giovedì 29 marzo 2018

7, etnìe del Sudafrica (2008)

(continua lo sguardo su foto di interesse etnografico, 
qui relative a Xhosa e altri Bantu, a Zulu, e a N'debele)

puntata n°. 7 = viaggio in Sudafrica del 2008


nel febbraio del 1999 era uscita una mini guidina di Daniela Bozzani sulla rivista "Panorama Travel" che mi aveva suggestionato e invogliato, con tutte quelle magnifiche foto di una natura stupenda.

Poi avevo visto la edizione 2001 del volume fotografico di Alberto Salza, pubblicato in italiano dalla White Star di Vicenza (Nat.Geo.), di un suo testo in inglese del 1995, molto attraente,

e allora avevo scritto all'Ente Turistico Sudafricano per farmi inviare dei dépliant e degli opuscoli, che mi attirarono ancor più, con quello slogan: "un Mondo in un solo Paese"...


Ci teniamo sempre informati sulla situazione politico-sociale del paese, per es. tramite il MOLISV, movim  liberaz. sviluppo, che curava vari fascicoli informativi, per es. ne ricordo uno di Heinz Hunke pubblicato ciclostilato (di 30 pagg.) dal Centro Informazione e Educazione allo Sviluppo, di Roma.
Negli ultimi anni si parlava molto del SA (in particolare nella prima metà degli anni '90), e ora con la nuova Costituzione del '93 che garantiva la coabitazione delle varie comunità e popoli che lo compongono, era ancor più attraente. Ma varie concause ci portarono a rinviare più volte (tra cui un mio devastante infarto cardiaco nel 2007). Vari fattori comunque ci stimolavano. Per es. nell'estate 2008 nel giorno del compleanno di nostra figlia, il 90enne Nelson Mandela partecipò ad un grande raduno di mezzo milione di persone ad un concerto a Hyde Park a Londra contro ogni discriminazione.
[ Si vedano p.es. Bernard Lugan, Histoire de l'Afrique du Sud, Perrin, Paris, 1986, tr.it. Storia del SudafricaGarzanti, 1989; L.Thompson, A History of South Africa, Yale U.P., New Haven, 2000; e poi di M. Zamponi, Breve storia del Sudafrica: dalla segregazione alla democrazia, Carocci, Roma, 2009 ]

Fino a che partimmo finalmente, e queste sono alcune delle migliaia di foto che facemmo in uno stupendo viaggio di un mese attraverso il Sudafrica con un'auto affittata, compiuto dieci anni fa, nell'agosto 2008. (Purtroppo poi ritornati a casa, morì in Italia all'inizio nov. di quell'anno la grande Miriam Makeba, la regina della musica africana).
Avevo cercato guide di viaggio ma in italiano allora ce n'erano soltanto due, per cui avevo comprato per l'occasione la guida di Luciano Martinengo, edita dalla Clup l'anno prima,

e la Guida Routard, edita da Hachette nel 2005, trad.it. da Touring edizioni, 2006, quindi abbastanza aggiornata [oggi invece ve ne sono a disposizione molte tra cui scegliere].

E poi sul posto ho comprato un dettagliato atlante stradale: Globetrotter Travel Atlas.

L'itinerario l'ho già indicato in tre Post che avevo caricato qualche anno fa (nel novembre 2011), che si possono andare a rivedere. Purtroppo un diario completo non l'ho tenuto, ma magari prossimamente metterò su un po' di foto, che meriterebbero.


Dopo aver girato per Cape Town, e i dintorni, sopratutto la costa con il Capo di Buona Speranza e Cape Point e punta Agulhas (sempre nella provincia di Western Cape), e visitato il bel Museo Sudafricano

prendiamo un aereo di una linea locale low cost che ci porta a Durban nella provincia di Kwa-zulu & Natal, dove affittiamo un'auto, giriamo un po' i dintorni (eThekwini) e andiamo ad eShowe in una camera in affitto presso la pensioncina privata di una signora di origini boere,

Ghila con la ragazza zulu "adottata per gli studi" dalla proprietaria del B&B
(lei l'aiuta in casa e la signora le paga gli studi e la ospita)

 giriamo i territori dello Zululand, e poi andiamo nella favolosa riserva naturale di Hluhluwe, 

e da lì su in Swaziland (vedi i post del 21 marzo), poi a Malelane allo straordinario Kruger national park,  e da lì verso ovest nella provincia di Mpumalanga, ed infine nella provincia del Gauteng, a Pretoria (Tshwane), per poi prendere l'aereo di ritorno a Johannesburg.

