiume una coppietta di italiani giovani-giovani con un bimbo piccolino in carrozzina (dall'accento direi che venivano forse da qualche parte dal Lazio ?), mi dicono che si sono proprio trasferiti qui, e allora chiedo "come mai, dato che non siamo più ai tempi in cui si emigrava in Australia a cercar fortuna...?"; ma mi rispondono che avevano terminato gli studi, e lei era rimasta incinta, non avevano i soldi per affittare un appartamentino, e non avevano nemmeno un lavoro sicuro e abbastanza ben retribuito per poter provvedere a un figlio (il bimbo stava con la nonna), e quindi formare una famiglia e vivere del proprio reddito, per cui hanno deciso di emigrare, e ora hanno il loro lavoro, due buoni salari, hanno ricevuto una casa col mutuo, e il bimbo è stato preso all’asilo, e Brisbane è una città moderna e vivace, e il clima è quasi sempre buono. Loro erano soddisfatti, e non  ci pensano affatto a una prospettiva di tornare indietro.

rivergate.com.au

Prima di partire do un'ultima occhiata e di fronte alla passeggiata sul fiume si vede The Riverside Centre con i due grandi grattacieli a ottagono dietro, una bella immagine da cartolina.
Vengo via, …e mentre mi trovo già a due terzi sulla Pacific High Way mi telefona Claire Kennedy per combinare di incontrarci per cena... le dico che forse ci potremmo vedere l'indomani per pranzo. Giunto quasi a destinazione mi ri-perdo alla pompa di benzina per colpa di road works, altri lavori stradali in corso che mi cambiano tutto quel percorso che avevo finalmente ben memorizzato... Ceno, poi telefono a casa, e subito crollo sfinito e addormentato.

Mercoledì 12
Telefono per prenotare una camera in un albergo che avevo visto a Brisbane. Arrivo in città e vado alla sede della Griffith University, dove mi incontro con Claire. Mi racconta come mai è qui: era giovane e ad un certo punto avrebbe dovuto andare a vivere con la nonna in Scozia, poco dopo essere arrivata là, si è trovata malissimo, è scappata di casa e è andata in Italia dove ha trovato lavoro a Rapallo come programmatrice e così è stata lì un anno, poi è stata un altro anno a Roma. E così quando è tornata in Australia si è messa a insegnare la lingua italiana che padroneggiava molto bene (come posso constatare). Stiamo per un po' al bar del dipartimento a chiacchierare, poi si unisce a noi un altro collega, Nathan, poi David Ross. 
Ma dopo poco hanno degli impegni e mi lasciano, e così decido di andare con la Western Freeway e poi la Centenary Highway a Lone Pine fuori città, dove c'è lungo il fiume, nel sobborgo di Fig Tree Pocket, un centro di protezione dei koala, il Koala Sanctuary

Attualmente la popolazione di koala è in forte diminuzione, dato che i loro habitat naturali sono stati distrutti dalla costruzione di strade, e altre infrastrutture e abitazioni, oppure restano uccisi da auto, attraversando le strade che passano in mezzo a boschi, o persino attaccati da cani da guardia.   In questi ultimi dieci anni hanno piantato qui più di 50 mila alberi che potessero servire da cibo o da habitat per i koala, in particolare degli eucalipti, della cui corteccia si nutrono, e che è velenosa per noi e per gli altri animali. Ci chiedono dopo la visita guidata di restare un po' con un koala, e di farsi fare una foto, il cui acquisto servirà come contributo finanziario per i loro progetti. E così una nurse mi mette in braccio un koalone pesantissimo, stagno e massiccio, il quale passa tutto il tempo a guardare lei sperando di poter presto tornarle vicino... Ma che emozione! e che bella sensazione il suo peso, e quel suo musetto con gli orecchioni, averlo così vicino, addosso, con le sue mani a cinque dita e il culone con quel bel pelo morbido... è stata una esperienza indimenticabile.




Era un papà, e poi dopo aver salutato la nurse, è andato subito su dalla sua famiglia con i koalini piccoli. Ci sono qui anche degli “asili” per i koalini piccini neonati... 
per garantire la loro sopravvivenza e stato di salute.
Compro per souvenir una agenda telefonica con foto di koala.



Lì vicino ci sono anche un bel parco (Biamba Yumba), e una foresta, e un fiume; entro in non ricordo quale di questi posti. Alla cassa all'ingresso scambio due parole con l’impiegata del parco, Liza, la cui famiglia è originaria de L'Aquila. Qui semiliberi nel grandiiissimo parco incontro dei canguri che mi paiono molto tranquilli, allungo una mano, e uno mi da la sua... 




poi ho visto un echidna, sono riuscito a fotografare un emù, ho carezzato un piccolo canguretto, che ha un gran culone anche lui, e poi c'erano dei lorichetti bellissimi, ho incontrato un “cane” dingo bianco, e ho visto un cosiddetto tasmanian devil (diavoletto della Tasmania).




Giovedì 13 giugno
Vado all'aereoporto di Brisbane con un assurdo percorso, e riesco finalmente a posteggiare vicino al domestic terminal, ma scopro che è addirittura zona rimozione.... il vigile è super gentilissimo. Intanto mi rinfresco le idee su tempi di percorrenza e sui posti (mi illudevo di andare nella zona arida dell'interno dove ci sono le miniere di smeraldi e di opali... per via di un romanzo  sull’opale di fuoco che ho letto da poco…), prendo anche gli orari del treno della The Queenslander Rail per vedere orari e costi da Brisbane a Cairns,…. e alla fine capisco che sarebbero tempi e distanze impossibili per me, e prendo un biglietto proprio a buon prezzo per volare a Bundaberg a circa 380 km più a nord. Bene! sono contento.
Torno in centro a Brisbane e metto anche questa volta l'auto in un garage a pagamento, ma poi perdo subito il token (gettone) di plastica per ritornare a ritirare la macchina. Pazienza, ora intanto vado a fare un giro… poi si vedrà. Girovago di qua e di là, in fondo a Brunswick st. c'è un bel parco con tanti begli alberoni di Jacaranda.  


