mercoledì 23 novembre 2011

Lara risponde

Sono sempre più confusa:-) Credo che questo sia il nocciolo della questione, almeno per me.. Il punto è che, sia per quanto riguarda il modo in cui si svolgono le scoperte in campo cognitivo, sia per quanto riguarda il moderno approccio pedagogico, essendo anch'esse influenzate dagli stessi esseri umani che le strutturano e le studiano, devono pur partire da un concetto di base. E io mi chiedo se questo concetto di base si riduce a considerare l'uomo quale animale pensante trascinato in un vortice di stimoli e di relazioni di causa ed effetto. Ma io mi chiedo, per quale motivo di fronte allo stesso stimolo un essere umano, anche un bambino piccolo, reagisce in un modo e un'altro soggetto in modo diverso? Cos'è che muove in lui la volontà di agire e in quale modo agire? Dove sta la sua unicità? Nella volontà? Il rimanere fedeli a se stessi  di cui parla Patrizia non presuppone forse che ci sia un "se stessi" già definito e non è in fondo una visione sostanzialistica rispetto alla quale oggigiorno ci si vuole in realtà distanziare? Capisco che l'identità sia progressiva e in divenire, mi è chiaro, ma qual'è la base di partenza? L'identità nasce da impulsi innati, influenze esterne, stimoli legati al mondo materiale o è già un seme che crescendo può adattarsi e interagire rispetto al percorso che si ritrova a compiere? Mi rendo conto di tornare sempre alla stessa domanda e che sia impossibile rispondere con certezza, ma anche questa è una nuova scoperta per me. Scoprire che c'è la possibilità che l'ideale che ho di me stessa si rifletta anche in ciò che vorrei fosse la risposta a questa domanda. Ringrazio tutti per la pazienza e il tempo che mi avete dedicato. Buonanotte. Lara

2 commenti:

  1. Io penso che si nasca con un patrimonio genetico ben preciso che ci rende unici nel corpo e nella mente e che definisce per natura ciò che siamo, dal colore dei nostri occhi al nostro temperamento. Ma siamo continuamente esposti alle influenze del mondo esterno, di tutto ciò che ci circonda, dall'educazione della nostra famiglia ai contatti con la società, gli amici, la scuola, l'ambiente lavorativo. Ogni nostro incontro, ogni esperienze contribuisce a creare una parte di noi stessi. Ciò non significa essere plasmati dal mondo esterno, ma semplicemente scoprire ogni volta una parte nuova di se stessi nel proiettarsi all'infuori di se. Per natura abbiamo particolari doti che vivendo possiamo maturare, cambiare, celare per farne emergere delle altre. Ma tutto quello che è di noi e tutto ciò che diventiamo contribuisce a creare la nostra identità, il nostro io.

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  2. Patrizia mi scrive: Caro professore,
    può postare la mia risposta a Lara? Le prometto che cercherò di capire perchè non riesco a postare da sola i miei commenti....
    Un caro saluto

    Per Lara:
    Qual è la risposta che vorresti riflettesse l'ideale che hai di te stessa? Datti la risposta, e troverai la tua identità.
    Penso che tu debba dartela da sola questa risposta, a questo punto, perchè se ti aspetti che esca da qualcuno di noi, temo dovrai attendere un bel po' di tempo....
    Secondo me qualsiasi altra risposta, o idea, o punto di vista, o teoria, non troverà mai un allineamento con la tua unicità. Al massimo troverebbe qualche similitudine.
    Noi tutti proviamo a risponderti ma inevitabilmente ti parliamo di noi stessi, della nostra identità, o perlomeno, di quello che crediamo lo sia.
    Ogniuno cerca il conforto in se stesso per quello che è. Comunque, se vuoi proprio sapere dov'è il punto di partenza, ammesso che esista, io, al massimo, ti posso dire quale penso possa essere stato il mio, e non è stata una rivelazione "dell'Arcangelo Gabriele", anzi, è un episodio piuttosto banale, ma è una mia autoanalisi, e, sinceramente, non credo possa essere utile per dissipare la tua confusione.

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