Quanto a nozioni etnologiche sul grande Paese, ho p.es. un vol. a cura di Herbert Tischner, Völkerkunde, Frankfurt/M., 1959, vol. 4 della Enciclopedia Feltrinelli-Fischer, tr.it. Etnologia, Feltrinelli, 1963, dove vi è una nutrita voce "Sud Africa" (pagg. 353-364),
oppure più recente: cfr. A.Salza, Atlante delle popolazioni, Utet, Torino, 1998.

Ora qui seguono foto di interesse etnografico, eccone alcune:

A Cape Town abbiamo visto un gruppo di fedeli della Chiesa di Zion, la più importante e diffusa chiesa riformata sudafricana, di origine pentecostale (sarebbero 6 milioni i fedeli, o pari all' 11% della popolazione), festeggiare le figlie di quindici anni che erano divenute membri della chiesa.












Nei dintorni di Cape Town, e in varie occasioni, ci imbattiamo in gruppi folklorici di danza e di canti di varie etnie (Bantu, Xhosa, Zulu, Swazi, e altri) che sono artisti di strada che vogliono mantenere il ricordo delle varie tradizioni etnico-musicali. Operazione culturale importante per la propria identità.
Bravissimi un gruppo di ragazzi e ragazze danzanti con tamburi, anche un po' scatenati, sul molo del water front



E un gruppetto di donne (di etnia Xhosa) con bastoni, che segnavano dei bei ritmi, e con canti e piccoli passi di danza, in mezzo alla strada (sono di mezza età quindi ricordano ancora bene quando queste danze erano usuali).









Al negozio del museo di Capetown, c'erano queste foto con l'abbigliamento tradizionale degli Xhosa delle provincie del Capo,  che si usa ancora oggi durante alcune cerimonie o ricorrenze, come i doeks, i tipici loro copricapo.


Sul popolo Xhosa si veda il capitolo di Noni Jabavu sugli Xhosa, gli Swazi e altri, nel volume sull'Africa Meridionale a c. di M. Bloch, nella serie "I Popoli della Terra", 19 voll. a cura di Sir Edward Evans-Pritchard, Europa Verlag, 1973 tr.it. A.Mondadori, 1982, pagg. 52-59.

Gli Xhosa sono il secondo più numeroso gruppo etno-linguistico sudafricano, e di estrema importanza nella storia contemporanea, da cui provengono grandi personaggi come Nelson Mandela (morto nel dic. del '13, si veda quel che ne scrivevo all'epoca della sua morte in questo Blog:  
http://viaggiareperculture.blogspot.it/2013/12/mandela-e-la-cultura-bantu.html ),

l'arcivescovo Desmond Tutu, Miriam Makeba (morta in Italia nel 2008), Oliver Tambo, Winnie Madikizela Mandela (morta ieri 2 aprile '18), e altri come Steve Biko, Thabo Mbeki, Walter Ulyate Sisulu, eccetera.
Gli Xhosa erano animisti, dato che al di sotto di una divinità creatrice (uDali) contemplavano vari spiriti benevoli o malevoli. Vi erano (e vi sono ancora) maghi e maghe tra cui profeti/esse; esorcisti  (tipo sciamani) per rimediare a malefìci; uomini o donne /medicina che conoscevano l'erboristeria tradizionale del luogo (tipo curanderos). Oggi la maggior parte degli Xhosa sono cristiani di varie chiese, sopratutto protestanti o riformate, per es. Nelson Mandela era un fedele della chiesa metodista, mentre Tutu era un ecclesiastico della chiesa anglicana.

