mercoledì 27 settembre 2017

Viaggio in Etiopia - foto 17 (dai Borana, a El-Sod e poi ad un pozzo "cantante")

(prosegue 29 agosto)

Andiamo in auto a sud verso Deritu e Digalu, ad un villaggio chiamato Dabesa Jaldesa, abbastanza grandino, di pastori e allevatori borana semi-nomadi.  Allevano capre, pecore, dromedari, zebù, e vacche e asini. Ma se si chiede loro, rispondono che sono dei guerrieri.

Anche loro vivono in capanne dall'aspetto provvisorio, fatte a cupola con canne e ramoscelli flessibili intrecciati, e poi spalmate di argilla che si indurisce e secca.

Per arrivare al villaggio in cui possiamo entrare, compiamo un lungo percorso su una sterrata e poi su una pista. Infine non c'era certezza su dove andasse la pista e  un ragazzo in moto, a cui Izack ha chiesto informazioni, ci accompagna attraverso il cespugliame sparso.



E' tutto tenuto ben spazzato, pulito e in ordine. C'è silenzio.


Tutti i ragazzi, dai bambini ai giovani, così come le donne, sono accorsi per vederci. Siamo l'evento della giornata.



Sul volume terzo dell'opera di Renato Biasutti, Le razze e i popoli della Terra, Utet, Torino, 1941, 1954, 1959, vi sono diverse parti in cui si fa riferimento ai Borana:




I Bòrana (o Borna) hanno una elaborata costellazione di leggende, miti, favole, racconti, che si tramandano oralmente, ma che ora sono stati anche trascritti da studiosi.

I Borana sono noti per gli ela, i loro grandi pozzi, chiamati "pozzi cantanti" perché scendendo a prender acqua cantano dei canti corali che risuonano nel pozzo. Ne visiteremo uno domani.


mercoledì 30 agosto

Partiamo con la nostra ottima GXR Land Cruiser V8 cioè la 4x4 della Toyota, versione 2016, di cui l'amico Belayneh della "Ethio Mar" è molto orgoglioso, e che ci ha facilitato questo viaggio, anche grazie al bravo autista Izack.
Andiamo verso El-Sod, così lo chiama la locale popolazione musulmana (altrimenti detto Chew Bet, ovvero casa del sale), che sta a 70km.

Una volta giunti -con non grandi aspettative- al miserrimo paesino sul bordo del vulcano estinto,



pastore


bisogna dire che il cratere del vulcano è invece davvero straordinario con il suo perimetro di 8 km. !

sul bordo
Si può andare giù camminando per tornanti ripidi, ma noi rinunciamo, anche se si potrebbe tornare su a dorso d'asino.

 ecco i tornanti della discesa

Non ce la sentiamo, oltretutto con questo caldo.
E poi laggiù in fondo a 600 metri più sotto, c'è il lago nero, che è profondo 14 metri ed è a tre strati: c'è la parte nera del sale per l'alimentazione animale, quella bianca col sale per noi uomini, e la terza con sale adatto per seccare e per lavare.
Sino a poco tempo prima ci lavoravano cinquecento tra uomini e ragazzi-aiutanti (dicembre/maggio), ora siamo ai minimi stagionali di 35 persone addette. La pozza nerissima a guardar bene ha dei puntini bianchi... e ci fanno vedere il sale che si raccoglie, in cui certi pezzi mostrano tre strati


Ci rigiriamo verso il poverissimo paesino e ripartiamo,


miseria e squallore 




Poi seguendo in auto un lungo e impegnativo sentiero, che diviene poi una non ben tracciata pista di sabbia (bisogna essere accompagnati da una guida locale per capire dove andare), 

Si vedono molti termitai anche piuttosto grandi e alti. 
Si fa un lungo percorso e si giunge ad un ela, o "singing well", ovvero pozzo-cantante. Ci incamminiamo a piedi per il sentiero che scende tra due dirupi di terra bianca. 

ci incamminiamo verso la discesa che non si vede

cominciamo a scendere
intanto risale chi si è già abbeverato

verso giù


eccoci al grande pozzo, i raccoglitori scendono con delle "scalette", portando i secchi

 portano i secchi

E' molto impressionante, ampio e  con i suoi sei livelli di profondità, quasi 30 metri. Ci lavorano omoni robusti e donne anch'esse ben allenate e forti. Ci sporgiamo verso il grande buco, e li intravediamo che si passano secchi pieni d'acqua per la catena umana che sale, e secchi vuoti verso il baratro profondo. Si odono risuonare le loro voci. Ad un certo punto per superare un po' la stanchezza dei continui piegamenti, si mettono a intonare una cantilena con un ritmo adatto al sollevamento dei pesanti secchi. 


