mercoledì 19 ottobre 2011

tra la serendipity e il navigatore Sinbad




In Età Moderna il termine serendipity fu coniato dallo scrittore inglese Sir Horace Walpole in una sua lettera nel 1754 per riferirsi a ciò che accade a coloro che scoprono fortunosamente cose che non stavano cercando. Egli formulò questo neologismo dopo che lesse una antica novella persiana, tradotta in italiano da Cristoforo l’Armeno, e pubblicata a Venezia nel 1557 col titolo Pellegrinaggio di tre giovani figliuoli del re di Serendippo. In cui si raccontano le avventure di tre prìncipi indiani che mettendo a frutto straordinarie doti di osservazione e perspicacia, riescono a scoprire verità su fatti e cose a loro sino a quel punto del tutto ignote, attraverso una serie di indizi inattesi in cui si imbattono durante il loro viaggio, e provocando bonariamente i loro informatori in argute chiacchierate in cui vari temi vengono toccati come per caso. Tale racconto fu preso come parabola del percorso di ricerca, per indicare appunto la capacità di cogliere inaspettati segni indiziari in un cammino intrapreso inizialmente per altri fini. L'autore della fiaba, secondo R.Boyle sarebbe invece stato Michele Tramezzino, colui che la pubblicò.
Il nome di Serendib (o Syntip), italianizzato in Serendippo, è menzionato in "Simbad il marinaio" (che è più esattamente “Sind-bad”), ciclo di racconti favolosi, incluso poi anche ne "Le Mille e Una Notte" * relativo al periodo attorno al Millecento, (ma presente già nelle "Mirabili cose dell’India" del sec.x redatto in persiano-farsi), in effetti "Sind" significa genericamente "India", ovvero sta a indicare tutte le terre al di là del fiume Sind (o Hind, che il "nostro" Alessandro Magno voleva conquistare ma che non raggiunse). Il nome Sinbad si riferisce alla figura paradigmatica del “saggio navigatore”, che per metafora sarebbe quel che noi chiamiamo un filosofo, e viene dal nome di uno degli antichi Sette Savi indiani: il saggio Sindbad. Questi è menzionato nel Kalì wa Dimna, testo antico perduto, trad. in arabo nell’ VIII-IX sec., e poi in greco bizantino nell’ XI come historikòn Syntipa tou philosòphon, "storia di Syntip il filosofo", dove sono riportati i racconti relativi ai Sette Savi dell’India. 
Il nome Sindbad fu poi attribuito come epiteto ad un vero saggio navigante, cioè a uno straordinario marinaio le cui avventure sono raccontate in quel ciclo di storie dal significato allegorico, di cui vi dicevo prima.
Ma ritorniamo alle origini, e troviamo prima del coraggioso e avventuroso marinaio, e del grande e leggendario filosofo antico, la figura emblematica di un precettore ! Dunque dovete sapere che il saggio Sindbad era il precettore del figlio di un re, di un raja della costa del Malabar (attuale stato indiano del Kérala), o di Ceylon (attuale Sri-Lanka, nota anche come Taprobane o Serendip),  e si racconta che egli lo proteggesse assegnandogli il compito di osservare il silenzio per una settimana come prova o esercizio spirituale contro le tentazioni della parola. 
Come si spiega questo? Il principe dovette compiere questo esercizio di grande difficoltà, poiché quando vide certi segni, che interpretò come indicanti un pericolo imminente, corse a raccontare tutto al suo buon precettore, cose che sarebbe meglio non dicesse a nessuno a corte. In effetti poi succede che la matrigna tenta di sedurlo, ed essendo stata respinta dal giovane principe, lei che è la maharani, la regina, lo accusa poi pubblicamente presso il marito di tentato stupro, chiedendo la sua messa a morte. Allora sette saggi di corte interpellati, raccontano al raja, una storia a testa al giorno, in cui con molta arguzia lo intrattengono sui pericoli delle decisioni affrettate, e sugli intrighi donneschi, alludendo in modo assai sottile ed ironico a quanto accaduto. Storie cui la maharani ne contrappone ogni volta altrettante di segno opposto. Dopodichè il giovane principe alfine parla e rende testimonianza contro la matrigna provando la sua innocenza.
Si delinea qui il ruolo protettore e paterno del precettore, che conosce la disposizione ingenua e naif del giovane, ma anche la facilità che ha a parlare senza riflettere. Inoltre il precettore è anche un saggio che  conosce il fascino che esercitano le apparenze, e il rilievo dei sentimenti e delle emozioni nella formulazione di giudizi, nonchè i funesti frutti dell’ira in personaggi potenti. Agisce dunque in modo molto esperto e intelligente, suggerendo ai cortigiani interpellati di far ricorso ad allusioni indirette e a casuali accenni proprio come fecero i figli di Serendip.
La forma narrativa è quella in cui si esprimono nelle culture antiche in modo comprensibile e accessibile concetti e problematiche complesse. Il genere letterario è quello tipico con struttura a cornice che contiene una o più serie di conti di “forma semplice” (cfr. A. Jolles, trad.it. Mursia editore).
Ricorre qui il tradizionale tòpos sui secondi fini dei consigli femminei, di cui bisogna che il potere patriarcale impari a diffidare, e dunque su quell’astuzia ritenuta tipica delle donne. 
Il tema è ricorrente, e trova la sua prima formulazione nel rotolo della Torah, "Bereshìt" (=in greco Ghénesis, il libro iniziale della Bibbia), nella storia di Joseph figlio di Jacob e della moglie di Potifar, il ministro del Faraone (e qualcosa di non molto dissimile si legge pure in Erodoto, quando nelle sue Historiai, I.8, racconta una leggenda della Lydia, già riportata da Archiloco nel VII sec.av.C., su come la moglie del re fece uccidere il marito e regnò assieme al suo amato Gige, storia che oggi tutti conosciamo perché menzionata nel film "Il paziente inglese", e che ha delle affinità con la vicenda micenea di Klitemnaistra e Aga-Amemnon, tutte storie che poi un po' rifuse da Shakespeare ritornano sotto altre forme nell'Amleto).
John Bart nella sua traduzione inglese dei nostri giorni (The Last Voyage of Somebody the Sailor, -traducendo Simbad con somebody-, New York, 1991) scrive per esemplificare il significato di serendipity: "Non si raggiunge Serendip (inteso come l'isola di Sri Lanka) tracciando semplicemente un percorso. Si deve sempre partire con spirito aperto, rinunciare alle proprie certezze e abbandonarsi alla serendipity"...
Ma questa versione del saggio Sinbad del Sud dell'India, mi piace molto, se permettete, proprio perché valorizza la figura e il ruolo educativo del buon precettore... e i procedimenti indiretti.
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*cfr. di M.-C. Leuzzi, "Le mille e una notte di Shahrazàd", in History of Education and Children's Literature,  II/2, Edizioni Università di Macerata, dic. 2007, pp.403-409, n.13

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