In generale quasi tutti i popoli neri dell'area più meridionale del continente si possono includere nel maxi raggruppamento dei Bantu, poi da quel ceppo comune sono derivate differenziazioni etnico linguistiche.  Una prima grande distinzione si può fare nel gruppo !Khoi-San che sono gli aborigeni più antichi, e sono i popoli che un tempo venivano chiamati dai colonialisti rispettivamente Ottentotti (che erano pastori seminomadi) e Boscimani, Bushmen (cacciatori-raccoglitori nomadi). Li caratterizza l'uso nella parlata di schiocchi con la lingua. (v. nel vol. sopracitato a p.134,139; e alle pagg. 114-121 per i Bushmen, ovvero i San; e pp.126-129 per gli Ottentotti, o !Khoi). Una ulteriore ripartizione riguarda le popolazioni Bantu sopravvenute più tardi in questi territori (come i Sotho, gli Tswana, gli Zulu, gli Xhosa, i Swazi, gli Ndebele, ecc.). Quindi il 79,3% della popolazione del Paese è costituita da gruppi appartenenti alla "famiglia" Bantu nera-africana. Poi vi sono i coloureds (quelli che venivano chiamati "meticci": 9%), e gli asiatici (di ascendenti indiani, pakistani, malesi ecc.) per il 2,6%. I "bianchi" sono di origine o olandese (i Boeri di lingua afrikaans) o britannica di lingua inglese, e vari discendenti da altri europei, per un totale del 9,1%. Vedi: Martin West, Abantu, an introduction to the black people of Southern Africa, Struick, Cape Town, 1976, 1984; W.D. Hammond-Tooke, a c. di, The Bantu Speaking Peoples of Southern Africa, 1937, Routledge&Kegan Paul, London, 1974; e il Dizionario etnologico africano, di T. Novelli, Jaca Book, Milano, 1975 in 3 volumi,   ma anche cfr. http://www.stopoverviaggi.it/i-popoli-sudafrica/

Per una storia del Paese, vi erano già diversi testi anche in italiano, tra cui io avevo di Bernard Lugan, Histoire de l'Afrique su Sud, Perrin, 1986, tr.it. Garzanti editore, 1989

Ma anche Pedro Ceinos, Atlante illustrato delle minoranze etniche, tr. it. Red edizioni, Como, 1992

Qui a  eThekwini (oramai si chiama Durban solo il quartiere del centro storico della città, mentre la provincia si chiama KwaZulu&Natal) le cameriere di un ristorante sull'immenso spiaggione -con un arredo molto originale- avevano un copricapo zulu, ispirato ad uno tradizionale, che è di moda ora da queste parti. La giovane con cui abbiamo chiacchierato, ha poi fatto una serie di puntini bianchi sul viso a Ghila secondo un disegno tipico (che avevamo già osservato su alcune danzatrici).



La città è storicamente multietnica, ci sono oltre a zulu, swazi e bantu, anche indiani, pakistani, gente di origine britannica o olandese (i boeri), e persone di un po' tutto il Commonwealth.
Stiamo in riva al mare, su questo immenso bel spiaggione a guardare quelli che fanno surf, è un clima molto piacevole e rilassante con la brezza salmastra dell'oceano indiano, e con clima molto migliore di quello della meridionale costa atlantica.
Visitiamo il  "Ushaka Marine World", un bell'acquario (uno dei maggiori del mondo), dove trascorriamo diverso tempo, e all'imbrunire ci avviamo verso il mercato degli indiani (Victoria market) e vediamo (da fuori) la grande moschea dei pakistani in West street, ma poi torniamo rapidamente verso il lungomare (marine parade) perché ci paiono brutti quartieri quelli nel mezzo che attraversiamo, dietro ai grandi buildings della costa.

Avevamo in progetto di visitare il villaggio culturale "PheZulu" che è organizzato per safari fotografici, e anche andare a visitare i luoghi di Gandhi (Phoenix settlement), o il grande tempio a forma di loto a Chatsworth (Temple of Understanding) degli Hare Krishna, ma invece ci affrettiamo ad affittare un auto e partire per girare liberamente in macchina la parte Est del Paese.
Sul lungomare (beach walk) compriamo in una povera bancarella un bel quadretto fatto di paglia, e un grande batik con scene di vita delle campagne.





