sabato 24 marzo 2018

6, sud della Tunisia (1984)

§. Viaggi del passato, puntata n.6 (seguito delle visita in Tunisia del Sud, n°-5)

1. - Una breve rivisitazione dei luoghi nel 1977.
L'anno dopo, tornando da un grande viaggio con la nostra Renault5 attraverso tutta l'Algeria (per quest'ultimo vedi un nostro viaggio in Algeria nel 1977, che ho caricato in quattro post in febbraio 2017), abbiamo riattraversato questi luoghi, e abbiamo infine sostato a Mahboubine, nell'interno dell'isola di Djerba, per far sistemare l'auto, dove intanto che attendevamo abbiamo fatto amicizia con una gentile giovane del luogo, Rachida Nadjar:

Annalisa con Rachida nell'estate 1977

Rachida è molto affettuosa ed estroversa, vorrebbe farci dono di qualsiasi cosa noi si dica che ci piace, e non è stato sempre facile declinare le sue offerte. Ha voluto assolutamente che Annalisa provasse ad indossare i suoi gioielli (che sono, come sempre, un bene di famiglia tramandato nelle generazioni).

Più volte ha espresso la sua gioia nell'intrattenersi con noi, dichiarando che oramai si sentiva di essere come una sorella per Annalisa. Avrebbe voluto che ci scambiassimo il filo della catenina che portavamo al collo. Era commovente. Ma in realtà sapevamo che con lei stavamo dissimulando ed eravamo meno sinceri e spontanei di quanto fosse lei. E così ci siamo sentiti un po' imbarazzati -da lombardi quali siamo- dinnanzi a questa esuberanza.

Già ci era successa una cosa simile quando sull'altra costa avevamo messo la nostra tendina  "canadese" nei pressi di una abitazione, dove siamo andati a chiedere il permesso, e siamo stati accolti come fossimo dei loro amici. Abbiamo detto che l'indomani avremmo pagato per l'occupazione del loro terreno. Non solo non hanno voluto soldi, ma di buon mattino la figlia è venuta alla tenda a svegliarci, per offrirci la prima colazione.


E ho riflettuto pensando che se fossi nato in questo villaggio (o in generale in questo sud tunisino), pur avendo il medesimo patrimonio di eredità genetica, sarei stato molto diverso da come mi sento di essere ora.  Quindi l'effetto formativo (forgiativo) dell'educazione dell'ambiente (naturale, storico, sociale, famigliare, e culturale) è forse più determinante di quello puramente biologico da cui riceviamo fondamentalmente delle potenzialità, e delle attitudini o predisposizioni... alcune troveranno terreno fertile e si svilupperanno (nel bene e nel male), altre no. E questo non lo dico pensando solo al carattere e alla personalità (e all'equilibrio psicologico). Anche la stessa intelligenza deve venir stimolata e favorita, non parliamo poi dell'apertura mentale o dello spirito critico. Una società e una cultura ristretta e rigida basata tutta sulla osservanza delle tradizioni difficilmente consentirà di pensare con la propria testa o di esprimere idee originali e individuali. Tranne alcune eccezioni.  Per es. Rachida è una giovane simpatica che sembra spiritosa e accogliente, di mentalità aperta, e che esterna i suoi sentimenti  ...

compriamo un bel klimt berbero con i simboli tipici del deserto:


ecco l'isola-oasi tutta verdeggiante per il grande palmeto:


2. - a Djerba e dintorni nel 1984.
 alcune foto di rilevanza etnografica, di una cerimonia tradizionale

