venerdì 18 ottobre 2013

Bali 13 ( Padangbai e Tenganan )

14° GIORNO, martedì 17 sett.
Abbiamo trattato e combinato con I Wayan Sudiana (Nanok). Stamattina andiamo in auto in campagna all'interno, attraverso paesaggi molto belli, in un'area con pochi centri abitati,


per visitare il villaggio di Tenganan. Si tratta di uno dei quattro o cinque paesini in cui vivono quelli che si ritengono i discendenti diretti degli abitanti originari dell'isola, prima che vi giungesse l' induismo, per cui sono detti Bali Aga (gli antichi di Bali).
Credono negli spiriti delle cose, degli alberi, della natura in generale.

Scrivono in balinese (anziché in bahasa-indonesia) e usano un alfabeto che è quello sanscrito antico.

In questo paesino vivono circa duecento famiglie. All'ingresso ci chiedono di pagare una tassa sul turismo che va nelle casse della comunità, e di farsi accompagnare da uno di loro. Vediamo subito le ceste con dentro i galli da combattimento, di cui sono cultori appassionati. I galli sono dipinti con certi assurdi colori.

 Le loro antiche cerimonie le continuano a mantenere e tramandare intatte. Ce n'è una, la Mekare Kare che contempla delle lotte in cui coperti solo da un perizoma succinto, e protetti da uno scudo di ata, una sorta di rattan (che se ben intrecciato dovrebbe durare per due generazioni), si colpiscono con le parti pungenti della foglia di pandanus.

E' una specie di danza della virilità, per conquistare quella che a ciascuno pare la più bella. C'è un comitato di giudici che li mettono a affrontare un avversario della stessa stazza. I Bali Aga non hanno mai accettato il sistema hindu delle caste, ma si ripartiscono in associazioni di pari d'età. In quella cerimonia rituale si prendono a gran colpi con i rami spinosi ma devono far finta di nulla. Alla fine non c'è un vincitore, né c'è un momento prefissato per la fine dei combattimenti, lo decide uno dei giudici quando vede che uno se la prende troppo ed è arrabbiato con l'altro. Mentre questa tenzone non va fatta per rabbia per cui non si può usare il coltello (che peraltro ognuno ha con sé) né è consentito colpire in viso. Semplicemente ci si esibisce e dunque in fin dei conti ognuno partecipa al fine di far bella figura e venire apprezzato.
Il paese è ordinato e pulito. E' largo 250 metri e praticamente sta ai lati di uno stradone lungo 500 metri.



Ciascuna famiglia è impegnata in alcune attività di interesse comune.
Fanno delle stoffe chiamate ikat, tipicamente balinesi, ma in modo più complesso, detto "doppio ikat", cioè colorano l'ordito prima della tessitura, poi proteggono questi fili con una legatura molto stretta quando fanno la tintura anche della trama. E' tutto tessuto a mano con telai di legno rudimentali, ne esce un tessuto molto particolare sia per i disegni che per i colori, e molto resistente nel tempo (è un po' "simile" a quello che vidi sull'Ande). Loro lo chiamano geringsing.




un esempio di stoffa ikat tradizionale
La guida che ci hanno affiancato è un amico del vice console d'Italia a Bali, e ci mostra un vecchio numero di una rivista culturale gratuita che distribuivano anche in Italia per reclamizzare il turismo a Bali, di nome Marco Pedoni (quando torneremo lo diremo al nostro amico Marco Pedroni).
Un'altra produzione caratteristica sono i libri detti "lontar". Si tratta anche qui di una antica tecnica per cui si trattano in un certo modo le felci per farne dei supporti su cui disegnare e scrivere. Ci mostra come poi si fanno dei libri congiungendo queste strisce orizzontali di foglie. E come si usa lo stilo di metallo per scrivere con coloranti naturali ottenuti da estratti di noce moscata.


Ci fa entrare a casa sua, dove tutti i famigliari e parenti sono impegnati a preparare le cose che occorrono per la prossima cerimonia della luna piena dell'equinozio.
Un vecchio sta spiumando dei pollastrelli, e la nonna fa da supervisora e consigliera.


Poi ci mostra gli spazi comunitari per le riunioni del villaggio.

Gironzoliamo un po', poi torniamo, anche perché forse qualcuno si è stancato di vederci curiosare di qua e di là e ficcare la testa dentro ogni porta... in effetti siamo degli stranieri, degli estranei a casa loro.


Al rientro vediamo lungo la strada una gran riunione, che ci spiegano è dovuta ad una cerimonia di cremazione.





Per pranzo voglio assaggiare un mahi-mahi, che trovo abbastanza buono. Annalisa prende del tonno che è veramente freschissimo, morbido e saporito. Intanto arriva un ragazzo che Ghila ha contattato tramite Couch Surfing. Si chiama Matthias ed è ungherese, è venuto in scooter da Kuta... per incontrarci!
Poi ritorno da papa George per la conferma definitiva, fatichiamo a farci capire e a capirli...
I vari cani, e i polli e i galli che scorrazzano liberi in giro per ognidove, in realtà appartengono quasi tutti a qualcuno.
Anche qui in quasi ogni bar e ristorante, ci sono dei posti dove ci si può sdraiare. Alla sera mi sdraio a ammirare la luna piena dell'equinozio.

Abbiamo visto passare un paio di camioncini pieni di gente in bianco e anche molti uomini e donne andare a piedi su verso i templi.
Per cena torniamo al Topi Inn dove però questa volta aspettiamo 60 minuti per essere serviti. Comunque ho preso un chiken sateh, Annalisa tofu ai funghi, e Ghi un burger veg fatto di tempeh (15€ in totale con bere e tasse).
Non ricordo se l'avevo già scritto, nei warung balinesi (non nei ristoranti) il cibo viene servito sempre su di una foglia di banano adagiata nel piatto.

15° GIORNO, merc. 18 settembre, partenza per le Gili
Ci alziamo più presto del solito per partire. Io ho un po' di quel che qui viene chiamato "Bali Belly" che non allude certo a quanto è bella Bali, ma ai disturbi intestinali, e che mi ha effettivamente un po' rovinato la nottata. Paghiamo il conto e lasciamo in deposito due valige e una borsa, perché portiamo con noi solo lo stretto necessario, e lasciamo anche della roba da lavare per la laundry.
Dunque partiamo solo con una valigia leggera, e vediamo che ce n'è solo un'altra in tutta la massa di zaini dei backpakers... e così ci sentiamo dei turisti in mezzo a tanti giovani viaggiatori. In realtà però ci sono di quei borsoni e zainoni .... che sono ben più carichi e pesanti della nostra valigia a rotelle (per tre), e inoltre sono individuali ...
Quelli di papa George ci vengono a prendere con lo scooter e mi portano alla "agenzia" che c'è nel warung, dove mi danno tre boarding pass e il biglietto di ritorno (mi sembra una inutile burocrazia) comunque sono molto gentili. Dunque in totale sono 42€ per tre persone incluso lo shuttle bus da Ubud e la fast boat a/r (avremmo diritto anche al bussino di ritorno, che però noi non usufruiamo).
Poi si occupano loro di portare la valigia al molo e di metterla sul barcone.
Qui a Padangbai c'è la gran comodità che la porticina del barcone è proprio alla stessa altezza della piattaforma di legno aggiunta dopo il molo, da dove noi partiamo.


La nostra lancia va diretta a Trewangan, mentre quelli che vanno alle altre due isolette o a Lombok, devono attraversare il nostro barcone e passare sul successivo, ormeggiato di fianco all'esterno.
Si parte! ciao Padangbai... ci sei piaciuta molto.

(continua)

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