E altri alberi "grassocci" di cui non so il nome. Poi vedo delle belle case vittoriane di una volta, e edifici di legno con torrette e balconi, vicino al vecchio porto. Qui c'era una colonia penale istituita nel 1824 a Moreton Bay da Mr. Brisbane, governatore del NSW (il predecessore del famoso Darling), è da lui che prende il nome la attuale città. 
Poi vado alla Gallery of Arts del Queensland, dove c'è ora una mostra bellissima di pre-Raffaeliti e di pittori dell'epoca vittoriana. Ma ci sono anche interessanti e bei dipinti australiani dell' epoca coloniale, peccato che il catalogo sia grosso e troppo pesante, e ci siano pochissime cartoline... Certi di quei pittori europei erano rimasti affascinati dai vasti panorami primordiali e dai disegni e dai colori dell’artigianato locale. Vollero cercare di ritrarre la grazia della creazione. Mentre altri non vedevano che la spaventosa presenza della natura selvaggia.
Poi ammiro delle scolaresche che hanno imparato a fare la danza indigena del Rainbow Serpent (serpente-arcobaleno) con un esperto che sa suonare molto bene il deedjeridoo.

Joshua Yasserie: artistwd.com

Oggi i discendenti dei nativi non amano molto essere chiamati aborigeni, e preferiscono che si usino le loro denominazioni dei vari popoli (o se no piuttosto accettano il titolo di indigeno australiano, o di nativo). Poveretti che storia triste la loro… Persino la nostra vecchia enciclopedia geografica “Il Milione” della editrice De Agostini, diceva che “gli aborigeni furono perseguitati senza pietà”, e scriveva che ancora in quegli anni (nell’ultimo volume, del 1965) vivevano entro specifiche riserve (!), oppure costretti in degradati quartieri suburbani appositi, o villaggi segregati, tenuti ai margini delle città. Se penso che in Europa si parlava di apartheid solo per il Sud Africa… 
Comunque ora il problema su cui i nativi si incentrano maggiormente è quello di preservare le proprie tradizioni e la specificità delle proprie culture. Data la forte disoccupazione che li riguarda, certe persone per una parte dell’anno vivono e lavorano coi bianchi facendo i “cow-boys” e i guardiani dei greggi, e vivendo come gli altri, e solo per un’altra parte dell’anno si dedicano a lavori nel campo dell’artigianato indigeno, e vivono nei propri territori seguendo le tradizioni. In generale le loro lingue si stanno perdendo. Le antiche cerimonie non sono più tanto frequentate, e molti hanno assunto dalla parte più marginale dei bianchi, con cui sono più spesso a contatto, forme di degrado, di amoralità sociale e di trasgressività sessuale che nel passato per le loro culture erano impensabili. Grave in effetti è ad es. il problema dell’ alcoholismo. L’aborigeno, forse ancor più che sfruttato come mano d’opera a basso costo (non sono mai stati dei lavoratori obbedienti e precisi), è stato letteralmente abbandonato e emarginato per generazioni. Quelli che si sono diretti alle periferie delle città industriali, e si sono "britannizzati", sono poi divenuti quasi tutti alcoholisti. 
(Pedro Ceinos, a cura di, Minorias etnicas, casa editrice Integral, 1989, trad. it. Atlante illustrato delle minoranze etniche, Red edizioni, Como, 1992, cfr. pp. 69-75 sugli aborigeni)
Ma chi comprende la gravità della estinzione culturale, invece è sempre più impegnato a mantenere vive le credenze antiche, non solo all’interno delle proprie comunità, ma anche (ed è una novità) a farle conoscere agli altri per farle accettare come patrimonio culturale di tutto quanto il Paese. E in effetti sono depositari di una concezione del mondo, della natura, e della vita, di straordinario interesse, e fascino, essendo derivata da una antichissima saggezza vecchia di 40 mila anni, e in questo campo avrebbero molte cose da insegnarci. Si pensi solo alla loro concezione del mondo dei sogni, del Dreamtime, al concetto del tempo come dimensione, e alla conseguente idea di essere "i custodi dei racconti", che ha valso loro l’appellativo de “il popolo del sogno”… Si legga il libro di Bruce Chatwin, “Le vie dei canti”, The Songlines, oppure qualche testo di antropologia relativo alle culture appunto degli indigeni australidi, o più in generale alle culture matriarcali…


C’è anche un bel “gioco” di carte elaborato sulla base della saggezza aborigena, da Donni Hakanson, (trad.it. edizioni Il Punto d’Incontro, di Vicenza, 1998) con l’aiuto del noto narratore Firebrace e altri cantastorie indigeni.

aboriginalartnews.com.au

Alle dodici e un quarto già avevo mangiato con tutti gli impiegati che consumavano il loro pasto nei prati e si accalcavano ai fast food courts, dove fai la coda e ordini e paghi, poi ti danno un'asticella di metallo con su il tuo numero, quindi ti siedi ad aspettare con comodo, e poi vengono loro a cercarti tra i tavolini o sui prati per servirti le tue ordinazioni. 
Ora sono invece nel coffee-bar del museo tra paperette, fontane e laghetti... con sculture moderne. Ci sono scolari in uniforme del loro istituto, e anche studenti della università Griffith. Anche nella piazza della Town Hall c'è una fontana e ci sono delle sculture di Arnaldo Pomodoro di Pesaro.
Torno al garage e l’addetto subito provvede alla mia uscita semplicemente chiedendomi di pagare il costo irrisorio del gettone di plastica perso.

