domenica 13 settembre 2015

§. 2 - Oviedo 2

mercoledì 26

Andiamo a far colazione al bar più vicino, Café "La Luna", e ci rendiamo conto che ci sono delle incomprensioni legate non ai vocaboli ma al giro di frase o al modo consueto di dire una certa cosa… comunque prendiamo ognuno qualcosa da bere accompagnata per me da una brioche (cruasane) oppure da un pasticcino, e così cominciamo a imparare i nomi dei dolci locali.
Poi ci incamminiamo nella città vecchia, che è tutta ben restaurata, pedonalizzata, e mentenuta ben pulita. Nella piazza principale dedicata al re Alfonso detto "il casto", dove c'è pure la statua dell'eroe dell'indipendenza asturiana, il prode capo guerriero visigoto Pelayo (anno 718). 
Qui ci rendiamo conto che la città è attraversata dal percorso di chi fa il pellegrinaggio a Santiago de Campostela, che fa sosta a visitare la cattedrale del Santo Salvatore. Tra i vari percorsi esistenti, il cosiddetto "camino primitivo" passava proprio da Oviedo staccandosi dal "camino Norte". E questo in ossequio al detto: "Quien va a Sant'Iago y no al Salvador, venera al criado y no al Señor" (chi va a Sant'Iago e non va in visita alla cattedrale del Salvatore, venera più la creatura che non il Signore), così recitava un refrain medievale. Per cui non solo ci sono nella pavimentazione delle strade delle conchiglie di bronzo che indicano la direzione per la cattedrale di Oviedo, ma si vedono frequentemente passare persone di ogni età e condizione, proveniente da molti diversi paesi del mondo, con lo zaino in spalla (magari con una conchiglia che penzola), a volte i sandali, e un bastone da camminata. (mi ritorna in mente il diario di viaggio dell'amico Carlo Signorini, grande camminatore)


In piazza c'è pure una giovane in costume ottocentesco travestita da "Regenta" la nobile moglie del reggente della Audiencia locale (Tribunale superiore) protagonista di quel che è considerato il maggiore romanzo della letteratura spagnola del realismo "progressista" dell'ottocento, composto nel 1884 da Clarìn, uno scrittore appunto di Oviedo. Le faccio i miei complimenti dicendole che lei è certo meglio della statua che c'è proprio lì in piazza cattedrale (nonostante che Clarìn fosse stato aspramente criticato dal vescovo della città, essendo vicino al krausismo e alla Istituzione per il Libero Insegnamento).

Ghila con Doña Regenta

La cattedrale (detta anche "dei pellegrini")

la ammiriamo soltanto dall'ingresso, perché per visitarla si deve pagare un biglietto di 6€ a testa (quindi x3=18€uro…!). Trovo la cosa sconveniente e anche sbagliata, se mi è consentito dirlo, in qanto non fa che far fare brutta figura alla Chiesa spagnola. Peccato che gli ovetenses non la considerino evidentemente come un patrimonio culturale nazionale ed europeo (o anche dell'umanità)…

Imbocchiamo la adiecente stretta calle de Santa Ana, e ammiriamo gli edifici medievali e le chiesette preromaniche come quella di San Tirso del IX sec. per finire nella piazza  de Trascorrales, molto carina. I grupponi di turisti intruppati dalle agenzie nemmeno si rendono conto che -passati loro- lì regna una calma e un silenzio veramente godibile in pieno raccoglimento.
Chiediamo delle informazioni a un anziano signore che sta passando e ritorniamo indietro per imboccare, dietro la canonica e la cappella del reliquiario, la bella calle San Vicente, dai bellissimi palazzi, e con un massiccio portale, lì entriamo in uno di questi, che era in origine il monastero benedettino, ora adibito a museo archeologico delle Asturie.  
Il museo è ad ingresso gratuito (come accadrà varie altre volte) ed è molto interessante e veramente ben fatto. Ci coinvolge soprattutto la parte dedicata alle età preistoriche che ha sede nell'edificio nuovo che c'è accanto.

Poi andiamo stanchi a pranzo. E per semplificare la ricerca andiamo di nuovo nell'area che ieri sera avevamo appena intravisto essendoci fermati nel primissimo locale sull'angolo dove c'è un monumento alla contadina.

