sabato 24 marzo 2018

5, sud della Tunisia (nel 1976)

Viaggi passati, puntata n. 5, nel profondo Sud tunisino (nel 1976), partiamo da casa il 10 e lasciamo l'Italia col traghetto la mattina del 13 luglio, e ritorneremo a Tunisi lunedì 16 agosto, per fermarci un paio di notti, e poi ritornare a casa.

Anche qui mostrerò foto di una generazione fa, cioè di quarant'anni fa, ma la loro cultura ancora oggi sopravvive, anche là dove è celata sotto nuovi abiti, o nuove abitazioni...

In quegli anni andare in Tunisia non era semplice come oggi. Partiamo da Trapani dove abbiamo imbarcato la nostra auto nella stiva, e preso il traghetto della linea Grimaldi, che faceva il percorso, poi là abbiamo girato con la nostra macchina prenotando alberghi o camping per telefono.
Ci siamo procurati in banca un po' di franchi francesi, e di "lettere di credito" e muniti di una "carte blanche" per poter andare a cambiare in dìnari tunisini (la ns banca ci ha dato gli indirizzi delle sedi di banche loro corrispondenti, come la Banque de Développement économique o altre sedi della Union International de Banques S.A.). Abbiamo portato con noi la nostra tenda da campeggio. Abbiamo comprato come guida di viaggio, la "Fodor" trad. it. dalle edizioni Valmartina, (Firenze, 1972),  e alla Librairie Française in centro a Milano abbiamo preso una guida della collana "Petit Planète" della editrice Seuil (Paris, 1971), e una carta stradale Michelin (la n.172) del nordAfrica.
La costa tunisina non è distante più di 75 kilometri via mare dall'Italia (Lampedusa), ma il viaggio in traghetto con l'auto, è da Trapani a Tunisi, e ci si mette 6 ore e mezza. Poi una volta sbarcati al porto, e sbrigate le lunghe formalità burocratiche d'ingresso, andiamo all'Office National du Tourisme et du Thérmalisme Tunisien, dove ci danno delle cartine e dei dépliants. Infine passiamo con un piccolo traghettino fuori città e andiamo al campeggio municipale.


In questo paese è molto diffusa la conoscenza della lingua francese, dato che fu un protettorato della Francia dal 1881. Vent'anni fa divenne indipendente (1956). Non occorre visto a noi italiani. La moneta nazionale dal 1960 è il dinaro (circa 1200 lire), che qui è suddiviso anziché in centesimi, in millesimi (!) =milim, per venire incontro alla limitatissima capacità di spesa della maggioranza del popolo.

















la Guida "Fodor" trad. it. da Valmartina Editore, Firenze, aprile 1972




      (la guida francese Petit Planète)

Ci sono "due Tunisie", una a maggioranza araba al nord, e un'altra al sud dove c'erano forse più berberi che  non dei "puri" arabi, e anche una minoranza nero-africana.
Il Sud è circa metà del territorio: si estende a meridione di una linea orizzontale che va dal paesino di Tozeur, passa per il grande lago salato Chott el-Djerid, e poi da Kebili va fino a Gabès sul mediterraneo  (il golfo di Gabès). Quindi include anche l'isola di Djerba, e all'interno di quel territorio si trovano: Douz, Matmata, Médenine, Bin Qirdan, Tataouine, ecc. e poi giù fino a Remada e ad-Dhehibat, toccando le propaggini del deserto del Grande Erg Orientale. (per quest'ultimo vedi poi un nostro viaggio in Algeria dell'anno dopo, nel 1977, che ho caricato in quattro post in febbraio 2017)
Quella del Sud è una società e una cultura più restia al cambiamento, rispetto al nord mediterraneo. È più tradizionalista, e più povera economicamente.

Quindi si incomincia dai mercati di artigianato delle medine nelle città vecchie medievali del nord, con i loro bazar (in arabo souk), per poi "scendere" verso luoghi sempre più aridi e secchi, e caldi del Sahel e del sud dove è folta la presenza di una popolazione Berbera.


