lunedì 29 ottobre 2012

post viaggio India '78, (6) riflessioni

§. Back home 
12 settembre 1978
PAK! il reimpatto a rovescio comincia a farsi sentire già sull'aereo Thai come con delle bottarelle a piccoli colpi distanziati nel tempo... Mi accorgo che mi è venuto spontaneo il dare del tu anche a persone "per bene" con loro sconcerto, poi il fatto di non aver voluto chiedere il latte nel caffé per non creare confusione chiedendo troppe cose, e per non rischiare che facciano errori (in realtà non si rischia proprio nulla, e poi la hostess capisce benissimo), l'affrettarsi a chiedere tutti e due una coca senza ghiaccio senza correre alcun rischio (in realtà non si rischia proprio nulla, e poi la hostess capisce benissimo), il sentirsi puzzare di muffa, il sentirsi spettinati, il trattenersi dal chiedere al vicino che avanza il suo piatto, se te lo passa....
I formalismi.... L'assalto dei formalismi da rispettare e più in generale la pressione di tutta una cultura, una civiltà (che è la tua) con le sue sovrastrutture mentali e comportamentali, si fanno sentire, si avvertono, si percepiscono. 
In fondo là eri fuori contesto, eri un estraneo in quel mondo, pur essendovi immerso, e lo osservavi da spettatore incantato (o disincantato) , anche un po' da "giudice"; qui invece sei coinvolto nel profondo, e ti senti irretito (o comunque io mi sento così ora più che mai) tanto quanto prima magari ti sentivi "libero" o "liberato", prosciolto. 
In aereo guardo nel mio borsello che mi sono sempre tenuto stretto, e vedo che c'è dentro ...... l'India, ancora, c'è un pezzetto d'India nel borsello ! che poi si concretizza in un certo odore, in un ammasso assurdo di oggetti sporchi e puzzolenti, e di canottiere incredibili beige-grigiastre di "scorta", di carta "igienica", di preziose forbicine (perché difficili da ricomprare), eccetera, fazzoletti, portamonete, tutto affastellato e mi accorgo che è un po' disgustante... 
Troppo cibo sull'aereo, siamo disabituati, lo avanzo (!), pur essendo buono e igienico, e già mi rendo conto che mangio più per gustare il sapore che per altro. 
E poi anche qui c'è l'impatto climatico, qui a metà settembre ci sono già giornatine fresche, come mai neppure in Nepal di notte. Per fortuna abbiamo portato con noi le scarpe e delle magline. 
Al bar della Stazione Termini mi tracanno (ho la gola secca per l'AC) il primo favoloso bicchiere d'acqua fresca naturale (=di rubinetto)...! E poi viene su un po' di esaltazione patriottico-occidentale andando con la corriera dall'aereoporto alla stazione, non potendo fare a meno di osservare la pulizia, l'ordine, la razionalità, che ci circondano: siamo ricchi....
In stazione prima di partire c'è un gruppo di romani che fanno della caciara, così solo per far casino; questo in India mai!

Ricordo tra le persone incontrate: Roberta Morelli e Riccardo Magnelli di Firenze; Dario Borso di Bassano; Giancarlo Narciso di Milano; Francesco Gandini anche lui di Milano; John Salenius e Nigel Sellman; Paolo Còzzula e Danila Zambotto, di Padova; Gianni De Meo, di Roma; Lolita Queralt Gimeno e Sylvia di Barcellona; lo svizzero Lüthi, di Berna; Sarah Hudspith e Alain Richard; Thomas Jurisch e Cecilia Cagnola, di Milano, e altri di cui non so più il nome. Grazie per averci accompagnato in pezzi di questo viaggio e aver condiviso esperienze e pensieri.

