lunedì 24 ottobre 2011

la favola del primo volatile


Dio creò il volatile e lo pose su un ramo. Un ramo piuttosto esile e sfrondato, che già disegnava un'effimera curva pronta a spezzarsi. “Cosa ci faccio su questo ramo? Chi mi ha messo qui? Cosa sono? Chi sono? Perchè non sono stato posato su quell'altro ramo, così robusto e longevo? Sono appena nato, e già sto per andarmene, perchè?”.
Il piano di Dio era ben preciso, quel ramo si sarebbe piegato fino al limite, e il volatile avrebbe fatto ciò che noi vediamo fare ai volatili oggi. Ma su quell'albero il volatile non era solo, poiché qualche ramo più in là se ne stava immobile e divertita una scimmia. “Ascolta”, disse con arroganza, “qualsiasi cosa tu sia, è evidente che questo non è il tuo posto, quindi vattene subito o ti lascio al tuo triste destino”, e vedendo l'uccello impietrito dal panico, con uno sguardo seccato lo afferrò per il collo e discese dall'albero. Quando fu in prossimità del terreno si alleggerì prontamente dell'inutile carico, e in un attimo il pennuto si ritrovò a terra. L'albero non era il suo posto, ma dove poteva andare? Si incamminò con aria smarrita, ma ovunque andasse, non vedeva altro che alberi. Guardando in alto, vedendo tutti quei rami inestricabili, si rendeva conto di quanto fosse inadeguato, e nel tentativo di sentirsi meglio chinò la testa per guardare ciò che fino a quel momento gli stava garantendo la sopravvivenza, il suolo. Forse quello era il suo posto. Camminò a lungo, con lo sguardo fisso a terra, finchè i suoi occhi non furono catturati dal movimento di un essere strisciante.  “Cos'hai da guardare? Sono un verme, tu cosa sei? Anzi, non dirmelo:  ciò non mi interessa. A me interessa una sola cosa, strisciare tutto il giorno sulla terra e sentire il suo profumo”. Il volatile, mentre ascoltava queste parole, sentì un inspiegabile gorgoglio proveniente dalle viscere, e un attimo dopo aveva ingurgitato quella creatura con un celere colpo di becco. Alla ricerca di altre simili creature, diede inizio ad un piccolo sterminio, finchè quella sensazione di vuoto non fu appagata, e il buio e il sonno sopraggiunsero. Al mattino, la prima cosa che vide fu una spiraglio di luce, e lo fissò con forte curiosità. Forse oltre quei rami c'era qualcosa. Forse no. Riprese il cammino, con lo sguardo rivolto verso quell'ombra che riempiva ogni centimetro di vita. Proseguendo, notò che la terra stava diventando sempre più luminosa, fino ad un punto in cui un nuovo bagliore invase i suoi occhi. Intimorito, provò ad alzare le palpebre, cercando di resistere al bruciore, “Allora avevo ragione!”, disse con gioia, “Qualcosa oltre quei rami là in alto doveva esserci!”. Ma il suo entusiasmo venne interrotto da un ruggito imponente: “Io sono il leone, tu cosa sei? Non spaventarti: sei nel mio regno e, come ho fatto con tutte le creature, ti permetterò di scegliere un luogo prediletto in cui vivere”. E il volatile: “In verità, un luogo prediletto ci sarebbe”, e guardò il cielo. Ma il leone lo ammonì: “A noi non è concesso vivere in cielo , almeno in questa vita. Guarda quell’elefante. Ti sembra possibile che possa stare in cielo? Oppure, guarda quella gazzella. Sembra danzare col vento, ma se le togliessi il suolo, anziché danzare col vento finirebbe col strapparlo a brandelli per cercare un appiglio. Ma devi arrivare a capirlo da solo, quindi ti do l'opportunità di provare a vivere la vita di ciascun animale della terra. Ascolta bene i loro consigli, e vedrai che troverai il tuo posto, e soprattutto capirai cosa sei”. Il volatile si mise alla ricerca del suo posto e della sua identità. Provò a vivere in tutti i luoghi possibili, terre, paludi, acquitrini, laghi, ascoltando i consigli degli animali che vivevano in quei luoghi. Ma ciascun consiglio di vita non gli era in alcun modo utile e il volatile, sempre più scoraggiato, provò l'ultimo luogo, la montagna. Almeno qui si sarebbe avvicinato al cielo, fin quasi a toccarlo. Conobbe gli orsi, gli stambecchi, le trote, ma non si riconosceva in nessuno di essi, e così decise di avventurarsi in alto, sempre più in alto. Lassù, tanto lontano dai consigli, tanto lontano da tutti, quanto vicino a sé, potè riflettere per la prima volta. Dal ramo in cui fu creato, alla scimmia, alla terra, al verme, al leone, quanti incontri aveva fatto? Avrebbe voluto avere le qualità di ogni animale che aveva incontrato, avrebbe voluto essere a suo agio come quella scimmia, come il leone, come l'orso, persino come quel verme prima di essere mangiato..ma aveva fatto bene a volere questo? Aveva fatto bene a cercare nell'altro ciò che fosse giusto, a cercare un' approvazione? E, cercando ciò, non si era forse allontanato da sé? Finchè si fosse affidato ai consigli degli altri, non avrebbe fatto altro che attestare l'impossibilità di ciò che la sua natura provava a ricordargli costantemente. In cima alla montagna. Lassù. Lontano da tutti. Lontano dai consigli. Lontano dall'impossibile. Vicino a sé. Capì che solo una cosa era rimasta da fare: lanciarsi nel vuoto. E più precipitava, più precipitava dentro di sé, dentro la sua vera natura. Con un sussulto di felicità, aprì le ali.       