 Annalisa nel souk

A Tunisi (circa 550 mila ab.) siamo ospiti a casa della madre dell'amico Ahmadhì Cherif, e così osserviamo la vera vita quotidiana casalinga. Sta nel sobborgo periferico di Mégrine, in rue de Paris, in una casetta di edilizia popolare. Oltre a moschea, museo, ecc., visitiamo anche la sinagoga centrale di Tunisi, ora deserta, già centro di una fiorente e numerosa antica comunità. Dopo aver attraversato il lago el-Bahira, andiamo sulla costa a La Goletta, e data una occhiata ai pochi resti di Cartagine, dove c'è tra l'altro un Acquario e un vecchio fondaco ebraico (fondouk Judaïque), anziché dirigerci verso capo Bon (Ras at-Tib, vicino a Hawariyah) e vedere i resti archeologici di Kerkouane, da lì ci dirigiamo verso sud, a Nabeul, e poi poco più tardi ci fermiamo con la tenda vicino alle mura della città vecchia di Hammamet (che significa proprio i Bagni) dove facciamo un bel bagno in un'acqua limpida. Poi ci avvisano che lì vicinissimo a dove eravamo noi a nuotare, c'è la grande villa del Presidente Bourghiba, con guardie in incognito sia in spiaggia che addirittura in acqua, per cui forse poco prima avevamo "sconfinato" senza saperlo (ma forse in quel momento i guardiani non c'erano...)

Poi partiamo e andiamo a gironzolare per varie stradine e vicoli in una intatta città medievale, la medina di Kaïrouan (al-Qayrawan), che è stata l'antica capitale dell'Emirato di Ifriqiya (cioè dell'Africa), nonché quarta città santa per i musulmani (dopo la Mecca, e Medina, e la città vecchia entro le mura di Gerusalemme). È detta la città "dalle 300 moschee", con la sua imponente Grande Moschea, dove si costituì il primo nucleo di un centro universitario di studi, poi ampliatosi con la moschea dell'olivo (al-Zaytouna) nella Medina, di grande fama e importanza nell'Alto Medioevo. Ecco qualche foto scattata nei vicoli della medina:




molti uomini portano il burnus (o bernous), un lungo e ampio mantello in tela o lana


quel che da noi fa l'asino qui lo fa il cammello: 
girare il torchio per la spremitura delle olive

Qui a Kairouan compro una sorta di tappetino con tessuta l'immagine del "Duomo della Roccia" sul monte del Tempio a Gerusalemme vecchia, sulla spianata delle moschee, che serve per appoggiarci il Corano mentre si recitano i suoi versetti (sure) a bassa voce.


Il nostro amico italo-greco Spiro Coutsoucos mi aveva portato un bel Corano dal suo viaggio al Cairo, comprato presso la prestigiosa università teologica di al-Azhar:


Mi fa piacere collezionare testi religiosi di varie fedi e parti del mondo.

Procedendo verso Sud, si entra nella regione del Sahel, si va lungo la costa fino a Sousse, e si passa il possente castello (ksar) di Monastir (località dove si è ora molto sviluppato il turismo).
il grandioso monastero fortificato (=ribat o rabat)
sotto c'è il bianco cimitero sulla riva del mare
(da una carte postale)
Il centro storico di Monastir dentro le mura è costruito su una penisola protesa nel mare. 
Venti chilometri più in giù, c'è il paese di Moknine, dove per vari secoli artigiani ebrei della filigrana d'argento avevano cesellato monili di squisita fattura, la cui arte è ora continuata ad opera di orafi arabi. Poco dopo si va nell'entroterra e si giunge ai resti imponenti del grande anfiteatro romano ad el-Djem, che rivaleggia col nostro Colosseo. L'arena del grande circo fu il luogo in cui si asserragliarono i berberi per opporre resistenza all'arrivo degli arabi, guidava le tribù berbere una coraggiosa donna denominata Kahina, cioè la Profetessa.
Qui ci soffermiamo a osservare le donne e le giovani che escono da un convegno della UNFT, l'unione nazionale delle donne tunisine, e facciamo due chiacchiere interessanti con una simpatica persona, Ouriguemi Ferjamia, che ci dice prima di lasciarci, che considera Annalisa come una sua sorella.

Ci piacciono certi piatti tipici, come il tajine, il couscous, eccetera, ma anche ci piace sorseggiare un bicchierino di thé (tchay), in cui di solito mettono una fogliolina di menta e una mandorla. All'ufficio turistico ci avevano dato gratuitamente anche un ricettario. 