§. going backwards & recalling by mind
Cinque giorni dopo, a Ferrara il 17 settembre Annalisa si toglie i sonaglini d'argento dalle caviglie, qui non sono più portabili...
Questo nostro è il mondo delle separatezze, e delle specificità. Separatezza da tutto ciò che non è conforme alla media. E' il mondo di adulti umani "normali" che si segregano in loro ambienti urbani specifici a loro immagine. Nevrotici in ambienti nevrotizzanti. Tutto è predisposto, tutto è studiato, organizzato, deciso e impostato a priori. I bambini vivono chiusi nelle loro scuole e classi scolastiche per fasce d'età precise; i malati chiusi in ospedali in reparti specifici; i fuoriditesta in cliniche psichiatriche; i disgraziati negli ospizi; gli animali tenuti stretti al guinzaglio per il proprio diletto o espulsi fuori dalle città in ambienti geografici specifici, nelle stalle o altri luoghi appositi, a svolgere le loro funzioni, più che altro riproduttive per fini produttivi (=cibo, pellame ecc), ad esistere solo in quanto utili e/o utilizzabili. Tutto il tessuto relazionale naturale è spezzettato, separato, stracciato, e ordinato, il tessuto sociale che si costituisce in funzione della bolla ecoambientale che ci conviene.
E con le separatezze, le specificità: ci sono luoghi e anche tempi specifici per ogni cosa e azione, non si può derogare, è altrimenti riprovevole e sanzionabile.  Ognuno dunque si autocolloca e si autoregola di conseguenza, per non essere riprovato, rimproverato, rifiutato, ridicolizzato, respinto dagli altri che lo controllano, e che anche lui dovrebbe controllare a sua volta. 
Si fa così, non cosà, lo si può fare qui e non là, solo ora e non in ogni momento, ci sono occasioni e modi opportuni per non essere inopportuni o importuni.
Mentre nella dimensione del viaggio, del viaggiare libero, non è così. Sei fuori contesto.
Qui da "noi" invece tutto diviene funzionale a qualcos'altro, e solo così l'intero meccanismo si mantiene in moto, e va ben lubrificato perché non si inceppi. Tutto riceve significato, viene dotato o meno di senso se è visto in funzione di ... Se no è insensato, è insulso, perché è privo di significato, e di senso in sè stesso, di per sè, non ha un valore intrinseco, quindi viene espunto. Non ha ragione d'essere.
Si va in un posto in un preciso momento perché c'è una ragione per questo, ci si mette in azione col fine di fare una certa cosa che lì si fa e là no, e la riprova della sua correttezza la si misura con il risultato, si agisce soltanto per i risultati. L'azione la si compie in un luogo e in un momento dati per poter dare poi senso al trovarsi in quel luogo in quel momento in virtù dei risultati. Non è concepibile nulla di gratuito.
Bisogna concludere perché non si può rimanere a lungo, troppo a lungo, facendo quella cosa, bisogna poter passare ad altro altrove, in altra situazione e contesto, per dar luogo e tempo ad altre faccende con ulteriori finalità. Si deve sempre essere costruttivi, proficui, realisti, razionali.
La mia India è l'indistinto, il non necessariamente razionale e giustificato, è la grande esposizione della vita e del mondo, è il mercato-piazza-salotto-foro permanente, la società dello spettacolo fine a sè stesso, della creatività, della prova di coscienza intuitiva, e anche dello stordimento spiazzante, della impotenza, e della libertà.
Massì! le abbiamo viste foto dell'India, e certe immagini proprio di quel posto lì .....
Le immagini, cosa sono mai se sono senza odori, suoni, o meglio in questo caso più che altro puzze e rumori ? cosa sono senza il caldo, l'umido, il nuvolo, il clima, l'oppressione atmosferica, il bagnato, lo sporco, il sudore, il movimento, l'intralcio, e tutto l'essere in situazione? E comunque chi guardasse una immagine anche completa di tutto questo, sarebbe sempre uno che è in un altro stato d'animo e che osserva senza esserci, senza compartecipare e condividere, senza sentirsi profondamente parte e partecipe, ma essendo esterno, e volendo estraniarsi almeno un poco. E' così, è un estraniato, e l'immagine non è per lui nulla d'altro se non uno stimolo a suoi pensieri in gran parte già pensati. Non si sente coinvolto e soprattutto spinto a dover interagire...

Son passati già quasi quattro mesi, e ora, dopo che anche i sedici giorni lungo il Nilo in tenda sono  finiti, e dunque domani saremo di nuovo a casa nostra, dentro la routine quotidiana, ecco che a Il Cairo domenica 7 gennaio 1979 io mi tolgo anche i laccetti (sporchi e consunti) che mi avevano messo al polso a Benares.  finis finorum...

§. 3 che cosa ha rappresentato per me questo viaggio

Siamo stati là due mesi e una settimana, con pochi soldi (a parte il biglietto aereo che trovammo a un prezzo eccezionale, avevamo da spendere 115 mila lire a testa, più dei soldi dateci dai genitori da usare per emergenze urgenti, da non toccare mai), sempre in giro: è stato un viaggio "particolare". Non so se ricordate quelle riflessioni sul viaggio che facevamo con Gianni De Meo a Madras e Mamalllapuram, e di cui ho riferito più sopra...
Di questo viaggio in India quel che conta veramente è alla fine il confronto con sè stessi, l'autosservazione delle proprie reazioni riflesse nei confronti del paese, della società, della sua cultura e spiritualità, e della sua gente. Ognuno alla sua maniera, con i propri problemi e la propria mentalità, ad un certo punto deve uscire "allo scoperto" e confrontarsi col prossimo.

