mercoledì 23 ottobre 2013

Bali 17 (Sidemen)

(sèguito) 19° GIORNO domenica 22 settembre
Arrivati al porticciolo di Padangbai esausti e frastornati, andiamo subito al nostro albergo di prima, e lì ci riposiamo, ritiriamo le valige che ci hanno tenuto da parte, e la roba lavata, andiamo in bagno, mangiamo qualcosina. E intanto contratto con un driver che ci porti a Sidemen dopo pranzo. Combiniamo per 16€, telefono a Sidemen per comunicare che arriveremo alle 5 e mezza.

Dopo esserci ripresi e rilassati, partiamo! Passiamo per la periferia est di Klungkung nella parte vecchia di Semarapura, dove fabbricano gli ombrellini utilizzati nei templi per scopi rituali, e per le cerimonie, certi sono molto belli. Fanno anche altri oggettini artigianali molto carini, ci sono pittori e orafi.

Questa è una località importante per la storia di Bali, era la sede del regno di maggior importanza dell'isola, tanto che diversi altri principati rendevano omaggio feudale al re di Klungkung. Era un po' il centro della cultura tradizionale, anche per quanto riguarda le arti figurative che per la danza e la struttura sociale. Nel 1602 la compagnia olandese per le indie orientali cominciò a prendere piede nell'attuale Indonesia, e nel 1800 iniziò la conquista territoriale. Ma Bali fu l'ultima isola a cadere. Il dominio olandese scominciò a Singaraja nel 1845 e poi si era esteso, oltre che al nord, anche all'est di Bali nel 1894, e dopo al regno di Gianyar, dove c'è Ubud, nel 1900. Nel 1906 decisero di farla finita con gli ultimi baluardi indipendenti, e fu inviata una grande flotta per costringere il re di Badung (cioè Tabanan e Denpasar) ad arrendersi. Ma tutti i personaggi importanti della corte si suicidarono pur di non sottomettersi. Così gli olandesi ripeterono nel 1908 la minaccia di fare guerra al raja di Klungkung, e anche in quel caso ci fu un suicidio collettivo del re, delle sue sei mogli, di tutta la famiglia e di 200 membri della corte, poi uomini, donne, bambini, vecchi, dignitari e bramani, andarono incontro all'esercito invasore e si lasciarono uccidere dai loro fucili. Il sontuoso palazzo reale fu incendiato. Ora c'è un monumento che ricorda questa ecatombe (puputan), e anche l'ultimo territorio balinese fu incorporato delle Indie Orientali Olandesi. I nobili e i bramani rimasti furono incaricati di conservare e preservare la religione tradizionale, lasciando così una formale autonomia culturale. 

Nel palazzo di giustizia (Kerta Gosa), che era rimasto in piedi, sono stati restaurati i dipinti e gli affreschi che rappresentano le coppie di visibile-invisibile, giusto-ingiusto, raffigurando il poema epico Bhima Suarga, una sorta di appendice al Mahabharata, in cui si racconta del viaggio dell'eroe Bhima agli inferi e nel regno celestiale, mostrando quali sofferenze e quali beatitudini meritano coloro che hanno agito male o bene in vita.
Forse fu proprio per lo scalpore che suscitarono i puputan, che si diffuse in occidente l'idea che quella balinese fosse una cultura violenta e i balinesi gente pronta a usare il famoso coltello kris, che infatti tutti allora portavano alla cintura. A diffondere questa immagine contribuirono anche film come "L'isola dei demoni" di vonPlessen, e romanzi come "Sangue e voluttà a Bali" di Viki Baum, e persino il sciocco filmetto "La principessa di Bali", di Walker. Ma ancora vengono rappresentate le danze ipnotiche kechak in cui un coro di 80 uomini andavano in trance al canto ritmato di "chak-achak-a-chak" e infine rivolgono contro di sé il kris. Come abbiamo visto pure noi in uno spettacolo di notevole impatto.

 Quindi giriamo a destra per Paksabali, entriamo nel territorio della reggenza di Karangasem (ovvero Bali-est), e ci inoltriamo nella valle dello Yeh Unda, con una stradina minore. Paesaggi molto belli, una valle davvero incantevole, tutta terrazzata a risaie, ma con vegetazione rigogliosa, alberi da frutta, palmeti di cocco, eccetera. Lo specchio d'acqua delle risaie riflette le nuvole e il paesaggio con begli effetti. Si attraversano piccoli villaggi, Lebu, Sukanaji, Silebeng, Undisan. E' proprio la campagna balinese, restiamo attaccati ai finestrini a guardarci attorno.