 

 (queste tre foto sono prese dal web)

Poi quando son stati riempiti tutti gli abbeveratoi a furia di secchiate, i raccoglitori sfiniti cominciano a risalire (le donne più sotto avevano già cominciato a lamentarsi). 


Infine le donne, che appunto erano quelle più in giù, risalgono, e quando ci vedono sembra che si vergognino un po'. Hanno delle cuffie blu sui capelli.

A questo punto i ragazzini possono farsi il bagno nelle vasche. 


A quel punto intanto arrivano dal sentiero in discesa, con gran rumore e rimbombo le mandrie animali per abbeverarsi. Prima asini e poi cavalli, e quindi i bovini. 

 cominciano ad arrivare
 poi arrivano altri
 e altri ancora



Essere dentro a questo spettacolo strabiliante di fatica umana e di lavoro collettivo è qualcosa di difficilmente descrivibile. L'antro scosceso e poi il pozzo profondo e buio sembrava la bocca dell'inferno (i lavori forzati), e faceva suggestione sentire i motivi che forse stanno alla base di certi gospels neri. Era uno spettacolo primitivo di sudore e cadenze ritmiche. Al giorno d'oggi questi disgraziati non hanno una carrucola nemmeno di legno cui mettere una corda di trazione con un gancio... (quando una dozzina d'anni fa una ditta straniera ha ampliato con dei macchinari la parte di sopra, si vede che l'autore del progetto di aiuti ai villaggi, lo ha concepito stando nel suo ufficio europeo, e non ha pensato di aiutarli anche dotandoli di una carrucola per tirare su l'acqua...).

Ma anche poi la discesa un po' in corsa e concitata degli animali assetati, con le vibrazioni dei loro zoccoli e il rimbombo, non è stato spettacolo minore.

è finito
si risale

e su c'è chi è in lista d'attesa per il prossimo turno

Sia la composizione numerica degli addetti alla raccolta d'acqua, che i tempi, e il turno del bestiame, sono regolamentati da accordi molto rigidi tra i vari clan che vi hanno permanente accesso.
tratto da M.Bassi, I Borana, v. in bibliografia (24)

Rifacciamo la stessa pista e poi la sterrata all'indietro
e andiamo a dare una occhiata al villaggio bòrana di Olla-u-Ghufu, dove siamo ammessi in visita in un bet, cioè in un tukul.

ingresso nel villaggio cintato


 entriamo in un bet




 Annalisa con una collana imprestata dalla signora della casa la quale dice che non la vende



sono altrettanto loro curiose di osservare noi, che noi di osservare loro...



In generale su queste varie etnie dell'area del fiume Omo, si possono leggere dei testi di Giuseppe Russo, sulla rivista Etnie (rivistaetnie.com),  o sul sito Continentenero, o obiettivosulmondo, o su altre riviste come Africa, Latitudes, Nigrizia, che ho indicato nella bibliografia (v.puntata finale n.24)




Salutiamo, ringraziamo, e ripartiamo. Nessuno ci saluta o risponde al saluto.

Tornando ripassiamo dal paesino sul bordo del cratere ... ci appare più squallido e misero (qui potrei anche dire: più povero) di come ci era sembrato all'andata.




A lato della lunga pista sabbiosa vediamo, oltre a grandi termitai (e forse ci potrebbero essere sugli alberi anche dei pangolini), sopratutto uccelli, poi oryx, gazzelle, scimmie, dromedari...


gazzelle

nidi di uccelli

 orice


Torniamo stanchi a Yabello, dove c'è un po' di confusione

 donne in attesa a una fermata bus


e troviamo che il nostro ristorante è pienissimo di gente... tutto esaurito... ci dicono: no chicken, no milk, no fish, no toast, eccetera, allora diteci voi che cosa c'è? una porzione enorme di spaghetti al pomodoro, bibite e un thé alla cannella (tot. in due 3,60 €uro).



(continua)

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