Sul piano meramente turistico questa è certamente una vacanza interessante per tanti motivi, ma nella prima parte del viaggio specialmente, mi è interessato altrettanto analizzare le mie reazioni. Il rigetto di fronte al gran disordine, alla sporcizia eccessiva, e alla mancanza del concetto stesso di igiene. Mi sembrava prima che queste cose non avessero per me molta importanza, che ci fosse una grossa capacità di adattamento. Anche il tipo di mangiare di un determinato paese in fondo ci era sempre andato bene e anzi provavamo un certo disprezzo per un certo tipo di persone per nulla adattabili, per es, per gli ospiti di certi hotel che criticavano il cibo e il servizio (e in parte con ciò giudicavano negativamente un paese). Invece ho osservato che forse si tratta solo di una questione di differenza della soglia di sopportazione.
Ci portiamo dietro la nostra educazione, anche su queste cose apparentemente di poco conto, che invece fanno parte di noi sostanzialmente. Le mille piccole cose di cui non riusciamo a fare a meno, a cui non riusciamo a  rinunciare troppo a lungo, e altre che acquistano una dimensione diversa a quanto si presupponeva...
Ad esempio, diceva Dario Borso che a lui mancava molto l'ascolto di musica classica, a cui è abituato, e che qui non è proprio possibile sentire (lo dicevano anche gli anglosvizzeri ad Udaipur).

Un altro esempio è nella sopportazione di chi ti importuna perché vuole, esige da te, la carità, un regalo, una mancia, dei soldi. E ti sta appiccicato sinché non cedi. Oppure quelli che non smettono mai di contrattare e di offrirti un oggetto che non ti interessa o non ti piace e non sai come farla finita con loro. In realtà sono persone che invece di chiederti la carità ti danno una cosa qualsiasi in cambio, ma in definitiva vogliono i tuoi soldi perché ne hanno un disperato bisogno e ritengono che tu ce li abbia e che tu ne abbia molti di più di quelli che ti servono. Ricordo un lustrascarpe che voleva lustrarmi i vecchi sandali che avrei gettato alla fine del viaggio, e io dicevo che non ha senso lustrarli, che non mi interessa, e che non voglio. Ma lui non mollava, e in realtà aveva bisogno di un po' di soldini, ma non voleva carità.
Come siamo stati male, male dentro, un giorno che un padre di famiglia che girava col suo ragazzino per chiedere delle monete e che ci ha abbordato, ma noi le avevamo finite le monete, e le banconote che avevamo con noi erano ben nascoste, e anche non ne avevamo più di tagli piccoli, per cui non volevamo né tirarle fuori, né dargli una banconota. Così non sapendo più come dirgli "non ne ho", "non posso darti nulla", perché non ci credeva e comunque non gli importava capire le tue ragioni; non desisteva neanche spiegandogli che con noi avrebbe sprecato il troppo tempo inutilmente e che era meglio per lui se si dedicava a qualcun altro (ma probabilmente neanche sapeva l'inglese...); allora ci siamo messi a correre pensando che così avrebbe capito che con noi non c'era nulla da fare, e cercando di seminarlo, e lui invece ci è corso dietro, e alla fine ci siamo nascosti dietro a delle colonne e lui ci ha trovati .... Robe da pazzi! sarebbe una scena tutta da ridere, se non fosse tragicomica. Ci siamo poi molto a lungo interrogati su quel che avevamo fatto.
Il fatto è che se tu dai a un ragazzino subito ne arrivano altri dieci che lo hanno visto, e non puoi dare a tutti, né passare tutto il viaggio così, a dare e dare a ogni passo. E dunque la conclusione è che per te il fare questo tuo viaggio con quei soldi che ti sei portato, è più importante del confrontarsi, raffrontarsi con la povertà anche estrema. Sei disposto a dare solo fino ad un certo punto, e ognuno ha un suo metro variabile. Da allora ho sempre avuto consapevolezza del mio grado di egoismo. Non tutti nascono santi, o madre Teresa di Calcutta... Ma non è facile da accettare questa immagine di sè.


