lunedì 19 settembre 2011

altra segnalazione

A malincuore mi rendo ben conto che la segnalazione di ieri di quel testo di Hesse, poteva sembrare a certe persone un po' pesante e impegnativa. In effetti è un testo di ottant'anni fa e che risente molto dell'epoca in cui fu scritto e per cui fu scritto. Quindi quella che vi proponevo era una lettura non facilissima, e non so quanto oramai più godibile da un pubblico giovane. Purtroppo ahimé mi rincresce ammetterlo perché per me questo testo del mio amato Hesse è stato fondamentale, come il Siddharta, Demian, Il lupo della steppa, e Narciso e Boccadoro, Knulp, Il gioco delle perle di vetro, e le leggende e fiabe, ecc., testi che mi hanno segnato, mi hanno colpito profondamente e hanno lasciato in me un segno indelebile, una impronta. Ma questo librino in particolare al giorno d'oggi non è facilissimo da leggere. Pazienza, vi invito comunque a leggere gli altri suoi se ancora non l'avete fatto.
Quindi oggi vi segnalo letture più scorrevoli, per esempio François Lelord, Il viaggio di Hector, o la ricerca della felicità, 2002, trad. it. Corbaccio editore. Dove l'interessante per noi è il fatto che sembrerebbe suggerire che è il viaggio ciò che ci da felicità, perché si dice "o" e non "alla", e qui sta l'importanza della differenza tra un oggetto che ha una sua esistenza, che si può raggiungere e conquistare, di cui si può entrare in possesso, ed invece la o, che sta per ovvero, scelta da Lelord, che implica che è un processo e che questo è il viaggio stesso. La differenza dunque non è indifferente. La ricerca della felicità è il viaggio, anche perché di certo si sa che c'è la ricerca, assai più nebuloso è se ci sia e cosa sia la felicità, e forse tra le tante possibili definizioni, una è che appunto la felicità è la ricerca, l'atto del ricercarla. Ma se leggerete questo delizioso libricino, di questo psichiatra francese che si dimostra un abile affabulatore, ne leggerete parecchi di elementi costitutivi della felicità, ma quel che più conta è che vedrete subito che il tono leggero della favola è quello che impronta tutto il testo, e inoltre che Lelord è dotato di notevole senso dell'ironia, che in questo caso si intuisce essere una simpatica capacità di autoironia.

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