mercoledì 30 novembre 2011

Anna scrive

Anna mi scrive queste sue riflessioni su un convegno che ha frequentato e che le ha stimolato queste interessanti note:

sono appena tornata da un convegno regionale di educatori dei SER.T. (Servizi per le tossicodipendenze), a cui ho partecipato perchè in quello di Rovigo sto facendo il tirocinio. Sono stati presentati i vari progetti messi in campo dalle unità locali. Molti di questi riguardavano la prevenzione promossa attraverso la formazione dei "Gruppi dei Pari" per operare sia nelle scuole che nelle attività extrascolastiche (fuori da discoteche etc..). Di essi si è detto, tra l'altro, che sono dei GRUPPI DI MEDIAZIONE CULTURALE. L'affermazione mi ha lasciata un po' perplessa, perchè ho la sensazione che sia uno "stratagemma" degli adulti per nascondere la loro inadeguatezza ad affrontare le reali cause del disagio giovanile, che secondo me sono proprio loro (gli adulti). Affermare, infatti,  la necessità di "mediazioni culturali" tra diverse generazioni (che differiranno di circa 30 anni)  appartenenti a stessi contesti,  significa riconoscere un "vuoto" che non può che essere stato creato dagli adulti,  i quali non sono stati in grado di partecipare consapevolmente alla crescita dei loro ragazzi, proponendo loro dei modelli di vita e negoziando con loro gli inevitabili aggiustamenti, ritrovandosi così   degli "estranei". E quando parlo di adulti e ragazzi, non mi riferisco solo a genitori-figli, insegnanti-studenti, che sono le prime catene della trasmissione intergenerazionale di cultura, ma allargando i cerchi di Brofenbrenner, anche a tutto il macrosistema, che non prevede più situazioni e contesti  generali in cui il confronto generazionale possa avvenire con modalità graduali, diventando così forma di sviluppo (penso, ad es.  ai bar di paese in cui giovani e anziani  giocavano abitualmente a carte assieme, oppure alla scuole di partito in cui i giovani venivano formati dagli adulti  alle idee politiche).
Una felice eccezione possiamo considerarla i corsi universitari che stiamo frequentando, dove questo confronto sembra trovare uno spazio per svilupparsi con accoglienza e competenza
Un cordiale saluto
Anna



3 commenti:

  1. Non so se ho capito bene cosa sia la formazione dei gruppi di pari, io ho capito che il progetto prevede la formazione di giovani per incontrare altri giovani nei luoghi considerati a rischio, per dare supporto e ascolto.
    Se è così, quello che segue è il mio pensiero.
    Il gruppo di pari è considerato la terza agenzia educativa, in ordine di età dell'educando in quanto, proprio in quei contesti di frequentazione, i gruppi di pari, avviene uno scambio di informazioni importantissimo, posto che il periodo adolescenziale è notoriamente quello dello scontro generazionale e di chiusura verso il mondo adulto.
    Secondo me, la presa di coscienza del vuoto che certamente c'è e l'inadeguatezza degli adulti a favorire il suddetto scambio, rappresentano un onesto riconoscimento di incapacità nella gestione dei momenti più rischiosi, per esempio quello in cui gli adolescenti possono entrare in contatto con la droga nei momenti di difficoltà.
    Inoltre, la forte velocità con cui avvengono i cambiamenti a livello di comunicazione (telefonini, socialnetwork ecc. ecc.) ha, secondo me, ancor più distanziato il mondo adulto, in difficoltà con tali tecnologie, dal mondo degli adolescenti.
    Penso che il ruolo dell'adulto sia assolutamente indispensabile ma penso anche che giovani preparati, come i gruppi di mediazione culturale proposti dal sert di cui ci ha parlato Anna, se ho capito bene, possano rappresentare un tentativo di accorciare le distanze tra i due mondi, apportando inoltre il valore aggiunto della loro propensione ad accogliere la diversita rispetto al mondo adulto, più conservatore.
    Secondo me è un'iniziativa interessante che godrà, ovviamente, della supervisione di persone adulte e qualificate, di cui mi piacerebbe conoscere i risvolti.

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  2. Sì, Patrizia, è come dici tu. Sicuramente l'azione dei gruppi dei pari è un'iniziativa molto interessante, che ha già dato e darà risultati significativi in vari contesti educativi, ma mi rimane la perplessità che sfumi sempre più il confronto diretto ed anche informale (cioè senza la mediazione di operatori specializzati) dei giovani con gli adulti, perchè ci sono sempre meno contesti in cui ciò si possa sviluppare.

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  3. Grazie Anna, ora ho più chiaro il tuo pensiero. Tuttavia non penso che il confronto diretto tra giovani e adulti sia destinato a scomparire, sta solo vivendo una metamorfosi di cui ne è sintomo proprio l'esigenza di formare dei giovani per i giovani. Penso che gli adulti debbano compiere un discreto sforzo in questo senso, riesaminare la propria posizione e riproporsi ai giovani. Ecco la metamorfosi (non kafkiana per fortuna). I nuovi contesti, anche informali, si delineeranno di conseguenza. Tu cosa ne pensi?
    Grazie per le tue informazioni.

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