In India nel 1978 si vedono moltissime persone che dormono in strada, pagando pochi paisa (centesimi di rupia) per una branda all'aperto, oppure dormendo sui marciapiedi, o che vivono proprio in mezzo a una strada, sotto un telone con tutta la famiglia, o/e che soffrono la fame (anni fa -1966- si lanciò anche in Italia una sottoscrizione per combattere la fame in India; e l'anno scorso una per aiutare le vittime del ciclone), si vedono in giro malati, menomati, lebbrosi .... abbandonati a sè stessi, che mendicano, e sono così tanti che non so se mai in futuro potranno risolvere il problema della estrema povertà, della miseria e della emarginazione.... Si pensi che a Calcutta le persone senza casa, o comunque senza dimora, sono il 10 per cento, e a Bombay il 7%, mentre quelli che vivono negli slums (cioè in baraccopoli o tendopoli) a Calcutta sono il 35% e a Bombay il 38% .... (mentre a Madras negli slums sono 31%, ma per strada, cioè del tutto homeless, sono pochi...). Avere visto direttamente di persona tutto questo sfacelo, questa miseria materiale e morale, è stato un vero shock.
capanne di paglia addossate a un muro, a Calcutta
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Qui ci si rende conto (se uno sta facendo un percorso un po' alla ventura e con pochi soldi) che non si parla più del pranzo o della colazione o della cena, ma si parla -quando ci si incontra- del cibo, del mangiare, a volte non si nominano neppure bar, trattorie, ristoranti o altro, ma luoghi per mangiare. Si parla di cibo in generale, ci siamo cibati di ..., il cibo oggi era decente, o saporito, e si parla della sua digeribilità, del suo essere commestibile... si parla di digestione e problemi annessi e connessi, e quindi anche delle funzioni fisiche, e se ne parla con gran semplicità anche con persone mai viste; tu come vai di corpo? fai abbastanza pipì? che cosa bevi di solito? ecc.

Si mangia poco, sia perché non è tanto buono, sia perché dopo un po' ti stufa, sia perché è troppo piccante, sia perché non è facile trovare un buon posto per mangiare, e a un livello economico; per cui praticamente si mangia di solito una volta al giorno, e non poi proprio tutti i giorni. Dopo un po' non si ha più nemmeno tanta fame, sopraggiunge una certa disappetenza. Anche perché fa caldo, ti si è ristretto lo stomaco, si va di corpo abbondantemente, a volte l'igiene è "un po' carente", a volte devi saltare per forza (sei in bus ad es.), insomma poi ti abitui a poco, e ti basta.

In India si scopre anche il rapporto col proprio corpo, che è un rapporto totale, non limitato solo a certi momenti, ad es. quando si richiede uno sforzo, o quando ti si richiede un dispendio di energie, magari per un fine ludico, ci sono occasioni in cui hai bisogna di avere fiato, o una spinta vitale particolare, il che non si limita a occasioni di fatica, o sportive, o di carattere sessuale, ma riferendosi al corpo tutto in ogni istante, nel suo pieno esercizio delle sue facoltà, o anche semplicemente nel suo corretto funzionamento, e nella sua stessa prestanza e presenza, ed in quei momenti in particolare ti identifichi finalmente con tutto te stesso, pensiero, volontà, spinta, carica energetica, ecc.
In India molti motivi possono mettere in crisi questa relazione, perché non tutto ti viene così senza averne consapevolezza, spontaneamente, o per il caldo afoso, o per il sole forte, o per la mancanza di cibo adeguato, o per un anche leggero malore o indisposizione, per la spossatezza dopo troppe scariche di diarrea, o per non aver dormito e riposato bene a sufficienza, eccetera, un leggero mal di denti o di gengive, o della polvere negli occhi, eccetera. E allora scopri anche nella vita quotidiana e nel normale esercizio muscolare per il camminare, o altro, che dipendi dal corpo, non riesci nemmeno a pensare correttamente se stai troppo a lungo sotto il solleone (una volta nel cortile di un tempio sono svenuto per un colpo di sole), o a camminare normalmente in una grande corte di lastroni di pietra avendo dovuto entrarvi scalzo, cioè non ti basta la volontà, la presa di decisione, l'entusiasmo, ti possono sì aiutare ma nei limiti consentiti dal tuo corpo. Questo nella nostra vita quotidiana nei paesi del benessere non ci succede che molto raramente, in casi eccezionali, o per motivi sportivi o amorosi, o altro, mentre qui puoi sperimentarlo anche ogni giorno, nella banalità del vivere quotidiano e dei suoi atti.