Venerdì 14
Oggi sono andato a sud al “David Fleay” Wildlife Park a West Burleigh, pirma di Currumbin.
Quest'uomo ha salvato molte specie in pericolo di estinzione, tra cui rari tipi di cangurini, e ha per primo nell'87 alimentato in cattività due platypus femmine che sono delle specie rare di ornitorinco dell'est australiano, che hanno il becco morbido (!), e anche loro sono piccole-piccole e pur essendo mammiferi fanno le uova (?!). Poi stanno cercando di far riprodurre il cassowary del Nord del Queensland che è a rischio estinzione, ed è un uccellone blu di varie tonalità, con una cresta. Insomma qui sono state fatte tante ottime iniziative, perciò ci portano le scolaresche, e ora ci sono tanti deliziosi australini della prima elementare. Ho rivisto bene un wombat, un marsupiale che però sembra un castoro-marmotta di circa un metro, che è proprio del sud-est australiano. Poi ho di nuovo visto ben bene un emù, e vari canguri di specie differenti,  poi ho fatto conoscenza con un uccello blu-azzurro-turchese che mi è stato sulle scarpe a lungo nonostante a un certo punto io mi sia messo a camminare. Pappagalli di vari colori (il kakatoa è nero, il gang gang cockatoo è azzurro ma con la testina rossa, e il rosella è multicolore),

oche e papere strane, e tacchini selvatici, coccodrilli, eccetera. Eccezionale veramente la "zona oscura", cioè un padiglione tenuto al buio (dove sono rappresentati il 70% di tutti gli animali specificamente australiani) con vari topi del deserto, una strana specie di topone-fenech con le orecchie grandi, e scimmie un po' "topoidi", come il gilder dell’albero di mogano, e infine serpenti vari, che sono tutti animali notturni, o che preferiscono l'oscurità.



Ho mangiato in albergo e poi nonostante tutto sono andato a turistilandia. E' un po' tipo la costa vicino a Miami, ma meno concentrata, forse. Qui ci sono veramente rappresentanti della umanità di tutto il mondo. Ero andato allo stupido Dreamworld con un voucher -sconto, ma mi hanno detto che dovevo ugualmente pagare e così non sono entrato. Ho solo preso una foto della torre da cui si precipita in verticale seduti su una poltrona. Ora invece sono nell'enorme-enorme campo, o insieme di campi, da golf di un residence, che ne ha un altro altrettanto enorme proprio di fronte dall'altro lato della strada asfaltata. Qui proprio problemi di spazio non se ne sono posti mai... Gironzolo dentro al “Palm Meadows” tra i laghetti, e tra uccelli vari, piccoli e grandi, c'è pure un fiume all'interno dell'area, e insomma è tutto GRANDE. Alla fine della giornata c'è un tramonto, ma un tramonto...! con luci rosa, giallo, viola, turchese... stupendo con uno stupendo panorama con la silhouette di palme, e sottofondo di voci lontane, di paperette strane, e di vari uccelli.
Tramonto direi spettacolare... o/e come si usa dire adesso, mozzafiato. tipo questi:


Sabato 15
Nottata un po' agitata, sveglia alle 5, pago il Radisson e in auto vado verso l'aereoporto di Brisbane. Alcuni animali piccoli, ma non tanto, sono schiacciati sull'asfalto. Sembra che sia una cosa normale e quotidiana. C'è un po' di traffico. Restituisco l'auto all'AVIS, faccio il check-in. Volo con aereo a turboelica un po' vecchiotto. Dall'oblò vedo campi agricoli, pascoli, foreste, fattorie sparse, e poi più in là, fino all'orizzonte si vede che sin dove arriva l'occhio non c’è più nulla, solo l'immensità del territorio. Tempo dopo, di nuovo fiumi, foresta, piccoli paesetti, spiagge. Atterriamo a Bundaberg e già si sente quella tipica aria tropicale caldo-umida. Ma il cielo è lo stesso terso, e l'aria è bella piena di ossigeno. Prendo un taxi.
Bundaberg è una cittadina calma, molto calma, molto estesa orizzontalmente, con  case e casette basse. Ha circa 40 mila abitanti. Fu chiamata così perché qui all’inizio ci abitava solo un nativo di nome Bunda. Oggi viene colloquialmente chiamata Bundy. Ci sono anche dei begli edifici di fine Ottocento - inizio Novecento, alcuni in legno con balconi intarsiati. Chiesette, e molta vegetazione. Usciamo dall'agglomerato urbano, perché in realtà ci stiamo dirigendo verso l’oceano, a Bargara a soli 13 km. da qui. Lungo la strada ci sono campi di canna da zucchero, dicono perché non ci sarebbe abbastanza acqua per coltivare grano. C'è un imponente zuccherificio, e poi una grande distilleria dove si fa il rhum locale. Poi tante villette e casette di legno, tutte unifamigliari.
Bargara è simile a Bundaberg. Andiamo dove ho prenotato, al Resort "don Pancho" (mi ricordava il fatto che a scuola certi mi chiamavano Pancio, e così è stato pure per Michele). Il resort è vecchiotto, semplice, ma pulito. C'è miss Viki al front-desk, e c'è Peter, l'autista. L'oceano pacifico qui è più simile al mare, ma è pulitissimo, di un blu-azzurro magnifico, la spiaggia è deserta essendo bassa stagione, anzi non essendo per niente stagione turistica. L'acqua inoltre non è per nulla fredda, e le impronte sulla sabbia sembrano di ieri... Siamo a nord di Fraser Island.

Mi faccio una bella doccia, e poi prenoto addirittura una gita a un'isola per domani. Esco, vado lungo il golf course, e poi cammino sulla passeggiata lungomare. Bargara mi sembra carina, giro il paese e in "centro" vado a un semi self-service dove ordino "pasta con carne", ma la pasta è sì con il condimento (cioè un quarto di pollo bollito), ma comunque il piatto a sua volta prevede una aggiunta di carne come side-dish ... Chiedo un box for taking away per la carne, che era un rib-fillet con chips. Qui tutto costa meno che a Brisbane (che già era un po' più economica di Sidney...).
Bargara è un paesotto sul mare, tranquillo, silenzioso, con accomodations molto molto semplici ma pulite, come già mi dicevano, e tutto è ben ordinato.
E qui tutto ha un'aria un po' provincialotta; mi dicono "they are far away". Si percepisce che qui si sentono per conto loro, tutto è come casa loro. Da poco si è un pochino sviluppato del turismo. Le canzoni che mettono su e che si sentono sono un po' vecchiotte... Altro che il Far West d'altri tempi andati, qui è così ancora adesso. 

