martedì 4 febbraio 2014

il piacere della lettura (4)

Un'ultima storia "esemplare". Ad Helene Hanff (autrice di "84 Charing Cross Road", 1970)  e al personaggio dell’omonimo film di David H. Jones (1987), magistralmente interpretato da Ann Bancroft, sembrava che nella Manhattan del secondo dopoguerra si vivesse con terribile disagio in un allucinante e intollerabile vuoto culturale.  Non già perché mancassero libri in vendita nei vicini bookshops, ma perché un amante delle buone letture non riusciva a trovare in essi i libri che gli convengono per appagare il proprio spirito. In effetti l'appassionata lettrice in questione, si sentiva attorniata da una marea di insulsi testi di largo smercio, di libri buoni per i consumatori della subcultura di massa, libri che si vendono pure al supermarket (e qui mi viene in mente, se permettete, anche il protagonista del romanzo di José Saramago ispirato al mito della caverna platonica, che nella sua storia è proprio un modernissimo e grandioso centro commerciale)

e quindi era ancor più disperatamente assalita da un senso di vuoto anche dopo ogni lettura. Per cui sentiva struggente nostalgia di quei buoni vecchi libri, intesi anche come oggetti, quelli con le copertine rigide, magari rilegati in pelle, che sono un piacere anche a vedersi, e persino da maneggiare, quelli che hanno le pagine di carta fine, magari dorate all'esterno, insomma di quei libri che avrebbero certo difficoltà a vendere alte tirature tra il suo incolto vicinato. Anche perché questi piacevoli oggetti sono così confezionati, in quanto contengono testi che sono indubitabilmente dei "classici della letteratura" e non dei best-sellers. Questi dunque sono i libri di cui va a caccia, ma per i quali inizialmente non ha i soldi sufficienti per comprarne quanti ne desidererebbe, e perciò per averli si rivolge per posta nientemeno che a Londra, 

al di là dell'oceano, ad una libreria che vende libri usati (la Marks&Co.). A loro dunque scrive chiedendo di procurarle belle vecchie edizioni dei suoi amati Wordsworth, Coleridge, Keats, Shelley, Dickens, eccetera. E visse felice e contenta, ricevendo i suoi pacchi postali dalla vecchia Inghilterra, aprendoli come fossero pacchi-regalo, e divenendo pure una affezionata pen-friend del suo inappuntabile fornitore Frank Doel (nel film Antony Hopkins) che oramai le conosceva l'animo certo meglio di qualunque amico e collega che lei frequentava quotidianamente. Fino al giorno in cui.... (ma questa è un'altra storia, come si suol dire).

Anche questa incontenibile lettrice in fondo sta nella linea di quella modernità "altra", decisa a non scordarsi il patrimonio comune di valori di cui è intessuto il nostro canone comune occidentale (per parafrasare Harold Bloom), e che le "buone letture" dei grandi classici della letteratura possono rivitalizzare, o rivivificare, in ciascuno di noi.
Ma, per ritornare alla analisi che tratteggiavo più sopra, ciò è collegato in definitiva anche alla questione della formazione del gusto, all'affinamento della sensibilità estetica, e alla acquisizione di cognizioni che rendano in grado di decodificare e leggere i diversi linguaggi cui vengono affidati i messaggi che si vorrebbero comunicare. Una adeguata educazione può aiutare a comprendere nonché a compiere una interpretazione dei messaggi complessi che il mondo fittizio delle storie, o più in generale il mondo delle nostre letture, ci invia e ci propone. Una formazione del senso critico, l'addestramento a compiere scelte e a darne ragione, una educazione al senso di responsabilità, sono pure elementi fondamentali nel raggiungimento del maggior livello di consapevolezza possibile, e preparano a sapersi districare nella molteplicità degli stimoli che nella vita ci bersagliano. Era Leopardi che sosteneva che leggere i romanzi ci rende più assuefatti alla vita.
Diversamente la "spettacolarizzazione" a finalità pubblicitaria, di ogni cosa, la "teatralizzazione" degli eventi, la rappresentazione iperbolizzata di pezzi di realtà, o la finalità persuasiva di messaggi iconografici o discorsivi, avrà la funzione, anziché di medium per la comunicazione di problematiche, di vero e proprio diaframma, o filtro tra noi e la realtà 