Una volta c'era così caldo che non potevo misurare la febbre con il termometro a mercurio sotto l'ascella. E' una strana sensazione quella di sentire di avere la febbre, ma di non essere più caldi del calore esterno. Che sensazione particolare...  essere caldi nel caldo, nel più caldo...

Sentirsi dentro, un corpo che è tutto "pieno", e non è solo un involucro, ma è pieno in quanto fatto di interiora e non solo di ciò che si vede, ed abbandonarsi al languore e alle sensazioni fisiche varie che ti vengono dal di dentro, e che ti suggeriscono di guardare al tuo interno e fare mente a loro, non più solo alla esteriorità, allora ti rendi conto che "loro" sono te, e tu sei "loro". Non puoi più dire mi succede questo, non so perché faccio certe cose, mi è venuto quel pensiero, o quello scatto, quel gesto... sei fatto così, con anche i tuoi familismi generazionali, hai un tuo corredo genetico, hai una certa conformazione organica, disponi di quel corpo, e di come è in questo momento, con il tuo sistema nervoso, il tuo sistema simpatico, i tuoi automatismi, il suo stato di salute, il suo equilibrio elettrochimico, ecc. Bisogna dunque instaurare un colloquio con sè, con la materia di cui è fatto il nostro corpo (un corpo spesso). Questo è qualcosa di differente rispetto al colloquio interiore, al colloquio intimo, che pure è estremamente importante, e che dopo l'esperienza di questo viaggio ho deciso di curare in particolar modo.

Stavamo ripensando a luoghi come Swayambunath o anche Goa, o altri in India, dove sono andati a vivere per un certo tempo o definitivamente non pochi giovani occidentali.
Capisco quel desiderio di non tornare, di rimanere, al limite anche quel piacere del perdersi che abbiamo percepito in certe persone...

La fuga è da rivalutare come scelta. Si da solitamente una accezione negativa alla fuga, dicendo che in sostanza è tutta solo intrisa di illusioni e di miti sui luoghi ove si fugge a rifugiarsi, che vengono caricati di tratti positivi solo per quel che possono rappresentare in contrasto con quei tratti che rifiutiamo della nostra realtà, della nostra società e cultura, a noi anche troppo noti e divenutici insopportabili.
In effetti, se si approfondisse maggiormente la nostra conoscenza della realtà sociale dei luoghi di fuga, ci si accorgerebbe che presentano una bilancia tra positività e negatività spesso non diversamente sbilanciata rispetto a quella realtà che si rifuggiva, e va bene, ma proprio questo mi fa rivalutare, o rispettare la fuga come scelta: solo con la fuga certe persone possono ritornare a poter nutrire illusioni e quindi fruire positivamente di quanto ci offre l'ambiente, e a vivere sè stessi come posti in una condizione accettabile, se pur non desiderabile in assoluto.
Certo la fuga ha con sè la propria stessa negazione, dato che la sua caratteristica principale non può che essere la provvisorietà o la non-normalità.

In altri viaggi in altri paesi non avevo provato questo bombardamento continuo di stimoli, sensazioni, emozioni, curiosità, incomprensione, desiderio di capire ... Semplicemente sentivo parlare una lingua diversa, e vedevo stili diversi dai nostri nelle cose e nelle relazioni sociali, e poi mi piaceva avere visto posti, monumenti, luoghi, paesaggi, eccetera, per soddisfare il mio gusto del bello o per soddisfare la mia volontà di conoscere, di sapere, per il piacere di vedere altri paesi, genti, contesti geografici e umani. E restava la curiosità di approfondire, di sentirmi dare spiegazioni, interpretazioni, suggestioni.