Risaliamo la costa nord, o Dolphin coast.
Poi più a nord-est, in territorio zulu (la più numerosa etnia del SudAfrica; per molti anni è stato capo del governo degli zulu M.Buthelezi, che fu poi anche ministro degli interni del SudAfrica) è stato ricostruito  (o restaurato) un tipico compound tradizionale circolare, nel luogo in cui risiedeva all'inizio dell'Ottocento un famoso loro sovrano di nome Shaka. Un suo discendente è dal 1968 l'attuale re dello Zululand (Goodwill Zwelitheni).

La cittadina di eShowe ne fu ed è il capoluogo, benché il palazzo reale sia a Ngongoma. A circa 15 km da eShowe, in questo villaggio-museo all'aperto, denominato "aha Shakaland", si tengono vari eventi, come matrimoni, cerimonie religiose, commemorazioni, spettacoli di danze, rituali, ecc. Era stato il set per una famosa serie tv sudafricana (1986), che ebbe enorme successo, e poi il compound è stato riconvertito nella sede di un centro culturale. Si può visitare (https://www.sa-venues.com/attractionskzn/shakaland.php), e non è certo privo di interesse (è un po' come sono da noi certi musei della civiltà contadina). Mi attirava visitarlo dato che l'unica lettura sugli Zulu che avevo fatto prima di partire, oltre a quelle politiche, e all'enc. geogr. Il Milione della DeAgostini, era stata il bel capitolo di Cottie Arthur Burland, Men without Machines, Aldous books, Londra, 1965, tr.it. I Popoli Primitivi, A.Mondadori, Milano, 1965, pp. 229-241, lettura che tutt'ora consiglio.

Dunque arriviamo con la "nostra" auto...


l'ingresso

 attività di carattere artigianale con paglia intrecciata





terrecotte e ceramiche


 capanne grandi e solide

donna guaritrice
 lezione e spettacolo in cui si rappresenta una udienza tradizionale del re che ascolta e poi legifera


vendita prodotti fatti a mano

lo splendido ristorante "Protea" all'ombra, arieggiato e con magnifica vista sulla valle



(foto di A.Schober)

Oggigiorno i modi tradizionali di vita e i costumi sono profondamente cambiati e si sono omologati agli stili di vita moderni occidentalizzati, quindi questo come altri centri culturali all'aperto sono luoghi di documentazione storica e del folklore,  tuttavia nelle aree rurali e nei piccoli villaggi isolati (settlements), ad economia pastorale-agricola, e nelle colline con le tipiche attività dello zulu-farming, dove si coltiva il mais, il cotone, il tabacco, e la canna da zucchero, lì sono più radicate certe usanze e credenze. Comunque in generale rimane un background, una mentalità di fondo che accomuna l'intera popolazione zulu che ha il suo fondamento nella cultura tradizionale. Oltre alla modernizzazione della società, i cambiamenti in campo religioso (la progressiva cristianizzazione) sono quelli che più influenzano per un abbandono di abitudini ancestrali. Il persistere di una monarchia locale con continuità, e quindi di istituzioni che strutturano l'organizzazione della stessa  provincia di KZL, contribuisce a mantenere vive e persistenti certe caratteristiche specifiche. Quindi è consigliabile visitare una "casa" (farm-house) o un "casamento" (tenment-house) e osservare una fattoria agricola (homestead) per rendersi conto delle capacità tecniche architettoniche, e attraversare un villaggio di campagna (country dwellings) per farsi una immagine della struttura sociale e lavorativa, con i tipici kraal, o recinti circolari per il bestiame d'allevamento, e osservare i gruppi dei pari d'età (ibutho) con i loro specifici ruoli, o vedere la locale erboristeria per le pratiche curative tradizionali, o per es. guardare come si fa la locale "birra" (ed assaggiarla), e guardare gli oggetti dell'artigianato, sia di ceramiche che di altri materiali naturali (paglia o fibre intrecciate), e i manti in pelle con le loro tipiche guarnizioni (beadworks), o ascoltare la musica tradizionale con i suoi strumenti e le sue sonorità e i suoi ritmi, e assistere a una danza, o provare del cibo preparato secondo la culinaria locale, dà una idea della loro cultura.
 canti zulu
zulu vocal