impedendoci di decifrarla con i nostri stessi mezzi, ossia fondamentalmente con l'esercizio della nostra stessa ragione. A ciò possono validamente opporsi proprio quelle buone letture di cui Helene Hanff (Ann Bancroft) sentiva la carenza, il venir meno, e dunque la necessità.
Ma perché si provi questa sensazione interiore di mancanza, che faccia sorgere una agostiniana inquietudine, è importante che chi educa la nuova generazione si ricordi soprattutto di educare al buon gusto, al piacere del bello, di curare insomma la formazione estetica.
E questa è operazione delicata, che tra l'altro può svolgersi soprattutto attraverso una costante cura delle letture, che porti all'acquisizione dell'abitudine di leggere, sinché essa possa infine divenire una necessità, un bisogno personale insopprimibile. Ma bisogna procedere gradualmente. Diceva J.L. Borges: "Non ho insegnato agli studenti la Letteratura Inglese, che ignoro, ma l'amore per certi autori -o meglio, di certe pagine; o meglio di certe frasi-. Ci si innamora di una frase, poi di una pagina, poi di un autore"...
Soprattutto però bisogna ricordarsi che non si deve aver fretta in queste cose, che dunque per raggiungere qualche piccolo risultato sono necessari tempi lunghi. D'altronde la stessa attività di lettura è proficua solo se -come scriveva Nietzsche nella prefazione ad Aurora - "si impara che sempre bisogna leggere lentamente". Ed oggi apprendere ad apprezzare i pregi della lentezza (vorrei ricordare un articolo di elogio della lentezza scritto quarant'anni fa da Ivan Illich su "Le Monde": Energie, vitesse et justice sociale, e da me tradotto in it. per un opuscolo Feltrinelli), almeno nella lettura, sarebbe anche un buon antidoto -questo sì- contro la cosiddetta "frenesia della vita moderna"...
Egualmente si potrebbe dire per le biblioteche come cliniche dello spirito che citavo all'inizio. Se effettivamente possiamo un po' rallegrarci quando un governo si preoccupa di costruire nuove biblioteche, ed apprezzare come buona intenzione il fatto che le voglia magnifiche architettonicamente ed avveniristiche, tuttavia ricordiamoci che anche in questo caso non bisogna aver fretta di trasferire antiche collezioni, informatizzarne l'accesso, per poi magari trovarci ad affrontare maggiori difficoltà di fruizione in elefantiache istituzioni seppur computerizzate. Quindi non è del tutto detto che ci si possa sempre sentire un po' rassicurati per il solo fatto che si costruiscono nuove e supertecnologiche biblioteche. Come scriveva Luciano Canfora a proposito della "nuova" Nazionale di Roma, o della modernissima sede parigina di 4 buildings della biblioteca nazionale di Francia, detta anche -facendo "il verso" ai treni a gran velocità- "TGB" (très-grande-bibliothèque) di Tolbiac, 

con tutte le sue impreviste inefficienze e disservizi per frequenti guasti tecnici: "Le biblioteche sono organismi delicatissimi. Non vanno violentate e trasformate in giganti faraonici. Debbono proliferare. Per i libri nuovi dovrebbero sorgere biblioteche nuove, lasciando in pace quelle storiche." E forse non ha tutti i torti, con che coraggio infatti si potrebbe smettere del tutto di frequentare -e consigliare di frequentare- luoghi di fascino come la vecchia "Nationale" in rue de Richelieu, o la vecchia sede della "British", veri templi sacri al rito della lettura ?

Per concludere non posso ribadire altro se non che è dunque essenziale prima di tutto pensare ad educare al gusto della lettura, risvegliando e vivificando il piacere di leggere, e di farsi leggere, addestrando a imparare ad assaporare tutto ciò che costituisce l'ambiente di contorno e di rinforzo a tale piacere, e soprattutto evidentemente premurandosi di consigliare buone letture che ci accompagnino nel percorso della nostra vita. Oltre a procurarci una indicibile soddisfazione, una buona lettura ci permetterà di conoscere meglio noi stessi, di confrontarci con gli altri, di comunicare e discutere con nuovi interlocutori questioni di comune interesse, di formarci o di affinare in noi le capacità critiche, di capire esperienze non nostre, di viaggiare in tempi e luoghi anche lontani, di partecipare insomma a tutto ciò che costituisce il nostro mondo e in particolare di prender contatto con quella parte che di esso non conosceremmo altrimenti; ma nel contempo -se vogliamo- ci permetterà anche di preservarci un angolo di intimità, di tempo per noi stessi, di necessaria solitudine, di silenzio, immergendoci in appassionanti trame, o in avvincenti e stringenti ragionamenti, o anche abbandonandoci al salutare esercizio di vagare con la mente.




 (brani tratti dal mio: "Il piacere della lettura", in: L.Bellatalla e A.Lazzarini, a c. di, Leggere nell'era della globalizzazione, SATE - Cassa di Risp. di Cento, Ferrara, 2001, pp.50-59; poi ritoccato e pubblicato col titolo "Il piacere di leggere - spigolature", in: Lettura e scuola nella società della globalizzazione, a cura di L.Bellatalla e P.Russo, editore F. Angeli, Milano, 2002, pp. 71-84.)

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