Insomma invece in questo primo viaggio così lontano ho avuto lo shock da spaesamento, che è stato molto importante e proficuo, poi ho avuto modo di vedere con i miei occhi una modalità diversa di vita, una mentalità e una cultura diverse dalla nostra (non solo italiana, o europea, ma anche occidentale in generale, o anche in senso ampio mediterranea) e constatare direttamente quel che avevo studiato in testi di antropologia culturale. Ho visitato, ho attraversato e osservato una società pre-industriale, un modo di vivere, una cultura, di tipo pre-industriale. Inoltre ho visto ad es. una spiritualità e una religiosità differenti da quelle europee e mediterranee, e questo mi ha fatto molto riflettere su cosa sia infine la spiritualità stessa in generale; ho constatato una dimensione diversa del tempo, di come viene concepito e vissuto. Quindi non solo paesaggi e natura e clima diversi dai nostri, ma anche una storia, una architettura e un arte e una musica diverse dalle nostre, e mi sono sentito più profondamente che non in viaggi in paesi circonvicini, in una dimensione di Altrove. L'altrove dunque è fatto di lingua, religione, cucina, arte, storia, filosofia, medicina, musica, danza, paesaggi, quindi di altri spazi e altri tempi, di usi e costumi, e mentalità, rapporti sociali, e insomma di tutto ciò che contribuisce al tuo senso di identità, in quanto sono gli elementi con cui ti identifichi totalmente e in quel quadro costruisci la tua stessa personalità, esprimi te stesso servendoti di quei mezzi, quei modi, quegli strumenti, come tuoi, considerandoli come quelli ovvi, normali e comuni.
Quindi tutto ciò mi ha stimolato per viaggi futuri, ad andare a vedere comunque non solo  monumenti o volti, e bei costumi, ...e ho constatato che comunque l'essere in un Altrove ti stimola a certe riflessioni, su tante cose, e anche su te stesso, più che non il semplice vedere luoghi.
Infine come ho già detto più sopra, mi ha shockato il confronto con la miseria, con la fame, con la povertà più estrema; e anche mi ha schockato il dover confrontarmi con le mie reazioni, e così conoscere un aspetto di me stesso. Tutti in India debbono risolvere a proprio modo il confronto con questo problema: del dare o non dare, e di quanto e cosa dare, e provare a toccare con mano quanto è ferreo il limite che si sono autoimposto. Tutti comunque fanno passare con priorità davanti a tutto, l'imperativo di compiere il viaggio per cui sono venuti fin qui, anche a scapito di chi ha necessità urgente della tua carità... e non si tratta di personaggi di una foto o di un documentario su un luogo lontano e sconosciuto, ma di persone reali e viventi che sono lì di persona di fronte a te...



L'India ti respinge (per la mancanza d'igiene, per la sporcizia, per la miseria, per le malattie, per le infezioni che ti puoi prendere, l'odore di stallatico, la puzza di fiori marci, ecc.) e nel contempo ti cattura, ti trattiene, ti ammalia e ti affascina, o per lo meno ti incuriosisce, e comunque ti interroga mentre la interroghi. E più approfondisci e più scopri una spiritualità e una cultura ricchissime. Ma che cos'è dunque questa India mista di immaginario tuo e di realtà sue ? è la tua, non esiste l'India in assoluto, tante sono le sfaccettature di quella realtà che è impossibile semplificare e ridurre ad unità. 
Giustamente il traduttore e curatore dell'antologia di Arthur Schopenhauer sui suoi viaggi in Asia, l'ha intitolata in italiano "Il mio Oriente". 
Effettivamente visto in questi termini, ognuno ha la sua India (anche H.Hesse diceva qualcosa di simile). E ognuno compie -come si esprimeva il reporter Giorgio Manganelli nei suoi articoli sulla rivista "Il Mondo" nel 1975- un "Esperimento con l'India"... tutto suo, molto personale...

Vieni in India, avrai la "tua India", e non avrai altra India che la tua... e nessuno potrà cancellarla né togliertela.

F i n e


 uscito nel giugno 1979


per la lettura completa delle otto puntate su questo viaggio del 1978, vedi:

Pakistan (9.sett.12); poi Amritsar - Old Delhi (5.nov.12); poi Rajahstan - Agra - Benares (6.nov.12); quindi il Nepal (1.dic.11); Calcutta-Madras (24.ott.12); a Goa (25.ott.12); e su Bombay e Elephanta, con il rientro via Karachi ( 26. ott. '12); e infine il presente scritto per le considerazioni post-viaggio ( 29 ott. '12).

già avevo pubblicato su questo mio Blog le foto del nostro viaggio in India compiuto nel 2004 nell'India Nord-Ovest (vedi le 18 puntate tra  la fine di ottobre e l'inizio di novembre del 2011). Mentre per il diario del nostro viaggio compiuto nel 2006 nell'India del Sud, con anche la visita di quattro differenti ashrams (luoghi di ritiro spirituale) vedi il post del 26 luglio 2011.

1 commento:

  1. Page forte lettura simpatica e facile. Questo sito non è veramente male, così come gli articoli presentano abbastanza buon commercio all'ingrosso, buona continuazione!
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