Il couscous non è solo quel che intendiamo noi, ma un piatto completo, riccamente condito di verdure e di carne, o pesce, su una base di couscous, per cui per es. chiamano couscous d'agnello un piatto con anche ceci, zucchine, peperoni, patate, carote, uova sode, cipolle, piselli, magari un po' di passata di pomodoro, con sale, pepe, peperoncino rosso, harissa e filfil, posto su un piatto di portata per almeno tre persone, il "couscoussier", con sotto del couscous di semolino. Ci vogliono almeno 90 minuti per cucinarlo (dopo aver preparato tutti gli ingredienti). 

 Poi sono buonissimi i "brik à l'oeuf" (o bricque) che sono come dei "gnocchi" fritti, o panzerotti, cioè sono involucri di pasta fillo ripieni con un uovo crudo che deve restare intero (e prezzemolo fresco, e anche pezzettini di patate lesse), sono difficilissimi da fare senza rompere il tuorlo, e vanno consumati sul momento, dato che son pronti in brevissimo tempo, li si trovano di frequente per strada dove li immergono in una grande quantità di olio d'oliva bollente.
Ne vado matto, la parte di farina fritta che si gonfia nell'olio è ovviamente bollente, ma poi c'è l'uovo fresco il cui rosso quando lo addenti si rompe e fuoriesce dalla sua pellicola, inondando le patate e cipolle, e si gustano sia i due sapori che le due temperature... Di solito si spremono sopra alcune gocce di limone. Se non lo si mangia immediatamente, allora per il calore il tuorlo si rassoda un pochino, come à la coque.
brik con tonno

 Ci sono anche brik con carne sminuzzata e verdure, o con ventresca di tonno fresca ... Per strada si trova anche il méchoui, un barbecue di agnello arrosto. Poi ci sono delle polpettine di carne e uova (keftas), o le zuppe (soupes), come la kaftaji, eccetera. La cucina tunisina è molto varia e ricca. Per es. il tajine è il nome che si da a qualsiasi cibo cucinato al vapore dentro una casseruola di terracotta con coperchio ermetico, che sarebbe come una antenata della pentola a pressione. E qui vale lo stesso discorso fatto sopra: ci possono essere tajine di verdure, o tajine di pollo, o di pesce,  e quello fortemente aromatico, o quello dolce ai frutti, per es. alle prugne, e poi insaporito allo zafferano, o al curry, ...  Poi c'è il kebab, e il timballo,  ...  Inoltre c'è molto buon pesce fresco di ogni tipo mediterraneo, il pagello, la spigola, il branzino, il pesce spada, il tonno, i gamberi, le sardine, il kabkabou, o anche le uova strapazzate con salsa di pomodoro e gamberetti (ojja), ecc. E  inoltre la chakchouka, un piatto di peperoni e pomodori stufati, facile da cucinare in padella: 3 peperoni verdi, 2 cipolle, un po' di pomodori piccoli, olio d'oliva, sale e pepe, un pizzico di peperoncino in polvere, e 6 uova fresche. Viene una specie di tortilla guarnita, o di uova strapazzate insaporite...  E poi la méchouia, il lablabi, ecc. E anche una infinità di dolci fatti col miele, mandorle, datteri, noci, uva passa, pinoli, e vari sciroppi profumati, come le baklavà, o il brik di pasta sfoglia e mandorle, eccetera eccetera



Passato il lago salmastro (sebkha) ci dirigiamo verso la seconda città della Tunisia. Scorgiamo da lontano i rampari, le mura medievali di Sfax (ultimo segno costiero dell'Africa proconsolare romana che fu poi arabizzata) che oggi è un moderno porto commerciale (marsa):

Vi sono artigiani che fabbricano stuoie

Poi ripiegando verso l'interno si vedono dalla strada piccoli villaggi (dechra o douar) o casone isolate (dar) nel percorso verso Gabès, che costituisce un po' la porta del Grande Sud.

case di fango, e pecore in mezzo a distese desertiche sassose e aride (hammada)


Gabès: tipica danza berbera (dalla guida Fodor)

Quindi arriviamo a Médenine, e siamo già in pieno Sud, qui incominciava ogni romantico viaggio dei  girovaghi europei ammalati di "orientalismo". Ci sono le famose "dispense" costruite sul fianco di una collina (argoub) o un dosso, una sopra l'altra (ora più che altro abbandonate)
 (dalla guida  francese PetitPlanète)

che si chiamano ghorfas, e che Folco Quilici definisce "alveari di pietra" costruiti per lasciarvi in deposito il grano, o il miglio.
(foto di F.Quilici, da "Epoca", agosto 1962, p.37)
tipica architettura tradizionale del sud, a volta (la ghorfa)
(disegno di Lara, dalla guida Valmartina)