E' in poche parole un punto isolato lungo la costa, poi più a nord ce ne sono anche altri, che anche loro a loro volta sono tutti "punti isolati lungo la costa".
Mentre tenevo i piedi nella bella acqua pulita e trasparente, mi giravano intorno dei pescetti bianchi con tondini neri concentrici, come se avessero un tirasegno sulla schiena. Passeggio, e intanto cadono delle noci di cocco, forse per le vibrazioni che produco camminando... Mi mangio quel prime rib fillet avanzato a pranzo, e devo dire che è proprio un gran pezzo di manzo, è carne favolosa, morbida e gustosa. Qui, come in Argentina, c’è abbondanza di ottima carne di qualità. E non solo di bovini: c’è anche (purtroppo) il wallaby-soup, stufato di carne di canguro in brodo, o lo stuffed mutton, coè montone farcito. In particolare si dice che il bushman consumi all’anno tanta carne quanto il proprio peso. Inoltre pensiamo che essendo l’Australia il primo produttore di lana del mondo intero, ci sono moltissimi ovini, precisamente 94 milioni e mezzo, e moltissimi sono pure i bovini, 26 milioni e mezzo, che non sono cifre da poco se le paragoniamo agli abitanti umani … (si aggiungano suini, caprini, cavalli e asini, e il pollame, e avremo una misura dell’importanza dell’allevamento nell’economia del Paese).
Passeggio al buio sulla spiaggia, e si vede benissimo la Milky Way (la Via Lattea) e la costellazione della Southern Cross (la Croce del Sud), il resto mi è del tutto ignoto e mi risulta anche un po' sconcertante. Sembra il cielo stellato inventato che si vede in certi film di fantascienza... che strano...
Me ne vado a letto al "mio" donPancho.

domenica 16 giugno
Tutta la domenica passerà all'insegna della gita alla Great Barrier Reef.
Mi sono di nuovo alzato presto presto. Viene una tizia col pullmino a prendermi, e c'è anche un altro, che assomiglia al tipo infido nei film hollywoodiani. Arriviamo a un grande catamarano veloce, che è pieno di studenti americani USA, c'è anche una famiglia olandese, e poi altri Aussies (cioè australiani "veri", o dinkum aussie, mentre quelli neo immigrati sono detti naussie). Lasciamo la Coral Coast, e il viaggio purtroppo dura ben tre ore interminabili. Io temo un po' la nausea e sgranocchio tutto il tempo dei biscotti che ci danno. Finalmente dopo aver attraversato un mare splendido, arriviamo a Lady Musgrave Island, la nostra mèta (le fu dato il nome della moglie di un governatore del Qld). 
Siamo nel Marine Park della grande (immensa) barriera corallina del Sud Pacifico. E' molto più grande di quella che corre lungo la costa dello Yucatan o del Belize, che noi chiamavamo scherzosamente "corriera barallina", oppure di quella al largo di Lamu o quella di Watamu, in Kenya... pur ricchissime di pesci e coralli...


L'isoletta è una vera meraviglia, è un gioiello, che dal punto di vista ecologico è un ambiente in un equilibrio delicatissimo. Il fondo della nostra imbarcazione è di plexiglass trasparente e già ora si riescono a vedere bene le meraviglie dei fondali, dato che l'acqua è cristallina e fa quasi da lente. Parcheggiamo abbastanza al largo, alla fine di un lungo pontile galleggiante.
Le vicine tre isolette Fairfax sono riservate solo per studi di tipo scientifico, soltanto questa qui è visitabile da turisti, con agenzie autorizzate. La ragazza che conduce la visita guidata è esperta e simpatica, e ci dice tantissime cose interessanti. Per poter passeggiare sull'isola ci danno loro delle scarpette di plastica.



Ci spiega come si è formata l'isola e ci fa notare che quella che sembra sabbia è fatta di conchigliette frammentate o polverizzate che creano la spiaggia. Ci avvisa che non si può rompere o danneggiare nulla, nè estirpare, nè asportare nulla. E ci illustra le particolarità della vegetazione locale. Sull'isola però non si riesce tanto a addentrarsi tra la vegetazione perché è troppo fitta e intricata, e inoltre più ci si allontana dalla costa e più fa caldo, troppo caldo opprimente.




Al ritorno dalla passeggiata di ricognizione, ci danno una maschera, boccaglio e pinne, e così faccio snorkeling, il mondo subacqueo è bellissimo e colorato, con coralli, e pesci e spugne e alghe, e infiorescenze, ecc.... (mi sembra di essere uno di quei piccoli puffi chiamati Snorky di un cartone anni ‘80 della Hanna&Barbera).


Poi ci danno il pranzo-buffet, buono. Dopodiché vado nella submersible boat che c'è qui, e che ha una gran parte tutta in "vetro-plexiglas", e così possiamo ammirare tantissimi pesci tropicali e coralli di vari tipi diversissimi tra loro. Ci danno tutte le spiegazioni illustrando ciò che vediamo (purtroppo i vetri sono azzurrati). 