Sulla cultura tradizionale degli Zulu, si veda per es. questo sito: 
http://www.ilfilodinicky.com/ 2017/12/16/zulu-costumi-e-cultura-del-popolo-guerriero/
oppure si veda sulla enciclopedia Treccani: http://www.treccani.it/enciclopedia/zulu/
o M.West e J.Morris, Abantu: an Introduction to the BlackPeople of South Africa, Cape Town, 1984
o il capitolo di Harriet Sibisi sugli Zulu, pagg. 14-25 nel volume sull'Africa Meridionale a c. di M. Bloch, nella serie "I Popoli della Terra", già cit. sopra tr.it. A.Mondadori, 1982.
tradizioni degli Zulu: rito di passaggio alla maturità


così vivevano alla fine degli anni '30 (da Biasutti, vol.III)

e così ancora nel 1961 (da una vecchia post-card)

Compriamo una copia di una bella maschera tradizionale intarsiata nel legno

E una statuetta in legno raffigurante un anziano, tipico conoscitore della medicina tradizionale, e responsabile di cerimonie e riti, che ora è una funzione in via di estinzione

Nei dintorni di eShowe oltre alle collinari campagne con vari paesini e villaggi, è consigliabile vedere la riserva forestale di Dlinza (vedi mio Post del nov. 2011) con la sua famosa "passerella" a 20m di altezza; e il Forte Nongqayi, ex sede militare britannica, dove ora c'è anche il museo "Vukani" sulle tradizioni zulu e la loro cultura materiale, nonché un punto ristoro.






questo è l'Ente del KwaZulu per la conservazione della Natura

Alla sera andiamo ad un bar dove si può anche mangiare. Abbiamo in realtà due camere con annessa una stanza con angolo cottura per poterci preparare dei pasti, ma stasera non ne abbiamo voglia. Per cui andiamo ad un bar che ci consiglia la padrona di casa, e che è frequentato prevalentemente da bianchi, mentre i neri vanno solo in certi altri posti dove la sera lei dice che sarebbe per noi sconsigliabile andare. Ci sono anche dei manifesti, come per es. questo qui sotto, che è carino, e invita ad andare da una festicciola, ma da cui si capisce bene che si tratta di un locale black... (naturalmente se volessimo ci potremmo comunque andare e io penso che saremmo anche ben accolti, sopratutto per il fatto che siamo degli stranieri turisti)


In seguito siamo andati poi il 10 agosto nel parco naturale di Hluhluwe, ci sistemiamo nel campo con bungalow in cima alla collina, con vista spettacolare

 il biglietto di ingresso


prendiamo una guida faunistica dei parchi della Provincia

davanti al ns bungalow, il capo-gruppo di una banda di babbuini, seduto a controllare i suoi sudditi

Poi abbiamo attraversato il regno dello Swaziland (vedi i due post precedenti, caricati il 21 marzo scorso) e siamo da lì andati il 21 agosto a visitare il grande e grandioso Parco Naturale Kruger (grande come da noi la regione Lombardia), Parco dove si incontrano non solo i famosi "Big Five" (leone, leopardo, bufalo, rinoceronte, e elefante) ma assolutamente tutti gli animali di terra e volatili del continente, dalle scimmie agli avvoltoi, ippopotami, giraffe, zebre, antilopi, ghepardi, iene, eccetera ecc.

 questo è il sacchetto di carta in cui mettere i rifiuti, da riconsegnare all'uscita

 questo è il campo-sosta principale ("la vostra casa lontano da casa")

il ticket per entrare con la propria auto

un paio di cartine per non perdersi

Vicino ad un ingresso al Kruger Ghila vuole entrare in un negozio di parrucchiera che ci hanno consigliato, e farsi fare di nuovo (come fece sei anni prima in Kenya) le classiche treccine africane (black african braids), e naturalmente ci mettono alcune ore. Ma intanto chiacchierano e alla fine aveva fatto amicizia con le parrucchiere. Sembra che nessuna bianca sudafricana si faccia mai delle braids che sono tipiche solo delle nere...