Prendiamo il traghetto che va da Genova (via Cagliari e Palermo) a Tunisi, della "GNV" grandi navi veloci [adesso quel percorso lo fa anche la compagnia tunisina di navigazione Cotunav o "CTN"].
Ritorniamo dunque un'altra volta nel sud della Tunisia, nell'84, principalmente per rivedere l'isola di Djerba e stare a fare vacanza in spiaggia con la nostra bimba di quattro anni. E da lì è comunque facile prendere l' auto e poi fare ogni tanto dei giri all'interno.
Sono passati più di sette anni dall'ultima visita, e il paese nel frattempo è cambiato, c'è stato un certo ammodernamento, ed è aumentato il turismo (che però si concentra sopratutto a Hammamet, Nabeul e dintorni, e a Monastir), e che è arrivato persino quaggiù sull'isola.
Ma appena si lascia la striscia del lungo costa, si ritorna in atmosfere già assaporate nelle due precedenti occasioni di cui ho fatto cenno in precedenza (puntata n.5).
Intanto ritrovo con mio grandissimo piacere il brick à l'oeuf...



Dopo esserci presi in testa dei duri chicchi di grandine gelati e grandi come una pallina da ping pong (ma certi poi sono divenuti anche come una palla da tennis), fenomeno assolutamente rarissimo per cui a metà strada tra Sousse e Sfax, a El-Djem, dove eravamo già passati nel viaggio precedente, il cielo diviene rapidissimamente nero, il sole cocente si eclissa, e comincia di colpo una formidabile mitragliata di biglie di ghiaccio di lunga durata che ammacca la carrozzeria in modo irrimediabile. Improvvisamente fa freddo, mentre noi siamo vestiti leggeri e poco, come si fa d'estate. E poi presto tutto ciò scompare e fa di nuovo subito caldo. Così vediamo stagliarsi poco più in là lo spettacolare Colosseo del nord Africa, una arena grandiosa e quasi del tutto intatta in mezzo ad una piana arida e assolata. Sono 150 metri per 125, una ovale della capienza di 35 mila spettatori, è lì isolata nella sua magnitudine. E' l' anfiteatro romano di Thysdrus (che dal 1979 è stato riconosciuto dall'Unesco come bene storico protetto) che troneggia sulla pianura piatta a perenne ricordo dei secoli precedenti la conquista araba e islamica.

E subito dopo questo scatenamento della natura, ci si ritrova nell'area del Sahel tunisino, arida e secca lungo il litorale. Poi "scesi" in 200 km fino a Gabès, in altri 140 km si arriva a passare con una strada rialzata, una causeway, sullo strettissimo istmo naturale che la unisce al distretto di Zarzis, e si raggiunge l'isola di Djerba in auto, che le pubblicità hanno anche definito l'oasi di un paradiso terrestre sul mediterraneo, anche dato che è del tutto ricoperta da una vasta palmeraie, distesa di palmeto.

Giriamo per le botteghe e bottegucce di Houmt souk, ammiriamo e compriamo i tipici tappeti, i klim (o klimt, o kelim) del Sud, di fattura berbera, spesso a strisce, o di tradizione beduina a riquadri, dai vivaci colori e di fattura intrecciata sottile (vedi sotto alla fine). I colori e le figure sono segni da cui si riconosce il clan che lo ha tessuto. Ma ci sono anche le stuoie, i cesti, le ceramiche e le terracotta, o i monili in filigrana, d'oro o d'argento, a disegni finissimi degli esperti artigiani tunisini.

Ovunque andiamo, Ghila stupisce con la sua biciclettina, con cui la lasciano anche girare nella hall d'ingresso all'albergo, e tutti ci aiutano a portarla nei casi in cui dobbiamo prendere la bambina in braccio, sempre con estrema gentilezza e pazienza. E questo non solo qui al sud, ma anche nelle città (come a Tunisi dove abbiamo anche preso degli autobus). In ogni situazione molti si sono dimostrati estremamente protettivi, e solidali con grande spontaneità. In generale nella tradizione locale è vivo una sorta di culto del bambino, che è ritenuto una benedizione del cielo.
Quando nella visita del '76 tutti ci chiedevano con insistenza se avevamo figli e quanti, alla nostra risposta negativa erano delusi e sconcertati. E questo era dovuto al fatto che una moglie sterile è mal considerata e il marito è concepito come uno che si sottrae ai doveri verso la comunità cui appartiene. Anche se questo giudizio non ci veniva detto palesemente per cortesia verso chi è un ospite.
In quest'ultimo aspetto risiede un carattere distintivo dell'identità tunisina, che li differenzia dagli altri due popoli del Maghreb (l'occidente arabo). Un noto detto relativo ai pregi di ciascuno, suona: "I marocchini sono dei leoni, gli algerini sono uomini tutti d'un pezzo, mentre i tunisini sono degli agnelli". Intendendo che loro sanno essere più miti, compresivi, gentili e tolleranti; se gli arabi in genere sono piuttosto riservati, e magari gli algerini possono essere anche sospettosi o introversi, i tunisini invece divengono subito premurosi se solo si sollecita il loro aiuto.