Poi c'è chi aveva pagato per lo scuba diving, e stiamo a guardare quelli che danno da mangiare ai pescetti, sinché accorrono molti pescioni grossi, e danno cibo anche a loro. Vedo da vicino il pesce-angelo, e altri pesci, tra cui uno rossastro, altri blu, o gialli a righe, violacei, di tante forme e varie grandezze. Il WWF australiano è ora impegnato nella protezione del dugong, un pacifico bestiolone marino (un po’ tipo il Manatee dei Carabi e della Florida) oramai rarissimo la cui popolazione dal 1960 è crollata di numero del 97% .
Dopo facciamo di nuovo il bagno e quindi c'è la merenda con del buon formaggio...
Aria tersa, pulita, piena d'ossigeno, e un bel sole caldo e gradevole, completano questa giornata tutta marina al largo del Curtis channel.
Poi tre ore di viaggio di rientro, e mezz'ora di pullmino. Sono arrivato in albergo alle 6 pm. e mi sento cotto per sole, aria, vento, mare, spruzzi, sale sulla pelle ...
Colossale dormita ristoratrice.


Lunedì 17 giugno
Poco fuori Bargara c'è il "Mon Repos" Rookery (=agglomerato) che sarebbe un posto riservato alle tartarugone marine per andare a depositare le uova in un luogo protetto, dev'essere un gran spettacolo, ma adesso non è il mese giusto. Comunque decido di prendere un'auto. Tutto qui è lento, poco organizzato, ma sono tutti gentili e disponibili. Mi alzo alle 8 e faccio colazione in un bar del "centro". Hanno messo in mezzo alla strada pedonale come dei quadratoni di legno un po' sollevati da terra (un po' alla araba...) dove va la gente a farci i pick-nick, per cui si siede o si sdraia lì sopra e appoggia tutta la propria roba, e mette magari un fornelletto, e mangia. 
Dunque telefono a un rent-a-car e dopo un po' viene da Bundy una tizia della Thrifty che mi porta al suo negozio, e prendo una Matiz. Così vado un po' in giro, vedo le varie parti di Bundaberg, e poi avendo parlato con qualcuno, decido di andare a vedere Seventeen seventy (o Town 1770), un paesetto sull'oceano a nord di qui.
Conviene andare a Gin Gin (a 51 km.), quindi  girare a destra, a nord (verso Gladstone), a prendere la Nr.1(con la Bruce HWY ). Quindi cento km. di highway, e poi una cinquantina di strada secondaria. Cioè sono 150 km. nel bush, con fattorie sparse, mandrie (ci sono dei veri cowboys per andare a radunarle, riprenderle, e poi chiuderle nei recinti), quindi mucche, tori, cavalli, ... Sembra di non arrivare mai, perché la strada è un po' tortuosa e ci vogliono due ore. Va anche bene, perché queste highways sono le best roads of Qld
Ogni farm con la sua famiglia e i suoi lavoranti, è in pratica come un mondo a parte. Si dice: “everybody is to mind his own business”, cioè ognuno si occupa degli affari propri, ma più nel senso che ciascuno deve saper provvedere a sé stesso, ovvero deve saper fare di tutto, tutto quel che è necessario per la sopravvivenza e per mandare avanti la casa e la proprietà, e far funzionare e rendere l’azienda familiare.
Siamo a più di 500 km di costa dalla capitale Brisbane.
Il capitano Cook lasciata la baia di Sidney, nella sua odissea ancorò qui la sua "Endeavour", e scese a terra il 24 maggio del 1770, da cui il curioso e originale nome di questa località, che è dunque uno dei primi due più antichi luoghi da cui iniziò la scoperta ed esplorazione del paese da parte britannica che si appropriò di queste terre sino ad allora olandesi (da quando nel 1606 Janszoon la scoprì). Il capitano James Cook dichiarò che la mitica Terra Australis, che si immaginava unita all’odierna Antartide, non esisteva, e che la Nieu Holland, come allora era chiamato questo Paese (ufficialmente sino al 1849) doveva per certo essere una grande isola, e dunque un vero e proprio continente a parte.


Finalmente ora sono qui in una insenatura di Agnes Waters, fermo l'auto vicino a un promontorio, e si vede una immensa spiaggia tutta lungo un infinito golfo deserto tutto verde. Ci sono dei lembi di sabbia emergenti  in corrispondenza con l'estuario di un fiume che consentono di pescare bene, come posso constatare. C'è un pochino di gente, ci sono alcuni cottages, alcune semplici accomodations. Ma a livello di attrezzature turistiche è davvero (come dicono qui) "sottosviluppato" nel senso di rudimentale, scarso, carente.