Qui sotto invece, siamo parecchio più a nord, in un altro villaggio culturale, cioè anche questo una specie di museo all'aperto (un po' come i nostri musei della civiltà contadina), con riproduzioni di varie tipologie di capanne tradizionali di varie tribù, o clan, in questo caso del popolo N'debele, che sta nella provincia Mpumalanga -dopo aver passata la bella area paesaggistica collinare del basso Veld, dove vediamo bellezze naturali come le cascate Berlin Falls, gli strani bacini circolari di fiume (pot holes), il paesaggio dal "God's window", l'alta e stretta roccia detta "il pinnacolo", eccetera, ecc.

prendiamo anche una bella guida locale della Provincia

in una deviazione (568) dalla strada nazionale n.4 verso Pretoria (Tshwane). Si chiama Botshabelo Cultural Village, gli N'debele sono famosi per i loro decori geometrici a disegni fortemente colorati. Essi hanno ispirato anche vari artisti e arredatori contemporanei. Questo popolo fa parte del più vasto raggruppamento linguistico degli Nguni. Qui si tratta degli N'debele del Sud (gli altri vengon chiamati Metebele). C'è pure un piccolo museo (Die Suid-Ndebele Opelugmuseum, cioè in lingua boera-afrikaan: museo all'aria aperta degli Ndebele del sud).
vedi cartina qua sotto, il villaggio-museo è cerchiato:


Si trova nella regione di Nkangala, vicino al "cuore culturale" della Provincia


 la guida ci spiega alcuni dettagli
e ci mostra le tecniche di costruzione
Più in fondo ci sono le loro famose case con i muretti in calce e argilla dipinti:


Annalisa 

tipici murales a colori, di significato simbolico, 
una espressione artistica che si avvicina molto a una estetica modernissima

Erano le donne ad avere la cura di questi muri in malta d'argilla e paglia sminuzzata, e a saperli colorare con questi disegni geometrici caratteristici della loro cultura. I nuclei famigliari erano di tipo poligamico, inoltre la popolazione si articolava in varie caste con ruoli e posizioni sociali differenziate, all'interno delle quali i vari clan svolgevano diverse funzioni lavorative. Vi erano e vi sono ancora ottimi artigiani delle pelli che prudono ornamenti e capi d'abbigliamento, ed oggetti.

Su questa popolazione si veda nel testo citato più sopra sull'Africa Meridionale, a cura di M. Bloch, alle pp. 138-139. 







una addetta alla conservazione del patrimonio culturale insegna a degli scolari i significati delle decorazioni geometriche

(foto di Folco Quilici, Gli ultimi primitivi, Rizzoli, 1973)



la copertina della traduzione francese del libro dell'antropologo torinese Alberto Salza (1995) già citato più sopra

 visitiamo anche la sede della loro Fondazione per la preservazione della cultura tradizionale





e il negozio di una mastra artigiana (master crafter) locale

Molti oggetti sono in perline colorate, oppure in pelle. Vi sono braccialetti, bracciali, e cavigliere in metallo (rame, bronzo, o ottone) anche molto pesanti che le donne portavano in tutti e quattro gli arti. Cui si aggiungono anche alcuni gioielli, tipo spilloni, fermacapelli o ferma abiti.

Il giorno dopo poi a Pretoria (Tshwane) all'interessante National Cultural History Museum, il museo nazionale di storia culturale, vediamo che c'è una parte con una esposizione

in cui si ricostruiscono le vicende e la cultura di varie etnie, tra cui  un cartellone che riguarda una donna ndebele,

Sarah Kabini, una figura di prestigio del popolo N'debele nella storia recente della liberazione dall' apartheid. Tradizionalmente le donne tenevano dei collari metallici, che le costringevano ad allungare il collo (ora non si vedono più nemmeno sulle anziane). Questi anelli, per lo più di rame o bronzo, potevano giungere ad un peso di 20 chili...! Sarah si batté anche contro i tradizionalisti del suo popolo, per sostenere le giovani che non intendevano più deformarsi il collo.

venivano chiamate dai bianchi le "donne-giraffa", o "collolungo"


Proseguiamo la interessantissima visita


Ci sono poi una sezione di arte rupestre preistorica, una di oggetti e manufatti di cultura materiale di varie etnie (relativi alle tipologie di insediamento, a riti e cerimonie, oppure amuleti ecc.), e una sulla tradizione orale, con tante foto e documenti video, e sulle attività ancestrali come la caccia presso i "boscimani"ovvero bushmen, cioè dei !Khoi (che era praticata ancora dai loro nonni)