Ksar Debab (qui sopra cammello attrezzato per matrimonio) da una cartolina

infine girando a destra verso l'interno si giunge al paesino di Douz, nel piazzale del mercato, che era un caravanserraglio (fondouq), qui si trovano arabi, berberi, beduini, e neri
molti uomini hanno un mantello bianco (djebba, o jellaba)






dromedario ( djemel) in attesa 

punto di ristoro e conversazione all'ombra
il riposo nei sottoportici 
(carte postale)

A Matmatà (o Matmatat Al-Qadimal), dove su un colle ci sono delle grandi buche, o "crateri" circolari profondi 7 metri, sulla  cui "parete" del perimetro sono state scavate delle cosiddette "architetture trogloditiche", per cui sono stati ricavati degli ambienti per abitazioni (si pensi da noi alla parte vecchia dei cosiddetti "sassi" di Matera), dato che là dentro c'è più ombra e più fresco. [Qui si sono poi filmate alcune scene di Star Wars (ep. 4 del 1977, la casa natale di Luke Skywalker) che hanno reso famoso il villaggio e hanno causato l'affluenza di eccessive quantità di turisti.] Sono state abitate per secoli da migliaia di pastori e contadini. E ci abitavano ancora poco più di tremila Berberi quando le vedemmo noi. [Oggi ci vivono solo poche residue famiglie, oppure le usano esclusivamente come depositi per il miglio]
(da un dépliant)


siamo potuti entrare in abitazioni vuote

(foto area di F.Quilici, da cui si capisce meglio di cosa vi sto parlando)

Ancora di recente queste realtà venivano denominate come "trogloditiche", anche se oramai non sono più abitate (come accadde in Basilicata per i nostri cosiddetti "sassi" di Matera)
(dalla rivista "Airone" dell'editore Giorgio Mondadori, n. 3 del 1989)

Qui ritornando verso la costa, si passa la antica roccaforte (bordj) diroccata di Douiret presso Tataouine:
si intravedono le porte delle grotte (ghar) del monte (djebel), abitate da contadini-pastori berberi
(da una carte postale)


Sul nord-Africa berbero cfr. R. Bosi,  Il libro dei popoli primitivi, Bompiani, Milano, 1982, pagg. 90 e 120.  Ci sono complessi sistemi di pozzi per tirare su la preziosa acqua potabile e fresca

(dalla guida PetitPlanète)

Poi "scendendo" più a sud si passa attraverso varie oasi con le loro fonti d'acqua zampillanti ('aïn) o semplicemente acque di un uadi sotterraneo, emergenti a livello del suolo (aouina), che poi viene trasportata alle abitazioni
portatrici con giare di coccio
(PP)

e qui nelle oasi si trovano cammellieri per fare dei trasporti,
(da una carte postale)
una tradizionale forma di divertimento sembra sia di far ballare il cammello ai ritmo di un tamburo:

(vedi altre indicazioni bibliografiche sui berberi nella prossima puntata n. 6)

E c'è gran attività nei periodi di raccolta delle olive (l'olio tunisino è di qualità), o dei datteri (molto buoni quando sono appena raccolti maturi)
 berbera che fa la raccolta delle olive (zeytoun)

raccolta datteri (mawaeyd), pure da PP

(per i Berberi del sud-ovest marocchino oltre la catena dell'Atlante, vedi il diario di un altro viaggio:
http://viaggiareperculture.blogspot.it/2012/12/il-paese-berbero-dicembre-12-2.html )


L'artigianato (in particolare a Djerba) è molto impegnato nella produzione di terrecotte, cocci, e di ceramiche, soprattutto per fare anfore, giare, brocche, vasi e piatti
(dalla guida Valmartina)
                                                                                                               (dalla guida P.P.)

Nel sud tunisino vigono molte credenze di tipo magico, come quella propiziatoria di bruciare incenso girando tutt'attorno alla casa dove è nato un bambino.