Qui è molto venerata Dewi Sri, la dea del riso e della fertilità della terra (quest'ultima rappresentata dal dio Siwà) a contatto con l'acqua (la dea Gangga) e la luce e il calore del sole (il dio Surya). La dea Dewi Sri rinasce da ogni germoglio di riso per nutrire gli esseri umani. Il termine per indicare il seme di riso è il medesimo per riferirsi alle ovaie femminili. 

Queste colline terrazzate stanno proprio alle pendici del grande monte Gunung Agung, che si può tradurre anche come il Sovrano delle montagne, si tratta del maggiore vulcano di Bali alto 3142 metri dal mare, dove è posto il principale tempio della religione hindu-balinese, che è in effetti una spiritualità animista su cui si è sovrapposto l'induismo. La denominazione della loro fede, oltre ad Agama hindu Dharma,  è detta anche Agama Tirta, cioè la fede nell'acqua santa. Per cui i cinque  massimi vertici del pantheon sono costituiti da terra-acqua-sole, cui si affiancano riso/fertilità, e il vulcano, che fu la potenza da cui originò la scintilla dell'anima balinese. 

Un'antica leggenda spiega come mai i balinesi piantino sempre un nuovo campo di riso prima di raccogliere i frutti di quello precedente.

Secondo questa leggenda un gruppo di agricoltori, che da anni non riusciva a trarre nutrimento a sufficienza dal raccolto, promise di sacrificare a Dewi Sri un grosso animale se vi fosse stata abbondanza. Poco dopo questa promessa le condizioni climatiche migliorarono e tutto sembrò favorire un raccolto copioso. Gli agricoltori, felici per quanto avvenuto, iniziarono a cercare un maiale da sacrificare, ma ogni loro tentativo fu vano. Poiché l'ora del raccolto si avvicinava e nessuno di essi era riuscito a trovare un maiale, qualcuno propose di sacrificare un bambino al posto del maiale. Poi ad uno degli agricoltori venne in mente che la promessa era di adempire al voto dopo il raccolto, perciò se vi fosse sempre stato del riso da far crescere e ancora da raccogliere, quel sacrificio non sarebbe stato necessario.






Arriviamo a Sidemen, a 400 metri di altitudine, tutta a terrazzamenti, e alloggiamo al "Nirarta Meditation Centre", in banjar Tabòla, in un punto magnifico della valle, e nel mezzo di un bel giardino tropicale. Arriviamo proprio quando stanno per incominciare a fare le quotidiane offerte.




Parliamo con la proprietaria, Ida Ayu, una giovane signora molto gentile e premurosa. Ci danno una intera casetta immersa nel verde, in cui ci sono due stanze comunicanti e due bagni (chiusi), con una bella lounging veranda davanti, dove beviamo il succo di frutta di benvenuto.



Gironzoliamo per il bel giardino, 



incontriamo Peter, il marito di Ida che è il fondatore di una associazione "for living awareness" cioè per una viva consapevolezza, che sta proprio ora partendo per l'Italia; poi alla sera partecipiamo a una seduta di meditazione thai, guidata da lei, nella sala della casetta che c'è in fondo alla proprietà.


E infine andiamo a cena nel ristorantino interno del Centro, da cui si guarda verso delle risaie e un fitto bosco di fronte. Prendiamo una ottima potato&carrots soup e un piatto thai, mentre ammiriamo il panorama della valle prima che si faccia buio. C'è un silenzio assoluto, in cui ogni tanto si sentono i suoni degli uccelli, regna una grande calma.

Approfittiamo del fatto che non c'è nulla da fare perché qui fuori non c'è un villaggio dove poter passeggiare (Sidemen ha 7500 abitanti ma sono tutti in casette sparse in tre vallette di altrettanti ruscelli), e andiamo a letto presto (la doccia perde, e ormai il bagno è già tutto allagato e scivoloso.)

XX GIORNO, lunedì 23 (Sidemen)

Sessione mattutina di meditazione, col richiamo di un discreto suono dai toni bassi, emesso da un tronco cavo battuto, il kulkul. Vado giù per il sentierino in mezzo al parco, dove ci sono stupendi fiori.



 La seduta mi piace, di più di quella di ieri sera. E intorno c'è il cinguettio del risveglio di tutti gli uccellini. La cagnetta anche stavolta aspetta pazientemente fuori dall'ingresso della sala.



Durante la colazione chiacchiero con l'unica altra cliente presente, Liliana di Lisbona, che è qui da una settimana. E guardo giù verso la valle, dove scorre il torrente.


(continua)

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