(vedi il post che avevo caricato il 24 nov. 2011 sul popolo San, chiamati in passato Ottentotti cfr: https://viaggiareperculture.blogspot.com/2011/11/lantichissimo-popolo-dei-san-sud-africa.html), in generale vedi: A. Del Fabro, Atlante dell'Uomo - Popoli tribali, Demetra, Verona, 1999, pp.52-56;  studi specifici cfr.: I. Schapera, The KoiSan Peoples South Africa, 1930, Routledge&Kegan Paul, Londra, 1965; e in F.Ade Ajayi, M.Crowder, Historical Atlas of Africa, Longman, Harlow, 1985.

e infine c'è anche una sezione di mobili di epoca coloniale, e una di artigianato con tra l'altro alcuni stupendi batik:



C'è anche una bellissima esposizione temporanea di grandi maschere e copricapo tradizionali africani
nell'immagine del manifesto: copricapo Ekoi

Di grande fascino e interesse anche il museo di storia naturale (in particolare la sezione sulla biodiversità), che ha conservato ancora il vecchio nome di "Transvaal Museum", un grande museo:

Ghila alla biglietteria del museo

Questi invece sono tipici copricapi tradizionali da donna, che vediamo in strada tra la gente zulu, un po' più a sud, chiamati izikolo fatti di cotone e erbe pressate.


Qua nella foto sotto invece, eravamo fermi ad un parcheggio a lato della strada nazionale, dove c'è un punto di ristoro, e c'erano delle donne di non so quale etnia della popolazione Bantu, che ad un certo punto si misero a cantare e ad accennare dei piccoli passi di danza tradizionali.


Nello spiazzo di parcheggio c'è un chiosco dove prendiamo qualcosa da mangiare e patatine, 
ma ci sono tante scimmiette che stanno puntando a rubarci il mangiare, sicché non si riesce a stare seduti ai tavoloni di legno, e infine una di loro riesce a fregarci qualcosa e fugge rapidissima.

Poi, finito il nostro giro in una piccola Riserva faunistica, o parco zoologico all'aperto, non riusciamo ad uscire perché vari grossi uccellacci con un gran becco ci si parano davanti alla macchina e temiamo di urtarli, ci dobbiamo fermare, e allora uno gira dietro e dà delle gran beccate al pneumatico, mentre gli altri cominciano a beccare anche la carrozzeria, allora riparto e gradualmente mi muovo sempre più deciso e loro si scostano controvoglia gracchiando sempre più  forte, poi accellero...
io penso che fossero dei buceri...


questa è una iniziativa della Ass. degli zoo tramite cui si può adottare a distanza un animale in uno zoo aperto

Nel pomeriggio ritorniamo al Museo di storia naturale del Transvaal per vedere delle sale che non avevamo visto. Molto interessanti e ben fatte (geologia, pesci, mammiferi, uccelli, ecc.). E poi per andare al museum shop
     
di nuovo Ghila nella hall d'ingresso

Attraversando la periferia della grande municipalità di Tshwane (adesso Pretoria è solo il nome del centro storico) 

e la provincia di Gauteng, dove si vedono dei piccoli mercatini, e







e dei quartieri residenziali per i senza tetto, o per coloro che abitavano in capanne o in bidonvilles, o nelle degradate periferie sovraffollate e senza servizi delle aree urbane in via di sviluppo (i famosi "ghetti neri" o townships). L'obiettivo del governo è di dare subito una casa a tutti, e di portare servizi di base nei ghetti, per poi sfoltirli. Ma naturalmente il fatto che desta problemi è che per forza di cose qualcuno sarà tra i primi a lasciare il ghetto e qualcuno tra gli ultimi...
Comunque sembra che chi riceve una casetta nuova (molto modesta) sia contento di trasferirvisi (almeno in un primo momento) dato che è un passo avanti rispetto ad una baracca di lamiera col tetto in latta ondulata.



In questi slum, come anche in certi villaggi marginali nelle campagne, ancora si vede una estrema povertà, e condizioni misere di vita (riporto qui sotto delle belle foto b/n di una decina d'anni precedenti al ns viaggio, di RozanneTumner, comprate come cartoline al museo di Capetown)






Sulle varie etnìe del sud Africa vedi: Rino Gaion e Leonardo Zardi (a cura di), Popoli diversi, Africa in 2 volumi, Editrice Saie, Roma-Torino 1979, e anche Jean Sellier, Atlante dei popoli dell’Africa, 2003, 2008, trad. it. Il Ponte editrice, 2009, i due capp. sull'Africa australe.