Poi un altro giorno ritorniamo al grande sebkha o lago di sale Chott el-Djerid (diecimila kmq di crosta di sale secco):
Annalisa sul bordo, con un beduino

noi al grande lago e "mare di sale"

che abbiamo osato attraversare incoscientemente con la ns auto R5... (!) dicevano che basta seguire le piste tracciate dai pneumatici di chi è già passato... ma non starci sopra (per non sprofondare in croste di sale rese molli per il sole o per esser state già schiacciate), quindi è meglio starci affiancati in parallelo e non perderle mai di vista,  farsi distrarre da chi ha fatto delle deviazioni, ma continuare sempre dritti....ma non è così semplice come dirlo essendo scarsi e poco chiari i riferimenti ... ed è impresa rischiosa e azzardata per un incompetente, tanto più che non passa quasi mai nessuno, e le piste parallele spesso vanno invece impercettibilmente sempre più divergendo... insomma ad un certo punto una ruota sprofonda nel sale e sembra non voler più uscirne, e il motore si surriscalda subito, ovviamente... (comunque sappiate che prima dell'imbrunire ce la siamo cavata, nonostante un paio di inconvenienti un po' ansiogeni), e qui abbiamo visto un miraggio! (proprio come lo descriveva Folco Quilici, §. "il miraggio", in Paesi e popoli d'Africa, 1973/74, Cappelli, Bologna, 1980, pp. 41-43).




e infine sull'altra sponda si raggiunge Tozeur, 15mila ab. ( al di là del lago di sale, vicino al confine algerino):

 il mercato di cammelli



donne berbere

Qui si incontrano spesso anche beduini nomadi:
(da una carte postale)


Laura Grisi Quilici, moglie di Folco, 
intervista una donna beduina, 1962

(tipica tenda beduina, foto di F.Quilici)

Su berberi e su beduini vedi per es. il volume di A.Salza, "Atlante delle popolazioni", Utet, 1998, pagg. 198-201 e a p. 346. E anche la classica opera di Henri Lhote, Alla scoperta del Tassili, 1958, trad.it. edizioni Il Saggiatore, Milano, 1959, varie pagine passim. Si vedano anche gli articoli di Folco Quilici "Il deserto senza sete", dal reportage "Viaggio attraverso il Sahara", in 3 puntate  sulla rivista «Epoca», Milano, agosto 1962, alle pp. 34-60. A Quilici si deve il documentario (in cinemascope a colori) del 1959 "Verso il Sud della Tunisia", che aveva tanto colpito il pubblico di allora. Il giornalista e reporter ferrarese aveva pubblicato articoli sui nomadi del Sahara, anche su «L'Europeo» nel '63 e poi su «Oggi» nel '64. Tutti poi ripresi nel suo libro I mille fuochi, edizioni Leonardo da Vinci, Bari, 1965.

Una nota su entrambi i popoli (Berberi e Beduini) vi è pure nel volume sul mondo arabo, già cit., della collana "I Popoli della Terra", Mondadori, Milano, 1973, 1981, pp.139-140. Inoltre cfr.: J. Berque, Maghreb, histoire et sociétés, Duculot, 1974; G. Camps, Les Berbères, Mémoires et identités, Errance, Paris, 1987; M. Brett, E.Fentress, The Berbers, Blackwell, Oxford, 1996; e S. Chaker, Berbères aujourd'hui, L'Harmattan, Paris, 1989, 1999; C. e Y. Lacoste, Maghreb, Peuples et civilisations, La Découverte, Paris, 2004.

Roberto Bosi, nel suo Dizionario di Etnologia, del 1958 (Mondadori), scriveva: " Beduini, voce araba col significato di abitanti il deserto, usato oggi per designare i nomadi delle steppe e dei deserti dediti a una economia pastorale basata sul cammello. Abitano in tende nere di varie strisce di tessuto [di lana grezza] posate su file di paletti." ecc. (p.80). Poi nel suo Il libro dei popoli primitivi, Bompiani, Milano, 1982, pp. 40-44, ne tratta un po' più diffusamente.
Ne abbiamo visti di beduini nel sud dell'Algeria, e nel sud oltre-Atlante del Marocco, e anche nel deserto del Negev in Israele e nei territori palestinesi. Cfr. anche l' Atlante dei popoli del mondo, a c. di G. Corbellini, Vallardi edizioni, Lainate, 1987 (pagg.124).