Giro un po' a piedi e poi mi fermo ad un bar-trattoria, ma qui hanno l'erogazione dell'energia elettrica solo dalle 10 alle 14, e ora sono le due e mezza... perciò mi danno solo un sandwich con dentro insalata (!...), e infine mi offrono un dolcetto. Posto da far west stupendo, anche qui al solito c'è il nitore dell'aria e c'è la vastità dei panorami. E' una località assolutamente calma e tranquilla, dove di fatto non c'è assolutamente "niente".... ma è una meraviglia guardarsi attorno.
Qualcuna delle pochissime persone sparse nell'immensità, che si vedono, o fa pick-nick, o pesca, o fa campeggio libero (ovvero accampamento).
Il bar è letteralmente vuoto, non si sa proprio che funzione svolgerebbe.
In certi posti qui sull’oceano, e specialmente qui nella fascia tropicale, sembra che gli australiani apprezzino molto il “dolce far niente”, in realtà stanno sempre facendo qualcosa, ma lo fanno per relax. Si dice che gli australiani siano stati i primi pianificatori del “tempo libero”. Essendo grandi lavoratori (i sindacati qui sono molto forti e temuti, e i salari alti) ci tengono molto ad un buon uso del tempo libero, il che ha portato già parecchi decenni fa a rendere lo sport veramente popolare, una attività per tutti, che accomuna uomini e donne. Si tratta soprattutto di sport all’aria aperta, tipo il nuoto (che si è sviluppato dal lavoro volontario dei Life Savers sulle spiagge oceaniche, soprattutto per badare ai surfisti pazzi), che praticano veramente tutti: è da più di un paio di generazioni fa, che al weekend c’è il rito di andare tutti in spiaggia. 
E altri sport open air sono: il tennis, il cricket, l’equitazione, il surf, la vela… e la pesca, gli aquiloni, i deltaplani, eccetera eccetera. Basta andare o in spiaggia o in campagna o sui monti o nelle foreste… e accamparsi e fare gite. 
Per cui è giusto e doveroso lavorare duro, per avere casa, famiglia, auto, tv e lavatrice, ma poi basta. “She’ll do”, lo farà lei… (la domestica), per dire: è abbastanza così, ora se ne preoccuperà qualcun altro. Non c’è bisogno di più, tanto basta. E quindi a quel punto ci si dedica ad altro.
Ma ormai fra mezz'ora dovrò ritornare "a casa", per non avere buio sulla strada deserta. Peccato che non abbia con me da fare foto (e qui non è possibile comperare nulla per un raggio di parecchie decine di kilometri). Avrei voluto ritrarre il fatto che quasi tutto ciò che è costruito, è di legno con balconate contornate da vegetazione abbondante. Anche qui ai gabinetti maschili i pisciatoi sono collettivi, cioè uno di fianco all'altro senza pannelli divisori per un minimo di privacy individuale. Ogni dove c'è la scritta: "water supply may not be suitable for human consumption unless first boiled" (= la fornitura d'acqua potrebbe non essere adatta al consumo umano se non viene  prima bollita"). In tutta questa parte del territorio non c'è campo per i cellulari, e quindi non posso chiamare a casa, ma nemmeno eventualmente avvisare in albergo se capitasse di aver bisogno di comunicare qualcosa.
Nei sessanta kilometri per raggiungere la HWY, passati anche al ritorno in totale solitudine e silenzio, ad una curva a sinistra mi distraggo e allargo un bel po' sulla destra, esattamente nel medesimo istante in cui dall'altra parte sopraggiunge l'unica auto che incontro e che non si vedeva arrivare a causa della curva della strada... rischiamo moltissimo uno scontro che evitiamo per un pelo sbandando un po'... (in caso... come avremmo potuto chiedere aiuto? non certo aspettando che passi qualcuno, opzione altamente improbabile...)
Eccomi di ritorno a Bundy, giusto in tempo, sta proprio venendo buio. Tra un quarto d'ora passeranno gli schoolbus che riportano gli scolari a casa. Il concetto è che non basta offrire istruzione, oltre all'istruzione bisogna anche dare da mangiare e fornire il trasporto gratuito. E' un concetto di civile educazione che qui forniscono le chiese battiste locali, dando questo supporto in particolare alle comunità isolate o in condizioni di bisogno.
Se no per le case particolarmente "far away" c'è la scuola a distanza via radio, o air-school (per quando manca l’erogazione elettrica, ci sono delle dinamo a pedali per far funzionare le radio trasmittenti e riceventi), o per telefono, o tramite videocassette (ma oggi si sta evolvendo o grazie a programmi tv interattivi, o tramite computer via internet, o con skype in videolezioni dal vivo, in collegamento simultaneo con altri allievi isolati). L'educazione a distanza è nata qui in Australia e la praticano da molto molto tempo.
Per l’immenso outback , cioè per quelli che sono “tagliati fuori”, ci sono da molti decenni servizi radio oppure tramite areoplanini biplano, come per i Flying Doctors. A tenere i collegamenti c’è anche tutta una rete nei vari outposts isolati di radiotelegrafisti “pubblici” che fanno da tramite o da diffusori per qualsiasi necessità, e ci sono i cosiddetti postini del deserto. E’ molto sentito il senso di mateship, di solidarietà con questi coloni. D’atra parte anche nei vasti campi di lavoro nelle fattorie, si esce sempre con un walkie-talkie in tasca (che qui erano diffusi già negli aa. 50). 
Nei territori dell’interno ci sono anche dei vagabondi erranti, e anche degli “uomini del bush” solitari per scelta, chiamati bagmen, che non sono dei pionieri, caso mai se hanno necessità di soldi allora fanno le guide, o scouts o escorts.
Arrivato dunque in città mi fermo su una panchina del lungomare a sinistra, per leggere e guardare l'oceano e il tramonto, ma devo scappare via anche rapidamente perché ci sono zanzaroni all'attacco. Ceno al Bistro Pizza Queenslander, con carne e avogado, che lascio a metà nonostante avessi fame, e sia tutto veramente buono, da tanto è pazzesca la quantità…