E insomma passiamo diverso tempo in spiaggia, dove c'è pochissima gente (a parte qualche raro turista europeo, o donne berbere che entrano in acqua tutte vestite) e dunque c'è spazio per tutti: per cavalli, asini, dromedari... (e anche i loro bisognini).



Poi ad un certo punto, verso le cinque e mezza /sei comincia ad imbrunire, e rapidamente si fa sera, cala la temperatura, e presto tutto viene avvolto nel buio più assoluto, che permette di ammirare uno spettacolare cielo stellato molto brillante.


con la luna piena

Qui all'interno dell'isola si incontrano oltre ad arabi e berberi, anche beduini, e neri-africani.
L'esperienza più interessante nei giorni seguenti è stata che ci eravamo inoltrati un poco a gironzolare a piedi nei paesini e villaggi dell'interno di questa isola tutta fatta di sabbia, e costellata da migliaia di singole palme sparse qua e là, individuali ma a volte a ciuffi, a mazzi, di due, tre, tronchi gemelli.


Vediamo delle persone che arrivano con borsoni e usando un muletto, affrettarsi verso l'interno rispetto alla strada-pista sterrata. E così scopriamo che là dietro è in corso una grande festa popolare per la celebrazione di un matrimonio tradizionale, cui accorre molto pubblico.
Innanzitutto c'è una vera e propria gara di corsa sui cavalli, che sfrecciano al galoppo in questa piccola stradina di terra battuta.



cui fa seguito un corteo, o processione, preceduta dai suoni ritmati di grossi tamburi, e di particolari pifferi


Segue molta gente, probabilmente parenti e amici, e c'è anche qualche turista curioso come noi che si è infiltrato nel corteo.
Ad un certo punto finalmente sopraggiunge la grande attesa, la dote e il corredo della promessa sposa, che giunge su un dromedario che porta in groppa un corposo contenitore ricoperto da tappeti e teli.



La promessa sposa tutta agghindata a festa in abiti tradizionali, sta su baldacchino (la djefa, la sedia rituale), ma noi non la vediamo. E' sicuramente in un abito elegante e sfarzoso di colore rosso, con mani e piedi con lo smalto rosso, e ricamati da arabeschi disegnati con lo henné (o henna), una pasta che si estrae da un arbusto di questo nome, di color castano, o mògano. Disegni cui si attribuiscono proprietà scaramantiche e significati magici. E con una complessa acconciatura di capelli, adornata da una coroncina d'oro, collane d'ambra, pendagli di monete d'oro, e bracciali e braccialetti e cavigliere tintinnanti ... d'oro o d'argento. E magari anche qualche segno azzurro sul viso, e qualche pietra-talismano per scongiurare il malocchio, e certamente è ben profumata da essenze vegetali.
Il matrimonio è una occasione straordinaria che richiede più o meno pompose celebrazioni.

Uno spettacolo veramente indimenticabile e estremamente interessante.
Questa era dunque una cerimonia tradizionale, oramai divenuta rara a vedersi, poiché oggi i giovani tendono a non praticare più queste cerimonie esibizionistiche. Sempre più di frequente i matrimoni non sono più combinati dalle famiglie ancora quando i figli sono piccoli, in ossequio ad obbligazioni reciproche di clan, ma si basano sugli incontri e l'innamoramento tra i due interessati. Solo qui nel profondo sud ci poteva essere questa opportunità per un estraneo di assistere a tutto questo. Corteo, musica, abiti tradizionali, gare di cavalli, eccetera, ...e noi l'abbiamo potuta cogliere per puro caso.