Ora invece la percorriamo, si tratta di una via pedonale (fuori dal casco antiguo) che va in discesa. Oviedo infatti stava tutta in cima a una collina di 250 metri sul liv.d.mare. E' tutta fitta di ristoranti e bar e c'è una quantità di gente pazzesca. Quindi riusciremo a scegliere facilmente un locale che ci stia bene. La strada si chiama calle Gascona, ovvero via guascona (cioè della regione di Guascogna), ma è anche soprannominata bulevar de la sidra,


dato che è piena di sidrerias, locali in cui si vende il sidro. Oppure sono trattorie o un gran numero di bar che offrono spuntini. Tutti propongono ai turisti menu di tipo tradizionale, a prezzo fisso. Ad esempio una minestra di fave (la fabada), una specie di seppia (chipiròn), un dolce di riso al latte, o pesche sciroppate, …


 Ma in realtà gli spagnoli  pranzano (almuèrzan) spiluccando (tapeando) delle tartine, dei piccoli panini, dei bocconcini vari (tapas o bocadillos),  dei piccoli spiedini, una fetta di tortilla, generalmente stando in piedi appoggiati a tavolini alti e intanto chiacchierano bevendo sidra o vino tinto. La stragrande maggioranza delle persone in vacanza sono spagnoli di altre regioni o città. Noi ci fermiamo a "La Finca" - Sidreria y Agrobar.


Qui mangiamo altre specialità locali, cioè due garbatu de tortos,  cioè delle frittelle di mais tipo arepas, con del fegato fritto,


poi una semplice ensalada LTC (lechuga-tomate-cebolla), e io huevos fritos con picadillo astur-celta e patate fritte deliziose, infine tatin de manzana (tortino di mele). Il tutto per 15€ a testa con acqua, sidro, pane, iva e servizio.
Qui il cameriere ci spiega che la sidra va fatta non solo cadere dall'alto ma col bicchiere  (vaso) inclinato in modo che si rompano le bollicine e faccia uno spruzzo per l'impatto sul vetro (quindi per forza ne va un po' per terra), ma sopratutto che va servita e bevuta subito finche c'è l'effetto anti-frizzante. Per questo il cameriere viene continuamente chiamato a servire un altro sorso.


La parte moderna comincia subito fuori da quelle che erano state le mura. Ciò è dovuto al  processo di desamortizaciòn che ebbe luogo alla fine dell'ottocento, cioè la liberazione delle proprietà immobiliari e fondiarie soggette a manomorta. Queste proprietà accumulate nei secoli dalla Chiesa, erano considerate di "esistenza perpetua". I governi liberali diedero invece i permessi di edificazione. Quando si fece spazio per le costruzioni per la calle Urìa (la maggiore arteria commerciale della città nuova) si dovette anche abbattere un grande rovere centenario (roble in castellano, ma carbayu in asturiano) tutti furono dispiaciuti per il "Carbayòn" cui erano legati affettivamente. Da allora si soprannomina così un "autentico" ovetense.
Ma restano ora pochi palazzi di fine '800/inizio '900, a causa del fatto che ci furono aspri scontri negli anni Trenta che distrussero grandi parti dei quartieri moderni. Nell'ottobre 1934 in seguito ad una rivolta dei minatori asturiani, i sindacati si impadronirono della municipalità, e proclamarono l'indipendenza delle Asturie, la insurrezione venne duramente repressa manu militari dall'allora governo di destra della repubblica. Poi con la vittoria delle elezioni da parte della sinistra e l'inizio della guerra civile nel 1936 la città sostenne la reazione di Franco,

mentre la Regione asturiana restò antifascista, e ci furono durissimi scontri, morti e distruzioni.

In fondo alla calle gascona c'è un altro ristorante di Tierra Astur, più moderno ma meno affascinante.
la cocinera

Maternità, scultura di Fernando Botero

La città è piacevole da percorrere bighellonando da una calle all'altra, scoprendo plazas e plazuelas, ammirando le facciate degli edifici storici, imbattendosi in una delle numerose opere di scultura sparse ovunque, e anche curiosando nei negozi e nelle librerie, scoprendo chiesette e angoli nascosti.

Alla sera, anche tardi c'è gente in giro e nei bar.

[prosegue]
http://viaggiareperculture.blogspot.it/2015/09/oviedo-3.html

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