Martedì 18
Ultimo giorno in Queensland ahimé...!
Il tempo è a dir poco perfetto: sole forte, cielo sgombro e alto e azzurro, aria fresca, mare piatto, fermo e blu, che altro? ah, sì, al solito visibilità nitidissima.
Penso che oggi il "nostro" catamarone per l'isoletta,  filerà via liscio e arriverà in meno tempo, ma oggi sì che ci sarebbe voluta una gran bella spalmata di sunscream.
Dunque si chiama Marina la zona con porticciolo, e Esplanade il lungomare.
Di nuovo vado in giro a zonzo (= to stall around dicono gli aussies). Vedo un quartiere con case di tipo coloniale, di legno, con balconate istoriate, chiesette, e tutte costruzioni basse di un solo piano (o proprio al massimo con un piano rialzato), colorate di giallino, o verdino, o rosato. Ho visto un piccolissimo zoogarden, il parco lungo il fiume, e un enorme parco con giardino botanico. Incontro un altro tipo di tacchino selvatico, a  piccoli quadratini bianchi e neri, e un uccello grande nero con la testa rossa, e altri uccelli bianchi e neri. Tutti belli.
In centro ci sono tanti caffé e negozi, ma il mercato invece è scarso. C'è in giro poca gente, mi sembrano un po' sempre quelli. Tutto -come già dicevo- qui scorre lento, molto tranquillo. Per certi versi è un po' una cittadina provinciale tipo la famosa Smallville del film.
Ci sono dei ragazzi (ma qui in realtà sono tutti ragazzoni, giovanottoni) con vecchie auto usate, da pochi soldi, scassatone, tipo anni '60.
Ci si accorge che la popolazione è di origini molto dfferenziate e molto mista, e mescolata. Si notano dei contadini che vengono giù in città per fare spese. Molti hanno scarpe piuttosto grosse, o stivaletti, con calzettoni, e calzoncini corti. Diversi hanno delle gran barbe. Anche certe ragazze di fattoria sono ragazzone in shorts con dei gran cosciotti muscolosi, abituate a fare lavori manuali e di fatica.
Ci sono varie persone qui che sono o aborigeni o misti-aborigeni, e sono diversi da quelli già incontrati sin'ora, alcuni mix brown, altri color crema-caffé, altri proprio neri, e infine certi meticci asiatico-neri, o asiatico-aborigeni.
Dal 1890 a Bundaberg hanno perfezionato macchinari per il raccolto della canna da zucchero. Dagli scorsi aa. '60 Bundaberg è il maggior produttore mondiale dei derivati da canna da zucchero. Ieri tornando ho proprio notato l'immensità delle piantagioni di canna. Se si dovesse appiccare un incendio, magari per autocombustione (come è già successo) ne deriverebbe subito una tragedia apocalittica (oltretutto quasi tutte le costruzioni sono in legno), inarrestabile...
Il padre di Sue (quella della rent-a-car Thrifty) mi accompagna a Bargara con il suo camioncino per prendere la mia borsa, e quando scendo dimentico sul suo sedile il mio libro che sto leggendo sul Menone di Platone. Quando me ne accorgo telefono a Sue in ufficio per dirglielo, e lei mi risponde che ci penserà lei stessa domani a passare in aereoporto e lasciarlo là per me...!  (incredibile). Di nuovo vado al Bistro a mangiare, e prendo questa volta dei bei spaghetti alla carbonara fatti come si deve, e poi mi faccio una lunga passeggiata sull'esplanade.
Come sempre l'aria è proprio trasparente, come pure l'acqua, si vede benissimo tutto sul fondo, anche da lontano, e quindi con sguardo in obliquo, "di sbieco"..., e poi come già detto c'è quella luminosità particolare (il nitore) che fa proprio risaltare i colori, rendendoli più vividi. Sulla spiaggia ho rivisto i pallini di sabbia espulsi dal ragnetto (o insomma dall'insettino) che sta facendo il suo buco per terra, e che hanno una certa loro disposizione... era da un po' che non li stavo ad osservare.
Stavo assicurandomi di richiudere bene il coperchio di un bin di rubbish (= bidone per la spazzatura) e mi son chiesto: ma non è forse un po' assurdo che io mi stia a preoccupare se un bin è mal chiuso in un lontano paesino chiamato Bargara della contea di Bundaberg sulla costa del Queensland centro-orientale, in Australia...!!???, davanti a cui non sarei mai più ripassato in vita mia ? allora di quante cose mai mi dovrei preoccupare? e quanto dovrei preoccuparmi? ma nello stesso modo ciò vale anche per un cassonetto italiano qualsiasi? è possibile questo? è sensato? (io in linea di massima direi di sì)...
Alla sera le strade appena fuori dal "centro" non sono illuminate, se non certe, ma proprio al minimo indispensabile (o forse meno, con un lumino giallino fioco fioco). E questo accade anche in città, a Bndbg. In questo modo però le stelle si vedono bene e sono luminosissime, belle cicciotte come un faretto, e si vedono perfettamente le costellazioni, come in alta montagna o in certi paesini al mare, e questo è molto bello!, tanto che in breve diventa una abitudine e quindi una necessità quando si avverte che la cosa ci manca.
Qui il bankomat è fatto in modo che non ti può trattenere la card (e mi sembra giusto). Il Bargara Golf Club è già chiuso (sono le 8 e 10 pm.) con il suo ristorante... allora mangio  "da me" al "don Pancho": un ottimo dinner.

Mercoledì 19 giugno
Il taxi della Bundaberg Cab Co. ritarda, e io sono qui al buio: è prima dell'alba... e fa freddo, ho ancora il pigiama sotto, e vari strati di magliette (non mi ero attrezzato per questa eventualità  facendo la valigia). Ah, ecco... siamo arrivati giusti giusti appena in tempo (anzi, qui dice che è mezz'ora prima...). Vado in bagno, telefono, mi faccio la barba. Qui anche gli impiegati distintissimi hanno i calzoncini corti e la camicia a maniche corte, e dei calzerottoni...
La ragazza della Thrifty, cioè miss Sue, gentilissimamente mi ha davvero portato qui il mio libro su Platone che avevo dimenticato nel camioncino di suo padre... che carina! e qui gentilmente l'hanno tenuto sino al mio arrivo e me l'hanno consegnato! La faccenda del biglietto elettronico (e-tiket) che per me è una novità, funziona benissimo. Partiamo con volo "Sun State" (un sussidiario regionale della Qantas). Stessissimo aereo tipo turboelica, con piccoli box sopra, con elastico, segnali uno per tutti, la hostess che chiacchiera coi piloti e porta loro da bere e un spuntino...
Dall'oblò si vede bene (voliamo piuttosto bassini) che ci sono tante farms di agricoltori, distanziate tra loro, e grandi pascoli per le mandrie, e poi tanta tanta tanta foresta, e aree disabitate molto vaste, magnifiche spiagge deserte, fiumi, territri vuoti, o casolari sparsi.
A Brisbane telefono, faccio il check-in con la Virgin, e poi vado in bagno a questo punto a togliermi il pigiama e i vari strati di magliette e maglie, e la giacca....