Le feste di matrimonio tradizionalmente duravano per una settimana intera. Il primo giorno si portano i regali per cui le amiche e parenti della sposa la omaggiano di qualcosa, il secondo la sposa porta a far vedere alla casa dello sposo il suo corredo: lenzuola, e tessuti fatti e ricamati a mano. Il terzo i maschi della famiglia di lui, vanno in visita alla famiglia di lei, e il padre di lei dona allo suocero la dote, di solito una somma di denaro, e poi tutti pregano assieme per la buona riuscita di questa unione. Il successivo giorno è appunto quello dell' henné, e per prima cosa tutte le donne vanno assieme allo hammam, cioè ai bagni "turchi", e fanno degli accurati lavacri, massaggi, maschere estetiche al viso, si profumano. Poi si tracciano i disegni simbolici su mani e piedi; si attende che la pasta si secchi e cada lasciando il disegno sulla pelle. Il giorno dopo lo sposo va dalla famiglia di lei e porta con gran pompa tanti cibi che verranno usati per il pranzo di nozze. Eccetera, sino alla firma del contratto (quello che ora è il matrimonio civile), poi le donne andranno sotto le finestre e i balconi della casa dello sposo facendo il tipico ululato con la fibrillazione della lingua che è un segno distintivo corale delle donne arabe di ogni condizione e paese (la zaghroutah o zagarit) che si usa nelle grandi occasioni, cerimonie, feste e festività (private e politiche), soffermandosi là a lungo.
Infine viene il giorno chiamato Ers, che è questo che abbiamo visto oggi, in cui la sposa lascia la casa della sua famiglia, saluta tutti piangendo, e parte seduta sul dromedario accompagnata dai suoi, poi si scambiano gli anelli, e la sposa entra a far parte della famiglia di lui, e seguono festeggiamenti, e balli cui i due assistono seduti assieme entrambi su un trono (la tazdira).
(cfr. la descrizione nei dettagli di come si svolgono le cerimonie di una settimana di un matrimonio tradizionale sud-tunisino, da parte di Alessandro Mossotti sul vol. XIII dell'enciclopedia geografica Il Milione, Ist. De Agostini, Novara, 1964, pp. 154-158)

giovani ragazzine "da marito" in attesa sotto la tenda del loro accampamento
(la foto è della moglie di Folco Quilici, cit. 1973)

Ma le beduine adulte, sono abituate a utilizzare il dromedario (mehari) come mezzo di trasporto per portare le loro cose dall'accampamento fino al mercato.
(foto di Laura Grisi Quilici, «Epoca», agosto 1962, p.35)


Compriamo un bel tappeto klimt berbero, con vari riquadri di figure colorate:

su questo tema oggi (2016) si può leggere:

e un piatto decorato:

ed un set di sei piattini di metallo con incisi alcuni versetti di preghiere, su cui servire il tipico thé forte e concentrato, nei piccoli bicchierini in cui si mette una fogliolina di menta e si lascia depositare sul fondo una mandorla



Nella collana "Peoples of the World", a cura di E. Evans-Pritchard, trad. it. "I popoli della Terra", Europa Verlag e A.Mondadori,  1973, ediz.1981, nel volume sul mondo arabo, a cura di Ahmed al-Shahi,  c'è un capitolo: "La gente dei villaggi della Tunisia" di Nadhia Abu-Zahra, che è molto interessante, e accenna anche alle cerimonie nuziali.
Inoltre in generale cfr anche Il Grande Atlante in 6 voll. di Rizzoli editore RCS, Milano, 1979, 1982. 
Inoltre si veda di F. Quilici, Sahara, DeAgostini, 1980, e di Roberto Bosi, Sahara, Fabbri, 1981. 
Per non dire del viaggio di Jung nel 1920 di cui riferisce in Ricordi, sogni, e riflessioni, cap. IX, pp. 287-296, e 433-435.