Per inquadrare la storia del Paese in quella del Continente, avevo da tempo letto L.Joos, Petite histoire de l'Afrique noire, trad.it. Storia dell'Africa nera, ediz di Comunità, Milano, 1962; e di Katharine Savage, The Story of Africa South of the Sahara, 1961, tr. it. Storia dell'Africa Nera, Feltrinelli editore, Milano, 1963, L'Africa, in 2 volumi, a c. di Folco Quilici, Comp. Ediz. Internazionali, milano-Roma, 1969; Unesco, L'apartheid, suoi effetti sull'educazione, la scienza, la cultura, e l'informazione, Jaca Book, 1969; B.Bernardi, Africa meridionale, DeAgostini, 1977; Aa.Vv., Storia dell'Africa, La Nuova Italia editrice, Firenze, 1979; Hosea Jaffé, Sudafrica. Storia politica, tr.it. Jaca Book, Milano, 1997, e Histoire Général de l'Afrique, in 9 volumi, Unesco, Paris, 2015



Ma oramai purtroppo andremo all'aeroporto di Johannesburg (Jo'burg) per prendere il volo diretto per l'Italia... 
stesso fuso orario, ma volo lungo, e cambio totale di atmosfera, colori, paesaggi, gente... clima, natura e animali, ecc
sacchetto di carta zebrato per gli acquisti

riporto qui un paio di cartoline di cuccioli, comprate al negozio del Kruger N.P. :
(Andy & Lorrain Tinker Photography, 2001)


un reggi-ciotola a incastro 
(ricavato per intaglio da un unico pezzo)

l'albero della vita (un baobab)

Ma un giorno si potrebbe ritornare in SudAfrica e fare altri giri per es, sul versante ovest...

In conclusione, il Paese è enorme, ma ben attrezzato come infrastrutture (strade, benzina, ricettività, mangiare); ha una natura varia e splendida, le aree più a sud sono più fresche e più a nord sono maggiormente calde. I panorami sono veramente magnifici, i parchi naturali sono grandiosi, al sud ci sono animali come i pinguini, le balene, ecc. 
e al nord varie specie di scimmie, e i grandi 5, 

e poi rinoceronti, e ippopotami, ed elefanti, 

coccodrilli e giraffe, antilopi, iene, eccetera. Dal punto di vista umano etnico, c'è anche qui davvero un mondo in un solo paese: neri aborigeni, bianchi insediati da generazioni (di matrice olandese, i boeri, o britannica), etnie e lingue differenti, quindi culture diverse tra loro come pure le appartenenze religiose (cattolici, cristiani protestanti e riformati, musulmani,  hinduisti, e animisti, ebrei, ecc.), e villaggi di campagna e grandi città moderne, c'è di tutto anche sul piano politico e culturale... a seconda dei vari partiti e associazioni, e ci sono le più diverse cucine e tradizioni....
Insomma un paese straordinariamente ricco di offerte e occasioni, dove si possono fare esperienze avventurose o anche un turismo tranquillo, scalare montagne o abbronzarsi in bellissime spiagge.... 

c'è il Mondo in un solo Paese!

Per un inquadramento del SA nel contesto d'insieme dell'Africa nera, ovvero sub-sahariana, sul piano storico, etnografico e culturale, vedi ad es.:
(del 1991)

(proseguirà poi questa carrellata con foto di interesse etnografico nelle successive puntate post-pasquali.  Prossimamente dall'Africa vi riporterò in Asia, e poi nelle Americhe...) continua...

nel frattempo colgo l'occasione di queste giornate per augurare a tutti buone feste di primavera nel segno della resurrezione e liberazione, e anche del rinnovamento 
(Pasqua-Pesach 2018)

il mio augurio odierno è dunque per una nuova fase di pace e di comprensione che ci aiuti a costruire una società e una cultura  più giuste e più attente ai bisogni di tutti. Speriamo che l'Umanità intera riesca a risorgere ad un più alto livello di civiltà

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