RUUP4IT? CUL8R! GO4IT! GR8ESCAPE; RUON4FUN?CUM8! BCNU?
Ecco un po' di slang aussie in sigle da sms, o/e anche in scritte da cessi (gli aussies sono maniaci delle sigle).
Finalmente arrivati a Cy-Ny! cioè a Sidney! Tra l'altro sulla Sunstate han dato un "cake" tipo muffin che sembrava fatto in casa, quasi ci fosse una signora che rifornisce i voli di quel suo dolcino; mentre sulla Virgin, non mi ricordavo, se vuoi qualcosa lo paghi come fossi al bar.
Parto poi con il grande volo di ritorno Qantas, ciao a tutti e a tutto.

Dall'oblò si è visto l'immenso oceano pacifico al largo. La baia di Sidney è piena piena di barche a vela e yachts vari. La contornano dei centri satellite. Si è vista bene dal finestrino anche l'università, e la Opera House, dei vecchi colleges, i ponti, eccetera. Sidney è su varie colline, e fuori ci sono parchi, foreste, grandi fiumi, ... è proprio tutta un'area vastissima molto bella.
Gran finale extrasuper! siccome di fatto "inseguivamo" il tramonto, c'era luce sempre mentre passavamo per ore attraverso il centro del continente (dall’est all’ovest dell’ Australia c’è la stessa distanza che da Londra al Cairo). Abbiamo volato proprio across the Red Centre!... E così ho visto un'altra Era, l'era primordiale dell'alba del pianeta e della vita, con quel rossore all'orizzonte. Ci sono delle onde di roccia lunghe kilometri e kilometri...affascinante! e zone verdastre, zone con dei rilievi appena appena leggeri, insomma è come guardare un plastico per delle lezioni di geologia e di storia naturale dell'Australia. Ma sembra anche come certe immagini "trompe l'oeil" in cui non sai bene se vedi un crepaccio, o un rilievo, o un canyon o una catena montuosa... E poi alla fine c'è stato proprio l'effetto optical alla Escher, per cui una certa immagine svanisce e riesci a metterne a fuoco con l'occhio un'altra, una non è la realtà e l'altra è la realtà, e fanno parte dello stesso disegno, l'una la vedi in quanto c'è l'altra. 
In questo immenso cuore centrale ci sono solo alcune stazioni scientifiche. Ho visto Marte! sì ho visto Marte... con le righe, i canali secchi, quel territorio marziano in cui fanno le esercitazioni per i film di fantascienza. Ho visto l'inizio, sì l'inizio di "2001 Odissea nello spazio", ma con il sottofondo del rumore del motore dell'aereo, l'ho visto dall'oblò... erano diciamo le scene di poco prima che si vedesse la pietra nera. Gli aborigeni sono gli unici al mondo a possedere le conoscenze per riuscire a viverci. Una sapienza antichissima straordinaria.
Alex Ugron, 2009_0823Darling0043.JPG  da: picasaweb.google.com/

Ma... basta girare appena appena lo sguardo, che qui chiusi dentro vedi decine di schermi piatti a cristalli liquidi o al plasma, che a colori trasmettono tutti cose diverse ognuno per ciascuno spettatore ipnotizzato, dai film ai documentari, ai videogiochi, alla tv, videoclips, concerti di musica classica, ... ognuno ha accesso a files differenti che pesca dalla memoria centrale (quella un po' terribile di Tron). Insomma era la prima volta che osservavo queste cose: sin'ora (2002) sugli aerei di solito  c'era solo uno e lo stesso filmetto di intrattenimento eguale per tutti, e basta, proiettato sul grande schermo in fondo al corridoio. Ciascuno invece qui in effetti vede le immagini che vuole... e si illude che è quello che vuole lui perché lo ha scelto tra le proposte della memoria centrale che ti fa scegliere solo tra quello che ha scelto lei (ovvero chi la ha programmata). Gente di tutto il mondo, di tutti i colori e le lingue, mentre vola a più di mille kilometri all'ora sospesi a diecimila metri di altezza, mentre ordina il suo pranzo... 
e nemmeno si accorgono che sotto c'è Uluru - Kata tjuta la sacra Grande Roccia Rossa primordiale, di 600 milioni di anni... L'aereo è come un pezzettino, una scheggia, un frammento di metropoli...  che sta su per aria, e noi siamo dentro alla carlinga.

Bye now, 
Adesso ciao Australia, 
certi ti chiamano "the best place in the World", certi altri dicono che solo qui si può realizzare il mito della "easy life", ..... (e c'è anche non poco di vero in tutto ciò...)
comunque per ora farewell, good-bye
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letture consigliate: 
tra i romanzi: Sally Morgan, My Place (1987), La mia Australia, Bompiani, 2000
Bruce Chatwin, Le vie dei canti, tr.it. Adelphi, Milano, 1995
Bill Bryson, Un paese bruciato dal sole, tr.it. TEA
Marlò Morgan, E venne chiamata due cuori, tr.it. Rizzoli, Milano
Marlò Morgan, Il cielo, la terra,  e quel che sta in mezzo, tr.it. Rizzoli, Milano
R. Davidson, Orme - una donna e quattro cammelli nel deserto australiano, Feltrinelli UE, 1993, 2002
gli studi:
Pedro Ceinos, a cura di, Minorias etnicas, casa editrice Integral, 1989, trad. it. Atlante illustrato delle minoranze etniche, Red edizioni, Como, 1992, cfr. pp. 69-75 sugli aborigeni
A. Del Fabro, Atlante dell'Uomo - Popoli tribali, Demetra, Verona, 1999, pp. 46-50
e
M. Baraldi, L'ultima terra: la cultura australiana contemporanea, Carocci, 2002.

Tra le guide di viaggio, quella di Roberto Cattani, Australia e oceano pacifico, della editrice Livingston&Co, di Milano, uscita nel 1999

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carlo_pancera@libero.it

questo diario è presente anche sul sito di "Viaggi & Miraggi",
 http://www.viaggimiraggi.it/Diari/
e sulla loro pagina FaceBook
https://www.facebook.com/pages/Viaggi-Miraggi/301817333180091
al link: http://www.viaggimiraggi.it/Diari/?number=51

e anche su http://viaggiculturali.wordpress.com/

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