Infine andiamo a Houmt souk (6.500ab.), il capoluogo dell'isola (djezira) di Djerba (Gerba) per fermarci un po' di tempo:

 mercato del piccolo bestiame (PP)

mercato di olive (zaytun), datteri (mawaeyd), spezie, erbe aromatiche (épices et aromates), condimenti (assaisonnements), eccetera
(da una carte postale)

 un banditore nero nei pressi dei negozi 

I neri della Tunisia del Sud sono i discendenti di schiavi degli arabi trasportati qui all'epoca del commercio di uomini (la famosa "tratta" degli schiavi neri gestita dagli arabi costieri tramite lucrosi accordi con i vari capi tribù dell'area del lago Tchad), e che giungevano con terribili tradotte forzate attraverso il deserto sahariano, sino nel Sahel, e oltre fino ai porti mediterranei. Cfr. F. Quilici, I grandi deserti, Rizzoli, 1969.
Ecco su un scendiletto un motivo decorativo ricorrente e tipico:

E un bellissimo tappeto klimt da preghiera sahariano:


Sui popoli berberi del nord e del Sahel, si veda di A.Salza, Atlante delle Popolazioni, UTET, 1998, p. 346.

Andiamo anche a visitare una antica sinagoga, e quel che resta di un centro abitato ebraico, ora semi-abbandonato, 
(foto di Folco Quilici, nel 1961 nella sinagoga  Ghriba )

poiché come è noto le comunità ebraiche dei paesi del sud mediterraneo (che son sempre vissute qui: vi è stata una comunità fin dal VI sec. a.C. quindi molto prima che arrivassero gli arabi nel VII sec. d.C.) pur essendo quasi sempre state ben integrate, e sentendosi essi profondamente tunisini (o marocchini, algerini, o libici, ecc....), tuttavia sono state cacciate a tre successive riprese in questi ultimi trent'anni, e ora dal 1967 praticamente non esistono quasi più. È dunque finita la storia bimillenaria della cultura sefardita degli ebrei dei paesi arabi... Si stima che gli ebrei tunisini fossero alla fine degli anni Quaranta 105.000, mentre nel 1976 sarebbero rimaste circa 2.500 persone [e oggi, 2018, sarebbero solamente 9cento circa, quasi tutti a Djerba]. 
Persino qui, la maggiore sinagoga, El Ghriba (forse la più antica ancora esistente di tutta la costa araba del mediterraneo, che sarebbe stata fondata nel 584 a.C. da ebrei fuggiti dalla deportazione babilonese) è stata anche recentemente oggetto di attentati terroristici per incendiarla. In essa sono contenuti rotoli della Bibbia portati in salvo dalla distruzione del tempio di Salomone, scritti su pelli di gazzella.  Essa è comunque stata "cento e mille volte" restaurata e rifatta nei secoli. Ma è ancora oggi mèta di un grande pellegrinaggio che si svolge 33 giorni dopo la Pasqua ebraica.
La loro storia è stata ricostruita da A. Chouraqui, e poi da Paul Sebag. Comunque resterebbe il fatto che la repubblica tunisina secondo la costituzione rispetta la libertà religiosa e la presenza di varie minoranze all'interno della popolazione. Ma troppo spesso ultimamente ciò è rimasto lettera morta e inoltre il Paese è sempre più arabizzato. Le minoranze da garantire sarebbero state: i berberi, i beduini, i neri africani, gli ebrei sefarditi, e una piccola comunità di europei (francesi, spagnoli, italiani, greci, maltesi, ecc.).



Nel sud tunisino ci sono non poche e forti similitudini con il sud del Marocco, oltre-Atlante (vedi p.es. i miei due post caricati nel dicembre 2012), e anche con il sud della confinante Algeria (vedi i 4 Post da me scaricati nel febbraio 2017 relativi a un viaggio del 1977),


=Africa Nord e Ovest


d'altronde siamo pur sempre nei Paesi arabi  (e berberi) dell'Africa del Nord-Ovest (Tunisia, Algeria, Marocco = Maghreb arabo) che hanno molti elementi in comune tra loro, anche nella differenza tra la fascia costiera mediterranea araba, e l'area berbera (e anche beduina) all' interno. 

Comunque per confronto si vedano anche le foto di interesse etnografico da me scattate nel 1979 in Egitto (Misr,  paese mediorientale del Mashrek l'Oriente arabo), caricate su questo Blog nel marzo dell'anno scorso: anche lì c'è uno scarto tra il Nord più arabo, e il Centro-sud in cui vi è più presenza di copti, e al Sud di nubiani.



(continua)
(continua nella puntata n.6, che trovi qui sotto)

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