3 commenti:

  1. Irene mi manda questa mail di commento:
    Caro Carlo,
    questo pomeriggio dopo essere venuta a lezione ho letto "chi è lui?" e la favola dell'uccellino.
    Mi sono piaciute molto, soprattutto "La favola del primo volatile" perchè sebbene si parlasse di un animale che facesse azioni assolutamente quotidiane mi sentivo presa in causa...come se quell'animale fossi io!
    Leggendo la favola mi è venuto in mente l'intervento di oggi del ragazzo che affermava di alcune persone che stanno bene nella loro posizione e nelle loro credenze... e come dicevamo si illudono che vada tutto bene. La scimmia io la vedo come una mano "forzata" (o maestro) che indirizza l'uccellino verso una via diversa da quella che aveva sempre vissuto ed è interessante vedere che, sebbene l'uccellino fosse spaventato dalle circostanze non si ferma....ma si incammina....andando a trovare qualcosa che rimanendo sul ramo non avrebbe mai fatto ESPERIENZA!
    Il bello è che, ricercando in lungo e in largo, su e giu, l'uccellino non prova altro che delusione e scoraggiamento..ma credo che semplicemente ciò che stava vivendo non era quello che si aspettava di trovare...il suo fine ultimo era il cielo e pian piano, di animale in animale lo trova.
    Mi ha affascinato l'immagine che viene data dall'autore dell'aprire le ali...è come se volesse dirci abbraccia e fai tuo quello che ti da "quel sussulto di felicità"...Accogli a braccia aperte le tue esperienze e la tua vita.

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  2. Gabriella mi manda per mail questo commento:

    La favola del primo volatile è stupenda!
    Leggendola, frase dopo frase, venivo sempre più avvolta da quell' atmosfera magica che mi trasmettevano i racconti omerici allorché il prof ne leggeva a scuola.
    Erano anni che non sentivo più quel senso di audacia e tristezza che m’infondevano i mondi lontani dei miti.
    Ho cercato il nome dell’autore; non c’era.
    Vorrei leggerlo ancora.

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  3. L'Autore è un nostro compagno di studi, il nostro simpatico medico….

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