 foto dal testo sopra cit. di A.AlShahi


Qui nel Sud tunisino, come già avevamo visto nel Sud algerino (vedi i tre post che avevo caricato nel genn. '17 su un viaggio risalente al 1977), e poi anche nell'oltre-Atlante berbero del Marocco (vedi http://viaggiareperculture.blogspot.com/2012/12/il-paese-berbero-dicembre-12-2.html ), o nel sud nubiano dell'Egitto (vedi i relativi diari) si evidenziano chiaramente tutte le problematiche ben riportate nel Dizionario-Atlante dello Sviluppo umano, Quaderno speciale di "Testimonianze", a cura di Diana DeLorenzi e Severino Saccardi per conto del COSPE, Firenze, 2003:


Per la storia di questi popoli, gli arabi del Maghreb, i cabili, i berberi, i beduini, i tuareg, si veda anche Jean Sellier, Atlante dei popoli dell'Africa, 2003, 2008, tr.it. casa editrice Il Ponte - TempoLibro, 2008, IVa sezione.

Ma si vedano anche i tre classici articoli-reportage di Folco Quilici, «Viaggio nel Sahara», la parte 1."Il deserto senza sete",  pp.34-60, con foto sue e della moglie Laura Grisi, sul periodico «Epoca», A.Mondadori, Milano, agosto 1962. Testi poi confluiti nel suo libro I mille fuochi, edizioni Leonardo da Vinci, Bari, 1964, 1965
E, sempre di Quilici, il paragrafo §."I beduini e la falconeria", in Gli ultimi primitivi, Rizzoli, 1973, pp. 32-34
Poi Roberto Bosi nel suo Il libro dei popoli primitivi, Bompiani, Milano, 1982, il §. "gli uomini delle sabbie", pp. 90 segg.
Infine di Alberto Moravia, Lettere dal Sahara, Bompiani, Milano, 1981

Sui berberi del sud tunisino oggi c'è lo studio di G. Camps, tr.it. per Jaca Book, e quello recentissimo di Viviana Isernia, editore Passerino, anche in versione e-book Kindle, 2018





Riguardo alla antica minoranza ebraica di Tunisia e in particolare dell'isola di Djerba (gli ebrei sefarditi Gerbini), cfr. 


Andiamo in periferia di Houmt-souk, nei quartieri di Hara-Kbira e di Hara-Skhira che sono dei villaggi in cui è concentrata la comunità degli ebrei Gerbini, e visitiamo la locale scuola ebraica, e un dispensario infermieristico della comunità. È l'unica comunità rimasta mentre in tutte le altre città gli ebrei hanno lasciato il Paese dopo la sua indipendenza, con grande rimpianto, e sono riusciti a raggiungere clandestinamente con viaggi rocamboleschi Israele che ha dato loro rifugio. (cfr. anche per questo: F.Quilici, I mille fuochi, op.cit. Bari, 1965, pp. 46-54 ).

Per quanto riguarda il vicino sud algerino, rinvio ai miei post del febbraio dello scorso anno su un nostro viaggione in auto per tutta l'Algeria  in particolare nei dipartimenti sahariani, nel 1977.
Diverso, ma confrontabile, è il territorio marocchino dell'oltre Atlante, che visitammo nel dicembre 2012:
http://viaggiareperculture.blogspot.it/2012/12/il-paese-berbero-dicembre-12-2.html



Oggi molte cose sono cambiate rispetto ad allora: dopo i movimenti di protesta del 2010/11 che fecero cadere il presidente, è stata redatta una nuova Costituzione (2014), e si sono tenute elezioni in cui ha vinto il partito "religioso moderato". Ma sopratutto il litorale è divenuto il punto di arrivo del fiume migratorio di chi dall'Africa Nera attraversa il deserto e arriva sino alla costa mediterranea per cercare poi di passare in Europa...



(fine delle due puntate sulla Tunisia del sud, nn. 5 e 6 )

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